333 La formula
segreta di Dante
è il titolo italiano del romanzo The
Medusa Amulet dell’americano Robert Masello, pubblicato dalla Newton
Compton editori. Più che di un grande thriller, come annuncia pomposamente la
copertina del libro, parlerei di un romanzo metastorico scritto con mestiere che
racconta avventure capaci di accendere la fantasia dei lettori attratti
dall’occulto e dalla magia. Nulla a che vedere con la letteratura del
cosiddetto realismo magico, perché qui è la magia a prendere il sopravvento
sulla realtà e, per così dire, a plasmarla.
Un doppio equivoco
è già contenuto nel titolo italiano: il riferimento al numero 333 e ad una
improbabile formula segreta di Dante, laddove del “divino” poeta si
parla unicamente nelle cinque pagine del Prologo, a proposito di un esperimento
di negromanzia. In realtà, il 333 assume diversi significati nell’universo
dantesco: 3 sono le cantiche della Divina Commedia e 33 i canti [non
considerando quello che funge da introduzione], in terzine, di cui si compone
ciascuna cantica. La somma esoterica dei 145 versi del Paradiso è 1+4+5=10,
somma che divisa per il numero che Dante considera sacro, il 3, perché simbolo
della trinità, dà 3,333. C’è di più, il 333 rappresenta per i cristiani il
mistero del Dio uno e trino, ed ha nel 666, che gli si contrappone per duplicarlo
e desacralizzarlo, il numero citato nell’Apocalisse come quello della bestia:
«Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e
poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla
fronte; e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè
il nome della bestia o il numero del suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha
intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d'uomo. E
tal cifra è seicentosessantasei» [Apocalisse 13,16-18].
Il numero della bestia dell’Apocalisse divenne successivamente
il numero di Satana, in base a ghematrie errate, perché in ebraico Satàn,
formato dalle lettere Shin [300]-Teth [9]-Nun [50] ha valore numerico 359 e il
riferimento a Cesare Nerone, come incarnazione del diavolo, dà come ghematria
900 [Nun-Resh-Nun Nerone Quf-Shin-Resh
Cesare] cioè 50+200+50 e 100+300+200
=900, mentre il 666 si ottiene solo trascrivendo erroneamente la ghematria
ebraica con le lettere dell’alfabeto greco.
Non c’è dubbio, tuttavia, che Satana
rappresenti per Dante la sovrabbondanza e la caricatura: il numero dell’unità
trinitaria che, per imitare Dio, duplica se stesso, da 333 a 666, la sua statura di
gigante e il 3 che, da simbolo di perfezione, diviene il numero per contare le sue
tre facce mostruose:
« [...] Lo
'mperador del doloroso regno
da mezzo 'l petto uscia fuor de la ghiaccia;
e più con un gigante io mi convegno,
che i giganti non fan con le sue braccia:
vedi oggimai quant' esser dee quel tutto
ch'a così fatta parte si confaccia.
S'el fu sì bel com' elli è ora brutto,
e contra 'l suo fattore alzò le ciglia,
ben dee da lui procedere ogne lutto.
Oh quanto parve a me gran maraviglia
quand' io vidi tre facce a la sua testa!
L'una dinanzi, e quella era vermiglia;
l'altr' eran due, che s'aggiugnieno a questa
sovresso 'l mezzo di ciascuna spalla,
e sé giugnieno al loco de la cresta:
e la destra parea tra bianca e gialla;
la sinistra a vedere era tal, quali
vegnon di là onde 'l Nilo s'avvalla.
Sotto ciascuna uscivan due grand' ali,
quanto si convenia a tanto uccello:
vele di mar non vid' io mai cotali.
Non avean penne, ma di vispistrello
era lor modo; e quelle svolazzava,
sì che tre venti si movean da ello:
quindi Cocito tutto s'aggelava.
Con sei occhi piangëa, e per tre menti
gocciava 'l pianto e sanguinosa bava.
Da ogne bocca dirompea co' denti
un peccatore, a guisa di maciulla,
sì che tre ne facea così dolenti.
da mezzo 'l petto uscia fuor de la ghiaccia;
e più con un gigante io mi convegno,
che i giganti non fan con le sue braccia:
vedi oggimai quant' esser dee quel tutto
ch'a così fatta parte si confaccia.
S'el fu sì bel com' elli è ora brutto,
e contra 'l suo fattore alzò le ciglia,
ben dee da lui procedere ogne lutto.
Oh quanto parve a me gran maraviglia
quand' io vidi tre facce a la sua testa!
L'una dinanzi, e quella era vermiglia;
l'altr' eran due, che s'aggiugnieno a questa
sovresso 'l mezzo di ciascuna spalla,
e sé giugnieno al loco de la cresta:
e la destra parea tra bianca e gialla;
la sinistra a vedere era tal, quali
vegnon di là onde 'l Nilo s'avvalla.
Sotto ciascuna uscivan due grand' ali,
quanto si convenia a tanto uccello:
vele di mar non vid' io mai cotali.
Non avean penne, ma di vispistrello
era lor modo; e quelle svolazzava,
sì che tre venti si movean da ello:
quindi Cocito tutto s'aggelava.
Con sei occhi piangëa, e per tre menti
gocciava 'l pianto e sanguinosa bava.
Da ogne bocca dirompea co' denti
un peccatore, a guisa di maciulla,
sì che tre ne facea così dolenti.
A quel dinanzi il mordere era nulla
verso 'l graffiar, che talvolta la schiena
rimanea de la pelle tutta brulla. [...] »
rimanea de la pelle tutta brulla. [...] »
(Dante Alighieri, Divina Commedia, "Inferno",
XXXIV.,28-60)
Tutto ciò premesso,
Dante – come dicevo – ha poco a che fare con questo romanzo che invece è
incentrato soprattutto sulla figura di un grande artista del XVI secolo:
Benvenuto Cellini, la cui opera più significativa è il Perseo che solleva in alto la testa tagliata della Gorgone.
Mirabile statua in bronzo che orna la Piazza della Signoria a Firenze.
La trama del libro
è piuttosto semplice, ancorché complesse siano le vicende narrate. David Franco
è un giovane studioso di arte e letteratura italiana del Rinascimento che vive
a Chicago e fa parte dello staff della Newberry Library, una biblioteca privata
fondata dal 1883. La ricca Kathryn Van Owen fa dono alla biblioteca di una
copia della Divina Commedia del 1534
e di altro materiale antico tra cui è uno scritto intitolato La chiave della vita eterna e il disegno
in forma circolare della Medusa Gorgone. Il compito di studiare tutto il
materiale tocca naturalmente a David, l’esperto:
Testa di Medusa di Caravaggio |
“Era uno specchio”, disse la signora Van Owen,
rispondendo alla sua domanda inespressa. “La Medusa, così fu chiamata l’opera”.
In effetti,
il nome era scritto sulla pagina. E anche lo schizzo del retro ora aveva un
senso:era semplicemente uno specchio. “Ma lei sa chi lo ha disegnato?”. David
esaminò la pagina in cerca di una firma, ma non ne trovò nessuna. D’altronde,
mancava anche delle pagine precedenti.
“Sì”.
David rimase in attesa.
“Tutto questo, incluso il volume di Dante, è opera
del più grande e versatile artigiano che sia mai vissuto, disse, guardandolo
fermamente negli occhi. “Benvenuto Cellini” […]
Dopo alcuni istanti in cui rimase come
stordito,domandò:”Cosa vuole che faccia?”. Già non vedeva l’ora di iniziare le
ricerche. “Accertare la paternità delle opere?”
La signora
Van Owen si accigliò di fronte a una simile proposta. “Non c’è dubbio sulla
loro autenticità”.[…]”Allora cosa vorrebbe
che facessi?”[…]”Voglio che lo trovi”.
“Lo
specchio?”, domandò incredulo. Per chi l’aveva preso per Indiana Jones? […] “Un
gemmologo o un esperto di gioielli antichi non sarebbe una soluzione
migliore?”, replicò.
La signora
Van Owen fece una smorfia. “Ho già tentato quella strada. Non sono approdati a
nulla. Per trovarlo ci vuole uno studioso; adesso ne ho la certezza”.
“È
possibile”, azzardò David, quasi timoroso di esprimere il proprio pensiero,
“che non l’abbiano trovato perché non esiste?”
“La Medusa,
ribatté, con un tono che non tollerava dissensi, “esiste”.
Guardando in
quegli occhi viola freddi e penetranti, David on ebbe dubbi. Non che avrebbe
osato averne.
“E per
trovarla”, concluse, “ho bisogno di lei”.
[Op.cit.,
pp.67-68].
Così tra David e Kathryn sarà concluso uno
speciale contratto, il giovane studioso andrà in cerca dello specchio di
Benvenuto Cellini, di cui la bella signora dagli occhi viola gli rivela le
proprietà taumaturgiche, e, se lo troverà, riceverà in cambio un milione di
dollari e soprattutto la possibilità di usare il prezioso gioiello per risanare
l’amata sorella Sarah, malata terminale di cancro.
Da Chicago a Firenze hanno così inizio le
avventure di David. Nella città di Benvenuto Cellini, tra Ponte Vecchio e la
Loggia dei Lanzi, egli s’imbatte in Olivia Levi, una guida turistica che scrive
libri sulle grandi opere di tanti artisti fiorentini. I due, tra i quali
naturalmente nascerà la passione, si ritroveranno insieme nella medicea
Biblioteca Laurenziana, nel tentativo di scovare indizi per la ricerca del
magico specchio.
Un romanzo, insomma, che si legge
piacevolmente, una volta accettato l’irreale
magico che ne sorregge la narrazione. Anche se il finale è scontato,
infatti, la conclusione è pur sempre quella che si attendono i lettori, con il
ritorno alla normalità e alla realtà della vita scandita dalle lancette
inesorabili del tempo.
sergio magaldi
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