domenica 27 novembre 2016

VANTAGGI E SVANTAGGI DELLA RIFORMA COSTITUZIONALE

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Villa Lubin (atrio).Sede del CNEL


 Sul superamento del bicameralismo perfetto o paritario, mi sembra utile ricordare quanto scrive Roberto D’Alimonte, in un articolo pubblicato un paio di anni fa su Il Sole 24 Ore: “[…] la maggioranza dei paesi della Unione Europea (15 su 28) non hanno una seconda camera. In altre parole sono sistemi parlamentari monocamerali […]. Tra i 13 paesi che hanno una seconda camera solo in 5 paesi  i suoi membri sono eletti direttamente dai cittadini.  In Spagna , tra l’altro, una parte dei membri sono designati dalle Comunità Autonome. Tra questi 5 paesi solo in Italia, Polonia e Romania si può dire che la seconda camera abbia dei poteri legislativi rilevanti. E solo l’Italia ha un sistema parlamentare in cui il Senato ha esattamente gli stessi poteri della Camera”.

Con il No, l’Italia si conferma pertanto come l’unico paese dell’Unione Europea dove Camera e Senato hanno poteri identici o, come dice Gustavo Zagrebelsky, dove il Senato esercita una funzione di controllo sulle leggi approvate dalla Camera.
Con il Sì, le leggi costituzionali ed elettorali restano di approvazione bicamerale, mentre termina l’estenuante “navetta” tra Camera e Senato che può ritardare o affossare l’approvazione delle leggi ordinarie e influire sul sistema economico del Paese, in virtù della possibile diffidenza degli investitori internazionali.

È vero che, in un recente articolo, l’Economist ci fa sapere che, nonostante  il bicameralismo paritario, la produzione italiana di leggi non è inferiore alla media europea, il problema però non è di quantità, bensì di qualità. È vero altresì che, a sostegno del No, si sente ripetere da mesi che quando si vuole, le leggi sono approvate in gran fretta, come nel caso del pareggio di bilancio, inserito nella Costituzione senza neppure bisogno di referendum confermativo, perché approvato da Camera e Senato a maggioranza dei 2/3. Quel che si dimentica di dire è che si trattò di una legge costituzionale e non di una legge ordinaria e che, nella difficile congiuntura dell’Italia di allora, quello fu il prezzo pagato all’Europa per timore della bancarotta. I maggiori partiti politici non se la sentirono di assumersi la responsabilità del No di fronte agli italiani [Da notare che il M5S non era ancora presente in Parlamento]. D’altra parte, l’assunto dei sostenitori del No [se si vuole, una legge si approva in breve tempo anche con il bicameralismo paritario…] testimonia esattamente il contrario di quanto afferma: è sufficiente cambiare una virgola, perché una legge – magari sgradita a certe lobby –  grazie all’azione compiacente di alcuni senatori della stessa maggioranza, rimbalzi di continuo tra Camera e Senato sino al definitivo affossamento. 

Con il No, dunque, si conferma il bicameralismo perfetto e di conseguenza viene bocciata anche la riforma del Senato. I senatori restano nel numero attuale di 315, sono eletti direttamente dai cittadini e da loro sono retribuiti indirettamente, con stipendi, vitalizi e pensioni a carico del bilancio dello Stato, per replicare in tutto e per tutto le funzioni attribuite ai deputati. Con il Sì, il Senato è ridotto da 315 a 100 unità e, divenendo Camera di rappresentanza delle istituzioni territoriali, i senatori non ricevono più uno specifico compenso per una funzione che si aggiunge a quella di sindaco e/o consigliere regionale, cariche per le quali sono già retribuiti. I nuovi senatori restano comunque eletti dai cittadini, anche se con metodo indiretto, giacché sono i cittadini ad eleggere i consiglieri regionali che a sua volta eleggono i senatori. L’elezione indiretta dei senatori è esattamente quello che avviene in 8 dei 13 paesi dell’Unione Europea che hanno una seconda Camera. Per gli altri 14 paesi, il problema non si pone perché hanno una sola Camera. Il nuovo Senato, del resto, non ha una funzione meramente decorativa perché, se è vero che non è chiamato a dare la fiducia al governo, ad approvare le leggi ordinarie e la legge di bilancio, partecipa comunque all’approvazione bicamerale delle leggi costituzionali, UE, referendum ed elettorali, come pure all’elezione del Presidente della Repubblica, dei giudici costituzionali etc., esattamente come avviene oggi. Inoltre, sulle leggi ordinarie approvate dal Parlamento, il nuovo Senato avrà tempo dai 10 ai 15 giorni [a seconda della materia] per avocarle a sé ed eventualmente emendarle entro i successivi 30 giorni, senza che tale procedura alimenti il conflitto tra i due rami del Parlamento, perché con la clausola di supremazia, valida solo per le leggi ordinarie, la Camera dei Deputati avrà l’ultima e decisiva parola.
Anche se in apparenza la Riforma del Senato sembra presentare più vantaggi che svantaggi, resta tutta da verificare la prassi del suo reale funzionamento: 1) per la confusione che ancora regna circa le precise modalità di elezione dei nuovi senatori, 2) in considerazione del fatto che la carica di senatore diviene aggiuntiva (e non retribuita) rispetto a quella di consigliere regionale o sindaco, e dunque potenzialmente trascurabile, 3) nel timore che il nuovo Senato diventi luogo di scontro di “campanili”. Una complicazione potrebbe venire anche dall’eccesso di “prudenza legislativa” che ha voluto mantenere una “navetta” inutile per 45 giorni tra Camera e Senato sulle leggi ordinarie, mentre non si è avuto il coraggio di introdurre il vincolo di mandato per tutti i parlamentari così da interrompere il tradizionale trasformismo della politica italiana [ben più antico della vigente Costituzione!]. Infine, qualche perplessità genera anche l’istituto dell’immunità parlamentare, non tanto perché si dovesse negarla ai nuovi senatori – che, come i deputati, hanno comunque una funzione costituzionale – quanto perché sarebbe stato bene emendarla per tutti i parlamentari. In proposito, vale la pena di ricordare quanto The Economist scriveva tra l’altro in un articolo dello Giugno scorso:

“Ci sono due sistemi generali di immunità. Il Regno Unito, gli Stati Uniti e altri paesi garantiscono una forma “ristretta” di immunità: i parlamentari possono votare e parlare liberamente in parlamento o al congresso senza temere possibili cause legali o denunce penali. Il sistema “ampio” di immunità è invece più controverso: alcuni legislatori fortunati godono di immunità da ogni tipo di accusa e possono perderla soltanto in seguito a un voto parlamentare. Secondo i critici, questo sistema consente ai politici di godere di impunità per le loro azioni e incoraggia la candidatura di criminali. Hanno ragione”.

 Le nuove modalità di elezione del Presidente della Repubblica non sembrano apportare modifiche tali da produrre vantaggi o svantaggi. Tutto resta sostanzialmente come prima, se si esclude il fatto che con la riforma aumenta la percentuale di grandi elettori della Camera dei deputati rispetto a quelli del Senato, in conseguenza del diminuito numero di senatori. Neppure c’è il rischio, paventato dai sostenitori del No, che dal settimo scrutinio in poi – essendo sufficienti per eleggere il Presidente i 3/5 dei presenti in aula e non degli aventi diritto – con la legge elettorale attualmente in vigore per l’elezione dei deputati [italicum], la lista che abbia ottenuto il premio di maggioranza  di 340 deputati elegga praticamente da sola il Presidente. Si tratta di ipotesi puramente di scuola, perché presuppone che siano assenti dalla votazione più di 100 grandi elettori dell’opposizione.
Non ci sono dubbi invece circa i vantaggi che il prevalere del porterebbe al Paese con la soppressione del CNEL [Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro], un ente che in sessant’anni ha prodotto tanti documenti ma soltanto 14 proposte di legge, nessuna delle quali approvata dal Parlamento e che, con i suoi 64 consiglieri [120 dal 1957 al 2012], costa ai contribuenti italiani circa 20 milioni l’anno. Con la sua soppressione, il risparmio effettivo per la spesa pubblica si aggirerebbe sui 15 milioni annui, considerando che rimarrebbero “vive” le spese per il personale amministrativo, dirottato alla Corte dei Conti, nonché per la conservazione della splendida villa Lubin, attuale sede del CNEL.
Con il , un certo vantaggio, non senza qualche interrogativo, si avrebbe nel complesso rapporto tra Stato e Regioni, con la modifica del Titolo V della Costituzione. Occorre tener presente che questo punto della Riforma serve a correggere le precedenti modifiche dello stesso Titolo, introdotte dal secondo Governo di Giuliano Amato [25 Aprile 2000 – 11 Giugno 2001] e approvate con Referendum confermativo (64,20% di Sì], indetto in Agosto e svoltosi il 7 Ottobre 2001 durante il secondo Governo Berlusconi.
Sotto la spinta della Lega, l’obiettivo di allora della politica italiana era riformare lo Stato in senso federalista, accrescendo le competenze delle Regioni rispetto allo Stato. Fu inoltre riconosciuta alle Regioni completa autonomia di spesa, con il risultato - come purtroppo già avviene per le Regioni a Statuto Speciale - di far lievitare gli stipendi dei consiglieri in carica nonché di raddoppiare la spesa corrente, nel primo decennio del 2000, del 74,6% rispetto al decennio precedente. D’altra parte, poiché non fu contestualmente varato l’aumento dell’autonomia fiscale delle Regioni, le maggiori spese risultarono e risultano ancora oggi a carico dello Stato.
Con il testo di riforma costituzionale si cerca pertanto di correre ai ripari, delineando le rispettive competenze, per ridurre l’attuale conflittualità tra Stato e Regioni, e introducendo la clausola di supremazia, qualora vi sia uno specifico interesse nazionale, rispetto alle stesse competenze regionali. È proprio di queste ore la notizia che la Corte Costituzionale ha bocciato, su ricorso di un governatore della Lega, la riforma della Pubblica Amministrazione, approvata dopo più di due anni di iter parlamentare, in conseguenza del fatto che il governo ha solo sentito il parere delle Regioni, ma non ha trovato con loro l’intesa richiesta dall’attuale dettato costituzionale. Ciò che in definitiva significa che, in questo campo così come in altri di interesse nazionale, se vince il No, la sovranità continua di fatto a spettare alle Regioni e non allo Stato. D’altra parte, con la vittoria del , si corre il rischio di un eccessivo centralismo cui si accompagna, per uno strano ma purtroppo non incomprensibile paradosso, un accrescimento di potere da parte delle 5 Regioni a Statuto Speciale [Sicilia-Sardegna-Friuli Venezia Giulia-Trentino Alto Adige-Valle d’Aosta]. Desta infine qualche preoccupazione la modifica introdotta all’art. 117, che negli ultimi giorni ha letteralmente scatenato l’ira dei sostenitori del No. Per quanto esagerata e demagogica possa apparire tale reazione, resta da chiedersi perché i riformatori non abbiano chiarito preventivamente le vere ragioni della modifica del citato articolo.
Da:
“La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.”  
A:
“La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e dagli obblighi internazionali.”

La  giustificazione di questa modifica da parte dei sostenitori del è che si tratti di questione puramente lessicale, in quanto ordinamento comunitario significa sostanzialmente la stessa cosa di ordinamento dell’Unione Europea. Il che è vero, ma non si è avuto il coraggio di dire – come tutti possono leggere su Wikipedia – che:
 “L'Unione europea è un'organizzazione internazionale politica ed economica di carattere sovranazionale, che comprende 28 paesi membri indipendenti e democratici. La sua formazione sotto il nome attuale risale al trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992 (entrato in vigore il 1º novembre 1993), al quale gli stati aderenti sono giunti dopo un lungo percorso intrapreso dalle Comunità europee precedentemente esistenti e attraverso la stipulazione di numerosi trattati, che hanno contribuito al processo di integrazione europea”.

Bene, perché i riformatori non hanno chiarito tempestivamente che il nuovo lessico introdotto in Costituzione, per esprimere il medesimo concetto, è la naturale conseguenza del passaggio dalle precedenti Comunità Europee all’attuale Unione Europea, formatasi ufficialmente con il trattato di Maastricht? Che si tratti di una questione formale, non c’è dubbio, perché con la vecchia o con la nuova dizione, qualsiasi legge dovrà comunque essere approvata dal Parlamento nazionale, ma di questo non tutti si rendono conto, soprattutto in considerazione del fatto che questa Europa, a conduzione tedesca e così poco democratica, è sempre meno amata dai cittadini italiani ed europei. E allora? La mancata precisazione sembra più che altro un infortunio dei riformatori, nel timore che la dizione meno generica voluta da Bruxelles portasse acqua al mulino dei No. In conclusione, tuttavia, occorre riconoscere che la nuova formulazione, ove prevalesse il , non porterebbe svantaggi all’Italia, perché nulla toglie o aggiunge a quanto già presente nel nostro ordinamento costituzionale.
Analogamente, votando non vedo sostanziali vantaggi o svantaggi circa la riforma sui referendum costituzionali e le leggi di iniziativa popolare: se da un lato, infatti, si porta da 50.000 a 150.000 il numero delle firme necessarie per una proposta di legge di iniziativa popolare [con evidente peggioramento, rispetto ad oggi, ma con la “garanzia costituzionale” che la proposta sarà discussa e votata in Parlamento], il quorum per l’approvazione dei referendum abrogativi passa dal 50% + 1 degli aventi diritto al voto, al 50% +1 dei votanti effettivi alle precedenti elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati [con notevole vantaggio rispetto ad oggi], ma solo quando il numero dei richiedenti, dagli attuali 500.000 passi a oltre 800.000 [con reale diminuzione del vantaggio introdotto per i cittadini sulla stessa materia: una sorta di gioco delle tre carte, insomma]. Nell’insieme, si tratta di una modifica bizantina, inutile, e furbesca. Altra cosa sarebbe stata, a vantaggio dei cittadini, la soppressione del quorum, come avviene per i referendum confermativi delle leggi costituzionali, e come infatti avverrà con il referendum del prossimo 4 Dicembre, dove si vince a maggioranza, prescindendo dal numero dei votanti.

Facendo un bilancio conclusivo, emerge la consapevolezza che si è persa l’occasione per fare di più, ma bisogna ricordare da quale maggioranza parlamentare nasce questa riforma costituzionale, e perché. Quel che meraviglia è che si debba assistere, ormai da mesi, ad una lotta cruenta tra i sostenitori del poco [] e sostenitori del nulla [No], pronti a giurare, quest’ultimi, che se vincerà il No, faranno loro un’autentica riforma costituzionale. E con quale maggioranza, con quella che in settant’anni non si è riusciti a mettere insieme? Verrebbe quasi voglia di restare fuori di questa mischia tutta italiana che si traveste di articoli e commi per anticipare una lotta politica che, proprio perché prematura, sarà sterile in ogni caso. Una guerra tragicomica dove, tra i sostenitori  del , c’è chi spaccia questa miniriforma per una rivoluzione e chi, tra i sostenitori del No, chiama eversivi e truffatori gli avversari, nemmeno si dovesse decidere l’uscita dall’euro e/o dall’Europa, nemmeno dovessimo eleggere il Trump italiano, invece di fare un piccolo passo nella direzione del buonsenso. Davvero verrebbe voglia il 4 Dicembre di non andare a votare, se non fosse la considerazione che qualcosa è meglio di niente, portando almeno a casa dopo settant’anni, se vincerà il , il  superamento del bicameralismo perfetto o paritario, la soppressione del CNEL e una minore conflittualità tra Stato e Regioni.


sergio magaldi

venerdì 18 novembre 2016

RIFORMA COSTITUZIONALE: 5° Riforma del Titolo V [Stato e Regioni]

 II Governo Amato. Il Giuramento.



 Il MOVIMENTO ROOSEVELT [MR] lancia un’iniziativa lodevole in occasione del voto del prossimo 4 Dicembre sul Referendum Costituzionale: ha creato un sito apposito www.referendumsiono.it dove in sintesi rapida ma efficace sono elencate le conseguenze derivanti dal voto degli elettori [ o No] sull’intero Referendum, con la possibilità per i cittadini di interagire, esprimendo il proprio parere. Si badi bene, si tratta solo di conseguenze costituzionali, non politiche – sulle quali ultime ogni cittadino è libero di farsi le idee che crede – e pertanto non soggette a valutazioni soggettive. In più, si riportano le principali obiezioni degli uni contro gli altri, senza tuttavia mai intervenire in merito. Un pregio non da poco, questo, visto che ogni altra simile iniziativa si dilunga nel tentativo di “tradurre” per intero il difficile e talora incomprensibile linguaggio dei politici-costituzionalisti e/o prende decisamente posizione per l’uno o l’altro “partito”. Il senso di questa operazione lanciata dal Movimento Roosevelt, al di là del voto sicuramente differenziato dei suoi militanti, sta tutto nella natura del movimento che, per bocca del suo Presidente, dichiara esplicitamente che tra i suoi fini c’è innanzi tutto quello di informare i cittadini mediante una sorta di pedagogia della politica [vedi in proposito: https://www.youtube.com/watch?v=HrYgEwhiACY].
Ebbene, il sito appositamente creato dal MR affronta la questione, passando al vaglio i sei “Grandi temi della Riforma” e cioè:

1° Il Bicameralismo perfetto o paritario [Punto già esaminato nel post: RIFORMA COSTITUZIONALE: 1° IL BICAMERALISMO PERFETTO Clicca sul titolo per leggere]

2° Riforma del Senato [Punto già esaminato nel post: RIFORMA COSTITUZIONALE: 2° RIFORMA DEL SENATO. Clicca sul titolo per leggere]

3° Elezione del Presidente della Repubblica [Punto già esaminato nel post RIFORMA COSTITUZIONALE: 3° ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA. Clicca sul titolo per leggere]

4° Abolizione del CNEL [Consiglio Nazionale Economia e Lavoro] già esaminato nel post RIFORMA COSTITUZIONALE: 4° ABOLIZIONE DEL CNEL

5° Riforma del Titolo V della Costituzione, sulle competenze di Stato e Regioni

6° Riforma sui Referendum abrogativi e leggi di iniziativa popolare.

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 L’elettore sa che con un approva l’intero “pacchetto”, mentre con un No lo respinge in blocco, lasciando inalterato l’attuale dettato costituzionale sulla materia. I radicali avevano lanciato la proposta di “spacchettare” i temi della Riforma, lasciando i cittadini liberi di esprimersi su ciascuno di essi. Il Parlamento, tuttavia, non ha recepito la proposta, sia da parte dei sostenitori del che da quella dei sostenitori del No. L’eventuale “spacchettamento” avrebbe sicuramente impedito l’attuale disputa in stile “Guelfi-Ghibellini”, ma le opposizioni avrebbero perso l’occasione di costringere il governo Renzi a dimettersi nell’eventualità della vittoria del No, mentre i partiti di governo, abbastanza sicuri di vincere sui punti 1° e 4°, avrebbero rischiato su tutti gli altri e in particolare sul Titolo V che, insieme al superamento del bicameralismo perfetto, è il punto nevralgico dell’intera proposta di riforma costituzionale. In più, occorre riconoscere che appare abbastanza problematico, se non addirittura arduo, separare tra loro i primi tre punti della riforma, essendo chiara la loro stretta interdipendenza.

 Ho sin qui esaminato le implicazioni riguardanti il 1°, il 2°, il 3° e il 4° punto della Riforma [clicca sopra, sui punti sottolineati, per leggere]. Procedo ora con l’analisi del 5° punto, così come viene presentato nel sito sopra citato: RIFORMA DEL TITOLO V della Costituzione

SE VOTI 

La definizione di “competenza concorrente” (cioè su cui hanno competenza le Regioni, secondo princìpi fondamentali dettati dallo Stato) verrà eliminata, mantenendo solo il concetto di “competenza esclusiva” (cioè riguardanti o solo le Regioni o solo lo Stato). Con l’eliminazoione della competenza concorrente, buona parte delle competenze verrà riassegnata o ridistribuita. Verrà introdotta una “clausola di supremazia” secondo cui lo Stato potrà intervenire in materie riservate alla legislazione esclusiva di Stato o Regione, se ritiene sia necessario per la “tutela dell’interesse nazionale”. Lo Stato potrà perciò agire sulle competenze non esclusive.

 SE VOTI No

Le competenze su tutto ciò che è di interesse pubblico sono suddivise in: “esclusive”(cioè riguardanti o solo le Regioni, o solo lo Stato) e “concorrenti” (cioè su cui hanno competenza le Regioni, ma con diversi princìpi fondamentali dettati dallo Stato).

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 Occorre tener presente che questo punto della Riforma serve a correggere le precedenti modifiche del Titolo V della Costituzione, introdotte dal secondo Governo di Giuliano Amato [25 Aprile 2000 – 11 Giugno 2001. Il presidente del consiglio che, durante il suo primo governo, si rese famoso per il prelievo retroattivo sui conto correnti degli italiani], e approvate con Referendum confermativo (64,20% di Sì], indetto in Agosto e svoltosi il 7 Ottobre 2001 durante il secondo Governo Berlusconi.

 L’obiettivo di allora della politica italiana era riformare lo Stato in senso federalista, accrescendo notevolmente le competenze delle Regioni rispetto allo Stato. Fu inoltre riconosciuta alle Regioni completa autonomia di spesa, con il risultato - come purtroppo avviene per le Regioni a statuto speciale - di far lievitare gli stipendi dei consiglieri in carica nonché di raddoppiare la spesa corrente, nel primo decennio del 2000, del 74,6% rispetto al decennio precedente. D’altra parte, poiché non fu contestualmente varato l’aumento dell’autonomia fiscale delle Regioni, le maggiori spese risultarono e risultano ancora oggi tutte a carico dello Stato. Quanti cittadini italiani che il prossimo 4 Dicembre si recheranno alle urne ne sono consapevoli?

 Con l’art. 31 del testo di riforma costituzionale si cerca pertanto di correre ai ripari, rispetto all’attuale art. 117 del Titolo V della Costituzione, aumentando le competenze dello Stato rispetto alle Regioni ed introducendo la clausola di supremazia, rispetto alle stesse competenze regionali, qualora vi sia uno specifico interesse nazionale. I rispettivi campi di competenza vengono così di seguito delineati.

Allo STATO:
  • politica estera;
  • immigrazione;
  • rapporti tra Repubblica e confessioni religiose;
  • sicurezza dello Stato e Forze Armate;
  • sistema tributario e contabile dello Stato e mercati finanziari;
  • organi dello Stato e leggi elettorali;
  • organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
  • ordine pubblico e sicurezza;
  • cittadinanza;
  • giurisdizioni e norme processuali;
  • determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale
  • istruzione;
  • previdenza sociale;
  • ordinamento, legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni e Città metropolitane;
  • protezione dei confini nazionali;
  • pesi, misure e determinazione del tempo;
  • tutela e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici;
  • professioni;
  • produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia;
  • infrastrutture.
Alle REGIONI:
  • rappresentanza delle minoranze linguistiche;
  • organizzazione dei servizi sanitari e sociali;
  • promozione dello sviluppo economico locale;
  • promozione del diritto allo studio;
  • valorizzazione e organizzazione regionale del turismo.
 Le principali argomentazioni dei sostenitori del No si basano essenzialmente sulla considerazione che la nuova disciplina aumenterà i conflitti di competenza tra Stato e Regioni, con intasamento dei lavori della Corte Costituzionale, più di quanto non avvenga già oggi. Inoltre, i sostenitori del No sottolineano come la riforma introduca ulteriori elementi in favore delle Regioni a statuto speciale che non vengono minimamente intaccate nel proprio attuale potere. 

 Da parte loro, i sostenitori del ribadiscono che i conflitti Stato-Regioni diminuiranno proprio in virtù della clausola di supremazia che permetterà allo Stato di decidere in ultima istanza sugli eventuali conflitti di competenza. Quanto al discorso sulle Regioni a statuto speciale, si è tentati di dare ragione ai sostenitori del No, ma occorre riconoscere che le osservazioni, circa l’ulteriore distanza che con questa riforma si viene a creare con le Regioni a statuto ordinario, suonano in questa fase e in questo contesto abbastanza pretestuose. Intanto e soprattutto perché ci sono precise ragioni storiche della maggiore autonomia riconosciuta a quelle regioni, poi perché i sostenitori del No non possono ignorare che, se si fossero ritoccate in senso limitativo anche le competenze delle cinque Regioni a statuto speciale [Sicilia, Sardegna, Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige], il Referendum costituzionale avrebbe avuto ancora minori possibilità di essere confermato, di quante non ne abbia già oggi, almeno a giudicare dai sondaggi. Infatti, il tradizionale campanilismo degli italiani e i circa 10 milioni di abitanti delle 5 regioni sarebbero stati a priori determinanti nel far pendere la bilancia dalla parte del No

 Infine, sulla questione c’è ancora un paradosso che in fondo non significa molto, ma che induce a riflettere: alcuni sostenitori del No non amano entrare nei dettagli della Riforma e si limitano a respingerla sulla base di una pretesa “sacralità” della Costituzione approvata 70 anni fa dai padri costituenti. Ci può anche stare, perché allora non riconoscere che detta sacralità fu “profanata” proprio con la riforma del Titolo V voluta e attuata nel 2001?

sergio magaldi

martedì 15 novembre 2016

RIFORMA COSTITUZIONALE:4°ABOLIZIONE DEL CNEL

INSEDIAMENTO IN CAMPIDOGLIO DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELLE CORPORAZIONI



 Il MOVIMENTO ROOSEVELT [MR] lancia un’iniziativa lodevole in occasione del voto del prossimo 4 Dicembre sul Referendum Costituzionale: ha creato un sito apposito http://www.referendumsiono.it/ dove in sintesi rapida ma efficace sono elencate le conseguenze derivanti dal voto degli elettori [ o No] sull’intero Referendum, con la possibilità per i cittadini di interagire, esprimendo il proprio parere. Si badi bene, si tratta solo di conseguenze costituzionali, non politiche – sulle quali ultime ogni cittadino è libero di farsi le idee che crede – e pertanto non soggette a valutazioni soggettive. In più, si riportano le principali obiezioni degli uni contro gli altri, senza tuttavia mai intervenire in merito. Un pregio non da poco, questo, visto che ogni altra simile iniziativa si dilunga nel tentativo di “tradurre” per intero il difficile e talora incomprensibile linguaggio dei politici-costituzionalisti e/o prende decisamente posizione per l’uno o l’altro “partito”. Il senso di questa operazione lanciata dal Movimento Roosevelt, al di là del voto sicuramente differenziato dei suoi militanti, sta tutto nella natura del movimento che, per bocca del suo Presidente, dichiara esplicitamente che tra i suoi fini c’è innanzi tutto quello di informare i cittadini mediante una sorta di pedagogia della politica [vedi in proposito: https://www.youtube.com/watch?v=HrYgEwhiACY ].
Ebbene, il sito appositamente creato dal MR affronta la questione, passando al vaglio i sei “Grandi temi della Riforma” e cioè:

1° Il Bicameralismo perfetto o paritario [Punto già esaminato nel post:  RIFORMA COSTITUZIONALE: 1° IL BICAMERALISMO PERFETTO. Clicca sul titolo per leggere]

2° Riforma del Senato [Punto già esaminato nel post: RIFORMA COSTITUZIONALE: 2° RIFORMA DEL SENATO. Clicca sul titolo per leggere]

3° Elezione del Presidente della Repubblica [Punto già esaminato nel post RIFORMA COSTITUZIONALE: 3° ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA. Clicca sul titolo per leggere]

Abolizione del CNEL [Consiglio Nazionale Economia e Lavoro]

5° Riforma del Titolo V della Costituzione, sulle competenze di Stato e Regioni

6° Riforma sui Referendum abrogativi e leggi di iniziativa popolare.

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 L’elettore sa che con un approva l’intero “pacchetto”, mentre con un No lo respinge in blocco, lasciando inalterato l’attuale dettato costituzionale sulla materia. I radicali avevano lanciato la proposta di “spacchettare” i temi della Riforma, lasciando i cittadini liberi di esprimersi su ciascuno di essi. Il Parlamento, tuttavia, non ha recepito la proposta, sia da parte dei sostenitori del che da quella dei sostenitori del No. L’eventuale “spacchettamento” avrebbe sicuramente impedito l’attuale disputa in stile “Guelfi-Ghibellini”, ma le opposizioni avrebbero perso l’occasione di costringere il governo Renzi a dimettersi nell’eventualità della vittoria del No, mentre i partiti di governo, abbastanza sicuri di vincere sui punti 1° e 4°, avrebbero rischiato su tutti gli altri e in particolare sul Titolo V che, insieme al superamento del bicameralismo perfetto, è il punto nevralgico dell’intera proposta di riforma costituzionale. In più, occorre riconoscere che appare abbastanza problematico, se non addirittura arduo, separare tra loro i primi tre punti della riforma, essendo chiara la loro stretta interdipendenza.

 Ho sin qui esaminato le implicazioni riguardanti il 1°, il 2° e il 3° punto della Riforma. Procedo ora con l’analisi del 4° punto, così come viene presentato nel sito sopra citato: ABOLIZIONE DEL CNEL

 SE VOTI 


La riforma propone l’abolizione del CNEL


 SE VOTI No


Il CNEL, ovvero Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, è un ente statale, composto di 65 membri, che ha la possibilità di proporre iniziative legislative (limitatamente alle sue competenze, quindi in economia e lavoro) e di fornire pareri su questi argomenti. Tali pareri non sono vincolanti, e vengono forniti solo se richiesti o dal Governo, dalle Camere o dalle Regioni.

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 Per i primi due punti della Riforma, sin qui esaminati [clicca sui punti 1° e 2° sopra sottolineati per leggere], le differenze di prospettiva, tra i sostenitori del No e quelli del sono immediatamente visibili: tra chi vuole continuare con i due Rami del Parlamento aventi gli stessi poteri, facendo di ciascun Ramo del Parlamento il controllore dell’altro, e mantenendo inalterato il numero dei senatori retribuiti ed eletti direttamente dal popolo [No] e chi vuole differenziare i poteri di Camera e Senato, ponendo fine – dopo 70 anni di bicameralismo perfetto o paritario –  ad un lungo, complesso e niente affatto sicuro procedimento per l’approvazione delle leggi, nonché risparmiare sulla retribuzione di 315 senatori, sostituiti da 100 senatori, non retribuiti per questa specifica funzione ed eletti solo indirettamente dai cittadini []. Al contrario, le ragioni del No e del circa le nuove modalità di elezione del Presidente della Repubblica [clicca sul 3°punto sopra sottolineato per leggere] non sembrano altrettanto determinanti per una scelta di campo, se si esclude il fatto che con la riforma aumenta la percentuale di grandi elettori della Camera dei deputati rispetto a quelli del Senato, in conseguenza del diminuito numero di senatori e della loro differente procedura di elezione. D’altra parte, quel che è certo è che i primi tre punti della Riforma sono così collegati tra loro che sarebbe impossibile considerarli separatamente.

 Così non è, invece, per la proposta di abolire il CONSIGLIO NAZIONALE DELL’ECONOMIA E DEL LAVORO [CNEL], che appare del tutto autonoma rispetto ai primi tre punti. E in effetti, se questo quarto punto fosse stato “spacchettato”, con molta probabilità avrebbe ottenuto una schiacciante maggioranza di [ma ci sono pur sempre i nostalgici del suo mantenimento, oltre a quelli che il prossimo 4 Dicembre votando No alla Riforma, di fatto manifesteranno analoga volontà]. Con il Referendum si chiede infatti di abolire l’art.99 della Costituzione che così recita:

Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro è composto, nei modi stabiliti dalla legge, di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa.
E` organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge.
Ha l'iniziativa legislativa [cfr. art. 71 c.1] e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge.

Istituito nel 1957, il CNEL fu composto di 120 membri sino al 2012 e successivamente di 64 membri con mandato quinquennale rinnovabile, oltre al Presidente, nominato con decreto del Presidente della Repubblica, al di fuori degli altri componenti. Comprende:
  • 10 esperti qualificati nelle discipline economiche, sociali e giuridiche di cui 8 nominati dal Presidente della Repubblica e 2 proposti dal Presidente del Consiglio dei Ministri;
  • 22 rappresentanti del lavoro dipendente,
  • 9 in rappresentanza del lavoro autonomo;
  • 17 in rappresentanza delle imprese
  • 6 in rappresentanza delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato
Il costo del CNEL nel bilancio dello Stato si aggira sui 20 milioni l’anno, di cui circa 3,5 milioni di spesa per il personale amministrativo. Ha sin qui prodotto 14 proposte di legge, nessuna delle quali approvata dal Parlamento

 Predecessore storico del CONSIGLIO NAZIONALE DELL’ECONOMIA E DEL LAVORO è stato il CONSIGLIO NAZIONALE DELLE CORPORAZIONI che, istituito nel 1926, operativo tra il 1930 e il 1943, proprio come l’attuale CNEL ebbe una funzione puramente marginale, nonostante la quantità [anche sino a 500 membri] e la qualità dei suoi componenti [presidenti delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali fasciste, ministri, sottosegretari di Stato e direttori generali dei ministeri economici e sociali, segretario e gerarchi del Partito Nazionale Fascista, presidenti di alcune associazioni ed opere nazionali, esperti in organizzazione sindacale, diritto, economia corporativa, produzione, commercio e profitto, designati dal Ministro delle Corporazioni]. Dal 1939, i componenti del CNC entrarono a far parte di diritto nella CAMERA DEI FASCI E DELLE CORPORAZIONI.

 A parte il fatto che la proposta di abolire il CNEL fa parte di quella spending review tanto proclamata e così poco realizzata [il risparmio per la spesa pubblica si aggirerebbe all’incirca sui 15 milioni annui, considerando che rimarrebbero “vive” le spese per il personale amministrativo, dirottato alla Corte dei Conti, nonché per la conservazione della splendida villa Lubin, attuale sede del CNEL], resta la domanda, per chi voterà il Referendum, se sia utile mantenere in vita [votando No], chissà per quanti anni ancora, un Consiglio di anziani - ancorché insigni giuristi, economisti ed esperti del lavoro con un secondo o terzo incarico retribuito - che in sessant’anni ha prodotto tanti documenti ma soltanto poche proposte di legge, nessuna delle quali approvata, anche per via del noto bicameralismo perfetto o paritario di cui si avvale ancora, unico al mondo nella sua specifica forma, l’attuale ordinamento italiano.


sergio magaldi

sabato 5 novembre 2016

RIFORMA COSTITUZIONALE: 3° ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA





   Il MOVIMENTO ROOSEVELT [MR] lancia un’iniziativa lodevole in occasione del voto del prossimo 4 Dicembre sul Referendum Costituzionale: ha creato un sito apposito www.referendumsiono.it dove in sintesi rapida ma efficace sono elencate le conseguenze derivanti dal voto degli elettori [ o No] sull’intero Referendum, con la possibilità per i cittadini di interagire, esprimendo il proprio parere. Si badi bene, si tratta solo di conseguenze costituzionali, non politiche – sulle quali ultime ogni cittadino è libero di farsi le idee che crede – e pertanto non soggette a valutazioni soggettive. In più, si riportano le principali obiezioni degli uni contro gli altri, senza tuttavia mai intervenire in merito. Un pregio non da poco, questo, visto che ogni altra simile iniziativa si dilunga nel tentativo di “tradurre” per intero il difficile e talora incomprensibile linguaggio dei politici-costituzionalisti e/o prende decisamente posizione per l’uno o l’altro “partito”. Il senso di questa operazione lanciata dal Movimento Roosevelt, al di là del voto sicuramente differenziato dei suoi militanti, sta tutto nella natura del movimento che, per bocca del suo Presidente, dichiara esplicitamente che tra i suoi fini c’è innanzi tutto quello di informare i cittadini mediante una sorta di pedagogia della politica [vedi in proposito: https://www.youtube.com/watch?v=HrYgEwhiACY].
Ebbene, il sito appositamente creato dal MR affronta la questione, passando al vaglio i sei “Grandi temi della Riforma” e cioè:

1° Il Bicameralismo perfetto o paritario [Punto già esaminato nel post:  RIFORMA COSTITUZIONALE: 1° IL BICAMERALISMO PERFETTO. Clicca sul titolo per leggere]

2° Riforma del Senato [Punto già esaminato nel post: RIFORMA COSTITUZIONALE: 2° RIFORMA DEL SENATO. Clicca sul titolo per leggere]

3° Elezione del Presidente della Repubblica

4° Abolizione del CNEL [Consiglio Nazionale Economia e Lavoro]

5° Riforma del Titolo V della Costituzione, sulle competenze di Stato e Regioni

6° Riforma sui Referendum abrogativi e leggi di iniziativa popolare.

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 L’elettore sa che con un approva l’intero “pacchetto”, mentre con un No lo respinge in blocco, lasciando inalterato l’attuale dettato costituzionale sulla materia. I radicali avevano lanciato la proposta di “spacchettare” i temi della Riforma, lasciando i cittadini liberi di esprimersi su ciascuno di essi. Il Parlamento, tuttavia, non ha recepito la proposta, sia da parte dei sostenitori del che da quella dei sostenitori del No. L’eventuale “spacchettamento” avrebbe sicuramente impedito l’attuale disputa in stile “Guelfi-Ghibellini”, ma le opposizioni avrebbero perso l’occasione di costringere il governo Renzi a dimettersi nell’eventualità della vittoria del No, mentre i partiti di governo, abbastanza sicuri di vincere sui punti 1° e 4°, avrebbero rischiato su tutti gli altri e in particolare sul Titolo V che, insieme al superamento del bicameralismo perfetto, è il punto nevralgico dell’intera proposta di riforma costituzionale. In più, occorre riconoscere che appare abbastanza problematico, se non addirittura arduo, separare tra loro i primi tre punti della riforma, essendo chiara la loro stretta interdipendenza.

 Ho sin qui esaminato le implicazioni riguardanti il 1° e il 2° punto della Riforma. Procedo ora con l’analisi di ciò che è scritto nel sito citato a proposito del 3° punto: ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

SE VOTI 

Il Presidente della Repubblica verrà eletto dal Parlamento in seduta comune, ma non vi parteciperanno più i delegati delle Regioni (visto che i nuovi senatori saranno scelti dal territorio).
Nelle prime tre votazioni, serviranno ancora i 2/3 degli aventi diritto (circa 500 elettori) per eleggere il Presidente. Dalla quarta votazione fino al 6°scrutinio sono necessari i 3/5 degli aventi diritto al voto (circa 440 elettori); dal 7° in poi, la maggioranza dei 3/5 dei votanti (cioè quelli che sono presenti e votano effettivamente).
Il Presidente della Repubblica potrà, sentito il suo Presidente, sciogliere la sola Camera dei Deputati (e non più il Senato).
Durante l’assenza del Presidente della Repubblica, a farne le veci sarà il Presidente della Camera.

SE VOTI No

Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune (Camera e Senato). Alle’elezione partecipano anche dei delegati regionali, in modo che sia assicurata la presenza delle minoranze.
L’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta dei votanti (50% +1).
Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere entrambe le Camere o anche una sola di esse.
Durante l’assenza del Presidente della Repubblica, a farne le veci è il Presidente del Senato.

 Per i primi due punti della Riforma, sin qui esaminati [clicca sui punti sopra sottolineati per leggere], le differenze di prospettiva, tra i sostenitori del No e quelli del sono immediatamente visibili: tra chi vuole continuare con due Rami del Parlamento dagli identici poteri, mantenendo inalterato il numero dei senatori retribuiti [No] e chi vuole differenziare i poteri di Camera e Senato, ponendo fine, dopo 70 anni al bicameralismo perfetto o paritario, ad un lungo, complesso e niente affatto sicuro procedimento per l’approvazione delle leggi, nonché risparmiare sulla retribuzione di 315 senatori, sostituiti da 100 senatori, non retribuiti per questa specifica funzione ed eletti solo indirettamente dal popolo [].
 Diversamente si propone la questione circa l’elezione del Presidente della Repubblica. Le ragioni del No e quelle del a prima vista sembrano risibili: con la Riforma, il Parlamento è convocato in seduta comune, esattamente come avviene oggi. Tuttavia, in conseguenza dei primi due punti [eliminazione del bicameralismo perfetto e riforma del Senato], la composizione dell’elettorato, rispetto al presente, muta sia in qualità che soprattutto in quantità. Infatti, con la Riforma, il numero dei senatori si riduce di 215 unità [315 oggi, 100 con la Riforma], determinando un nuovo rapporto tra senatori e deputati: attualmente “i grandi elettori” del Presidente della Repubblica sono circa 1010, infatti ai 630 deputati si aggiungono circa 380 membri del Senato [calcolando oltre ai 315 senatori eletti, i 58 rappresentanti delle regioni e i senatori a vita] con una percentuale di circa il 62,4% per la Camera e del 37,96% per il Senato. Con la Riforma, il numero dei cosiddetti grandi elettori si riduce a 735 [630 deputati e 105 senatori, calcolando anche i senatori a vita] e le percentuali di rappresentanza tra Camera e Senato diventano rispettivamente: 85,8% per la Camera e 14,2% per il Senato. Questo diminuito numero di senatori, rispetto ai deputati, nel determinare l’elezione del Presidente è l’argomento principe utilizzato dai promotori del No, in quanto si sostiene che ad eleggere il Presidente sarebbero in realtà i deputati, mentre i senatori avrebbero una funzione meramente decorativa. E, in apparenza, lo si sostiene con qualche ragione. Se si approfondisce il discorso, tuttavia, si vede che, anche se nelle prime tre votazioni occorrono all’incirca 674 grandi elettori per determinare l’elezione - un numero di poco superiore rispetto ai 630 deputati aventi diritto al voto - a partire dalla quarta votazione e nelle successive, il numero dei deputati sufficiente ad eleggere il Presidente diminuisce a poco meno di 510 elettori, cifra di gran lunga inferiore ai 630 dei deputati aventi diritto al voto. Dunque, se si resta in questa logica, puramente teorica e niente affatto politica, anche oggi si può tranquillamente affermare che l’elezione del Presidente della Repubblica è determinata unicamente dai deputati. Infatti, solo con Cossiga e con Ciampi [oltre che con Enrico De Nicola, primo Presidente della Repubblica tra il gennaio e il maggio 1948, eletto quasi per acclamazione con 405 voti su 435, dopo essere stato capo provvisorio dello stato dal luglio del 1946] si ebbe l’elezione del Presidente al primo scrutinio e perciò a maggioranza qualificata, con un numero che comprendeva di necessità anche il voto dei senatori [752 voti su 1011 per eleggere Cossiga, 707 su 1007 per eleggere Ciampi], ma in tali casi fu decisivo non già il numero dei senatori, bensì l’accordo tra i partiti trovato per via extraparlamentare e determinato dalla contingenza politica e dalle logiche di spartizione del potere.
 C’è in più, forse in favore della Riforma, la considerazione che i nuovi senatori non sarebbero come gli attuali, espressione della stessa base sociopolitica che elegge i deputati. D’altra parte, cosa accadrebbe con la Riforma? Certo, i deputati, ove si trovassero d’accordo [ipotesi politicamente impossibile] potrebbero eleggere il Presidente sin dalla prima votazione, occorrendo poco più di 490 voti su 735. Dal quarto e sino al sesto scrutinio ne occorrerebbero circa 442 e solo dal settimo in poi sarebbero sufficienti i 3/5 dei presenti in aula e non degli aventi diritto, con quel rischio, tutto teorico, che in tal caso, la legge elettorale attualmente in vigore per l’elezione dei deputati [italicum], darebbe alla lista che abbia ottenuto il premio di maggioranza  di 340 deputati lo strumento per eleggere praticamente da sola il Presidente. Ipotesi pretestuosa e puramente di scuola, perché presuppone che siano assenti dalla votazione più di 100 grandi elettori dell’opposizione.

 In conclusione si può dire che, ove la Riforma fosse “spacchettata”, non vi sarebbe un gran vantaggio nel votare piuttosto che No, perché poco o nulla si modificherebbe nella sostanza. Ma se il 4 Dicembre si andrà a votare per l’intero pacchetto, non c’è dubbio che votare sarebbe la diretta conseguenza dell’aver considerato favorevolmente i due precedenti punti della Riforma, mentre votare No significherebbe esattamente il contrario.


sergio magaldi

giovedì 3 novembre 2016

UNA SVOLTA NELLA LOTTA CONTRO L'ALZHEIMER




 Dopo un quarto di secolo di infruttuosa ricerca su  questo invalidante morbo,  da qualche tempo sempre più insistentemente si parla di uno spiraglio, ma forse anche di qualcosa di più, che si sta aprendo sullo studio delle cause dell’Alzheimer

di Alberto Zei  

Le cause del morbo -  Si tratta di cause ancora non completamente conosciute ma sufficienti per intraprendere una nuova sperimentazione mirata alla realizzazione di un farmaco adatto a debellare questa terribile malattia.
La ricerca si è finora svolta nel campo fisiologico  per comprendere il meccanismo che degenera la struttura neuronale, soprattutto della corteccia celebrale, ma non solo, a cui sono imputabili le funzioni più nobili del cervello e quindi della vita relazionale delle persone colpite. Ma dopo anni ed anni  di vane ricerche su presidi biologici impropri, sembra ora che sia stato individuato ciò che determina la malattia. È anche vero che se la ricerca non avesse proceduto per tentativi e  senza alcun apprezzabile risultato sulle cause che originano  lo sviluppo di questo invalidante morbo, difficilmente qualcuno avrebbe potuto andare oltre e individuare con il tentativo nella giusta direzione, le possibili cause.




 L’origine dell’Alzheimer ha luogo nella regione laterale dell’ ippocampo chiamata  Corteccia Entorinale Laterale, Questa parte del cervello svolge un ruolo di fondamentale importanza nella conservazione della memoria a lungo temine.  Successivamente  la  degenerazione si propaga alla zona del  cervello coinvolta  nell’orientamento; poi ancora  in  altri settori  della corteccia cerebrale.

Grovigli di fibrille e placche
Sugli effetti del morbo di Alzheimer, ovvero, sulle sue devastanti conseguenze, è quasi tutto noto, poco invece si conosce sulle  nuove prospettive di indagini e cura, dalle quali è interessante comprendere  il meccanismo e soprattutto la sequenza dei fattori originari e scatenanti la malattia e la sua progressione fortemente invalidante. Si tratta di un passo molto importante per non dire essenziale, della ricerca sulle probabili cause che determinano la più che evidente necrosi di un numero sempre maggiore di neuroni, con formazione all’interno della struttura cerebrale,  addirittura di vuoti per  distruzione di materia,  riempiti solo di liquido cefalorachidiano.




 La differenza volumetrica cerebrale rende evidente
il grado di degenerazione causato dalla malattia

La  ricerca  fino adesso, consisteva soprattutto nell’ individuare quali fossero i motivi  che intervenivano direttamente nella necrosi dei neuroni causati dalla  proteina Tau e dalla proteina beta amiloide, βA. Su queste due proteine infatti, si è svolta da circa venti anni  la ricerca  di come prevenire gli effetti  delle anomalie strutturali all’interno della cellula, capaci  di compromettere funzioni nutrizionali e metaboliche da parte della prima, e,  delle difficoltà extracellulari di sinapsi tra i vari neuroni da parte della seconda. I risultati però, come tutti sappiamo, non sono stati eccessivamente incoraggianti.
                                   
                                                              

























La figura in alto rappresenta la normale configurazione dei neuroni. Quella in basso  evidenzia invece, la presenza  di placche beta amiloide intercellulari che impediscono progressivamente i collegamenti sinaptici tra i vari neuroni ostacolando il passaggio dell’informazione nervosa verso l’organo elettivo a cui questa è destinata.
Essendo le proteine beta amiloide piuttosto appiccicaticce, queste placche si accumulano  all’esterno delle cellule, unitamente a frammenti e cataboliti che catturano.

Il cambiamento  - Quando non si consegue alcun  risultato ricercando invano  in un settore tutto ciò che è possibile cercare, esiste allora una sorta di regola generale secondo cui,  è del tutto inutile indugiare oltre. È stato così che  avvalendosi dell’intuizione, la ricerca si è spostata su altri settori in cui i valori riscontrati apparivano però più che normali. Forse è stato proprio questa più che normalità che ha fatto comprendere che si trattava di un paradosso, in quanto non era la carenza di qualcosa che causava la sofferenza cellulare ma al contrario, era la sovrabbondanza della materia prima che in qualche modo entrava nella struttura neuronale determinando un  cambiamento.
Non è dato sapere quale sia stato la ragione di questa svolta, ma non è un caso ad esempio in fisica quantistica, che il regime di sovrabbondanza determini una mutazione di stato che diversamente non è possibile raggiungere, anche se il cambiamento alla fin fine, necessita di un solo elemento per verificarsi.
Le ultime ricerche si sono così diversificate in due filoni di indagine verso il target di questa patologia, ipotizzandone  rispettivamente le cause non direttamente nei fattori  scatenanti, come avveniva  nel passato per la proteina Tau, e per la βA, anche se si rende necessario per meglio comprendere l’intero sistema produttivo, approfondire la conoscenza sia dell’una che  dell’altra proteina. L’attuale ricerca che è improntata in modo inferenziale verso le cause primarie, ovvero verso i precursori delle  due proteine, sembra aprire qualcosa più di un raggio di speranza della risoluzione di questo sconcertante stato patologico che l’Alzheimer rappresenta.

La proteina Tau
Entrando un po’ più nel merito del sistema neuronale di cui si tratta,  è opportuno ricordare che la proteina Tau  ha soprattutto la  funzione  biologica di stabilizzare le altre  proteine che partecipano alla formazione del  citoscheletro del neurone.
La funzione della proteina Tau  è quindi,  quello di rendere saldi i micro tuboli  che sono costituiti dalle proteine inserite nella struttura di sostegno  della cellula neuronale. La proteina Tau viene sintetizzata attraverso i suoi costituenti  propedeutici. Questa proteina a sua volta, formerà le strutture più complesse, a supporto del  corretto funzionamento dei neuroni. I componenti base, destinati alla costruzione di  queste  strutture in regime di corretto funzionamento, vengono ottenuti in numero sufficiente e necessario  alla costruzione dei relativi aggregati come i micro tuboli neuronali all’interno della stessa cellula.
L’uso  di questa proteina se viene prodotta in modo anomalo, come si vedrà in seguito, rende  le  strutture a cui è destinata, instabili. Ad esempio, il citoscheletro dei  microtuboli nei quali scorrono sostanze nutritive e cataboliche destinate provenienti dagli stessi neuroni, con l’impiego di proteina Tao alterata, in breve tempo si scompone  fino alla disfunzione e alla conseguente  necrosi.






I microtubuli costituiscono assieme ai microfilamenti e ai filamenti intermedi il citoscheletro - La proteina tau tiene coeso il microtubolo


La sovrabbondanza  per iperproduzione di proteina Tau  e la conseguente  iperfosporilazione che questa proteina  acquisisce, rende la stessa proteina inadatta per saldare la struttura dei microtuboli. Le conseguenze sono la  instabilità strutturale che porta allo sfaldamento degli stessi microtuboli e quindi alla morte progressiva di importanti masse  di neuroni.
E’ stato fatto un  esempio molto calzante  per avere una maggiore rappresentazione di immagine sulla consistenza delle strutture che contengono i neuroni e che a causa dei componenti inadatti si destabilizzano. Si immagini un binario tenuto insieme dalle traverse sulle quali dovrebbe essere ancorato;  ma se a causa della  loro differente forma, alcune di esse una volta inserite, non si prestano a bloccare  la ferrovia perché  troppo lunghe o troppo corte, prima o poi un binario del genere fa deragliare il treno. 
Il  deleterio aspetto di questa malattia è che la progressione della perdita della memoria delle persone colpite,  continua fino alla totale drammaticità, le cui conseguenze rendono l’ ammalato  come un vegetale, incapace persino di riconoscere i propri familiari.


                                       


























I grovigli di fibrille raffigurati sono costituiti soprattutto da ammassi di neurofilamenti di  proteina tau,  avvolti a spirale. Questi agglomerati si formano all’ interno e talvolta anche all’esterno dei  neuroni.
Tipicamente durante la malattia, le proteine Tau  si addensano all’interno della cellula che  con crescente difficoltà,  solo inizialmente riesce ad espellerle unitamente  ad altri cataboliti.
    








La perdita della conformazione  fisiologica corretta dei microtuboli e provocata dalla stessa proteina Tau che   a causa della iper-fosforilazione patologica che subisce non riesce a affastellare nel corretto modo i microtuboli che si sfaldano, provocando la conseguente morte cellulare.

Si accenna soltanto per completare il quadro di sinergie cellulari che   due   “proteine vettrici” la dineina e chinesina, preposte al trasporto all’ interno dei microtuboli delle varie sostanze, hanno crescente difficoltà a transitare; è vero che la cellula assicura per un certo tempo le proprie esigenze ricorrendo a  sistemi diversi ma molto meno efficienti. Quando però,  il passaggio di queste sostanze diviene impossibile i mocrotuboli si disgregano e il neurone muore.
La proteina Tau - La  proteina Tau, si altera nel caso particolare che qui interessa,  se subisce una addizione di un gruppo fosfato. In tal caso diviene portatrice di una mutazione appunto, per  fosforilazione e iper-forforilazione.  Per effetto di questa mutazione, la sua stessa produzione si incrementa divenendo sovrabbondante; ma la causa dell’insorgenza dello stato patologico del sistema neuronale  non è imputabile direttamente a questa proteina, come era ritenuto nel passato.  Ora tutto lascia credere  di trovarsi sulla strada giusta in quanto l’eccesso  di  proteine Tau iper-fosforilate porta alle stesse ad aggregarsi tra di loro formando dei grovigli di fibrille insolubili ostruendo il passaggio delle sostanze necessarie alla vita stessa dei neuroni. Questa sorta di degenerazione neurofibrillare endoneuronica è causata dalla   iperfosforilazione della proteina Tau.  Si tratta di accumuli  di neurofilamenti contorti in spirali ed aggregati tra di loro  a seguito della trasformazione subita dai tagli anomali della proteina Tau. I tagli che qui interessano, sono prodotti da un tipo di enzima chiamato chinasi e sono  differenti, da  quelli  standard a causa della iper- fosforilazione di solito correlata.
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Ruolo della proteina Tau  nella coesione dei microtubuli



La proteina Tau  è, come detto, parte integrante del materiale con il quale sono formati i micro tuboli. La funzione che svolge è soprattutto quella di stabilizzare le sub unità di tubolina, creando una  struttura legante degli stessi micro tuboli i quali nella loro corretta forma e dimensione trasportano oltre che le sostanze nutrienti al neurone, quelle tossiche  da espellere, lungo l’assone del neurone. Se ciò  però non avviene,  in quanto  la proteina Tau non svolge in modo corretto la propria  funzione, è perché questa acquisisce uno o più radicali dell'acido fosforico, ossia, diviene  iper-fosforilata. In questo caso  il legame dei micro tuboli  viene compromesso degradando l’intera impalcatura del cito scheletro neuronale.  Oltre a questo, la proteina Tau con la sua iper fosforilazione dà luogo alla formazione  di anomali aggregati insolubili di fibrille della stressa  proteina e di altre sostanze che non venendo correttamente espulse attraverso i microtuboli,  divengono  tossiche.








 La carenza di funzionalità dei microtuboli, sia per l’espulsione di cataboliti, sia per l’introduzione all’interno della cellula di sostanze  nutritive,  porta a morte gli stessi neuroni


 La conseguenza, come detto,  è la progressiva destabilizzazione della   forma dei cito scheletri da cui deriva la necrosi dei neuroni. In altri termini, si può dire che la neurodegenerazione e la conseguente morte dei neuroni sarebbero imputabili  all’ eccesso di proteina tau,  correlata alla iperfosforilazione.
Il salto qualitativo della conoscenza dei rimedi opponibili al morbo di Alzheimer, come meglio si vedrà anche dalla formazione della proteina  beta amiloide, è adesso quella di ricercare la genesi della patologia, non direttamente sugli  effetti  che la scatenano, ma sulle anomalie proteiche dei precursori di prima, di seconda o terza generazione. Sarebbero questi che non riuscendo  a moderare il ritmo eccessivo di produzione, da un lato rendono instabili le  condizioni di successiva elaborazione  biologica dei derivati, mentre dall’altro causano nei  prodotti inter-cellulari realizzati  carenze qualitative.








                                                               APP e relativi filamenti                      

  La proteina beta amiloide (βA) -  L’ altro filone della ricerca consiste nell’osservazione della crescita abnorme della proteina beta amiloide,, deputata alla  alimentazione indiretta dei neuroni. La proteina βA  è infatti,  un enzima che ha la funzione di catalizzare la digestione cellulare dell’ dell'amido, e di rimuovere altre sostanze giacenti, tra cui il  maltosio.
La produzione di βA anche in questo caso,  non è autonoma ma viene sensibilmente  stimolata dalla sovrabbondanza del proprio precursore proteico, individuato nella Amyloid Precursor Protein, (APP), il quale con una  spirale perversa  darebbe luogo all’iperproduzione della βA.
Questa proteina è essenzialmente posta tra le membrane cellulari esterne, e interviene  negli  scambi tra il citoplasma e l’esterno della cellula.  La patologia che la riguarda, come sarà meglio precisato in seguito, consiste nella sua iperproduzione di βA e nel  conseguente accumulo non fisiologico, che impedisce progressivamente la funzione vitale della cellula neuronale, fino ad interrompere progressivamente le varie sinapsi, ossia, le comunicazioni tra i vari neuroni, provocandone la morte.


                                   
























Il taglio enzimatico della proteina beta amiloide - Eccesso di beta amiloide che forma placche 

Il  taglio corretto avviene  da parte  dei rispettivi enzimi nella  forma  delle dimensioni standard. Nella malattia invece, questo taglio ha luogo  in modo anomalo, in quanto le misure dei segmenti proteici eccedono  la tolleranza compatibile per un loro corretto impiego; si tratta essenzialmente di legami delle strutture intercellulari a cui la proteina Tau  è destinata.

L’ APP  viene sezionata in frammenti attraverso tre enzimi proteolitici individuati con  alfa, beta e gamma secretasi per far parte della struttura del citoscheletro dei neuroni. Si formano in tal modo tre frammenti. Il frammento denominato P3  non è tossico. Al contrario quando il taglio della  APP viene operato dagli enzimi beta- e gamma, si può produrre un peptide β-amiloide non tossico, oppure la  β-amiloide tossica, i cui frammenti si aggregano negli spazi tra i neuroni contigui.

 Anche in questo caso e  in particolarmente in questo, è stato accertato che quando la βA si trova presente in eccesso nelle strutture neuronali rispetto alla quantità standard, contrariamente a quanto finora è avvenuto, la causa non va ricercata nella sua anomala produzione ma in quella delle sostanze proteiche precursori. È infatti è a causa dell’eccesso di queste che  la frenetica elaborazione biologica nella fase successiva,  non riesce a tagliare la misura dei singoli prodotti nelle giuste dimensioni necessarie alla loro corretta funzione.
In altri termini la βA in grado di assemblarsi in strutture filamentose che danno luogo ad anomali agglomerati  fibrillari tra le varie cellule. Si tratta di placche costituite  da una sostanza vischiosa che come tale, tende ad aggregarsi e da accumularsi nel tempo in placche appiccicose che impediscono il corretto funzionamento dei  collegamenti tra neuroni, ovvero delle e sinapsy; mentre la progressiva diffusione nell’ area celebrale di questo stato  è causa della necrosi di ulteriori  neuroni, soprattutto  nell’ ippocampo e in altri importanti presidi neuronali.
Questo significa, come detto,  soprattutto che quando l’App,  è in iper-produzione, questa si presta ad un taglio imperfetto. E allora che la  βA che esprime il segmento tagliato, si  trasforma per la sua stessa esuberanza in placche che si depositano all’esterno delle cellule neuronali determinando progressivamente un impedimento alle sinapsi e quindi allo scambio di comunicazioni cerebrali relative alle varie funzioni.






 Collegamento tra neuroni impediti  dalle placche – Una parte dei terminali dendritici  o degli assoni,  in cui hanno luogo le sinapsi per i passaggi delle informazioni, vengono impediti dalla presenza delle placche


D' altra parte la stessa APP è a sua volta correlata con  altri fattori che, senza voler uscire dall’ argomento trattato,  si fa soltanto notare che questi stessi sono causa di ulteriori danni neuronali per interferenza sul RNA  che causa  l’ insorgenza della sindrome di Down. Ove un risultato fosse conseguito nella  direzione intrapresa del morbo di Alzheimer, in virtù del salto qualitativo verso la soluzione genetica molto probabilmente correlata  anche  con il morbo di Down, ognuno potrebbe immaginare quali immensi benefici verrebbero raggiunti.
Ecco che a questo punto la ricerca pubblica e privata non possono non  valutare il rapporto costo/beneficio sociale ma anche economico, che deriverebbe da  un vincente investimento finanziario relativo alla individuazione della corretta terapia preventiva e curativa,  a beneficio dell’intera umanità.

La nuova ricerca -  Ora, come detto, una parte della Ricerca si è orientata nella direzione del taglio enzimatico della APP che produce la beta amiloide, ipotizzando,  la causa della malattia  nella stessa APP; ma la APP è a sua volta, controllata da proteine di fissaggio chiamate appunto, “proteine che legano il RNA”.  Se queste proteine sono alterate, ecco che allora la iperproduzione di APP potrebbe essere imputata proprio al loro stesso anomalo funzionamento.
Da ciò si evince che il sistema di regolazione della APP, potrebbe essere il bersaglio da centrare nel morbo di Alzheimer.
Si può quindi dire che tra la proteina beta amiloide iperespressa dalla App e  e la proteina Tau fosforilata, esiste una correlazione, e, quindi entrambi i filoni di ricerca sopra accennati hanno ragion d’essere privilegiati.

Quanto alla iperproduzione della proteina Tau, sorge il chiaro sospetto che questa iperespressione possa riguardare la  qualità della APP per causa della propensione acquisita a derivare proteina Tau iper- fosforilata. Vi sono infatti, le proteine di fissaggio che, come detto, controllano la produzione della stessa APP. Quindi potrebbe essere la presenza eccessiva di questo precursore proteico a determinare o almeno, a contribuire  all’incremento della produzione della iperfosforilata proteina Tau.
Oltre a questo  vi sono anche altri filoni di ricerca inferenziale sugli effetti della proteina Tau.
Un ulteriore  importante considerazione che scaturisce da tutto ciò che precede, si incentra sul fatto obiettivo ed accertato che non tutti i pazienti portatori di placche amiloidi si relazionano intellettualmente con la decadenza delle funzioni cerebrali, tipiche del morbo di Alzheimer. Diversamente, infatti,  questo morbo non produce dei particolari sconti soggettivi a chi ne è affetto,  tanto da consentire  a taluni la loro lucidità mentale ed impedendo ad altri persino le espressioni affettive nei confronti dei propri familiari, che sono le ultime a morire.
A questo punto si ha sempre più cognizione di  ritenere  che non sono le placche che determinano la morte dei neuroni (anche perché al massimo,  dovrebbero impedire le sinapsi lungo gli assoni),  bensì queste stesse sostanze bloccate all’interno dei microtuboli.
Le placche  amiloidi potrebbero rappresentare aspetti scollegati dalla vita dei  neuroni in quanto queste sembrano interferire soltanto sulla capacità di scambio sinaptica delle informazioni inter neuronali, Considerando però la molteplicità delle ramificazioni sinaptiche in assoni e dendriti  di cui ogni singola cellula è dotata, la percentuale di decadenza della qualità di scambio delle informazioni è più o meno direttamente proporzionale alle loro interruzioni.


























I neuroni sani richiamano la forma dei polipi per il loro corpo rotondeggiante  da cui dipartono  lunghe appendici. Sono proprio questi prolungamenti, che  collegano le varie cellule neuronali attraverso le sinapsi, moltiplicando in tal modo, le possibilità in virtù del  gran numero dei neuriti e dendriti (appendici terminali del neurone) di cui sono dotate.                                                                  
 Le placche che si formano tra i neuroni impediscono,  in relazione allo spazio occupato, i collegamenti sinaptici, i quali  tuttavia continuano, compatibilmente al danno subito,  ad esercitare la loro funzione attraverso la parte strutturale residua.

Resta quindi il factor comune da valutare  che è quello della presenza tossica della proteina Tau iper fosforilata, la quale non adattandosi ai componenti dei micrtuboli  da affastellare per la impropria misura del taglio ricevuto,  oltre ad impedire all’interno degli stessi  il passaggio delle sostanze necessarie alla vita della cellula, determina per l’incapacità di fissaggio anche il disfacimento della struttura dei micro tuboli e quindi, la morte cellulare.

Le  prospettive -  che questo terribile morbo fino adesso ha lasciato intravedere nel futuro, in virtù della maggiore lunghezza di vita del genere umano, è  quello di un severo, molto severo, incremento percentuale della popolazione colpita, che stime accreditate si orientano nei prossimi decenni intorno al 400% delle attuali patologie. Questo rappresenterebbe senza un cambiamento qualitativo della ricerca,  l’ aggravamento di un problema senza soluzione.
In valore assoluto in Italia i casi di Alzheimer si attestano su 1,2 milioni per i quali vengono spesi 12 miliardi di euro, di cui otto dalle famiglie e quattro dallo Stato. E ciò senza poter prescindere dall’ulteriore sofferenza degli affetti familiari che è immensa.
A questo punto è coretto chiederci se, le cospicue sovvenzioni soprattutto pubbliche a favore della ricerca su questa patologia, debbano continuare dopo un quarto di secolo, ad appiattirsi  nella infruttuosa direzione del passato  o se invece, per indurre gli operatori  ad intraprendere i nuovi filoni di ricerca, non sia il caso  di condizionare maggiori  finanziamenti ai relativi risultati raggiunti.



GLOSSARIO ESSENZIALE

Amyloid Precursor Protein, (APP) - Si tratta di una lunga catena proteica composta da 770 amminoacidi. E’ adsso oggetto d particolare interesse di ricerca  in quanto è ritenuta essere  il precursore della proteina beta amiloide, che sembra essere coinvolta nella malattia di Alzheimer.
Beta Amiloide (βA) -   Ha origine dalla proteina APP (Amyloid Precursor Protein) in un processo, da cui,  quanto qui più interessa viene generato il peptide beta amiloide, (βA)  che è il maggior costituente delle placche amiloidi (o senili).
Acido fosforico -  L'acido fosforico, o acido ortofosforico, è un acido inorganico di formula bruta H3PO4.
Agglomerati  fibrillari -  Si tratta di  agglomerati di neurofibrille formati da fascicoli di filamenti disordinati.
Assone -  L'assone o neurite (in generale, anche i dendriti sono classificabili come neuriti) è un conduttore di impulsi in direzione centrifuga rispetto al corpo cellulare neuronico. L'assone rappresenta l'uscita del neurone che rilascia un impulso.
RNA polimerasi -   si tratta di un’enzima appartenente alla classe delle transferasi.        Transferasi  - Si tratta di un enzima che catalizza il trasferimento cellulare di un gruppo funzionale (come ad esempio un gruppo fosfato, che qui più interessa).
Actina – E’ una proteina di forma globulare che fa parte abbondante di tutte le proteine delle cellule. 
Corteccia cerebrale -  La corteccia rappresenta la parte più esterna del tessuto celebrale umano: è uno strato laminare continuo costituito soprattutto da neuroni; 
Cataboliti - Con il termine catabolismo s'intende l'insieme dei processi metabolici che hanno come prodotti le scorie, ovvero, i cataboliti: il loro smaltimento è detto escrezione.
Collegamenti sinaptici  - Fanno parte del  meccanismo sinaptico. La sinapsi è il punto di collegamento tra due neuroni che si trasferiscono un informazione.
Chinasi -  Sono le proteine che catalizzano la fosforilazione di altre proteine. Le proteine-chinasi aggiungono un gruppo fosfato su amminoacidi specifici della proteina da fosforilare.
Chinesina e  Dineina - La chinesina (o kinesina) è una proteina che, insieme alla miosina (coinvolta in quasi tutti i fenomeni di contrattilità) e alla dineina, appartiene a una famiglia proteica conosciuta con il nome di motori proteici.  La chinesina e la dineina, infatti,  si muovono lungo i microtubuli e trasportano il loro carico in direzioni opposte e cioè, per il nutrimento e per al deizione dei cataboliti.
Citoscheletro - E' una struttura tridimensionale dinamica che riempie il citoplasma. Questa struttura ha sia una funzione contrattile che di sostegno e compartimentazione.
Degenerazione neurofibrillare endoneuronica  - Si tratta di amiloidi fibrillari insolubili che  degenerano fino alla  morte dei neuroni; morte  originata dalla iperfosforilazione della proteina Tau
Forforilazione  - Reazione tra acido fosforico e un altro composto,  con eliminazione di una molecola d'acqua per ogni radicale dell'acido. 
Grovigli di fibrille e placche -  Le fibrille sono delle fibre costituite in più o meno lunghi  filamenti. Nel cervello vengono chiamati  neurofilamenti i quali  hanno mediamente un diametro intorno a 10 nanometri, ovvero, a 100 milionesimi di centimetro. Costituisce i “grovigli di fibrille”, la proteina β-amiloide (βA), che tende ad aggregarsi in filamenti sovrapposti, detti placche.
Iperespressione -  Iper produzione.
Ippocampo - E’ una zona celebrale chiamata  Corteccia Entorinale Laterale, L'ippocampo è situato nel lobo temporale limbico e svolge  un ruolo importante nella memoria a lungo termine e nell’ orientamento.
Iper-forforilazione - La proteina Tau stabilizza i microtubuli ma se è  mutata (iperfosforilata), provoca invece, gravi malattie neurodegenerative dette taupatie, come la malattia di Alzheimer.
Membrane cellulari esterne - La membrana cellulare, detta anche membrana plasmatica o plasmalemma, è una pellicola  semipermeabile che separa l'interno della cellula dal mondo esterno.
Morbo di Down - E’ detto anche sindrome di Down . Si tratta  di un'anomalia cromosomica che si manifesta attraverso diversi sintomi congeniti: le persone down presentano una disabilità talvolta progressiva molto severa.
Microtubuli - Sono strutture intracellulari costituite da una classe di proteine chiamate tubuline.
Neuriti e dendriti - Sono le appendici terminali del neurone,  ossia, i dendriti e l'assone che  si assottigliano fino al punto terminale . Questi conducono gli  impulsi in direzione centrifuga rispetto al corpo cellulare.  Ogni neurone ha unicamente un assone.
Neuroni - I neuroni sono cellule nervose destinate alla produzione ed allo scambio delle informazioni all’ interno del cervello.
Proteina Tau - Questa proteina stabilizza i microtubuli ma  se mutata (iperfosforilata) provoca gravi malattie neurodegenerative,  come la malattia di Alzheimer.
Peptide – Si tratta di un composto organico risultante dall'unione di due o più molecole di amminoacidi collegati fra loro.
Proteina beta amiloide (βA) - E’ la proteina del  precursore APP. Questa proteina è naturalmente presente nel sistema nervoso, ma per un difetto nei meccanismi del taglio  del suo predecessore APP,  diviene tossica.
Placche beta amiloide - Le placche placche amiloidi, dette anche placche senili, sono formazioni extracellulari costituite da una parte centrale in cui si accumula affastellandosi in placche.
Peptide β-amiloide- La   è un importante fonte del peptide beta-amiloide    i cui frammenti in caso di patologia  si aggregano negli spazi tra i neuroni contigui formando placche amiloidi responsabili di  enormi danni celebrali.
P3 -  Si tratta di un frammento della APP  che non è tossico. Normalmente l'APP viene tagliata da due proteasi:
·                    alfa-secretasi taglia il precursore in corrispondenza di un deterrminato amminoacido;
·                    gamma-secretasi, che attraverso la proteina presenilina, taglia la parte residua all'interno della membrana ad un determinato livello, ottenendo un prodotto innocuo chiamato, appunto  P3.
Enzimi beta- e gamma -  Si tratta di due dei quattro enzimi delle   PLC che qui più interessano. Le PLC sono una famiglia di enzimi che catalizzano in modo selettivo l'idrolisi del calcio. Queste comprendono quattro membri, denominati beta, gamma, delta e epsilon, che si caratterizzano per le differenti modalità di attivazione.
Sinapsi - Le sinapsi sono siti di contatto funzionale tra due neuroni, cioè tra due cellule nervose. Detti anche giunzioni sinaptiche, questi punti di raccordo permettono il collegamento tra neuroni per il passaggio delle informazioni nervose.
 Struttura neuronale – E’ la struttura del neurone. I neuroni sono rivestiti per tutta la loro estensione da formazioni strutturali  di vario tipo.
Sinapsi asso-dendritica – E’  il collegamento  tra l'assone del neurone presinaptico e i dendriti di altri neuroni.
Terminali dendritici -  Questi terminali sono denominati bottoni terminali (o bulbi sinaptici o piedi terminali) e sono preposti alla trasmissione delle informazioni tra i neuroni del sistema nervoso.