martedì 18 marzo 2025
La Donna e il Femminile divino nella Qabbalah
"L'essenziale è invisibile".
Continuano
le avventure di Marco Dorfer, il rabdomante, in questo secondo romanzo della
serie di LE LINEE DEL DRAGO di Roberto Hechich.
L’Essenziale è invisibile si apre con l’antefatto dell’incontro tra Michele
Lucic - discendente di Cristoforo Lucic: personaggio realmente esistito e
comandante di galea veneziana durante la battaglia di Lepanto - e un uomo tutto
vestito di nero. Lucic consegna all’uomo, custodite in un prezioso baule, le
parti del Vangelo di Giuda salvate dal suo antenato in cambio di alcuni
documenti utili per le sua attività commerciali.
La narrazione continua con Marco Dorfer, in vacanza a Lussinpiccolo in Croazia per una meritata vacanza. Mentre insieme alle due figlie gemelle gusta un grosso gelato, egli viene avvertito dalle autorità con cui collabora del pericolo che incombe su di lui da parte di una setta segreta che ha fatto del Vangelo di Giuda il proprio simbolo per mantenere la presenza del male nel mondo. Dorfer, infatti, fa ormai parte del gruppo che si propone di scoprire l’organizzazione che semina ovunque la paura per i suoi fini di potere e di dominio. Il prof Vodopivez ex massone, psichiatra e criminologo è l’autorevole consulente del gruppo, padre Goran Matijevich dei servizi segreti vaticani ne è l’ispiratore. La setta, del resto, condivide con alcune confraternite (Catari e Bogomili) di ispirazione gnostica l’idea di un dualismo tra il dio del bene e il dio del male, mentre però quelle anelano a ricongiungersi con il dio del bene, questa ritiene che il male sia la vera essenza della terra e dei cieli e che il dio del bene non sia altro che un impostore, un’illusione dei deboli e degli sciocchi. Secondo questa visione, il male deve essere l’energia suprema, la forza che domina il mondo. Per questo Giuda, l’inviato del male, che tradì nostro Signore, inaugurando la lotta contro il dio del bene, costituisce il modello di riferimento di questa setta segreta.
A bilanciare la presenza del male ci sono però le linee del Drago e una di queste passa per la chiesa di Lussinpiccolo sul cui portale è riprodotto in latino il versetto di Genesi 28:17: «TERRIBILIS EST LOCUS ISTE HIC DOMUS DEI EST ET PORTA COELI». La stessa scritta che si trova In Francia, a Rennes le Château, sul frontale della chiesa dedicata a Maria di Magdala. Si tratta in realtà delle parole pronunciate da Giacobbe quando risvegliandosi, dopo aver visto in sogno la scala sui cui gli angeli salgono e scendono tra Terra e Cielo, “sente” la presenza di Dio, avvertendone il giusto timore (Terribilis est locus iste…) e decide di chiamare quel luogo Bethel (“Casa di Dio”), mentre prima si chiamava Luz, parola che in aramaico significa “coccige” e che nella tradizione ebraica e talmudica si riferisce ad un piccolo osso indistruttibile del corpo umano. Un osso che conserva la nostra linfa vitale, il ricordo delle nostre esperienza passate e che, grazie alla sua alchimia, permette all’anima di rinascere.
lunedì 17 marzo 2025
JUVE ALLA DERIVA
Nell’unico
post dedicato sin qui all’attuale allenatore della Juventus, poco dopo l’inizio
del Campionato di Serie A (cfr. su questo blog: La ragnatela di Thiago Motta del 25/09/2024) sono stato sin troppo
ottimista. “Il maestro delle ragnatele calcistiche”, fatte per imbrigliare gli
avversari, dava l’impressione, già agli inizi di questo Campionato, di voler
continuare sulla falsariga dell’anno precedente (quando a Bologna pur con tanti
pareggi ha sorpreso tutti per aver portato i felsinei in Champions mostrando
anche un gioco convincente e a tratti persino scintillante), alternando diversi
pareggi a vittorie di “corto muso” che, comunque, facevano della Juve la
squadra meno battuta in difesa, tant’è che il suo primato, italiano ed europeo, di imbattibilità
in Campionato ha resistito per diverso tempo. Poi è venuta la sconfitta di
Napoli, i pareggi sono diminuiti e sono arrivate vittorie striminzite ma anche
la vittoria esaltante, dopo il bel secondo tempo, contro l’Inter.
Insomma:
caduta la ragnatela per scelta consapevole che alla lunga avrebbe portato non
tanto di più di un punto a partita, Thiago Motta si è messo a navigare in mare
aperto, lasciando il più possibile da parte la sterilità del suo gioco lento e
orizzontale e riportando qualche vittoria in Campionato, ma subendo molte
delusioni come l’eliminazione dalla Coppa Italia, a Torino per mano dell’Empoli
e il mancato raggiungimento degli ottavi di Champions ad opera di una squadra
altrettanto modesta come il PSV Eindhoven che nella successiva partita avrebbe
preso ben sette goal dall’Arsenal. Sette goal, appunto, gli stessi rifilati
alla Juve nelle due ultime giornate di Campionato: quattro a Torino
dall’Atalanta, tre a Firenze dalla Fiorentina, sette goal senza segnarne
neppure uno.
Per
quanto paradossale possa sembrare non sono neppure le due umilianti disfatte in
sequenza a stupire, quanto l’atteggiamento dell’allenatore, sempre incline alla
singolarità delle scelte e alla permalosità non appena qualcuno degli addetti
ai lavori (pochi in verità!) si azzardi a fargli qualche domanda che alle sue
orecchie risuoni come una critica. Quanto all’autocritica, dopo l’eliminazione
dalla Coppa Italia egli si detto responsabile, ma unicamente di “non aver
saputo instillare nei suoi giocatori lo spirito Juve”, con ciò addossando
implicitamente alla squadra tutta la
colpa della sconfitta. Allegri (allenatore che nonostante le tante vittorie non
mi ha mai entusiasmato per il suo modo di far giocare la squadra) anche nei
momenti peggiori non dava mai la colpa ai suoi giocatori, Thiago Motta li
chiama tutti amichevolmente e pubblicamente col nome di battesimo (generando
più di una confusione persino tra i
tifosi, soprattutto tenendo conto dei molti calciatori subentrati di recente
nella squadra), ma talora suscita l’impressione di utilizzarli più secondo un
suo schema mentale che secondo le loro caratteristiche. Sorprende altresì che
dopo il primo tempo di ieri, quando la squadra era già sotto di 2 goal, egli
non abbia operato dei cambi in attacco già all’inizio della ripresa,
limitandosi e solo tardivamente a far entrare Alberto Costa e Cambiaso, dando
alla squadra l’impressione di voler solo limitare i danni. Perché, per esempio, non provare a giocare con
due punte? Non però come ha già fatto una volta in passato. Per supportare
insieme Vlahovic e Kolo Muani dovrebbe infatti schierare il 3-5-2, ma questo
non rientra evidentemente nella sua idea di calcio. Senza neppure voler parlare
della formazione iniziale schierata contro la Fiorentina, privata dei due soli
fantasisti che la squadra possiede: Yildiz e Conceição.
Tutto
ciò premesso, Thiago Motta non può essere considerato il solo responsabile
dell’attuale deriva bianconera. Eppure la proprietà ha messo a disposizione per
il mercato estivo una somma considerevole. Per l’acquisto di soli tre giocatori
sono stati spesi circa 150 milioni. Tanto sono costati Koopmeiners, Douglas
Luiz e Nico Gonzales. Il risultato di queste operazioni è sotto gli occhi di
tutti. Con disinvoltura sono stati ceduti giovani come Miretti, Fagioli e
Nicolussi Caviglia, che oggi risultano tra i migliori giocatori delle
rispettive squadre in cui militano. Ci si è privati dell’esperienza di un
giocatore come Rugani nonostante la scarsità di difensori a disposizione, a
prescindere poi dal grave infortunio di Bremer. Si è restati per tanta parte
del Campionato con una sola punta, cedendo Kean che sta facendo la fortuna
della Fiorentina e oggi, dopo l’arrivo di Kolo Muani, si è di fatto tornati ad
un sola punta perché Vlahovic, il giocatore più pagato della Serie A, è tenuto
in panchina come in punizione.
In
conclusione direi che, se fosse possibile, la società dovrebbe intervenire
prima che sia troppo tardi, prima che sfumino anche gli ultimi obiettivi: la
qualificazione alla prossima Champions e la partecipazione dignitosa ai
Mondiali per club.
sergio magaldi