Alla vigilia di Roma-Bayern, i pronostici della stampa
italiana lasciavano sperare, se non nella vittoria, almeno nel pareggio dei
giallorossi contro i campioni del Bayern Monaco. La fiducia si basava sulla
corretta valutazione che la Roma gioca il miglior calcio del campionato
italiano, a prescindere dalla formazione che il bravo e simpatico Rudi Garcia
avrebbe mandato in campo.
Non era difficile
prevedere che la forza dei tedeschi di Josep Guardiola sarebbe stata soprattutto
nel centrocampo e in Robben, l’olandese attualmente tra i migliori giocatori
del mondo. Come rispondeva la Roma? Schierando su Robben non Holebas, ma Cole –
che non è più quello di una volta e che nelle partite sin qui disputate è
apparso il più debole del reparto difensivo della Roma –, preferendo Yanga
Mbiwa [non male individualmente ma con scarsa visione complessiva di gioco] ad Astori e
sostituendo l’infortunato Maicon [perché lasciarlo in campo per tutti i 90
minuti contro il Chievo, in una partita già vinta alla metà del primo tempo?]
con Torosidis, per una difesa che non ha certo il suo pregio
nell’organizzazione. Ai quattro centrocampisti tedeschi [che diventavano spesso
sei] è stato opposto un solo incontrista [Naingolan]: un vero e proprio
combattente, ma col compito anche di dover servire le punte: ben tre e
naturalmente senza Destro che all’allenatore della Roma piace preferibilmente e
inspiegabilmente vedere in panchina.
Degli altri due
centrocampisti, De Rossi gioca ormai quasi come il “libero” di una volta e
Pjanic, tecnico finché si vuole, è portato più ad avanzare che ad occupare la
cerniera di centrocampo. Non sarebbe stato più prudente e meno provinciale
opporre alla macchina tedesca di metà campo quattro o addirittura cinque
centrocampisti [visto che la Roma ne ha in abbondanza, anche aspettando il
ritorno di Strootman, il più bravo di tutti?] e lasciare magari il solo
Gervinho [con o senza Destro] in avanti, dal momento che senza la velocità e il
dribbling dell’ivoriano, comunque sia, difficilmente la squadra riesce ad
andare in goal?
Considerazioni del
dopo-partita? Osservazioni fatte col senno di poi? Non direi, se si fosse avuto
il coraggio di guardare in faccia l’avversario contro il quale “il sorteggio
intelligente” della Champions aveva
costretto la Roma a scendere in campo. E il limite della squadra, e se volete
anche il suo pregio [a differenza di tutte le altre squadre del campionato
italiano, che spesso annoiano, la Roma riesce quasi sempre a divertire gli
spettatori] è quello di giocare prescindendo da chi ha di fronte, preoccupata
unicamente d’imporre il proprio gioco e quando questo non le riesce, finisce
con lo smarrirsi.
Varrebbe forse la
pena di soffermarsi sull’arbitraggio della partita di ieri sera [un rigore
inesistente contro, uno a favore, negato, calci di punizione spesso a senso
unico], se non fosse la severità del punteggio [1-7], nello stadio amico e
colmo di tifosi, a sconsigliare di intraprendere questa strada.
sergio magaldi
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