La miglior difesa contro il coronavirus non potrà mai prescindere dal corretto atteggiamento mentale che non è quello dell’estrema cautela
Di Alberto Zei
Il pensiero positivo
Il vecchio adagio
di “volere è potere“, ripetuto da
generazioni in virtù dei risultati empirici ottenuti con questa impostazione
mentale, poggia su concetti profondi della nostra coscienza, ossia
sull’inconscio.
Il pensiero positivo contro la malattia che crea un
atteggiamento biologico consapevole o inconsapevole, percorre due differenti
virtuali direzioni. La prima che agli occhi della maggior parte delle persone
appare la più importante, è quella del comportamento prudenziale assunto nel
contesto sociale per ottenere il risultato che si desidera. Ma questo soltanto
potrebbe non bastare per il successo sperato se manca il convincimento del volere
veramente, ossia del “voler volere“.
Un esempio
Quando si
desidera di smettere di fumare, il desiderio autentico non è rivolto
all’abbandono delle sigarette ma solo al non voler provare più desiderio di
fumare per poi comodamente lasciare le sigarette senza sacrificio. Un
atteggiamento di questo genere, che riguarda la prima impostazione conflittuale
del pensiero, non risolve il problema.
Non lo risolve in quanto la creazione
di contraddizioni della volontà nelle quali il piacere della nicotina e
degli arabeschi azzurri del fumo a cui
si rinuncerebbe e che fanno da
protagonisti per ore ed ore, indeboliscono il risultato dei settori
psicobiologici interessati, in conflitto tra loro.
Emblematico in questo periodo è il timore del coronavirus a cui si pensa per
gran parte del tempo. Tutto infatti deve essere visto con i piedi per terra, in
quanto la forza del pensiero prevalente per la salute, nel corso della
giornata, rappresenta sempre una situazione di interferenza con gli eventi
futuri. L’impostazione mentale di ciò che realmente si vuole, come è facile
accorgersi, porta quasi sempre a conclusioni positive. Ma se tutto il pensiero
volitivo e il risultato desiderato è formato di elucubrazioni mentali, ossia
del continuo ripetere proprio di ciò che si teme, ecco che allora il meccanismo
psichico della forza del pensiero, prodotta e protratta nel tempo, rinforza quella stessa idea. Ma
quale idea? L’ idea dominante che è quella che con un “non” o un altro tipo di
negazione, si vorrebbe invertire.
Per analogia
Si ricorda per analogia l’efficacia del pensiero
ricorrente espresso in un vecchio detto popolare che rende bene il concetto del
risultato che si ottiene quando ci si preoccupa troppo dello stesso argomento:
“Ma quello dai e dai, se l’è proprio tirata!“
Questo non significa che non vi siano dei limiti
prudenziali da adottare, allorché gli eventi lo richiedano. L’obiettività dei
pericoli, quando i fatti lo dimostrano, non può essere sottovalutata perché in
tal caso il vecchio adagio di cui sopra, potrebbe trasformarsi: “Ma allora se
l’è proprio voluta!“
Manzoni racconta nei Promessi Sposi che, durante l’imperversare della peste del
L’ estrema difesa
Pensare di dover fuggire dall’aggressione del
coronavirus assumendo un atteggiamento mentale di estrema difesa, indebolisce
proprio quelle stesse differenze psichiche del convincimento che si riflettono
nel sistema biologico prima accennato. Alla lunga, la riflessione dei pericoli
incombenti continuamente evocati, passano
e ripassano per la mente lasciando il segno. Non sarà quindi quella semplice
convenzione grammaticale della particella negativa a ribaltare le immagini
mentali dei pericoli o delle contrarietà lungamente evocate proprio nel modo in
cui si temono. Nella psiche, ovvero nell’inconscio, si crea in tal caso quella
presenza mentale degli eventi che influenzano le risposte biologiche del
sistema immunitario, predisponendo il relativo risultato.
La convenzione del “non”
Si deve convenire
che il pensiero nella quotidianità esistenziale si è evoluto nel
linguaggio comunicativo fino a rappresentare per economia discorsiva di una stessa frase il diritto e il rovescio dell’ atteggiamento
opposto che poggia su “non“, mentre la
intera struttura della frase e quindi del pensiero, rimane identica. Ma l’
energia psichica ogni volta prodotta, proprio per esprimere quello stesso
concetto con l’ aggiunta di una negazione, mantiene per differenza il livello
di intensità per tutto il tempo dedicato
all’intero concetto. Per dare un’idea della condivisione dell’efficacia del
pensiero che raggiunge un risultato, non importa quale, si riporta un aforisma
indiano riguardante la credenza religiosa induistica. “A colui che ama Dio
occorrono sette incarnazioni per raggiungere la perfezione, a colui che lo odia
ne bastano tre, perché colui che lo odia penserà a lui più di colui che lo ama
“.
Il saper volere
Questo deve farci riflettere. Non serve
approfondire l’argomento per comprendere la forza dell’idea temuta del
coronavirus e per di più, ripetuta mentalmente durante la giornata, possa
cambiare in virtù di una semplice negazione.
Così il flusso creativo della mente realizza una
sorta di contenitore chiamato, “forma di pensiero“. Questa è alimentata dal
continuo ragionamento il quale, ripetendo l’idea temuta, esprime l’effetto nella direzione opposta a
quella voluta.
Ecco che il timore conduce proprio all’evento che
si intende evitare, mentre l’atteggiamento mentale opposto, consapevole delle
proprie capacità di difesa, naturalmente entro ragionevoli limiti, favorisce
l’ottenimento del successo che prima o poi arriverà, se si comprende che cosa
significa effettivamente saper volere.
Grande lezione di pulizia mentale. Grazie
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