domenica 9 marzo 2014

RENZI: QUALE PINOCCHIO? IL BURATTINO O L'INIZIATO?



  Nonostante il parere contrario di avversari e nemici dichiarati, tutti intenti a sottolineare il neoconformismo imperante in favore dell’ex sindaco di Firenze,   gran parte dei media e della stampa che conta sembra frettolosamente avviata a prendere le distanze da Matteo Renzi. Più di quanto non l’abbia fatto già all’indomani del dibattito sulla fiducia, allorché Renzi si presentò al Senato con le mani in tasca e un discorso irriverente nei confronti dei senatori, un vero e proprio “benservito” nei confronti di un ramo del Parlamento che costa allo Stato 600 milioni di euro l’anno [compresi i circa due milioni per il caffè], e che come ruolo fondamentale, unico caso al mondo, sembra avere quello di ritardare l’approvazione delle leggi e rendere più difficile e compromissorio l’esercizio della governabilità [vedi il post del 26 Febbraio u.s., Renzi… ovvero dell’incredulità - clicca per leggere - ].

 L’equivoco nasce dalle aspettative dell’opinione pubblica, mai così elevate nei confronti di un presidente del consiglio, se si eccettua forse il primo Monti, subito dopo la designazione di Napolitano, aspettative vistosamente deluse appena il governo dei tecnici iniziò ad operare. A pilotare l’antirenzismo mediatico è come al solito Eugenio Scalfari che ancora oggi, nell’editoriale di Repubblica, ci fa partecipi che tutti i provvedimenti che Renzi si accinge a presentare figuravano già nell’agenda di Letta [quest’ultimo è addirittura invitato a rivendicarne la paternità in Parlamento!] e che, dunque, l’attuale Presidente del Consiglio, ci sta solo rivendendo come proprio un programma già fissato dal precedente governo presieduto dall’ottimo Letta. Peccato, solo, - osservo - che ci sia voluta una gestazione tanto lunga, e menomale, se davvero le cose stanno come dice Scalfari, che Renzi, più in veste di ostetrica che in quella di un Pinocchio che vende un abbecedario non suo, si appresti a rendere possibile il parto. Compreso quello dei 60 miliardi di euro con cui rimborsare alle imprese i debiti della Pubblica Amministrazione, ricorrendo alla Cassa Depositi e Prestiti. Idea “rubata” anche questa, perché in passato ne parlarono Berlusconi, Monti, e Letta con Sarcomanni. Ne parlarono, appunto, salvo a riscontrarne l’impraticabilità, nella rassegnata accettazione dei più. Tant’è che Dagospia, solo pochi giorni fa, con la consueta finezza argomentativa, annotava: “Matteo Renzi ha deciso di autodistruggersi in pochissimo tempo. Dopo aver fatto promesse per 100 miliardi di euro al Senato, ieri ha sparato la superballa di 60 miliardi di debiti della Pubblica amministrazione pagabili dalla Cassa depositi e Prestiti in 15 giorni”. Dopo un’approfondita disamina economica, in 3 punti e 12 righe, a chiarire il masochismo del premier e senza ascoltare il Presidente della Cassa Depositi e Prestiti, la conclusione di Dagospia era perentoria: “È quindi evidente che ci troviamo di fronte a una palla clamorosa, sparata per dimostrare un dinamismo fatuo che si spegnerà non appena il ministro Padoan mostrerà i veri conti dello Stato all’ex sindaco di Firenze […]”.

 Ecco fatto! Ecco scomodato per l’ennesima volta il burattino creato dalla fantasia di Collodi! Quelle di Renzi sarebbero solo affermazioni utili ad allungare il naso di chi le pronuncia. Gli si rimprovera anche di aver detto che nella settimana che si conclude oggi, la Camera avrebbe approvato la nuova legge elettorale [anche questa nell’agenda Letta?], dimenticando di aggiungere che tutti i partiti, ad eccezione del PD di Renzi, hanno deciso Giovedì scorso di sospendere l’esame dell’Italicum per consentire ai Fratelli d’Italia di celebrare il proprio congresso a Fiuggi, nei giorni di Venerdì, Sabato e Domenica.

 Nella critica mediatica a Renzi, non manca poi l’accusa di avere all’interno della compagine di governo,  quattro o cinque indagati, laddove l’ex sindaco di Firenze fu molto duro nei confronti della Cancellieri e della De Girolamo del governo Letta. Insomma due pesi e due misure e la solità sfacciataggine di mentire con la leggerezza di un Pinocchio. A pochi è venuto in mente di cogliere la differenza che c’è tra un’indagine giudiziaria, dove non sono ancora intervenuti gradi di giudizio, e la semplice opportunità di restare al governo in presenza di fatti giudicati non perseguibili penalmente ma valutati severamente dall’opinione pubblica. Insomma, l’autonomia del potere politico da quello giudiziario! Anche se personalmente sono dell’idea che Renzi avrebbe fatto meglio a non utilizzare indagati, compreso il ministro Lupi, anche al rischio di una rottura con Alfano e il Nuovo Centro Destra.

 D’altra parte, il “chiosare” eccessivo della stampa nei confronti del governo Renzi si spiega proprio con la grande aspettativa che l’ascesa al governo del sindaco fiorentino reca con sé. Da Monti ci si aspettava che rimettesse a posto i conti dissestati, da Letta una guida di governo all’insegna della stabilità. Da Renzi si attendono i miracoli: investimenti pubblici e privati, diminuzione del debito pubblico, nuova legge elettorale all’insegna della governabilità e della soppressione del bicameralismo perfetto, crescita economica, ripresa dell’occupazione, riforma del lavoro, della pubblica amministrazione, del fisco e della giustizia. In una parola, tutto o quasi tutto e in brevissimo tempo, altrimenti le sue mani in tasca di fronte ai senatori diventano un affronto, le sue parole di ottimismo in un Paese di piagnistei, di “distinguo”, e di facce feroci di cartapesta nei confronti della Troika europea, diventano menzogne degne di un giovane venditore di pentole, di un “berluschino” o di un celebre burattino toscano.

 Interessante osservare che tra quanti hanno utilizzato la metafora del Renzi / Burattino / Pinocchio, c’è almeno un caso in cui chi scrive sembra avvertito e consapevole che quella del Collodi non è solo una favola per l’infanzia ma anche una parabola per adulti. E che il suo finale assume un significato preciso. Il cammino per diventare un bambino in carne e ossa, da burattino di legno, è lungo e cosparso di prove ardimentose e piene di ostacoli, proprio come quelle disseminante lungo il percorso iniziatico. Scrive in proposito Sergio Di Cori Modigliani, con la consueta lucidità e abilità argomentativa [Post del 24 Febbraio, dal Blog sergiodicorimodiglianji.blogspot.it]:

 “[…] Con il governo Renzi, il potere italiano ha deciso di muoversi secondo la propria norma consuetudinaria, quella per l'appunto clandestina, oscura, che lo ha qualificato subito come una fotocopia aggiornata di Mario Monti o Enrico Letta. Basta guardare i curricula e le vite dei ministri per comprendere chi, in questo momento, davvero stia al potere.
Matteo Renzi (come giustamente suggerisce il Financial Times) non conta nulla.
E' una normale, tranquilla, operazione di maquillage.
C'è, però, un ma.
Il punto è proprio questo.
E' l'ennesima favola che viene raccontata agli italiani.
Ma questa volta si tratta di una favola tutta italiana, il cui esito non è affatto scontato.
Per poterla comprendere al meglio, ci facciamo aiutare dal più geniale e imbattibile artista produttore di favole che la nostra grande cultura abbia mai prodotto: Carlo Collodi.
Anche lui toscanaccio doc, come Licio Gelli, come Matteo Renzi.
E' la favola di Pinocchio.
Perchè non si possono fare i conti senza l'oste, e in questo caso, l'oste, è il fattore umano.
Matteo Renzi è una personalità molto forte, un giovane caratteriale, e non è ancora chiaro come possa evolversi la favoletta con un tipo come lui.
Il nostro bravo Pinocchietto è stato accolto a braccia aperte proprio perchè era lui: infantile, bugiardo, giocherellone, creativo, un po' manigoldo, abbagliato dalle giostre del potere, proprio come Pinocchio, e come lui fatto di legno. Il Gatto e la Volpe (che non devono aver letto il finale della favola) lo hanno messo nel sacco e si rallegrano entusiasti. Questo pensano.
L'attuale governo, infatti, è loro.
In realtà, noi abbiamo un bicolore Berlusconi-D'Alema, anzi, un tricolore.
Come ha acutamente fatto notare il nostro baldo pregiudicato "e così siamo riusciti a piazzare un nostro ministro al governo pur stando all'opposizione", l'esecutivo è composto da berlusconiani fedeli doc nei posti strategici: al ministero dello sviluppo economico, a quello degli interni e a quello della sanità; D'Alema ha imposto i suoi all'economia, agli esteri e al lavoro; e il tricolore è stato completato dalla presenza dell'opus dei vaticanense garantita da Maurizio Lupi di Comunione e Liberazione, da Enrico Franceschini alla Cultura e da un fedelissimo casiniano. Così è stato costruito un modello catto-comunista-berlusconiano che non ha assolutamente nulla di renziano, non presenta alcuna novità, e si pone come il legittimo garante di una totale regressione del paese, con inevitabile fallimento.
Il Gatto e la Volpe si leccano i baffi.
Dal loro punto di vista hanno ragione, li capisco.
L'inossidabile Balena democristiana si è ingoiata il nostro burattino che, in questo preciso momento, si trova dentro la pancia dove incontrerà Geppetto.
Il problema sta nel finale della favola, ovvero nella risoluzione del mistero attuale italiano che risponde alla seguente domanda: "ma qual è la vera ambizione di Matteo Renzi?
[…]
Ritorniamo al nostro governo.
O Matteo Renzi è ciò che i suoi detrattori credono, ovvero: mera apparenza priva di sostanza, e quindi si accontenta di coltivare come unica ambizione quella di apparire, sembrare, e accontentarsi di essere un burattino, oppure la sua ambizione è molto più alta e poderosa perchè lui, il potere di cambiare il paese lo vuole davvero esercitare, e quindi, non appena si accorgerà che non conta nulla, rovescerà il tavolo e si andrà alla fine di maggio alle elezioni politiche.
Non ho idea quale delle due ipotesi sia quella giusta.
Per il momento, il Gatto e la Volpe gongolano.
Ma la favola di Pinocchio ha avuto un lieto fine (oggi sono ottimista).
In seguito a una strana mareggiata, la grande balena vomita il proprio contenuto e Pinocchio viene ributtato fuori; da naufrago approda alla riva dove si accorge che ha raggiunto la sua grande autentica ambizione: è diventato un essere umano.
Come andrà a finire Matteo Renzi?
Non lo so.
So per certo che è stato ingoiato dalla grande balena democristiana e si trova dentro la sua pancia. Rimarrà al calduccio, ben pasciuto, accontentandosi di fare l'attore con la consapevolezza di essere fatto di legno, colla e chiodi?
Oppure, la sua vera, profonda ambizione, consiste nel diventare un bambino vero? ".
Lo sapremo molto presto.”

 Al netto del contributo all’ispirazione tratta dalla metafora della favola di Collodi, rivendicato da DPR [Appello n°7 del 2014 di Democrazia Radical Popolare a Matteo Renzi, clicca per leggere], va riconosciuto a Sergio Di Cori Modigliani il merito di aver posto l’attenzione sulle enormi potenzialità che il Renzi/Pinocchio ha di trasformarsi da Burattino in Iniziato, cioè in risvegliato, non più schiavo nel ventre di balene interne e internazionali, ma sollecito verso le giuste esigenze degli italiani. Chiosa in proposito DPR:

 “ […] In netta differenziazione da ciò che pensano i pessimisti (compresi i Massoni di GOD, che stimiamo moltissimo e con i quali collaboriamo, pur da punti di vista e con obiettivi diversificati), Noi di DRP opiniamo e auspichiamo che sia possibile un “finale di favola” nella quale il Burattino Pinocchio/Matteo Renzi diventi dapprima un vero bambino, per ritrovata innocenza e apertura mentale/immaginativa sul palcoscenico del potere; poi cresca in fretta, trasformandosi in uomo autentico e politico coraggioso e lungimirante.
Lontano da Gatti, Volpi, Burattinai, Mangiafuochi e Balene…
Se così facesse – e il beneficio del dubbio lo coltiva persino un pensatore sempre più engagé con il Movimento 5 Stelle come Sergio Di Cori Modigliani - Matteo Renzi potrebbe realizzare cose egregie.
Ma per realizzare cose buone e utili c’è bisogno dei giusti consiglieri e dei giusti consigli
[…].”





 C’è bisogno in altri termini del GRILLO PARLANTE! Peccato aver dimenticato che il Pinocchio della favola, per trasformarsi da burattino in bambino, deve prima uccidere il grillo, cioè interiorizzare la voce della coscienza, mutarla da imperativo eteronomo in imperativo categorico!


sergio magaldi

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