LENTEZZA
E INCERTEZZA TRA I VACCINI CONDIZIONANO LA PANDEMIA.
Sono
troppe le tipologie di vaccino e troppo lenta è la loro somministrazione per
non incorrere in continue mutazioni del virus
di
Alberto Zei
Come
per gli antibiotici
Il comportamento
tra ceppi virali e ceppi batterici
fa meglio comprendere l’analogia di sopravvivenza di gruppo e quali debbono
essere le accortezze per liberarsi da questi
ospiti indesiderati.
L’
esempio di una infezione batterica contrastata con gli antibiotici prevede, com’è noto, che le dosi giornaliere prescritte siano
assunte in modo continuo per quasi una settimana anche in caso di immediato
miglioramento delle condizioni di salute. Se questa accortezza non viene rispettata è molto probabile che i
batteri, non completamente annientati, possano trasmettere informazioni utili
alle generazioni successive, permettendo così una reazione sempre più efficace nella
fase riproduttiva, con qualche variante del sistema di difesa tale da rendere più
resistenti nel futuro le generazioni successive di fronte agli stessi
antibiotici. Qualcuno si domanderà come sia possibile che i batteri possano
organizzarsi così efficacemente. Si tratta, in realtà, semplicemente di
naturali comportamenti istintuali di gruppo, finalizzati alla sopravvivenza della specie.
Per
rendere più concreto il concetto, si riporta a titolo di esempio un accenno ai
tanti espedienti dei ceppi batterici per
sopravvivere in ambiente ostile. La difesa che il batterio oppone alle penicilline,
alle cefalosporine e ad altro
ancora, consiste nella produzione di un
enzima chiamato beta-lattamasi, il quale insinua nei legami molecolari dell’
antibiotico una molecola di acqua, spezzandone la continuità e quindi,
l’efficacia dello stesso farmaco. Ecco perché la ricerca farmacologica in
questo campo non ha mai sosta. Detto questo, si può meglio capire come i ceppi
virali, sebbene molto più piccoli dei batteri, siano improntati naturalmente ad
una difesa collettiva per la sopravvivenza della specie e per la trasmissione
alle generazioni successive degli accorgimenti possibili per riprodursi anche in
ambiente ostile. Nel nostro caso l’ambiente ostile è quello delle cure
somministrate e per quanto più qui interessa, è quello dei vaccini nell’
organismo umano.
L’infezione
virale
Un analogo processo avviene durante un’infezione virale, come nel caso dell’attuale pandemia da coronavirus. La somministrazione di farmaci, pochi a dire il vero, e di vaccini forse un po’ troppi, consentono nel tempo ai virus di organizzarsi per una migliore resistenza. Riferendosi direttamente ai vaccini, si può dire che a causa del tempo che intercorre per somministrarli ad un numero consistente di persone, i virus presenti nell’ambiente - con l’ aggiunta di quelli più aggressivi espulsi durante la respirazione dalle persone siero positive da poco vaccinate - subiscono una o più mutazioni di gruppo per meglio adattarsi ai fini della sopravvivenza in un ambiente ostile. Ciò significa che la lentezza delle vaccinazioni rinforza le difese dei coronavirus dandogli modo di cambiare se non tutti, almeno alcuni dei punti più vulnerabili della propria struttura.
La
sopravvivenza della specie
I
vaccini inizialmente rispondenti al ceppo virale per il quale erano destinati
sono stati finora somministrati ad un numero limitato di persone. Non c’ è
pertanto da meravigliarsi se con il
passar del tempo risulteranno meno efficaci per i futuri vaccinati.
Anche
i virus, come detto, si adattano in
ambiente ostile attraverso mutazioni di gruppo finalizzate alla sopravvivenza
della specie. Quindi sono soprattutto i
vaccini che causano la mutazione virale,
divenendo pertanto nel tempo meno
efficaci. D’altra parte, i differenti tipi che vengono prodotti dalle industrie
farmaceutiche per le grandi distribuzioni sanitarie internazionali, non sono
stati realizzati in funzione delle attuali
mutazioni virali, in quanto il lungo
tempo di preventiva sperimentazione non lo avrebbe consentito. Si
tratta invece di vaccini destinati al
coronavirus così come questo era al suo inizio o, al massimo, nei mesi
successivi. Sono almeno una decina i
tipi di vaccino, oltre ad un certo numero di altri con qualche variazione
rispetto ai primi. Ma anche con le loro
diversità, questi vaccini danno
una protezione che non riesce a coprire
se non in parte, le mutazioni del coronavirus; mutazioni differenti per
differenti risposte a vaccini altrettanto differenti con vaccinazioni a rilento
in tempi differiti.
Si è pertanto innescata una spirale perversa di minore
efficacia terapeutica sulle persone, in quanto le mutazioni virali si
moltiplicano per il numero dei vaccini: quelli somministrati, infatti, non
riescono più ad opporsi efficacemente non solo al ceppo virale per il quale a
suo tempo erano stati realizzati, ma soprattutto ai virus che nel tempo sono
mutati. Si tratta di mutazioni prevalentemente
causate dalle differenti, o addirittura troppe, tipologie di vaccino
disponibili sul mercato e che ora consentono ai virus di opporre una sempre
maggiore resistenza.
Troppe
variabili
In
conclusione, questa è la situazione che, a quasi due anni dall’inizio della
pandemia, condiziona i risultati. Per riuscire a tenere sotto controllo
l’attuale incremento dei contagi, in relazione ai vaccini somministrati, appare
chiaro che il tempo è il nemico da battere, in quanto il comportamento di
gruppo di tanti miliardi di coronavirus è solo quello di mutare per
sopravvivere, rendendo sempre meno efficaci gli attuali vaccini.
Le
organizzazioni sanitarie procederanno ancora per diversi mesi alla
somministrazione dei vaccini per arrivare alla auspicata immunità di gregge.
Per
ciò che riguarda il nostro Paese, ci attende una copertura sanitaria ottenuta
con differenti qualità di vaccini disponibili, con operatori e strutture sanitarie
ancora limitati, con vaccinazioni
effettuate soltanto durante il giorno (la notte si dorme: le eccezioni non
sono la regola), nel tempo che sarà possibile, ad alcune decine di milioni di
persone.
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