martedì 20 gennaio 2015

DANNATI. Il male non muore mai... di Glenn Cooper

Glenn Cooper, Dannati, Casa editrice Nord, 2014,pp.494



 La mente umana ha variamente concepito e raffigurato l’Inferno, nella letteratura, nella poesia, nell’arte e nella religione. Il tratto comune della visione occidentale e delle religioni abramitiche è rappresentato soprattutto da due elementi: l’eterna sofferenza e l’impossibilità della speranza e della redenzione. L’inferno dantesco, nella sua opera di sublime poesia, bene rappresenta l’idea più diffusa sui luoghi della dannazione. Sulla porta dell’Inferno, Dante e Virgilio leggono queste parole [Inferno, canto III, vv.1-9]:
     
"Per me si va ne la città dolente,

per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.


Giustizia mosse il mio alto fattore:
fecemi la divina podestate,

la somma sapienza e 'l primo amore.


Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.

Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate".


 Per quanto la visione dantesca si basi su una concezione medievale del peccato e della colpa e, nell’attribuzione delle pene, utilizzi la legge del contrappasso, secondo un principio che si ispira all’inferno vagheggiato dall’islamismo, resta vero che, mutatis mutandis, la tradizione conserva in Occidente e in gran parte del Medio Oriente una comune fantasia circa il castigo irreversibile che attende i dannati. Diversamente vanno le cose in Oriente, dove, pur con sfumature non indifferenti, induismo, taoismo e buddismo sono religioni accomunate dall’idea che il tormento dei dannati non sia eterno e/o che l’inferno non sia un luogo fisico di espiazione per i morti nel peccato, ma si realizzi tra i viventi, attraverso successive reincarnazioni modulate secondo la legge inesorabile del Karma.

 Non a caso il grande scrittore cinese Mo Yan introduce così la narrazione di un suo romanzo “Dice il Buddha: ‘La fatica di vivere nasce dall’avidità e dal desiderio. La rinuncia e la non-azione pacificano l’anima e il corpo’ ”. [cfr. il post Le sei reincarnazioni di XimenNao, e clicca sul titolo per leggere]. Così è per Ximen Nao, il latifondista giustiziato per le sue colpe vere o presunte dai comunisti locali e da cui, nel romanzo, prende il nome il villaggio a nordest di Gaomi. Finché il suo animo non sarà pacificato, liberandosi di ogni risentimento, desiderio e avidità, sarà costretto a reincarnarsi in forme animali e a vivere negli stessi luoghi in cui aveva già vissuto come incontrastato signore e ricco proprietario terriero: asino, toro, maiale, cane, scimmia e solo con la sesta reincarnazione tornerà finalmente uomo.

 La prospettiva muta naturalmente per i non credenti. Dan Brown ci lascia immaginare l’inferno come il futuro dell’umanità. E forse l’inferno non è solo il futuro ma già il presente. Basti pensare alle periferie dei grandi centri urbani e alle tante regioni del mondo dove fame, malattie, degrado, incesto, prostituzione infantile e violenze d’ogni genere dominano incontrastate:

 “L’Inferno di Dante non è finzione… è profezia!
 Sofferenza e tribolazione. Questo è il panorama del futuro.
 L’umanità, se non è tenuta a freno, agisce come una pestilenza, un cancro… Il numero degli abitanti cresce a ogni generazione finché le risorse terrene che un tempo alimentavano la nostra virtù e solidarietà si ridurranno gradualmente a zero, svelando il mostro che è in noi, spingendoci a lottare fino alla morte per nutrire i nostri piccoli.
 Questo è l’Inferno dantesco.
 Questo è ciò che ci attende.
 Mentre il futuro si avventa su di noi, alimentato dall’inesorabile matematica di Malthus, noi restiamo in bilico sopra il primo cerchio dell’Inferno… e ci prepariamo a precipitare più rapidamente di quanto abbiamo mai immaginato[…]
 Non fare nulla significa accettare un inferno dantesco… affollato di anime affamate e sguazzanti nel peccato. [leggi, cliccando sul titolo, il post C’è l’inferno nel futuro del mondo?]

 L’inferno descritto da Glenn Cooper nel suo romanzo DANNATI. Il male non muore mai… [titolo originale: Down-Pinhole] ricorda vagamente, quello descritto da John Milton nel poema Paradiso Perduto: “[…]un buio trasparente, una tenebra/ nella quale si scorgono visioni di sventura,/regioni di dolore e ombre d’angoscia, e il riposo e la pace/ non si troveranno,né mai quella speranza che ogni cosa/solitamente penetra;e solo una tortura senza fine… [libro I, vv.62-67].

 L’Oltre o Inferno è per Cooper una dimensione parallela a quella terrena dove entra, nell’istante stesso della morte, chi si è macchiato di delitti. Ne sono esenti coloro che hanno ucciso in guerra, a meno che non l’abbiano fatto per vendetta personale. Ne fanno parte i mandanti degli assassini, anche se non hanno mai ucciso personalmente.  Basta solo il tentativo di uccidere, anche se non riuscito. Ne è testimone un frate francescano che aveva tentato invano di avvelenare un confratello che lo aveva molestato a lungo. Egli è dannato, nonostante continui a credere in Dio e vagheggi persino l’impresa impossibile di fondare una Chiesa all’Inferno. Tra i dannati di Glenn Cooper non figurano invece coloro che si siano lasciati andare ai 7 vizi capitali, persino gli iracondi, purché la loro ira non si sia spinta sino al delitto.

 Ogni omicida “rinasce” all’Inferno nel luogo stesso in cui è morto ma in un habitat primordiale e squallido, dove non c’è sole e i colori predominanti sono il grigio e il marrone. I dannati hanno la stessa età e le stesse malattie di quando sono morti e puzzano perché la loro carne è putrefatta. Nessuno muore nell’Oltre se viene ucciso, persino se il suo corpo è fatto a pezzi. Un barlume di coscienza, nei suoi resti portati in una cella di decomposizione, continuerà a tormentarlo. Quel che l’autore non dice è se questa sofferenza cesserà al momento in cui la sua carne si sarà tutta consumata o se durerà anche quando di lui resteranno solo le ossa.

 Tutto si conserva in questo universo parallelo, regno assoluto del male: dagli uomini di Neandertal ai malvagi erranti e cannibali. L’Europa è divisa in tante nazioni e dilaniata da guerre per il potere. Le regole all’Inferno sono rigide e prive di misericordia, non c’è il Diavolo ma neppure Dio e la speranza della redenzione.Tutto ubbidisce ad una Legge inesorabile che non tiene conto delle distinzioni, così soprenderà non poco trovare nell’Oltre chi non avremmo mai pensato di incontrare.

 Come può accadere che un vivente entri in questa dimensione e un dannato torni sulla terra dove bene e male si misurano e a volte si confondono? Un esperimento condotto  a Dartfort, ad est di Londra, per aumentare gradualmente l’energia di collisione delle particelle, viene realizzato contro ogni procedura di sicurezza e nonostante il parere contrario di Emily Lougthty, direttrice del progetto Hercules. L’energia del MAAC – un tunnel circolare gigante, fratello maggiore di quello del CERN – viene intenzionalmente aumentata da venti a trenta TeV, determinando la scomparsa di Emily e l’apparizione al suo posto di uno sconosciuto.

 Mantenendo il segreto di fronte all’opinione pubblica, sarà John Camp, un militare a capo della sicurezza del laboratorio, innamorato di Emily, ad offrirsi per andare all’Inferno nel tentativo di riportare la direttrice di Hercules sulla terra.

 Tra avventure di ogni genere, sulle quali l’autore si dilunga anche troppo, finendo talora per annoiare, ecco apparire figure enigmatiche della storia, di cui però è ben nota la malvagità. Decisivo risulta per John l’incontro con Giuseppe Garibaldi, vecchio e malandato, ma non per questo meno battagliero. “Dunque un giorno sarete il re dell’Inferno. E poi?” Gli chiede John e Garibaldi risponde, annunciando il suo progetto:








 “Coalizzerò tutti gli uomini e tutte le donne contro il nostro nemico comune, l’Inferno stesso. Aboliremo la schiavitù e la tratta delle donne. Sconfiggeremo la fame lavorando la terra e allevando il bestiame. Promulgheremo leggi ragionevoli e giuste: anche se in vita ci siamo tutti macchiati di qualche delitto, credo sia possibile instaurare una forma di civile convivenza. Sceglieremo dei giudici che applicheranno le leggi, uomini virtuosi sebbene siano stati condannati all’Inferno. Anche se purtroppo non ci sono bambini da istruire, erigeremo delle scuole per educare il popolo e insegnare a tutti un mestiere. Saremo sempre dei dannati, badate bene, ma condurremo un’esistenza con meno sofferenze e dolore.” [cit., p.340,ediz. Mondolibro].

 Il finale del romanzo lascia un po’ di sconcerto, ma questo è solo il primo volume di una trilogia.


sergio magaldi

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