"Il Consiglio Nazionale delle Corporazioni è nell'economia italiana, quello che lo Stato Maggiore è negli Eserciti: il cervello pensante che prepara e coordina".
BENITO MUSSOLINI
Attribuita ai Romani quasi come
formula magica per conservare il potere, la celebre locuzione latina Divide
et impera deve la sua fortuna al fatto che in ogni tempo ci sia un potere
da conservare contro chi vi si opponga, siano le province di un vasto Impero,
le diverse classi sociali, i partiti politici, i membri di un’associazione e
persino i condomini di un fabbricato. Se si limita l’osservazione allo Stato,
si nota che la democrazia rappresentativa, per quanto anacronistico e
paradossale possa sembrare, si sposa con la “formula”, meglio della dittatura.
Il despota non ha bisogno di dividere, gli basta opprimere
ed è così cieco da non capire che prima o poi gli oppositori si uniranno contro
di lui per abbatterlo.
Il Divide et impera, tuttavia, non ha
una struttura rigida e immediatamente riconoscibile, al contrario, maggiore è
la sua elasticità, migliori sono le sue capacità di adattamento a situazioni
diverse tra loro. Lo Stato contemporaneo ha necessità di tassare i cittadini
oltre la decenza? Non lo farà con tutti e allo stesso modo, perché si
troverebbe di fronte le classi sociali unite dallo stesso interesse e con loro
i partiti politici che le rappresentano, sempre che questi ultimi non siano
diventati l’incarnazione stessa dello Stato, degenerando la forma di governo in
partitocrazia e i politici che dovrebbero rappresentare i cittadini si
siano trasformati in corporazione.
Per prima cosa lo Stato colpirà i poveri
[termine che non va confuso con quello in uso nei secoli scorsi, perché si
tratta di salariati al limite della sopravvivenza e comunque in grado di essere
tassati alla fonte del loro modestissimo reddito], non solo e non tanto perché
sono il maggior numero [il che pare, ma non lo è, addirittura un paradosso dal
punto di vista della “pericolosità sociale”], quanto perché, di là di qualche
lamentazione di facciata, non hanno nei media chi possa difenderli con
interesse e credibilità. Se il sistema partitocratrico non è perfettamente
compiuto, può darsi tuttavia che si levi qualche sterile voce in loro difesa,
dentro e fuori le istituzioni parlamentari.
Il secondo atto consisterà nel colpire il ceto
medio con reddito più o meno accertabile alla fonte. Col triplice scopo di
a)tacitare i poveri b)proclamare l’equità della manovra c)creare elementi
di divisione dal confronto inevitabile che poveri e ceto medio
faranno delle rispettive misure restrittive del proprio reddito che sono stati
costretti a subire. D’altra parte, chi gestisce il potere sa per esperienza che
difficilmente le due classi di cittadini si unirebbero contro lo Stato: da
sempre il ceto medio coltiva l’ambizione di farsi ceto medio-alto.
Ad ogni buon conto, per evitare tale eventualità, sono già pronte le soluzioni.
Si comincerà col far finta di perseguire anche
i ricchi, termine con il quale si designa oggi non solo il detentore di
grandi sostanze, più o meno palesi, ma anche i grandi boiardi, i dirigenti di
banche ed enti pubblici e privati, nonché i membri delle corporazioni di arti,
mestieri, professioni e della politica che, come dicevo sopra, in una Democrazia
degenerata in Partitocrazia, è una vera e propria corporazione.
Non la definirei casta, per la demagogia che si cela dietro ogni
iperbole e per il palese tentativo di fare apparire quella della politica come
l’unica classe privilegiata di cittadini.
Insomma, si tratta di prendersela con i privilegiati
e con gli evasori fiscali. Non può essere che per finta. E allora si
proclamerà di voler tagliare i costi della politica, cominciando dalle
retribuzioni di coloro che fanno parte degli organi della rappresentanza. La
risposta sarà – statene certi – la rivendicazione della sovranità legislativa,
cioè lo sbandieramento della logica corporativa che consente ai
parlamentari, ai consiglieri regionali, provinciali, comunali, di tutti i
partiti di stabilire essi stessi quanto devono
guadagnare. A quel punto lo Stato, rispettoso della democrazia, farà marcia
indietro, ma intanto si presenterà all’opinione pubblica come meritevole per
aver posto il problema.
La strategia successiva sarà quella di
volgersi contro le altre corporazioni, ma qui viene il bello. Perché
ogni corporazione comincerà a scalciare contro l’altra, suggerendo
scambievolmente i privilegi che potrebbero essere aboliti. Lo Stato tuttavia
ribadirà il fermo proposito di liberalizzare e per saggiare il terreno
comincerà dalle corporazioni più deboli, per esempio quella che gestisce i
taxi, e/o da una di quelle più forti, per esempio da quella dei farmacisti, per
sondare la reazioni alla proposta di ridurre almeno qualcuno dei privilegi più
piccoli. Si scatenerà l’inferno da parte di entrambe le corporazioni, mentre
tutte le altre messe in stato di allarme si prepareranno all’offensiva,
ciascuna per proprio conto. Non tutte insieme, sarebbe un errore politico. Se
fossero unite nel rivendicare il proprio status privilegiato, le corporazioni
diverrebbero trasparenti e al tempo stesso invise all’opinione pubblica e lo
Stato con un’unica norma potrebbe abolirle tutte. Ciascuna corporazione
parlerà in difesa di se stessa, rivendicando la legittimità e
l’antichità dei propri statuti, la nobiltà la durezza le difficoltà della
professione o del mestiere che rappresenta e troverà buoni argomenti per
differenziarsi da tutte le altre.
posso segnalare qualche post del suo blog in qualche altro blog?
RispondiEliminaAntonello
Sì,certo, grazie
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