lunedì 26 febbraio 2018

NOTE SULLA QABBALAH: parte IX, l’albero, le acque e il vino di NOÈ



SEGUE DA:

NOTE SULLA QABBALAH: parte I, la teurgia  (clicca sul titolo per leggere)


NOTE SULLA QABBALAH: parte IV, l’uno e le porte della conoscenza (clicca sul titolo per leggere)

NOTE SULLA QABBALAH: parte V, l’uno e l’unificato (clicca sul titolo per leggere)




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Avvertenza: per leggere le lettere ebraiche occorre il font hebrew


  Così come non c’è che un solo albero, anche le acque, benché distinte in superiori e inferiori, provengono entrambe da una sola fonte. Com'è detto in Tiqqune ha-Zohar (Gli ornamenti dello splendore): "Invero le pietre di marmo puro sono le due yud, comprese nell'Alef,[1]  l'una superna e l'altra inferiore, e perciò non vi è impurità [...] né (vera e propria) distinzione tra acqua e acqua, poiché tutto è unito assieme e proviene dall'albero della vita che è la Waw posta al centro dell'Alef". E in Zohar (II, 84b) è detto che queste due Yud sono le stesse due gocce di Tal,  rugiada  l f  che il signore rese solide come pietre preziose e con un soffio appiattì per farne le tavole della Legge. Solo allorché il Signore decide di punire l’umanità indegna e di distruggere il mondo, le due acque divengono incompatibili tra di loro. Perché l’Altissimo scelse l’acqua e non, per esempio, il fuoco per distruggere l’umanità indegna? Una risposta è contenuta nel trattato Noah dello Zohar. Il Tetragramma è il nome del Signore nella manifestazione ed è formato da quattro lettere dell’alfabeto ebraico: una Yud iniziale e una Wav, separati da una prima He e da una seconda He finale. Quando sulla terra ogni ordine fu sovvertito, le lettere maschili, Yud e Wav, si ritirarono dalla realtà manifesta e lasciarono le lettere femminili, le due He, da sole: la conseguenza fu che le acque superiori e le acque inferiori, che Adonai aveva separato nei giorni della creazione, si riunissero e distruggessero il mondo.

 Nella Qabbalah luriana, la sostanziale unicità dell'albero è sostenuta esplicitamente. Vital, il più famoso dei discepoli di Itzach Luria, in Etz Chayyim, “L'albero della vita”, assegna per entro l’unico albero delle Sephiroth, la destra all'albero della vita e la sinistra all'albero della conoscenza. Insomma, Adamo vuole mangiare il frutto proibito per rendersi immortale, ignorando che Dio ha già predisposto per lui l’immortalità, alla sola condizione che egli sappia attendere la maturazione del frutto. Lo assapora quando è ancora acerbo e ciò che ne ricava non è l’immortalità, bensì la consapevolezza del bene e del male, l’allontanamento dalla condizione edenica e l’ingresso nel tempo e nella storia. E ciò trova conferma ancora in un riferimento a Noè, il patriarca biblico che reitera il gesto di Adamo e che come Adamo ne paga le conseguenze. Queste saranno di minore entità, rispetto a quelle che il primo uomo è costretto a pagare, ma solo perché egli agisce in buona fede e non per il desiderio di rendersi immortale come Dio. In Zohar (I, 36a) è detto che nel giardino di Eden, Eva avrebbe pigiato grappoli d'uva per darli poi ad Adamo e poco dopo (I,73a) che Noé si sarebbe ubriacato di quel vino non per ripetere il peccato di Adamo ma "per investigare sul peccato che era stato del primo uomo; non quindi per aderire ad esso ma per averne conoscenza e restaurare il mondo. Ma non vi riuscì. Pigiò i grappoli per esaminare quella vite ma quando giunse a quel punto si ubriacò e si scoperse..."

  Il senso occulto dell'ubriachezza di Noè è appunto da ricercare nel tentativo di entrare nello stesso stato di coscienza di Adamo, ripristinando la condizione edenica, ma ancora una volta la bevanda dell’immortalità si rivela troppo forte per i limiti umani. Tutto il segreto di Noè si riassume in tre versetti, Genesi 9:20-22, in cui è detto che Noè, uomo di terra, piantò una vigna e che bevuto del vino si ubriacò e si scoprì all’interno della sua tenda mentre Cam, suo figlio e padre di Canaan, vide la sua nudità. Su questo episodio mi sembra assai illuminante l’interpretazione del Sepher Zohar. Qui, si comincia col discutere tra due personaggi, Rabbi Juda e Rabbi Yossi, circa l’origine di questa vigna. Rabbi Juda sostiene che la vigna facesse parte, una volta, del giardino dell’Eden e che da questo ne fosse stata scacciata, mentre Rabbi Yossi sostiene che la vigna si trovasse sulla terra prima del diluvio e che Noè l’avesse sradicata per poi ripiantarla. Ora, è abbastanza evidente che nella tesi di Rabbi Juda si parli della vigna come se si parlasse di Adamo ed Eva, altrimenti come si sarebbe potuto scacciare una vigna? Quanto alla tesi di Rabbi Yossi, se è vero che è possibile sradicare le viti di una vigna per ripiantarle, appare ben difficile poterlo fare quando sia trascorso un anno, cioè più o meno il tempo in cui Noè rimase nell’arca. Allora qui cominciamo a sospettare che si tratti di una vigna speciale. C’è di più: nel giardino di Eden, da cui la vigna proverrebbe, secondo rabbi Juda, sappiamo esserci un fiume che serve ad abbeverare il giardino (Genesi 2,10), ed è grazie a questo fiume che ogni cosa nasce. Nel significato cabbalistico dello Zohar, il giardino è la sephirah Malchuth, che significa Regno o Terra, mentre il fiume è la sephirah Yesod che significa Fondamento. Il sospetto che non di una comune vigna si tratti ci viene anche dall’osservazione che il versetto 9,20 del Genesi, in cui si dice che “Noè iniziò a piantare una vigna”, prosegua col versetto 9,21 in cui si dichiara che Noè bevve il vino. Sembrerebbe che Noè non abbia quasi da aspettare tra il piantare e il bere, ma la cosa più interessante è il commento di Rabbi Simeone del già citato passo dello Zohar:

 “In questo versetto (Genesi 9,21) si trova uno dei segreti relativi alla Saggezza. Quando Noè si propose di indagare sull’errore del primo uomo, non certo nell’intenzione di ripetere lo stesso errore, ma, al contrario, al fine di liberarne il mondo, egli non ci riuscì subito, allora schiacciò i chicchi d’uva per proseguire la sua ricerca sulla vigna. Ma, non appena raggiunto questo scopo, si ritrovò nudo e ubriaco” (Sepher-ha Zohar, 73a-b. )

 Insomma, apprendiamo che Noè piantò la vigna per indagare sull’errore di Adamo. E semmai ci siano ancora dubbi che si stia parlando di una vigna e di un vino speciali, conviene ascoltare ancora Rabbi Simeone:

 “Accadde qui come per i figli di Aronne che, noi lo sappiamo, bevvero vino sul monte Sinai. Chi offrì loro del vino in un tal luogo perché ne bevessero? Se ti passa per la mente che essi ebbero voglia di ubriacarsi di vino in un luogo simile, disingannati! Per la verità fu del vino di Noè che essi si ubriacarono”  (Ibid.)

 In Esodo, il peccato di Adamo è nuovamente richiamato, allorché è detto (15,23-25): "Giunsero a Marah ma non poterono bere l'acqua perché era amara. Il popolo mormorò contro Mosè dicendo: 'Che berremo?'. Allora Mosè gridò al Signore e il Signore gli mostrò un legno. Mosè lo gettò nell'acqua e l'acqua divenne dolce".

 Allorché il popolo accusa Mosè è presente il demonio che viene per tenere lontano l'uomo dall'albero della vita. Egli istiga Israele a bere acqua amara, altrimenti tutti morranno, perché nel deserto non si trova altra acqua. Ma il Signore ascolta l'invocazione di Mosè e gli mostra un legno che muterà la natura della stessa acqua. Quel legno è lo stesso legno dell'albero della vita che in origine circondava le acque. Insomma, se non fosse stato per Mosè, il popolo impaziente avrebbe bevuto senza attendere la trasformazione delle acque. E fu l'impazienza – osserva Gikatila –  a causare la caduta di Adamo, il suo non aver saputo attendere che il frutto dell'albero fosse maturo, prima di cibarsene. Fu dunque l'impazienza a perdere il genere umano, precipitandolo nel regno, del bene e del male, della vita e della morte. Scrive Gikatila in Cha 'aré Orah (Le Porte della Luce):

 "Il serpente primordiale...inflisse un danno alla luna (la sephirah Malkhout) per via del primo uomo, il quale...non attese che (il serpente) mangiasse la propria parte...nel qual caso l'albero sarebbe stato chiamato del bene e non del male e lui avrebbe potuto mangiarne tanto quanto ne desiderasse: ne avrebbe mangiato e avrebbe vissuto per sempre (Genesi, 3:22), secondo il segreto dell'albero della vita collegato a quello della conoscenza..." (f. 105a).

Scrive ancora Gikatila in Sod ha - Nahach (Il Segreto del Serpente):

 "... E' per questo motivo che Dio comanda al primo uomo di non toccare l'albero della conoscenza, fin quando il bene e il male fossero stati associati, sebbene l'uno fosse all'interno e l'altro all'esterno. Occorreva attendere che ne fosse staccato il prepuzio, com'è detto: tratterete i loro frutti come prepuzio (Levitico,19:23), ora è scritto: prese del suo frutto e ne mangiò (Genesi,3:6). Introdusse un idolo nel Palazzo (T.B. Ta'anit 28b) e l'impurità penetrò all'interno." (f. 276a-b). Il prepuzio è la scorza dura, assimilabile alla terra (Adamah) di cui è fatto Adamo. Solo quando la scorza fosse caduta, il frutto, ormai maturo, avrebbe potuto essere mangiato e la terra di Adamo si sarebbe mutata nell'oro dello spirito. 

 Se si guarda ora al secondo atto del mito cosmogonico, allorché il Signore nomina nuovamente l'albero della vita e si decide la sorte di Adamo ed Eva (Genesi III, 21-24), si comprende che al centro del giardino di Eden non c’è che un albero:

 "Il Signore Dio fece ad Adamo e ad Eva una tunica di pelle e li vestì, poi disse: 'Ecco Adamo è diventato come uno di noi,[2] conoscitore del bene e del male! Badiamo ora che non stenda la mano e prenda anche dell'albero della vita, per mangiare e vivere in eterno'. Quindi Dio lo cacciò via dal Gan Eden perché coltivasse la terra da cui era stato tratto. Scacciato Adamo, collocò a oriente del Gan Eden Cherubini che roteavano la spada fiammeggiante per custodire la via che portava all'albero della vita ". 

 Questi versetti starebbero proprio a dimostrare, secondo alcuni, l'esistenza di due distinti alberi. Quel che c’è di vero è invece che dell'albero della conoscenza d’ora in avanti non si parla più, perché un albero della conoscenza distinto dall'albero della vita in realtà non c'è mai stato. Dio lo ha fatto credere all'uomo per saggiarlo, per metterlo alla prova, ma nel momento in cui l'uomo si è reso colpevole di ubris, ha voluto cioè rendersi identico a Dio, anche l'illusione è scomparsa. Sin dal primo momento non c'è stato che un solo albero, come ha ben visto Tiziano nella sua tela ad olio dove l'albero, il cui frutto Eva riceve in dono dal serpente, costituisce l'asse centrale che divide la composizione, creando l'effetto che ciò che è UNO venga visto come duplice.

 Ancora una volta il Sepher Bahir c'illumina sull’intera questione (97-8 e 66-7): ci sono 32 sentieri che l'uomo deve percorrere per giungere in cima all'albero della vita, e l'albero con i suoi sentieri, è una metafora del corpo umano. Cosa è in realtà accaduto nel momento in cui l'uomo, preso da impazienza e dal desiderio di essere come Dio, ha mangiato del frutto proibito? Da quel momento egli, come si è già detto, entra nel tempo e nella condizione umana attuale, tant'è che il Signore lo riveste con una tunica di pelle ed egli non può più cibarsi, al pari di tutti gli animali, degli effluvi e dei sapori della vegetazione (Genesi, I, 29-30). Ora l'uomo è carne che desidera carne e in quanto tale non potrà più godere di immortalità. C'è ancora una possibilità, perché il germe della vita immortale è ancora dentro di lui, ma egli deve fare i conti con i cherubini armati della spada fiammeggiante per poter entrare nei sentieri e compiere l'ascesa lungo l’albero-colonna. Anche qui non sarà inutile ricorrere alle ghematrie: Etz, albero si scrive da destra a sinistra { u (70+90)=160=7; Ammud, colonna con  
 d w m u  (70+40+6+4)=120=3. Sommando 7 con 3 si ha 10, oppure, se si preferisce, sommando 160 con 120 si ha 280, quindi per riduzione teosofica si ha ugualmente 2+8=10,  cioè le dieci sephiroth dell’albero della vita o albero delle sephiroth. L’uomo deve a questo punto iniziarsi, deve cioè percorrere il cammino all'inverso [Teshuvah] per tornare alla condizione originaria, per realizzare il Tiqqun, la restaurazione. Ma, soprattutto, non deve essere impaziente e deve accettare la morte fisica. In proposito si osserva in Zohar (I, 130b): "Al tempo in cui il Santo, benedetto egli sia, risusciterà i morti, Egli farà scendere su di loro una rugiada dal suo capo, grazie alla quale tutti si leveranno dalla terra (...) una rugiada di luce nel senso proprio del termine, composta cioè da fiamme superne, attraverso la quale Egli infonderà vita nel mondo, poiché l'albero della vita trasmette ai mondi una linfa vitale che mai non cessa".

 Del resto, l'uomo può in ogni momento tornare a compiere il peccato di Adamo, come si è visto accadere ingenuamente a Noé. Reso presuntuoso dalla conoscenza, consapevole della linfa vitale che scorre all’interno dell'albero, egli ancora una volta impaziente, avrà l’illusione di vincere la guardia dei cherubini per cibarsi dei frutti e guadagnare l’immortalità, ma ciò che otterrà, credendo di aver eluso la sorveglianza dei cherubini, sarà una ubriacatura simile a quella di Noé.

[ S E G U E]

sergio magaldi




[1] Le due Yud della Alef, come pure la Waw del centro, sono quelle che appartengono alla grafia della lettera Alef.
[2] “Noi”: in quasi tutte le versioni si sottintende “angeli”, ma c’è anche, come vedremo più avanti, chi lo attribuisce agli Elohim.

martedì 20 febbraio 2018

NOTE SULLA QABBALAH: parte VIII, albero della vita e albero della conoscenza




 SEGUE DA:


NOTE SULLA QABBALAH: parte I, la teurgia  (clicca sul titolo per leggere)


Avvertenza: per leggere le lettere ebraiche occorre il font hebrew


  Non meno intrigante è la questione che riguarda l’albero. Tra i tanti alberi, nel giardino ci sono l'Albero della vita e l'Albero della conoscenza (del bene e del male): Genesi, II, 8: “E il Signore Dio piantò un giardino in Eden a oriente, e vi pose l’uomo che aveva formato, 9: E il Signore Dio fece spuntare dal suolo tutti gli alberi belli a vedersi, dai frutti soavi al gusto. Fece crescereEtz Chayyim betrok gan’ (l'albero della vita in mezzo al giardino) e l'albero della conoscenza del bene e del male”. Albero della vita: \ y y j   { u Etz Chayyim  (70+90+8+10+10+40=228)=12=3. Diverso invece il valore dell’albero della conoscenza: t u d   {  u  Etz Daat (70+90+4+70+400=634)=13=4. I due alberi sono dunque distinti anche nel loro minore valore numerico [rispettivamente 3 e 4], ma l’unità dei due alberi, cioè la loro somma, produce il 7, lo stesso numero della riduzione teosofica di Nachash, Mashiach, Choshen e Eden, mentre la loro moltiplicazione il 12 o il 3, cioè lo stesso valore dell’albero della vita, fa scomparire l’albero della conoscenza.

Gli studiosi della Torah s'interrogarono a lungo su che Albero fosse quello della conoscenza del bene e del male e dunque sul frutto che Eva dette ad Adamo. Furono sempre indecisi tra quattro frutti: il grano, l’uva, il cedro e il fico. Alcuni dissero:

 “È  il grano” [lo Zohar riporta l’opinione di Shemaya il kadosh per il quale si trattava proprio del grano], altri risposero: “anche se la conoscenza ci viene dal grano, è scritto albero e non esiste un albero del grano”. Rabbi Jehudah b. Ilaj disse che era uva perché in Deuteronomio è scritto: “la loro uva è uva velenosa ed i grappoli sono grappoli amari”. Quell’uva, infatti, fu amara al mondo esiliato da Dio. Qualcuno si alzò e disse: “non è l’uva perché da lei viene il vino che è il simbolo della vera conoscenza della Torah e della sua dolcezza.  E la vite da cui l’uva viene è come Israele che si appoggia alla Torah”. Rabbi Abbà di Akko disse: “era un cedro, come sta scritto in Genesi: la donna vide che era buono l’albero da mangiarsi”. E spiegò: “l’unico albero che si mangia come il frutto è il cedro, non ci nutriamo forse dei suoi germogli freschi?”. “No – disse Rabbi José – è il fico”. E chiarì prima i motivi per cui non era il cedro.
  Com’è noto, Il cedro è  nella tradizione ebraica un albero di bell’aspetto: Perì ’Etz Hadar, simbolo di forza, di bellezza e di sapienza e Dio stesso chiama Casa di cedro il Tempio di Salomone. Il cedro è anche simbolo di Abramo, del Sinedrio, del popolo ebraico, del cuore dell’uomo. Il frutto del cedro fa parte del Lulav per la mitzwah di Sukkoth o festa delle Capanne. E dunque non poteva essere il cedro.
 “L’albero della conoscenza del bene e del male – aveva concluso Rabbi José – è dunque il fico, perché fu l’unico albero ad accogliere Adamo ed Eva dopo il peccato; cioè, l’albero di cui mangiarono il frutto che provocò la malattia, fu anche l’unico ad offrire le foglie del farmaco temporaneo”.  Ma anche Rabbi José trovò i suoi oppositori e qualcuno disse che non era il fico, il frutto della caduta, perché il fico è come la Torah.
 L’albero del fico ha radici morbide e che, tuttavia, s’infiltrano anche nella roccia più dura, proprio come la Torah, osservò chi era di parere contrario. E questo è un albero i cui frutti si raccolgono un po’ per volta, come solo un po’ alla volta è possibile studiare la Torah. E come il fico è un albero che fin tanto che lo frughi trovi frutti, così è la Torah che più si studia, più se ne traggono insegnamenti. Insomma il vero frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male non fu mai trovato [cfr.Talmud, Midrash Rabbah etc…].

  Così continua Genesi II, 10: “Dall’Eden sgorgava ad irrigare il paradiso, un fiume che dal paradiso si sprigionava in 4 fiumi diversi; II,15: Il Signore Dio perciò prese l'uomo e lo pose ad abitare nel giardino di Eden affinché lo coltivasse e lo custodisse; II,16: Gli diede questo comandamento: ‘mangia pure di ogni albero del giardino; II,17: ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare, perché nel giorno in cui ne avrai mangiato certamente morirai’; III,1 Il serpente [...] disse alla donna: ‘Perché Dio vi ha comandato di non mangiare del frutto di tutte le piante del giardino?’; III,2-3: la donna disse al serpente: ‘Dei frutti di qualunque albero del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell'albero che stabetrok gan’, (in mezzo al giardino), Dio ha detto: ‘Non ne mangiate, anzi non lo toccate altrimenti morirete’; III,4-5: ma il serpente disse alla donna: ‘No, voi non morrete. Anzi, Dio sa bene che in qualunque giorno ne mangerete, si apriranno i vostri occhi e sarete come lui, conoscitori del bene e del male’.

 Dopo di che (III,6), la donna tocca e mangia e ne dà ad Adamo. Da parte sua, il serpente non dice una bugia, ma omette di dire che mangiando di quel frutto perderanno il dono dell’immortalità che Dio aveva riservato per loro. Che si tratti di un solo albero non c’è dubbio. La stessa Eva, nel rispondere al serpente, non nomina l'albero della vita né lo distingue da quello della conoscenza, ma chiarisce al serpente che l'albero di cui è proibito toccare e mangiare i frutti è quello che si trova in mezzo all giardino. Esattamente quel che è detto con Etz Chayyim betrok gan  (l’albero della vita che sta in mezzo al giardino) del versetto II,9. L'albero della vita distinto da quello della conoscenza lo incontriamo di nuovo solo alla fine della vicenda, quando Adamo ed Eva hanno già consumato il frutto. Se gli alberi fossero stati due e i frutti dell'albero della vita non fossero stati proibiti, l'uomo avrebbe potuto mangiarne e rendersi immortale prima ancora di assaggiare i frutti dell'albero della conoscenza. E se erano proibiti anche i frutti dell'albero della vita, allora gli alberi da cui era vietato mangiare sarebbero stati due e non soltanto uno come più volte si ribadisce. Da tutto ciò si deduce che nel Gan Eden si trova un solo Albero, l'albero della vita che diviene albero della conoscenza del bene e del male, allorché Adamo ed Eva lo toccano e ne mangiano il frutto proibito. In altri termini, l'albero della conoscenza sta all'albero della vita, come l’occulta e misteriosa Daat, che peraltro non è una Sephirah, sta all'albero delle Sephiroth. E Daat non è una Sephirah perché in origine non appartiene all'Albero, analogamente la conoscenza diventa un progetto umano ma non è parte originaria del progetto divino.

 Del resto, “il segreto dell'albero della vita collegato a quello della conoscenza”, come in Sha 'aré Orah (le Porte della Luce) afferma Joseph Gikatila [1248-1345], è ben noto ai cabbalisti. Già il Sepher Bahir  si mostra convinto che non ci sia che un solo albero. Qui è Dio a parlare in veste di agricoltore archetipico (22, 14b): "Io sono colui che ha piantato quest'albero affinché tutto il mondo ne tragga diletto; ho fissato tutto in esso e l'ho chiamato tutto, giacché da esso tutto dipende e da esso tutto deriva".  Cos'è quest'albero? Lo dice ancora il Sepher bahir (119): "Le forze del Santo, sia Egli benedetto, sono poste una entro l'altra, e assomigliano a un albero. Come l'albero dà frutti grazie all'acqua, così il Santo, sia Egli benedetto, accresce le forze dell'albero per mezzo dell'acqua. E che cos’è l’acqua del Santo, sia Egli benedetto? È la sapienza [...] "

[S E G U E]

sergio magaldi

mercoledì 14 febbraio 2018

PAURA DI VINCERE: la Juventus già con un piede fuori dalla Champions







 E’ vero che il 2-2 di Torino contro il Tottenham è motivato dal rigore sbagliato dalla Juve e dagli errori sui due goal da parte di Buffon – artefice peraltro di una grande parata su Harry Kane – è vero che giocare senza Matuidi, Cuadrado e Dybala, infortunati, è stato un handicap non da poco, ma è vero altresì che la Juventus ha avuto paura di vincere, perché già dopo i primi dieci minuti, quando si trovava insperabilmente in vantaggio di due goal, ha rinunciato a giocare, ritirandosi nella propria area con l’intento di gestire il risultato, proprio come nell’ultima brutta partita di Campionato contro la Fiorentina, proprio come a Napoli, facendo tuttavia risultato pieno in entrambe le occasioni. Il paradosso più grande è stato aver giocato indietro, anche dopo il 2-0, con una squadra sbilanciata in avanti, con ben 4 attaccanti e solo un centrocampista e mezzo [Pjanić e un Khedira poco in forma e poi uscito per infortunio]. Qui, però, oltre alla mentalità dell’allenatore, pesa e non poco l’ultimo mercato della Juventus: la partenza di Dani Alves, poco compensata dall’arrivo di De Sciglio, gli acquisti di Bernardeschi e Douglas Costa, per un totale di spesa di circa 110 milioni di euro, non hanno rafforzato la squadra. Non che i due attacanti non diano il proprio contributo, ma Bernardeschi è ancora “un progetto di campione” e Douglas Costa – e lo si sapeva, tant’è che il Bayern se n’è liberato volentieri – è un buon giocatore ma discontinuo. Pensare di utilizzarlo al posto di Cuadrado [proposto alla Roma in cambio di Strootman, oltre ad un conguaglio di 20 milioni!] denota una lettura del calcio incredibilmente lontana dalla realtà.

 Ciò premesso, il fatto che la Juventus nelle precedenti ultime sedici partite [tra coppe e campionato] abbia subito solo un goal, deve far riflettere sull’importanza del centrocampo in questa squadra e sul ruolo che ha avuto Matuidi da quando è stato impiegato stabilmente. In assenza del francese, ieri sera avrebbero potuto giocare Bentancur o Marchisio e non Bernardeschi che peraltro non ha fatto il centrocampista, ma [malissimo] il terzino aggiunto. Sino a quando i dirigenti bianconeri non si convinceranno che questa squadra ha bisogno di tre centrocampisti forti almeno come Matuidi, la Juventus non potrà mai vincere il più prestigioso titolo europeo e, quest’anno, rischia anche in Campionato, dove il Napoli meriterebbe lo scudetto per la mole di gioco che è in grado di produrre grazie a Sarri. Resta ancora la speranza per la Juve di andarsi a prendere i quarti di Champions direttamente a Londra, ma l’impresa è ardua, perché se è vero che con ogni probabilità Matuidi e Dybala questa volta saranno della partita, quasi sicuramente non ci sarà Cuadrado, determinante nelle sfide europee degli anni passati. E soprattutto perché a Londra sarà ancora presente in campo la solita mentalità “all’italiana”.


sergio magaldi   

giovedì 8 febbraio 2018

NOTE SULLA QABBALAH: parte VII, il giardino dell’eden



SEGUE DA:


NOTE SULLA QABBALAH: parte I, la teurgia  (clicca sul titolo per leggere)

NOTE SULLA QABBALAH: parte III, astrologia cabbalistica (clicca sul titolo per leggere)

NOTE SULLA QABBALAH: parte IV, l’uno e le porte della conoscenza (clicca sul titolo per leggere)

NOTE SULLA QABBALAH: parte V, l’uno e l’unificato (clicca sul titolo per leggere)


Avvertenza: per leggere le lettere ebraiche occorre il font hebrew


Continuando con il Sepher Bahir:
Acqua e Fuoco: ‘…Il Signore, benedetto Egli sia…A che cosa si può paragonare? A un re che desiderava costruire il proprio palazzo su rocce dure: tagliò i massi e fendette le pietre finché sgorgò davanti a lui una grande sorgente di acque vive. Egli disse allora: poiché dispongo di acqua sorgiva, pianterò un giardino, per trarne diletto insieme al mondo intero (5). Che cosa significa la benedizione? E’ simile a un re che piantò alberi nel proprio giardino: benché cadesse la pioggia e venisse assorbita, e il terreno ne fosse sempre umido e impregnato, nondimeno egli dovette attingere a una fonte… (6). Il vero significato di Hiriq è Harak, il bruciare, poiché è un fuoco che brucia tutti i fuochi, com’è scritto: Allora cadde il fuoco del Signore e consumò l’olocausto, la legna, le pietre e la polvere e prosciugò l’acqua che era nel canale(I Re 18.38) (44). La voce del Signore intaglia lingue di fuoco(Sal.29.7): quando mette pace tra l’acqua e il fuoco, sprizza la forza del fuoco e le impedisce di annientare l’acqua, mentre impedisce a questa di spegnere il fuoco (45). Non vi furono forse le acque, e da esse uscì il fuoco? Gli risposero: è quanto tutti dicono. Se è così, le acque racchiudono il fuoco(188). [1] Dal cielo ti fece ascoltare la sua voce per ammonirti e sulla terra ti mostrò il suo grande fuoco, e tu ascoltasti le sue parole di mezzo al fuoco (Deut.4. 36). Che cos’è questo grande fuoco…? (46). Ci hai insegnato, o nostro maestro, che Egli prese le acque e le divise: ne pose metà nel firmamento e metà nel mare oceano; questo è il significato di quanto è scritto: il ruscello di Dio è pieno d’acqua. Per mezzo di questa l’uomo apprende la Torah… com’è scritto: Orsù, voi tutti assetati, venite all’acqua! Anche chi non ha argento…(51). Che cosa significa shamayim, ‘cielo’? Ci insegna che il Santo, sia Egli benedetto, impastò fuoco ed acqua, e li stese l’uno nell’altro, e con essi fece il principio della propria parola, com’è scritto: Il principio della tua parola è verità (Sal.119.160). Ecco infatti che è scritto shamayim, ovvero sham-mayim: ‘là è acqua’; esh e mayim, ‘fuoco e acqua’ (59). E cosa significa mem? Non leggere mem ma mayim, acqua. Come l’acqua è umida così il ventre è sempre umido. E perché la mem aperta è composta dal maschio e dalla femmina, mentre quella chiusa consta solo del maschio? Per insegnarti che il fondamento della mem è il maschio, mentre la sua apertura è stata aggiunta a significare la femmina. Come il maschio non può generare senza l’apertura, così la mem chiusa non può generare se non con la mem aperta. Come la femmina genera attraverso la propria apertura, così avviene per la mem aperta e chiusa (85). Seconda lettera madre dell’alfabeto ebraico, la Mem   m  è scritta nel suo ‘riempimento’ con la consonante che si ripete due volte: \ m  una Mem aperta iniziale e una Mem chiusa finale.[2] Che cos’è la quinta? (Sephirah) la quinta è il grande fuoco del Santo, sia Egli benedetto… E’ la sinistra del Santo… (145).

Albero e giardino, oltre ai già citati citati (5) e (6):  Io sono colui che ha piantato questo albero, affinché tutto il mondo ne tragga diletto; ho fissato tutto in esso, e l’ho chiamato tutto, giacché da esso tutto dipende e da esso tutto deriva. Tutti ne hanno bisogno, lo scrutano e lo attendono: da esso si propagano le anime superiori in letizia (22).[3] Da quanto affermi apprendiamo che il Santo, sia Egli benedetto, creò quanto era necessario a questo mondo prima di creare il cielo. Sì gli rispose. A che cosa si può paragonare? A un re, che voleva piantare un albero nel proprio giardino. Ispezionò tutto il giardino per sapere se vi fosse una fonte d’acqua sorgiva, che potesse sostentarlo. Non la trovò, e disse: Scaverò fino a trovare l’acqua e farò scaturire una fonte, affinché l’albero possa sopravvivere. Scavò e fece scaturire una fonte abbondante d’acqua viva: piantò quindi l’albero, che attecchì e fece frutto, giacché le sue radici lo ristorarono sempre con l’acqua della fonte (23). Come in shoresh , radice, la Shin è simile alla radice dell’albero c e la Resh  r  indica che ogni albero è ritorto. Qual è la funzione della seconda Shin ? Ti insegna che se prendi un ramo e lo pianti mette radice a sua volta (81). E perché sono in numero di 32? A che cosa si può paragonare? A un re che aveva un bel giardino, con 32 sentieri. Mise un guardiano a custodire quei sentieri, e a lui solo li svelò. Gli disse: custodiscili, e percorrili ogni giorno: ogni volta che li percorrerai, la pace sarà con te. Cosa fece quel guardiano? Mise altri guardiani a custodirli, giacché si disse: se sarò solo in quei sentieri, mi sarà forse possibile, unico custode, mantenerli tutti? Inoltre la gente dirà: quel re è un avaro! Per tale motivo questo custode pose altri custodi a guardia di ogni sentiero: questi sono i 32 sentieri (92). Il guardiano disse: Che questi custodi non dicano che il giardino è mio!…Al re appartiene il giardino. Egli ha stabilito questi sentieri… A che si può paragonare? A un re e alla sua figliola che avevano alcuni servitori: questi volevano recarsi lontano, ma temevano l’ira del re. Il re diede loro il proprio segno: ebbero allora timore della figliola, finché anch’essa diede loro il proprio segno. Questi si dissero: adesso con questi 2 segni, il Signore ti guarderà da ogni male, guarderà la tua anima (Sal.121.7) (93). Il Santo, sia Egli benedetto, possiede un albero che racchiude le frontiere delle 12 diagonali… che s’ampliano e procedono all’infinito: sono le braccia del mondo (Deuter.33.27) e al loro interno vi è l’albero. A tutti questi raggi corrispondono i preposti, in numero di 12. Anche all’interno della ruota celeste vi sono 12 preposti: sono in tutto 36 preposti…Sono dunque 12, 12 e 12, i preposti nel drago, nella ruota celeste e nel cuore (Cfr. Sepher Yezirah, cap.6,2: ‘…Il Dragone, la sfera celeste e il cuore’)…36 in tutto…Tutti e 36 si trovano nel primo, il drago (95).[4] ‘…E la Shin che cos’è? Disse loro: è la radice dell’Albero perché la sua stessa forma è simile alla radice dell’albero’ (118). Ma che cos’è l’albero di cui parli? Gli rispose: Le forze (Sephiroth) del Santo, sia Egli benedetto, sono poste una dentro l’altra e assomigliano a un Albero. Come l’albero dà frutti grazie all’acqua, così il Santo, sia Egli benedetto, accresce le forze dell’albero per mezzo dell’acqua. E che cos’è l’acqua del Santo…? E’ la Sapienza (Hockmah)…’(119). ‘…Erano tutte palme. Si disse: poiché sono tutte del medesimo tipo, non potranno sopravvivere. Che cosa fece? Piantò tra di esse un cedro… Che significa cedro? E’ la femmina…(è l’albero dello splendore) Che cosa significa frutto dell’albero dello splendore? Frutto dell’albero, cedri e rami di palma.’(172). Che significa splendore? E’ lo splendore di cui si parla nel Cantico dei cantici: chi è costei che sorge come l’aurora, bella come la luna, splendente come il sole, temibile come un esercito schierato?(Cant. 6.10.). Ecco, questo è detto per la femmina, e per essa è stata tratta la femmina da Adamo, giacché il mondo inferiore non può esistere senza la femmina…(173). A che corrisponde il ramo (lulav)? Al midollo spinale… Bisogna che la sua frasca lo copra per la maggior parte: se non lo copre è inservibile. A che cosa si può paragonare? A un uomo che si protegge la testa con le proprie braccia. Le sue braccia sono due e con la testa fa tre. Vi sono dunque: la frasca a sinistra, le fronde a destra e la pianta al centro. Perché è chiamata pianta? Perché è la radice dell’albero (176). Per quale motivo si chiama Tamar ‘palma’ e non con un altro nome? Perché è femmina. Pensi davvero che sia femmina? Piuttosto, comprende il maschio e la femmina, giacché tutte le palme comprendono sia il maschio che la femmina. In che modo? Il ramo di palma, il lulav, è maschile, mentre il frutto è maschile all’esterno e femminile all’interno. In che modo? Mediante il nocciolo della palma, che reca una fenditura, come la donna: a esso corrisponde in cielo la forza della luna…’(198). Sama’el…trovò il serpente in sembianza di cammello e lo montò. Se ne andò dalla donna e le disse: Davvero Dio vi ha detto: Non mangiate di alcun albero del giardino? (Gen.3.1) Ella rispose: ci ha vietato solo di mangiare il frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino…e aggiunse: anzi neppure toccatelo, altrimenti morrete. Sama’el andò a toccare l’albero. Egli […] disse: ‘Ho toccato l’albero e non sono morto. Toccalo anche tu e non morrai’. La donna andò a toccare l’albero ma vide l’angelo della morte che le veniva incontro. Si disse: Ohimè, adesso morirò e il Santo farà un’altra donna e la darà ad Adamo. Farò invece in modo che ne mangi con me: se moriremo, moriremo entrambi […] Prese i frutti dell’albero e ne mangiò e li diede anche al suo sposo. Gli occhi di questi si aprirono e i suoi denti rimasero allegati (200).


IL GAN EDEN


 L’ultimo paragrafo citato del Sepher Bahir, a proposito del serpente tentatore, del cosiddetto peccato originale, dell’ingresso del male nel mondo, dell’albero e del giardino di Eden, è stato oggetto, naturalmente, di molteplici speculazioni cabbalistiche. La prima questione è: come si spiega la presenza del serpente nel Gan Eden? La tradizione osserva che sebbene Adamo ed Eva avessero l'obbligo di custodire il giardino di Eden, non avevano quello di restarvi entrambi, perché quello era un luogo di delizie e non - come sostengono gli gnostici - un carcere degli Elohim. Quindi Eva, avendo lasciato Adamo a custodire il Gan Eden, poté uscirne fuori e incontrare il serpente tentatore, permettendogli poi di entrare, disubbidendo a Dio prima ancora di assaggiare il frutto proibito [l'obbligo di custodire il giardino implicava che non vi si facessero entrare estranei] oppure il serpente si trovava già nel giardino? 

 Nel 1° giorno Dio fa apparire la luce, nel 2° separa le acque, nel 3° dà forma alla vegetazione, nel 4° ai luminari, nel 5° agli animali dell'aria e dell'acqua, nel 6° prima agli animali terrestri, poi all'uomo a propria immagine e somiglianza. Anche volendo considerare questo I Capitolo del Genesi come la summa di tutto ciò che viene detto dopo, per ciò che riguarda la presenza del serpente nel giardino occorre considerare quel che è detto nel versetto II, 19, e cioè che (dopo aver posto l’uomo nel giardino di Eden) Dio presentò tutti gli animali ad Adamo perché li nominasse, dunque anche il serpente. Quindi non solo il serpente ma anche altri animali avevano accesso al giardino di Eden per volontà stessa di Dio oppure la presentazione degli animali ad Adamo è avvenuta nel giardino, ma fuori dell’Eden.

 C'è infatti da osservare che nel Genesi, giardino ed Eden sembrano cose distinte: lo sostiene innanzi tutto la Mishnah che com’è noto è la Torah orale. In Berachot, 34b è detto esplicitamente: “Potreste dire forse che Giardino ed Eden sono la stessa cosa, per questa ragione un testo insegna: ‘un fiume usciva da Eden per innaffiare il giardino (Genesi, 11, 10)’. Eden e giardino sono quindi due cose distinte”.

 Anche nella letteratura midrashica Eden e giardino sono distinti. Il giardino di Eden è un luogo chiuso circondato dai Palazzi divini. Inoltre, in Genesi II,10 è detto che dall'Eden usciva un fiume che irrigava il giardino (le 10 Sephiroth) e di lì si divideva in quattro rami [Sapienza, Intelligenza, Grandezza (Ghedullah, altro attributo di Chesed, Clemenza o Grazia) e Potenza (Gheburah che è anche Din, Giudizio e Pachad, Terrore), oppure il fiume che esce da Eden indica il canale che da Kether giunge a Tiphereth per irrigare il fondamento (Yesod) assieme a Netzach, Hod e Malchut i 4 rami]. In Zohar I, 247b, Eden è Kether: “quando tutto è unito, un diletto si diffonde in alto come in basso e diviene un fiume che si effonde per 4 rami uscendo da Eden”. I rami sono le Sephiroth. C’è un'altra possibilità per spiegare la presenza del serpente nel giardino. Rabbi Lev, il presunto creatore del Golem, in Sepher Netivot Olam (Il libro delle vie del mondo) sostiene la parentela tra l'uomo e il serpente, che era, tra l'altro, il re degli animali e che altrimenti non avrebbe potuto accompagnarsi con lui e tentarlo. Questa parentela non risiede per caso nella spina dorsale? Secondo una leggenda talmudica, alla morte di un uomo, dalla sua spina dorsale nasce un serpente. Le ghematrie di Nachash, il serpente e di Mashiach, il messia – come si è già visto – hanno entrambe valore numerico 358,  come Choshen, pettorale n c j (50+300+8)=358 e per riduzione teosofica: 3+5+8=16=1+6=7 sono tutte e tre assimilabili a } d u Eden (70+4+50)=124=7: il messia può essere scudo e salvezza oppure divenire un astuto tentatore. Il serpente, come strumento di Samaele (demonio) che lo cavalca, è in realtà un cammello assai prezioso nel deserto. Dunque Samaele che tenta Eva si trovava già nell’Eden? Il male appartiene dunque già alla sfera del divino? Tornerò più avanti sulla questione. In Genesi Rabbah (XX,2) si fa notare che dopo che Adamo ed Eva ebbero mangiato, Dio discute con loro, ma non col serpente che viene immediatamente condannato (Genesi, 3, 14), perché parlare con lui è inutile, egli è astuto ed avrebbe sostenuto che così come Dio aveva dato un ordine, lui aveva suggerito un'altra possibile scelta. Non si deve parlare con lui perché è un incantatore. L'astuto serpente aveva sopraffatto Eva, è detto in Genesi Rabbah XIX, 4, facendo insinuazioni sul suo Creatore e affermando: “Dio ha mangiato di quest'albero e poi ha creato il mondo, per questo vi ha detto di non cibarvene, perché non possiate creare altri mondi... e divenire come lui".

[S E G U E]

sergio magaldi



[1] Si confronti (45) e (188) con la massima ermetica: Qui scit comburere aqua et lavare igne facit de terra caelum et de caelo terram pretiosam: ‘Chi sa bruciare con l’acqua e lavare col fuoco fa della terra il cielo e del cielo la terra preziosa’.
[2] Rabbi Aqiva (Alfabeto di Rabbi Aqiva, in Mistica Ebraica, Einaudi, 1995, pp.127-130) dice che Dio, quando siede sul Trono di Gloria, si pone ai lati le due lettere e le riconcilia esclamando che il suo Regno è chiamato per mezzo loro, allora l’intero firmamento si inginocchia al cospetto del Signore. Mayim  \ y m significa acqua e si scrive con le due lettere separate da una Yud, simbolo dello Spirito divino che le prende per mano e le riconcilia. Acqua di sorgente che scorre o fontana sigillata, la Mem aperta allude alla manifestazione di Dio mentre quella chiusa rimanda al mistero che è in Lui.
[3] In Le origini della Qabbalah (EDB, Bologna,1980, pp.91 e ss.), G. Scholem osserva a questo proposito: ‘Di una simile idea dell’Albero della Vita, che rappresenta un albero cosmico che cresce tra il giardino celeste dell’Eden e il paradiso terrestre e dove le anime dei giusti salgono e scendono come su una scala, una traccia è conservata pure nel Midrash Konen che riflette numerosi pensieri particolari delle antiche speculazioni della Merkavà e del Bereshit.’ 
[4]Nel Corpus Hermeticum i 36 preposti sono definiti ‘vigili custodi, ispettori dell’Universo’ e sono i 36 decani equatoriali degli Egizi o decani zodiacali dei Greci secondo la seguente attribuzione: Ariete (1°Marte 2°Sole 3°Venere) Toro (1°Mercurio 2°Luna 3°Saturno) Gemelli (1°Giove 2°Marte 3°Sole) Cancro (1°Venere-2°Mercurio- 3°Luna) Leone (1°Saturno-2°Giove-3°Marte) Vergine (1°Sole-2°Venere-Mercurio) Bilancia (1°Luna-2°Saturno-3°Giove) Scorpione (1°Marte-2°Sole-3°Venere) Sagittario (1°Mercurio-2°Luna-3°Saturno) Capricorno (1°Giove-2°Marte-3°Sole) Acquario (1°Venere-2°Mercurio-3°Luna) Pesci (1°Saturno-2°Giove-3°Marte).