Zoe Ferraris, I diciannove angeli, trad. Capuani M., Piemme, Milano, 2013, pp.399 Edizione Mondolibri |
Un giallo intrigante questo Kingdom of Strangers [tradotto più
propriamente nell’edizione italiana di Piemme con il titolo di I diciannove angeli] della scrittrice americana Zoë Ferraris, non solo
per l’intreccio coinvolgente, ma per le implicazioni esoteriche, religiose e
sociologiche che fanno da sfondo alla narrazione.
Diciannove cadaveri di donne immigrate [per lo
più filippine] vengono ritrovati nel deserto di Jeddah, porto di intenso
traffico e seconda città per grandezza dell’Arabia Saudita, con oltre tre
milioni di abitanti. I corpi delle donne hanno tutti le mani mozzate e sono
sepolti secondo uno schema che, nel corso delle indagini, si rivelerà
all’intuizione di Katya Hijazi – una ragazza intraprendente, aspirante
detective, e già presente nei romanzi della Ferraris – : disposti in forma
geometrica, descrivono lettere dell’alfabeto arabo che si lasciano ricomporre
nella frase Bism’Allah, ar-rahman,
ar-rahim [“In nome di Allah, il compassionevole, il misericordioso”] e che lasciano
intuire anche il disegno di tre mele. Il serial
killer, che da almeno dieci anni va uccidendo queste donne, è un fanatico
religioso che si ispira ai diciannove angeli che il profeta Maometto concepì a
guardia dell’Inferno o, al contrario, è un laico, per giunta blasfemo, che allude
alla cassa ritrovata con dentro una fanciulla tagliata in 19 pezzi, come nella
“Storia delle tre mele”, la novella
che fa parte delle Mille e una notte,
il celebre capolavoro della letteratura araba?
È quel che l’ispettore capo Ibrahim Zahrani e
la collaboratrice di polizia Katya Hijazi cercheranno di scoprire. Ma ai due
protagonisti, Zoë Ferraris assegna un ruolo persino più importante: quello di
proporsi come un uomo e una donna portatori di principi alternativi ai valori
correnti della società saudita, caratterizzata per di più da una notevole
presenza di immigrati, soprattutto donne destinate ai servizi domestici e
talora preda di padroni rapaci e violenti. Entrambi fedeli della religione
islamica e che sempre, nelle loro ricorrenti preghiere, si rimettono alla
volontà di Allah, Ibrahim e Katya non cessano tuttavia di apparire critici di
fronte al conformismo imperante. Meno Ibrahim, vittima delle sue stesse contraddizioni,
con maggior vigore Katya, che affronta e supera gli ostacoli che di volta in
volta gli si parano davanti, nella vita privata e nel lavoro, anche grazie all’aiuto
e alla comprensione di Nayir, il suo promesso sposo, un personaggio nel
complesso positivo agli occhi della scrittrice americana.
L’inchiesta sul serial killer è denominata “Il
caso dell’Angelo”, con riferimento al significato che il numero 19 assume nel Corano. Premesso che nel libro sacro
dell’islamismo ogni persona ha due angeli sempre con sé, perché gli rammentino
le opere buone e le cattive, e che i tre angeli più importanti sono Jibrael, messaggero di Allah presso
Maometto, Azrael [Malak-ul-Maut] che
toglie la vita e A(I)srafeal che suonerà la tromba del giudizio, diciannove angeli,
secondo la Sura 74, sono posti a
guardia e custodia dell’Inferno:
26 Lo getterò nel Calore che
brucia.
27 Chi mai ti dirà cos'è il Calore che brucia?
28 Nulla risparmia, non lascia nulla;
29 carbonizza gli uomini.
30 Gli stanno a guardia diciannove [angeli].
31 Non ponemmo che angeli a guardia del fuoco, fissando il loro numero solo per
tentare i miscredenti, affinché credessero con fermezza quelli cui è stato dato
il Libro e aumentasse la fede dei credenti e non dubitassero coloro cui è stata
data la Scrittura e i credenti, e affinché coloro che hanno morbo nel cuore e i
miscredenti dicessero: « Cosa vuol significare Allah con questa metafora?». E'
così che Allah travia chi vuole e guida chi vuole. Non conosce le truppe
del tuo Signore altri che Lui. Questo non è altro che un Monito per gli
uomini.
[Il Corano, Sura 74, vv.26-31, trad. a cura di Hamza Roberto Piccardo, Edizioni Newton & Compton].
Sarà un sogno a guidare Katya sulla strada
della verità. La ragazza ha appreso da sua madre che i sogni sono di tre tipi:
i nafsani, che nascono dalla paura e
dal desiderio; i rahmani, messaggi
veritieri che vengono da Allah e che recano visioni del futuro e gli shaytani, ispirati dal diavolo. Prima di
addormentarsi, Katya rivolge la sua
preghiera ad Allah:
“O Allah. Ti chiedo di scegliere in virtù
della Tua conoscenza. Ti domando la capacità e la virtù del Tuo potere. Ti
chiedo, o Allah, di accordarmi la Tua grande grazia. Tu puoi e io non posso. Tu
sai e io non so. O Allah, se nella Tua conoscenza sai che questa informazione è
un bene per le mie necessità presenti e future, fa’ in modo che io la ottenga
facilmente. E benedicimi in essa. E se nella Tua conoscenza sai che è un male
per me,allora allontanami da essa e determina per me il bene ovunque esso sia,
così che io possa esserne soddisfatta.”
[p.195]
Ma il sogno, pieno di incubi e popolato di Efreet e di Djinni, le fa temere che il diavolo si sia
impadronito del suo sonno. Gli Efreet sono
gli spiriti del fuoco, particolarmente potenti e astuti, menzionati nella Sura 27 del Corano. I Djinni, di cui si parla nella Sura 72, sono i demoni della
“possessione”. Assumono forme sempre diverse e sono in grado di esercitare il
controllo psichico delle persone. In realtà, sarà proprio questa discesa
onirica all’Inferno a darle, al momento opportuno, l’intuizione che permetterà
alla polizia di arrestare il serial killer.
Un libro da leggere anche per i non amanti del
giallo, ancorché di questo genere conservi tutte le caratteristiche migliori,
compresa quella della soluzione finale, sempre un po’ deludente rispetto alla aspettative
dell’intreccio.
sergio
magaldi
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