Da pochi giorni è iniziato il
nuovo anno del calendario giuliano, prima, e di quello gregoriano, poi. Per
tutti coloro che seguono altri calendari [ebraico, islamico, cinese, persiano e
indiano], il nuovo inizio è diversamente collocato nel corso delle stagioni,
senza che tuttavia ne risulti sensibilmente modificato il significato [se non
forse dal punto di vista religioso], da quello che la tradizione popolare
attribuisce a ogni nuovo inizio, collegandolo inevitabilmente al tempo e ad un
nuovo ciclo di nascita, crescita, sviluppo, morte e rinascita della
vegetazione.
In Occidente, e non solo, i festeggiamenti per
il Capodanno hanno radici antichissime, costituendo un vero e proprio rito
di passaggio: una fase si chiude e se ne apre un’altra per accedere ad un
nuovo ciclo che si pretende migliore del precedente e che per questo lo
si accoglie con festa e gran frastuono: i ben noti “botti” provocati dai fuochi
artificiali, l’abitudine di gettar via vecchi oggetti, divenuti per lo più
inservibili o comunque giudicati “conniventi” con l’anno appena conclusosi, lo
scambio di auguri e le abitudini alimentari di auspicio alle fortune personali,
di denaro e buona sorte, l’uso di indossare articoli di intimo rosso a favorire
l’amore come mezzo di fecondità.
Insomma, il nuovo inizio è accolto ovunque con
duplice valenza, da una parte si vuole esorcizzare il ciclo appena concluso,
con il suo retaggio di male, di dolore e di confusione, dall’altra si cerca di
incoraggiare il bene, pure presente nello stesso periodo, a venire alla luce e
a vincere sull’oscurità, creando un nuovo ordine cosmico in grado di cancellare
definitivamente ogni traccia negativa. Illusione che l’intelligenza comprende -
perché la dimensione in cui viviamo è di per sé intessuta di ordine e disordine,
di bene e di male - ma che la volontà rifiuta giustamente di riconoscere per
non dare alibi alla nostra accidia e alla presenza rassegnata e complice del
male e del caos nell’universo fisico e morale. Qualsiasi ordine nuovo, anche in
apparenza il più perfetto, non sarà mai in grado di respingere il male e il
sempre risorgente disordine. Lo sapevano
bene gli antichi egizi che, nel loro Pantheon, ponevano la dea Maat, a
ristabilire l’ordine cosmico perennemente in procinto di precipitare nel caos.
Come si vede nel grafico che segue, alla dea
Maat si attribuiscono 42 ideali, ritenuti fondamentali per combattere il male
morale e ristabilire l’ordine pubblico violato.
Non è un caso dunque che Giano bifronte sia
presente nel simbolismo di diverse tradizioni a rappresentare, non già l’inizio
di un nuovo anno, ma la possibilità stessa di una nuova iniziazione, di
un percorso nuovo da compiere individualmente e collegialmente insieme ad altri
iniziati, di un passaggio da una condizione di vita ordinaria o profana,
ad una esistenza in cui si sceglie di procedere in modo alternativo e
diverso, per rettificare se stessi, alla luce di una nuova consapevolezza
o, se si vuole, di una illuminazione che ci aiuti a comprendere e
superare il dualismo della dimensione cosmica.
Così, per esempio, nell’iniziazione massonica,
ritroviamo il motivo del frastuono che accompagna i viaggi simbolici dell’iniziando
all’interno del tempio, rumore che andrà via via affievolendosi sino a
scomparire del tutto nel momento culminante dell’esplosione della luce.
Qualcosa che ricorda molto da vicino la dinamica dei fuochi di artificio per
salutare il passaggio dall’anno vecchio a quello nuovo. E non basta: non
c’è solo Giano, dio bifronte e signore del passaggio. Nell’iniziazione della
massoneria ritroviamo anche il mito che accompagna l’eroe tragico dell’antica
Grecia, riscopriamo cioè le radici della nostra civiltà.
Zoppia e cecità, com’è noto, sono i tratti
caratteristici che marchiano l’eroe greco e non solo. Il marchio [cfr. M.
Bettini-G. Guidorizzi, Il mito di Edipo, Einaudi, Torino, 2004] “
[…] è una menomazione del corpo ma anche un surplus di energia che avvia l’uomo
che porta su di sé un segno indelebile
verso una sorte speciale. Questo elemento (in sostanza un tipo di compensazione
simbolica)funziona come principio generale della mentalità mitica e lo vediamo
infatti comparire in rapporto a una serie di personaggi mitici anche al di là
dell’ambito culturale greco: Thor era monco, Varuna storpio, Odino guercio,
Volund zoppo. Nella Bibbia si legge che il patriarca Giacobbe incontrò una
notte un personaggio divino con cui lottò per tutta la notte; al mattino, la
misteriosa entità gli toccò una coscia e la paralizzò, e nello stesso tempo gli
impose un nuovo nome, un nome sacro che gli disvelava una nuova
identità:Israele[cit.ed.Mondolibri,p.111][…]
L’intelligenza dello zoppo è peraltro di tipo
particolare: impossibilitato com’è a competere fisicamente con coloro che sono
sani, egli sviluppa una forma di intelligenza intuitiva, fatta di vigile
attesa, capacità di cogliere l’istante(kairós) […] Chi è zoppo possiede
qualcosa che ad altri è negato, in particolare la capacità intellettuale di
cogliere nessi che gli altri, che pure camminano spediti, non riescono a
vedere: forse perché camminano troppo spediti passano oltre e non sanno
fermarsi, mentre invece lo zoppo percorre la via passo dopo passo e sa vedere
le cose in modo diverso. Ecco perché Edipo, lo zoppo, sa risolvere l’oracolo
che a sua volta presenta una forma oscura, quasi zoppicante di linguaggio [cit.p.117][…] La cecità,però,
come la zoppia, si presta ad assumere uno statuto ambiguo: se da un lato è una
forma di castigo e di mutilazione,dall’altro talvolta comporta un incremento di
poteri, persino una forma superiore di sapienza acquisita attraverso la perdita
di una vista umana per ottenere la vista più acuta […] La cecità serve in
questi casi a segnalare il passaggio da un tipo di vista, per così dire
normale,a un altro speciale [cit.,pp.125-127].
La zoppia è il marchio simbolico che
caratterizza il passo del massone quando fa il suo ingresso nel tempio, a
rappresentare un procedere diverso da quello che ha tenuto in precedenza; la
cecità è la benda che copre gli occhi dell’iniziando sino al momento in cui
potrà vedere la luce che illumina lo spazio nuovo in cui deve muoversi e
operare insieme agli altri che, come lui, hanno chiesto e ottenuto di essere
iniziati.
Cosa ci riserba questo nuovo inizio
dell’anno 2015 del calendario gregoriano? L’astrologo dei media e dei
rotocalchi vi dirà che questo sarà un anno fortunato per i nati sotto il segno
del Leone e che dal mese di Agosto lo sarà anche per quelli nati sotto il segno
della Vergine. La sua interpretazione, forse in onore della festa di Giove
Capitolino che insieme a quella di Giano si celebrava il primo giorno di
Gennaio, si basa sulla considerazione che Giove, presente quest’anno nei segni
del Leone e della Vergine, è il più benefico tra gli dei planetari, senza tener
conto della posizione che non solo Giove, ma anche tutti gli altri corpi celesti
assumono nel tema di nascita e in quello di rivoluzione (annuale) di ciascun
individuo. Una mistificazione, dunque, la solita di ogni anno, che serve a
tener viva la tradizione dei superstiziosi dell’astrologia così come quella dei
suoi detrattori. Niente di più che un’operazione commerciale, comune a tante
altre, destinata ai profani della materia che sono la maggior parte.
Per la verità, i presagi per l’anno appena
cominciato non sembrano dei più fausti. Proprio nel giorno in cui gli antichi
romani celebravano le Agonalia Iani in onore di Giano bifronte [9 Gennaio], si è
conclusa la tragica vicenda dell’assalto alla redazione di Charlie Hebdo e al Supermercato kosher di Parigi,
con i suoi tanti morti, quasi a significare che i giorni che ci attendono non
saranno dei più lieti.
E, per parlare dell’Italia, sul colle del
Quirinale sta per terminare il sacrificio
del Presidente Napolitano, chiamato meno di due anni fa a ricoprire ancora la
massima carica istituzionale contro la propria volontà [cfr. i post IL BILANCIO DEL PRESIDENTE e IL CITTADINO MEDIO, cliccando sui titoli per leggere] e già si prepara il nuovo toto-quirinale
che non promette, almeno per il momento, scenari esaltanti.
Sembra che nel Paese ci sia voglia di Prodi,
almeno a giudicare da certi segnali e da diversi sondaggi. Bersani sostiene che
bisognerebbe ripartire dal suo nome, e con lui sembra d’accordo la sinistra del
PD [forse non proprio tutta…]. L’oltre-PD, ben rappresentato da Il fatto
quotidiano propone i nomi più votati
dai lettori: Rodotà, Imposimato, Zagrebelsky, Prodi, Bonino ecc… e
poiché i primi tre non hanno quasi possibilità di essere eletti e la
candidatura della Bonino appare come la solita designazione di rispetto per il
personaggio e per la donna, resta il nome di Prodi. Si dice che a certe
condizioni anche Berlusconi sarebbe disposto a votarlo. Bene, resta la speranza
che Renzi e qualche altro illuminato tra i padri del PD, eccezionalmente
alleati nell’occasione, nonché i parlamentari pentastellati, non si lascino
convincere. Non ho nulla contro Romano Prodi ed in effetti bisogna riconoscere
che egli ha tutti i requisiti per l’elezione: cattolico [l’alternanza
laici-cattolici ha avuto sempre la sua importanza in Italia], fondatore
dell’Ulivo e del PD, noto in tutto il mondo per i suoi tanti prestigiosi
incarichi ben remunerati, egli si presenta come “un cavallo di razza” della
politica italiana, così come l’altro ben noto “cavallo di razza” che si dice
piacerebbe al presidente uscente. Mi riferisco a Giuliano Amato che però non
può propriamente essere annoverato tra i cattolici.
Di Prodi e di Amato e dei motivi che
dovrebbero sconsigliarne l’elezione alla presidenza della Repubblica non ho da
dire molto di più di quello che scrissi in due post della primavera del 2013,
allorché si stava
per eleggere il nuovo capo dello stato e si arrivò poi alla rielezione di
Giorgio Napolitano. La domanda che mi ponevo allora e che a maggior ragione mi
pongo oggi è: Prodi e Amato sono “cavalli di razza” o sono stati i “cavalli di
Troia” di Eurogermania? Scrivevo, tra l’altro, nei post dei giorni 11 e 19
Aprile:
“[…] chi
non ricorda il già ineffabile capo dell’Ulivo, ancora il 20 Maggio del 2010 in una lettera al Messaggero,
sostenere che “L’ingresso dell’Italia nell’euro rimane come uno dei punti
più alti della nostra recente storia nazionale”? Un euro nel quale
siamo entrati non attraverso un referendum tra i cittadini, vietato dalla
“costituzione più bella del mondo”, e per di più pagando una tassa! Chi ha
dimenticato il pessimo cambio euro-lira imposto all’Italia e servilmente
accettato? Chi non ricorda il dimezzamento automatico del reddito dei
lavoratori dipendenti e dei pensionati in virtù della conversione della lira in
euro? Chi dimentica le dichiarazioni successive di Vincenzo Visco – a quei
tempi ministro delle Finanze del governo Prodi – a Il Fatto Quotidiano,
allorché rivelò che l’ingresso dell’Italia nell’euro fu voluto fortemente da
Eurogermania, per evitare che la debolezza della lira favorisse il commercio
dell’Italia a scapito della Francia e soprattutto della Germania, costrette a
commerciare in un mondo globalizzato con una moneta più forte e dunque meno
competitiva? Chi infine ha dimenticato le recenti dichiarazioni dello stesso
Prodi [come Tremonti, un altro folgorato sulla strada di Damasco] circa gli
enormi vantaggi che la Germania ha tratto dall’introduzione della moneta unica?
[…] Il vero scontro per il
Quirinale è sempre stato quello tra Amato e Prodi, i genitori dell’euro e della
sottomissione a Eurogermania, nella quale siamo entrati senza referendum tra
gli italiani, ottenendo un pessimo cambio lira-euro, facendo pagare una tassa
ai cittadini-sudditi e prima ancora con un prelievo forzoso dai loro
conto correnti. Un sacrificio per fare un favore a Francia e Germania, perché
senza l’ingresso dell’Italia nell’euro, la moneta unica forse non sarebbe mai
nata: una lira debole sarebbe stata troppo competitiva sul mercato globale,
specialmente per la Germania. E lo stesso Prodi ha di recente riconosciuto gli
enormi vantaggi che i tedeschi hanno ottenuto dall’introduzione dell’euro. Non
ha invece ammesso quello che è sotto gli occhi di tutti: il declino italiano,
oltre ad essere causato dalla corruzione, dall’evasione fiscale generalizzata,
dagli sprechi e dalle ruberie della classe politica e dirigenziale, è prima di
tutto una crisi determinata dalla mancanza di competitività sul mercato globale
e dal circolo vizioso che si è venuto a creare: misure all’insegna del rigore
per restare nell’euro, aumento delle tasse, come in nessun paese di
Eurogermania, restrittività del credito per le imprese, fallimento della
piccola e media industria, decrescita del PIL, recessione causata dal crollo
dei consumi e dell’occupazione.
sergio
magaldi
non solo questo aumento della povertà invasione di massa fatta pasare per integrazione suicidi aumentati per la crisi l'italiano bistrattato dallo stato e prevedo il peggio
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