martedì 13 aprile 2021

VACCINI E PANDEMIA


 

LENTEZZA E INCERTEZZA TRA I VACCINI CONDIZIONANO LA PANDEMIA.

Sono troppe le tipologie di vaccino e troppo lenta è la loro somministrazione per non incorrere in continue mutazioni del virus

di Alberto Zei

 

Come per gli  antibiotici

Il  comportamento  tra  ceppi virali e ceppi batterici fa meglio comprendere l’analogia di sopravvivenza di gruppo e quali debbono essere le accortezze per liberarsi da questi  ospiti indesiderati.

L’ esempio di una infezione batterica contrastata con gli antibiotici  prevede, com’è noto,  che le dosi giornaliere prescritte siano assunte in modo continuo per quasi una settimana anche in caso di immediato miglioramento delle condizioni di salute. Se questa accortezza  non viene rispettata è molto probabile che i batteri, non completamente annientati, possano trasmettere informazioni utili alle generazioni successive, permettendo così una reazione sempre più efficace nella fase riproduttiva, con qualche variante del sistema di difesa tale da rendere più resistenti nel futuro le generazioni successive di fronte agli stessi antibiotici. Qualcuno si domanderà come sia possibile che i batteri possano organizzarsi così efficacemente. Si tratta, in realtà, semplicemente di naturali comportamenti istintuali di gruppo, finalizzati alla  sopravvivenza della specie. 

Per rendere più concreto il concetto, si riporta a titolo di esempio un accenno ai tanti  espedienti dei ceppi batterici per sopravvivere in ambiente ostile. La difesa che il batterio oppone alle penicilline, alle cefalosporine e ad  altro ancora,  consiste nella produzione di un enzima chiamato beta-lattamasi, il quale insinua nei legami molecolari dell’ antibiotico una molecola di acqua, spezzandone la continuità e quindi, l’efficacia dello stesso farmaco. Ecco perché la ricerca farmacologica in questo campo non ha mai sosta. Detto questo, si può meglio capire come i ceppi virali, sebbene molto più piccoli dei batteri, siano improntati naturalmente ad una difesa collettiva per la sopravvivenza della specie e per la trasmissione alle generazioni successive degli accorgimenti possibili per riprodursi anche in ambiente ostile. Nel nostro caso l’ambiente ostile è quello delle cure somministrate e per quanto più qui interessa, è quello dei vaccini nell’ organismo umano.

 

L’infezione virale

Un analogo processo avviene durante un’infezione virale, come nel caso dell’attuale pandemia da coronavirus. La somministrazione di farmaci, pochi a dire il vero, e di vaccini forse un po’ troppi, consentono nel tempo ai virus di organizzarsi per una migliore resistenza.  Riferendosi direttamente ai vaccini, si può dire che a causa del  tempo che intercorre per somministrarli ad  un numero consistente di persone, i virus presenti nell’ambiente - con l’ aggiunta di  quelli più aggressivi espulsi durante la respirazione dalle persone siero positive da poco vaccinate - subiscono una o più mutazioni di gruppo per meglio adattarsi ai fini della sopravvivenza in un ambiente ostile. Ciò significa che la lentezza delle vaccinazioni rinforza le difese dei coronavirus dandogli modo di cambiare  se non tutti, almeno  alcuni dei punti più vulnerabili della propria struttura.

La sopravvivenza della specie



I vaccini inizialmente rispondenti al ceppo virale per il quale erano destinati sono stati  finora somministrati  ad un numero limitato di persone. Non c’ è pertanto da  meravigliarsi se con il passar del tempo  risulteranno  meno efficaci per i futuri vaccinati.

Anche i virus, come detto,  si adattano in ambiente ostile attraverso mutazioni di gruppo finalizzate alla sopravvivenza della  specie. Quindi sono soprattutto i vaccini che causano  la mutazione virale, divenendo pertanto nel tempo  meno efficaci. D’altra parte, i differenti tipi che vengono prodotti dalle industrie farmaceutiche per le grandi distribuzioni sanitarie internazionali, non sono stati realizzati in funzione delle attuali  mutazioni virali, in quanto il lungo  tempo di preventiva sperimentazione non lo avrebbe consentito. Si tratta  invece di vaccini destinati al coronavirus così come questo era al suo inizio o, al massimo, nei mesi successivi. Sono almeno una  decina i tipi di vaccino, oltre ad un certo numero di altri con qualche variazione rispetto ai primi. Ma anche con le loro  diversità, questi  vaccini danno una  protezione che non riesce a coprire se non in parte, le mutazioni del coronavirus; mutazioni differenti per differenti risposte a vaccini altrettanto differenti con vaccinazioni a rilento in tempi differiti.

Si è pertanto innescata una spirale perversa di minore efficacia terapeutica sulle persone, in quanto le mutazioni virali si moltiplicano per il numero dei vaccini: quelli somministrati, infatti, non riescono più ad opporsi efficacemente non solo al ceppo virale per il quale a suo tempo erano stati realizzati, ma soprattutto ai virus che nel tempo sono mutati. Si tratta di mutazioni prevalentemente  causate dalle differenti, o addirittura troppe, tipologie di vaccino disponibili sul mercato e che ora consentono ai virus di opporre una sempre maggiore resistenza. 


Troppe variabili

In conclusione, questa è la situazione che, a quasi due anni dall’inizio della pandemia, condiziona i risultati. Per riuscire a tenere sotto controllo l’attuale incremento dei contagi, in relazione ai vaccini somministrati, appare chiaro che il tempo è il nemico da battere, in quanto il comportamento di gruppo di tanti miliardi di coronavirus è solo quello di mutare per sopravvivere, rendendo sempre meno efficaci gli attuali vaccini.

Le organizzazioni sanitarie procederanno ancora per diversi mesi alla somministrazione dei vaccini per arrivare alla auspicata immunità di gregge.



Per ciò che riguarda il nostro Paese, ci attende una copertura sanitaria ottenuta con differenti qualità di vaccini disponibili, con operatori e strutture sanitarie ancora limitati, con vaccinazioni  effettuate soltanto durante il giorno (la notte si  dorme: le eccezioni non sono la regola), nel tempo che sarà possibile, ad alcune decine di milioni di persone.

Recita un noto proverbio: “Campa cavallo mio che l’erba cresce!”    

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