Dopo le vittorie contro la Turchia, la Svizzera
e il Galles nel girone eliminatorio delle fasi finali del Campionato Europeo,
l’Italia del calcio si è trovata di fronte l’Austria per accedere ai Quarti di
Finale. Sulla carta si trattava di un avversario alla sua portata, del genere
di quelli contro i quali gli azzurri hanno quasi sempre vinto e comunque non hanno
mai perso: durante la gestione Mancini e prima di Euro 20, le squadre più “importanti” - secondo il Ranking Mondiale
Fifa, dove l’Italia è al 7° posto - che abbiamo incontrato sono state l’Olanda
(al 16°posto) e la Polonia (21°posto) con cui abbiamo vinto una volta e
pareggiato due; tutte le altre nazionali contro cui abbiamo giocato e per lo
più vinto e mai perso, si trovano ben oltre il 50° posto FIFA (Finlandia 54°,
Arabia Saudita 65°, Bulgaria 71° e così via), con l’eccezione degli USA (20°
posto) che abbiamo battuto di misura (1-0).
Comunque
sia, le tante partite vinte sono state un ottimo “ricostituente” per l’Italia
che aveva subito l’umiliazione di essere esclusa dagli ultimi Mondiali di
Russia. Poca attenzione si è prestata al fatto che le due uniche sconfitte
della squadra di Mancini sono state quelle con la Francia (2°posto Ranking) e
con il Portogallo (5°posto). Inoltre, il Covid c’è servito da alibi per non
incontrare, prima della fase finale degli Europei, nazionali più forti di
quelle che sono state utili per ridarci la fiducia nei nostri mezzi.
Le
recenti vittorie contro Turchia (29°), Svizzera (13°) e Galles (17°) hanno
accresciuto a dismisura l’ottimismo dei media,
già così forte alla vigilia, circa il buon esito della spedizione europea. Poi
è arrivata l’Austria (23° posto Ranking) e abbiamo rischiato di andare a casa.
Salvati in extremis da una prodezza di Chiesa nei tempi supplementari, ci
giocheremo ora l’accesso alle semifinali contro il Belgio, la prima
classificata nel Ranking Fifa.
Le
difficoltà incontrate contro gli austriaci hanno “raffreddato” l’entusiasmo che
circondava la squadra azzurra. Ma solo in parte, perché si sostiene che questa
prova ci abbia temprati (?!). Può darsi, resta il fatto che venerdì prossimo
conosceremo il vero valore di questa nazionale. La differenza con il Belgio nel
Ranking Fifa (noi settimi, loro primi) non può essere un alibi: negli Ottavi, la
Repubblica Ceca, al quarantesimo posto, ha eliminato l’Olanda, sedicesima nella
stessa classifica.
Circa
la formazione da mandare in campo contro il Belgio - primo al mondo secondo la
Fifa, ma che non ha mai vinto né un titolo europeo né un titolo mondiale
(contro quattro titoli mondiali e uno europeo vinti dagli azzurri) - si invoca
da più parti l’impiego di Chiesa sin dal primo minuto al posto di Berardi, così
come prima della partita contro l’Austria si faceva con Locatelli invocato al
posto di Verratti per la doppietta realizzata contro la Svizzera.
Fortunatamente Mancini ascolta tutti, ma poi decide con la sua testa. Deve aver
capito che Chiesa, proprio per le sue caratteristiche, è più utile in corso
d’opera che dall’inizio della partita. Quanto a Verratti, parla in suo favore
la classe e l’esperienza internazionale, ciò non significa che il giovane
Locatelli, con i suoi tiri da lontano e il suo fisico non possa tornare utile,
così come lo è stato sin qui. In difesa, se ristabilito, tornerà Chiellini che
ha già marcato efficacemente Lukaku, mentre la coppia dei terzini dovrebbe
essere formata, a sinistra da Spinazzola che per ben due volte su quattro ha
ottenuto il premio del migliore in campo, da Di Lorenzo o da Toloi a destra
(preferibilmente da quest’ultimo che ritengo più adatto a contenere i diavoli
rossi del Belgio), tenuto conto che la sorte ci sta privando per infortunio
dell’apporto in quel ruolo di Florenzi, un pallino di Mancini che non ho mai
capito.
Se
batteremo il Belgio, significherà che l’Italia ha colmato il gap che da tempo la separa dalle
nazionali più forti di Europa e del Mondo, altrimenti, se saremo eliminati
vorrà dire che la squadra azzurra ha solo confermato sin qui il buon cammino intrapreso con Mancini alla
guida della nazionale: tante vittorie ma solo con squadre oggettivamente più
deboli e senza una tradizione di prestigio come la nostra. Una eventualità del
genere (sulla carta, purtroppo, anche probabile) non significherà demerito né
per il selezionatore azzurro né per i calciatori. Sarà, invece, un punto dal
quale ripartire per presentarci ai Mondiali del prossimo anno con maggiore
consapevolezza. Ritrovata una squadra degno di questo nome, dove tutti si
prodigano con generosità e anche con discreto talento, per ritornare tra le
grandi del calcio non ci resta che attendere il campione capace di rinnovare le
gesta del compianto Paolo Rossi, di Baggio, di Del Piero, di Totti e di tanti
altri.
Certo,
non sarà facile, finché le squadre più forti della nostra Serie A continueranno
a giocare con uno o due italiani soltanto, né potremo usufruire, così come alcune
nazionali europee (vedi soprattutto la Francia degli Afrofranchi, campione del mondo in carica e principale candidata
alla vittoria di Euro20, ma anche il
Belgio, l’Inghilterra e non solo) dell’apporto di tanti campioni di altri
continenti, naturalizzati europei da una o più generazioni.
sergio
magaldi