Sembrerebbe proprio un reato votare scheda bianca, agli occhi di chi gestisce il potere nel paese democratico immaginario, descritto dal premio Nobel, José Saramago, in Ensajo sobre a
lucidez [Saggio sulla lucidità], il romanzo del 2004 ripubblicato nell’Universale
Economica Feltrinelli alcuni mesi fa [Milano, 2011, pp.302, euro 9,50].
Il segno che qualcosa di grave stia per accadere è già nella
pioggia torrenziale che si abbatte sulla capitale all’alba del giorno fissato
per le elezioni. I rappresentanti dei tre partiti in lizza, presenti nel seggio
elettorale quattordici, si scambiano le proprie opinioni in merito:
“Sarebbe
stato preferibile rinviare le elezioni” è
l’osservazione del rappresentante del p.d.m. [Partito di mezzo o di centro],
mentre il rappresentante del p.d.d. [Partito di destra] si limita ad annuire e
quello del p.d.s. [Partito di sinistra], se non fosse stato trattenuto
dall’improvviso arrivo di un membro del seggio, “c’è da presumere – osserva Saramago – che
non avrebbe mancato di esprimersi sulla linea di un chiaro ottimismo storico,
con una frase come questa, per esempio, I votanti del mio partito sono persone
che non si intimoriscono per così poco, non è gente da restarsene a casa per
quattro misere gocce d’acqua che cadono dalle nuvole”.[pp.11-12]
La pioggia passa, gli elettori sia pure in
misura ridotta cominciano a recarsi ai seggi ma, al termine dello scrutinio il
risultato è imbarazzante, con meno del 25% di voti validi così ripartiti: 13%
alla destra, 9% al centro, 2,5% alla sinistra. Pochi i voti nulli e le
astensioni, tutto il resto, più del 70% al fantomatico partito della scheda
bianca.
La ripetizione della tornata elettorale non
ha miglior esito, al contrario: destra 8%, centro 8%, sinistra 1%, zero nulli e
astenuti, 83% schede bianche.
“Il primo ministro
riconobbe che la gravità della situazione era estrema, che la patria era stata
vittima di un infame attentato contro i fondamenti basilari della democrazia rappresentativa”[p.39].
A nulla era valso ricorrere allo stadio
d’assedio, con l’esercito ad occupare strade, stazioni e aeroporti per impedire
la diffusione del contagio, il diffondersi della propaganda a favore del
partito della scheda bianca. Il convincimento del presidente della repubblica,
del primo ministro e del governo fu quello di ricorrere ad altri metodi meno
appariscenti e più utili. Primo fra tutti, quello di infiltrare agenti dei
servizi speciali in seno alle masse e nei gangli più sensibili della società.
Inutile sperare, come aveva fatto sino ad allora il ministro della difesa, di
convincere “i degenerati, i delinquenti, i sovversivi della
scheda bianca a riconoscere i propri errori e implorare la misericordia, al
pari della penitenza, di una nuova tornata elettorale alla quale, nel momento
designato sarebbero accorsi in massa a purgare i peccati di un delirio che
avrebbero giurato di non ripetere mai più”[p.57].
La questione posta da Saramago, per quanto
paradossale possa sembrare, pone inquietanti interrogativi sull’esercizio del
potere in una democrazia rappresentativa. Un partito delle schede bianche del
70-80% forse non è ipotizzabile perché, se lo fosse, significherebbe che la
maggioranza dei cittadini ha preso coscienza che la democrazia si è trasformata
in partitocrazia, il regime democratico in una dittatura oligarchica e
tirannica, e tale presa di coscienza sarebbe forse già l’anticamera di una
rivoluzione. Situazione paradossale quella prospettata da Saramago ma pur
sempre possibile. La questione che interessa è però un’altra: in simili
circostanze qual è la risposta che uno stato democratico deve dare per evitare
che il partito delle schede bianche impedisca il retto funzionamento delle
istituzioni democratiche, gettando il paese nell’anarchia e nel caos? La
risposta non è certo quella che Saramago, descrive nel libro con ironia e
pungente sarcasmo, anche se non è difficile immaginare che in una situazione
concreta sarebbe l’unica ad essere adottata nelle nostre democrazie occidentali,
più rispettose delle forme che della sostanza della democrazia. Chi ricorda più
“il contratto sociale”? Chi lo spirito liberale che è alla base della rinuncia
alla sovranità individuale? L’unica risposta possibile di fronte ad una forma
così vasta di dissenso, sarebbe quella che il potere si facesse da parte per
riscrivere da capo le regole del patto tra i cittadini.
La vera soluzione del problema lo scrittore portoghese la testimonia
attraverso le figure che resistono, che si oppongono, non importa con quali
risultati, allo scempio della democrazia, alla sua trasformazione in dittatura
oppressiva e terroristica di chi controlla il potere e non intende lasciarlo.
La strategia sarà a questo punto quella di sempre: scioperi ad oltranza gestiti
da agenti al servizio del governo per rendere più difficile la vita dei
cittadini, stragi di stato con centinaia di morti e feriti per imputarne la
responsabilità agli “amici della scheda bianca”, limitazioni delle libertà,
”caccia alle streghe” nei confronti di chiunque sia sospettato di diffondere il
verbo dei sovversivi, incitamento alla delazione e stato di polizia. Quindi il
tocco finale, con l’individuazione di una persona fisica responsabile di tutti
i mali del paese. E la trovata di Saramago si fa qui amara e intrigante.
In un romanzo precedente, Cecità
[Universale Economica Feltrinelli, 2010, pp.276], da cui nel 2008 fu tratto un
film per la regia di Fernando Meirelles, lo stesso paese qualunque di
cui si parla oggi a proposito delle schede bianche, fu colpito da una terribile
epidemia che consegnò all’improvvisa e temporanea cecità bianca [non la
notte fonda ma una coltre di nebbia caratterizzò questa forma di cecità] tutti
i suoi abitanti, tranne una donna, moglie di un oculista. Non potrebbe esserci
un nesso tra quanto avvenne quattro anni prima e quanto avviene oggi? È la tesi
che un cittadino, testimone dei fatti, espone in una lettera inviata al
presidente della repubblica:
“[…] Avendo letto con la
dovuta attenzione il manifesto che ella ha indirizzato al popolo […]credo, come
lei, signor presidente, che un qualche nesso dovrà esserci fra la recente
cecità di votare scheda bianca e quell’altra cecità bianca che, per alcune
settimane che non sarà possibile dimenticare, ci ha estromessi da tutto il
mondo. Voglio dire, signor presidente della repubblica, che la cecità attuale
potrebbe forse spiegarsi con la prima, e tutte e due, forse, con l’esistenza,
non so se pure con l’intervento, di una stessa persona[…]” [p.173].
Appena superfluo aggiungere che da questo
momento il potere cercherà con ogni mezzo di costruire le prove della
“colpevolezza” della donna, l’unica rimasta a “vedere” in un paese di ciechi,
l’unica che era stata capace di aiutare gli altri.
I due romanzi di Saramago mi sembrano quanto
mai attuali, mentre in Italia siamo alla vigilia di una competizione elettorale
che vede la maggior parte dei partiti alla caccia di voti, gli stessi partiti
che da decenni fanno scempio di denaro pubblico e che nella loro cecità
hanno permesso che il paese precipitasse in una crisi economica, politica e di
costume dalla quale non sarà tanto facile uscire.
sergio magaldi
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