Niente
di nuovo ieri sera allo Juventus Stadium, anche se bisogna dare atto ad Allegri
di aver affrontato la partita interna di Champions cambiando finalmente il
modulo di gioco: dall’usurato, difensivistico e poco europeo 3-5-2 al 4-3-1-2,
con uno schieramento a rombo che prevede un trequartista dietro le punte e che
da sempre rappresenta l’ideale calcistico, spesso tradito, dell’allenatore
bianconero. E nella prima mezz’ora si vede finalmente la Juve attaccare, ma
disordinatamente, senza che dai centrocampisti o dal trequartista arrivino
palloni giocabili alle punte e senza i cross degli esterni nell’area
avversaria. In questa fase di gioco, solo la grande vena di Higuain, che
retrocede spesso a prendersi la palla, dà alla Juve l’opportunità di andare a
rete, anche se su calcio di rigore. Poi, più nulla o quasi, con Higuain che, sull’unico
e sbilenco passaggio di Mandžukić,
fallisce il 2-0, con il ritorno al 3-5-2 che consente al Lione di riappropriarsi
del centrocampo e attaccare l’area bianconera sino al meritato pareggio.
Credevo che Allegri avesse finalmente capito.
Senza Cuadrado, la sua velocità, la capacità di saltare gli avversari e i suoi
assist in area di rigore, la squadra non riesce a segnare, se non casualmente e
grazie alle risorse individuali di un Higuain, sempre più abbandonato a se
stesso. Che fa questa volta Allegri? Per ricompensare Cuadrado, che quasi da
solo gli aveva fatto vincere la partita di andata in casa del Lione [vedi in
proposito il post Allegri e Juve nel pallone, cliccando sopra per leggere], lo esclude dalla formazione titolare
e lo mette in campo a 7 minuti dalla fine, udite, udite, al posto di Higuain. Lascia
in campo invece uno spento e semi-infortunato Mandžukić, verso il quale, non da
oggi, l’allenatore bianconero sembra soffrire di timore reverenziale.
In
conclusione, questa Juve non solo continua a giocare male, ma non riesce neppure
a vincere in casa contro Siviglia e Lione, avversari non certo irresistibili di
Champions. Ci sono delle attenuanti, è vero. Per esempio gli infortuni di
Dybala e di Pjaca [ma il primo gioca ormai da mediano, il secondo è stato sin
qui utilizzato ben poco], per esempio la mancanza di un forte centrocampista
nel ruolo che occupava Pogba, l’assenza prolungata di Marchisio, solo ora
tornato a giocare, e ancora la condizione fisica approssimativa di molti
giocatori, così come avvenne nei primi mesi della passata stagione [di chi le
responsabilità?]. Resta il fatto che Allegri ci mette molto del suo nel
continuare a gestire in questo modo una squadra piena di campioni, così come ho
avuto occasione di dire più volte [vedi in proposito i post: Allegri perde il derby d’Italia e La Juve e la Champions, cliccando sopra
per leggere]. L’allenatore bianconero si dice convinto che la vera Champions si gioca dagli ottavi di
finale, previsti tra febbraio e marzo, e che per allora la Juve sarà cresciuta
sotto tutti i punti di vista. Me lo auguro, naturalmente, per la squadra e per
il calcio italiano. Al momento, tuttavia, la Juve deve ancora ottenerla la
qualificazione agli ottavi e confrontando il suo gioco con quello delle squadre
più accreditate per vincere la Champions si ha come l’impressione che le
possibilità, non dico di alzare la Coppa, ma persino di arrivare alle
semifinali siano davvero scarse, a meno che non si ripetano gli “incroci”
fortunosi di due anni fa e/o che Allegri riveda finalmente il suo credo
calcistico.
sergio
magaldi
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