(Segue da IL RUOLO DELL’ASTROLOGIA nel patrimonio sapienziale dell’umanità [1°Massoneria e Astrologia]
La “disputa” tra astrologia simbolica e
astrologia giudiziaria suscitata su Facebook, a proposito della prima parte di
questo post, non ha ragione di essere per almeno quattro ordini di motivi: 1)L’astrologia
genetliaca o giudiziaria presuppone la conoscenza dell’astrologia simbolica. 2)Entrambe necessitano almeno
dei rudimenti di astronomia, matematica e geometria. 3)L’astrologia non può in
ogni caso essere confusa con l’astrolatria e con la divinazione. 4)Per
comprendere il simbolismo del tempio massonico – inteso come rappresentazione
del cosmo manifesto – l’iniziato della Massoneria non può prescindere
dall’osservazione e dallo studio degli strumenti propri dell’astrologia.
Scrive in proposito Ivan Mosca nei Quaderni di simbologia muratoria:
Nel Pentateuco,
il riferimento più importante è in quei noti versetti del Genesi (15:5-6) in cui Dio rassicura Abramo che negli astri aveva
visto la mancanza di discendenza:
“Lo fece
uscire all’aperto e gli disse: ‘Osserva il cielo e conta le stelle, se puoi
contarle. E soggiunse: così numerosa sarà la tua discendenza’. Egli ebbe
fiducia nel Signore che gliela ascrisse a merito”
Nel successivo versetto si consuma il
definitivo distacco dall’astrologia: “… Io
sono il Signore, io ti ho fatto uscire da Ur, città dei Caldei, per darti
questa terra” (15:7). La terra promessa è la terra di Israele dove le leggi
dell’astrologia sono superate dalla
Legge del Signore. Distacco, dunque, superamento ma non rifiuto dell’astrologia
e, anzi, da questo momento si aprirà una polemica in seno all’ebraismo: solo
Israele si sottrae all’influenza degli astri (Ein mazal le Israel), non altrettanto possono tutte le altre
nazioni. Pure, in questa separatezza dichiarata del ‘popolo eletto’, che tanti
argomenti di comodo ha fornito all’antisemitismo, si può cogliere una legge
universale. Non si tratta di credere o non credere nell’astrologia, argomento
in sé futile e privo di interesse, ma di riconoscere che al di sopra dei pianeti, degli astri e delle sfere rotanti nel
cosmo, c’è un principio ‘sottile’ o Legge che governa l’universo e che è dato
conoscere se si esce da Ur dei Caldei… a patto naturalmente di esservi entrati e
aver scrutato profondamente nei cieli. La Pompeo Faracovi assimila questa
concezione all’esortazione contenuta negli Oracoli
Caldaici di ‘non aumentare il destino’ (non creare altro karma si direbbe oggi) e anzi di
oltrepassare la natura che del destino è l’interprete fatale [1]. La stessa
autrice ritiene che un concetto simile si ritrovi anche nelle dottrine
gnostiche ed ermetiche per le quali le ferree leggi degli astri governano i
corpi ma non lo spirito. Scrive: “La fatalità incombe sul mondo materiale, ma
il popolo di Dio ne è immune; nella prospettiva del singolo, ciò significa che
la pratica esemplare dei comandamenti (mitzvoth)
ha l’effetto di una forma di emancipazione dal destino, parallela, dunque, all’illuminazione
degli gnostici e alle mistiche esperienze rigeneratrici degli ermetici” [2]. Affermazione,
per la verità, solo in parte proponibile per lo gnosticismo che tanto
rigidamente distingue tra spirito e materia e che può valere più propriamente, ma
con molte distinzioni, nei confronti dell’ermetismo. Esseri a più piani, per i seguaci di Ermete, sul
piano fisico gli uomini dipendono interamente dalle leggi planetarie e se non
si esercita la libertà dei ‘piani
superiori’, si resta invischiati nella fatalità del ‘piano astrale’. Zosimo di Panopoli [3],
l’inventore dell’alchimia greca, interpretando la lezione di Ermete
Trismegisto, si pone il problema se l’opera di trasformazione dell’uomo non
cominci proprio con la trasformazione del proprio destino. Occorre cioè
oltrepassare l'Eimarméne, la fatalità
cosmica che governa la materia. Solo coloro che approfondiscono la conoscenza
di sé, si liberano dalle catene della necessità astrologica e, al tempo stesso,
ridestano la scintilla divina che è in loro. Tutti coloro - osserva ancora
Zosimo, nel Commentario alla lettera
Omega - che subordinano l’inizio dell’Opera alla buona disposizione degli
astri, individuando il kairos o
momento opportuno, consacrano le proprie energie all’Eimarméne che governa il mondo corporeo, cioè proprio a quel mondo
che dovrebbero trasformare per scoprire l’oro
della condizione originaria. Costoro sono uomini senza intelletto, solo pupazzi
nel corteo della Fatalità. Dal canto suo, l’uomo pneumatico o spirituale lascia che la Natura agisca secondo
Necessità preoccupato solo della propria e dell’altrui trasformazione, né
ritiene che conoscendo le cose spirituali (asomata)
possa facilmente governare quelle materiali (somata) perché, al contrario, più egli si avvicina alla realtà
noetica e all’Uno, più diventa incapace di intrattenersi con il mondo in cui
regna l’Eimarméne e l’avvicendamento
degli opposti. Ciò che l’uomo pneumatico
scopre in questa ricerca è bensì l’uomo originario, l’Adam-Theuth della tradizione ebraico-egizia.
Concetti analoghi a quelli già espressi in Genesi 15:5-7, sono contenuti nel Deuteronomio,
4:19-20. Questa volta però in modo molto più esplicito e che non lascia adito a
dubbi:
“Guardatevi
parimente, alzando gli occhi al cielo e vedendo il sole, la luna e le stelle,
tutte le schiere celesti, di non traviarvi prostrandovi loro e servendoli,
poiché il Signore tuo Dio li ha assegnati a tutti gli altri popoli che abitano
sotto tutti i cieli; mentre il Signore prese voi e vi fece uscire dal crogiuolo
del ferro, dall’Egitto perché foste per Lui un popolo Suo possesso speciale
come siete oggi” .
E’ dunque ribadito il principio di Ein mazal le Israel e ‘l’uscita
dall’Egitto’ prende qui il posto dell’uscita da Ur dei Caldei, nel senso cioè
di un invito ad abbandonare comportamenti e leggi che regolano il destino di
tutti le altre nazioni e di cui l’astrologia è certamente il simbolo più
importante. Quel che mi preme sottolineare, tuttavia, è che neanche qui è
negata la verità dell’astrologia,
tant’è che tutti i popoli della terra ne sono sottoposti. Tutti, tranne il
‘popolo eletto’. Ma anche ora l’apparente separatezza e faziosità addita la
strada dell’universale: l’ebreo si affranca solo in quanto è parte di un popolo
che esce da Ur dei Caldei e dall’Egitto, in quanto cioè si fa iniziato in un popolo di iniziati. Infine, la condanna
dell’astrologia formulata nel passo biblico sopra citato è in realtà la
condanna dell’idolatria.
Nell’ Antico
Testamento, la condanna dell’astrolatria è contenuta in molti altri passi: nel
II dei Re (23:3-5) allorché è detto
che Manasse, re di Giuda praticò il culto degli astri e li adorò e costruì
altari in loro onore persino all’interno del Tempio di Gerusalemme e nei due
cortili di accesso. E ancora in Ezechiele
(8:16):
“Poi il
Signore mi trasportò nel cortile interno del tempio. All’entrata del santuario,
tra il porticato e l’altare, c’erano circa venticinque uomini. Con le spalle al
santuario e il viso rivolto a oriente si inchinavano sino a terra per adorare
il sole.”
Continuando la
disamina, nella Lettera di Geremia 59-66,
si può cogliere la notevole differenza che intercorre tra astrologia e
astrolatria, tra astri e idoli:
“Il
sole, la luna e le stelle brillano e sono mandati a illuminare, essi fanno
volentieri il loro servizio. Anche il lampo, quando guizza, si fa vedere
perfettamente; così pure il vento: soffia per tutta la regione. Quando Dio
comanda alle nubi di coprire la terra, esse ubbidiscono. Anche il fulmine,
quando è mandato dall’alto a devastare montagne e foreste, fa quello che gli è
comandato. Gli idoli invece non assomigliano a queste cose né per l’aspetto né
per la forza. E’ chiaro dunque che non si deve pensare o dire che sono dei;
infatti non sono in grado di fare giustizia o di far del bene agli uomini. Sapete
che non sono dei, quindi non temeteli! Gli idoli non possono né benedire né
maledire i re. Non mostrano ai popoli nessun segno in cielo: non illuminano,
come fa il sole; non rischiarano la notte, come fa la luna.”
Nella Bibbia, gli astri sono dunque per l’uomo
il linguaggio dei cieli, i segni della volontà di Dio. Ne potrebbe essere
diversamente, considerando che furono creati da Dio nel quarto giorno e furono cosa
buona (Genesi 1:14-19). E
addirittura nei versetti di Daniele
12:2-3, è detto che i saggi, dopo la resurrezione, brilleranno nel cielo come
stelle. “E tu – dice il Signore a
Daniele, nel successivo versetto (12:4) – conserva
segreto questo messaggio, non svelare il contenuto di questo libro prima del
tempo della fine. Allora molti lo consulteranno e la loro conoscenza crescerà”.
C’è dunque un sapere collegato agli astri che apre le porte della conoscenza.
In altri libri dell’Antico Testamento si descrive la bellezza del firmamento e la sua
utilità per l’uomo: “Il firmamento tutto
limpido è un vero splendore e guardare il cielo è uno spettacolo affascinante.
Il sole, quando spunta all’orizzonte, proclama a tutti che l’opera
dell’Altissimo è stupenda. A mezzogiorno brucia la terra e niente può resistere
al suo calore. Per certi lavori ci vuole il fuoco di una fornace, ma il sole
sui monti scalda tre volte di più: manda vampe infuocate e acceca coi suoi
raggi di fuoco. Ma il Signore, che ha creato il sole, è ancora più grande e con
la sua parola dirige il corso del sole. La luna, col suo ciclo, stabilisce le
stagioni ed è il punto di riferimento per calcolare il tempo. Per fissare la
data delle feste si ricorre alla luna che prima cresce e poi cala. Anche il
mese prende il nome dalla luna che cresce in modo meraviglioso e ha fasi
diverse; essa che brilla nel firmamento, è come un segnale per tutto quello che
si muove nel cielo. Le stelle, con la loro luce, fanno più bello il firmamento
e con il loro splendore adornano il cielo dove il Signore abita. Esse
ubbidiscono a Dio che è santo, stanno dove le ha collocate e non abbandonano il
loro posto di veglia. Ammira l’arcobaleno e loda chi lo ha fatto: com’è bello
nel suo splendore. Nel cielo traccia un arco di colori, l’ha teso il Signore
con le sue mani” [Siracide,
43:1-12].
Nel libro della Sapienza [7:17-19], il discorso sulla bellezza del firmamento si
coniuga insieme a quello sulla struttura del creato, argomento questo che sarà
ripreso anche nel libro di Giobbe. E’
la conoscenza degli astri che fa comprendere il mondo manifesto:
“Dio
stesso mi ha fatto conoscere come sono veramente le cose, mi ha insegnato la
struttura del mondo e il gioco dei suoi elementi, la divisione del tempo in
passato, presente e futuro, le diverse posizioni del sole e l’alternarsi delle
stagioni. Ho conosciuto il ciclo dell’anno e la posizione delle stelle.”
Al di sopra del sole e della luna, tuttavia,
c’è la sapienza che è più bella del
sole e di ogni costellazione perché è luce che non conosce tenebra [Sapienza7:28-30]. Gli astri, inoltre,
come ogni altro elemento della natura, non possono sostituirsi al creatore:
“Tutti
quelli che non conoscono Dio, nella loro debolezza, si illudono. Vedono le cose
buone ma non sanno risalire alla loro fonte; prendono in considerazione le
opere, ma non sanno riconoscere l’artista che le ha fatte. Essi ritengono
divinità il fuoco, il soffio vitale, l’aria leggera, le costellazioni, l’acqua
impetuosa, i lumi celesti che reggono il mondo. Ma se affascinati dalla loro
bellezza arrivano a considerarli dei, sappiano che il Signore di queste cose è
ancora più grande: colui che le ha fatte è la sorgente stessa della bellezza.”
[ibid.,13:1-3]
Il Signore ha creato gli astri, il Signore li
domina secondo il proprio volere ma anche secondo giustizia e per il bene
dell’umanità. E’ un concetto questo che si ripete costantemente nella Bibbia e
in Malachia 3:20 e nel Salmo 37:6 il sole è addirittura il
simbolo visibile della giustizia divina e i suoi raggi hanno potere
terapeutico. Ma la collera divina si annuncia con l’oscuramento o col cangiamento
di colore degli astri, così è in Ezechiele
32:7 dopo la morte del faraone:
“Quando
cesserai di vivere, coprirò il cielo, oscurerò le stelle, velerò il sole di
nuvole e la luna non brillerà più. Per causa tua non renderò più luminose le
luci del cielo e tufferò la tua terra nell’oscurità. Lo affermo io, il Signore.”
Così ancora, annuncia il terribile giorno dei
reprobi il profeta Gioele:
“Il sole
si oscurerà e la luna diventerà rossa come il sangue, prima che venga il giorno
del Signore, giorno grande e terribile. Ma chi invocherà il mio Nome sarà
salvo. Sul monte Sion e in Gerusalemme sopravvivranno quelli che io ho scelto.”
[Gioele, 3:4-5]
Gli fa eco il profeta Isaia:
“Il
giorno del Signore si avvicina implacabile. Giorno di paura, di ira e di
furore: la terra sarà tutta un deserto, e saranno distrutti tutti i peccatori.
Stelle e costellazioni smetteranno di brillare, il sole si farà oscuro fin dal
mattino, e la luna non splenderà più.” [Isaia,
13:9-10] e poco dopo: “ il sole, la luna
e le stelle si sgretoleranno in polvere. Il cielo si avvolgerà come un rotolo,
le stelle cadranno come le foglie del fico e della vite.” [ibid.,34:4]
Ma quando giunge il giorno del perdono e della
misericordia, allora la luce dei luminari diviene molto più forte: “Quando il Signore curerà e fascerà la ferita
del suo popolo, la luna brillerà come il sole. La luce del sole sarà come la
luce di sette giorni” [ibid,
30:26], oppure tale luce sarà sostituita da Dio stesso: “Ormai non avrai più bisogno della luce del sole durante il giorno, né
di quella della luna durante la notte. Infatti io, il Signore, tuo Dio,
t’illuminerò per sempre con il mio splendore. Il tuo sole e la tua luna non
tramonteranno più, perché t’illuminerò per sempre, io il Signore…” [ibid, 60:19-20]
Insomma, anche se a fin di bene, Dio usa gli
astri a proprio piacimento. E’ il solo a poterlo fare? Sembrerebbe proprio di sì,
perché la natura dell’uomo è assai più debole di astri e costellazioni:
“C’è
qualcosa di più luminoso del sole? Ma se anche il sole si oscura durante
l’eclissi tanto più l’uomo che è solo carne e ossa può essere oscurato dal
male. Dio sa anche controllare gli astri, gli uomini invece sono solo terra e
cenere.” [Siracide, 17:31-32]
E Dio stesso chiede a Giobbe [4]:
“Sei capace di incatenare le
costellazioni o di sciogliere le stelle? Puoi farle apparire al tempo giusto e
trascinare l’Orsa Maggiore con tutto il suo seguito? Conosci le leggi degli
astri? Sei tu che li metti in relazione con le stagioni?” [Giobbe, 38:31-33].
[Segue]
sergio magaldi
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[1]Cfr.O. Pompeo Faracovi, cit., p. 96
[2]ibid.,
p. 97
[3]Zosimo nativo di Panopoli, città
della Tebaide egizia dell’alto corso del Nilo, visse tra il III e il IV secolo
d. C. . Padre dell’alchimia greca, fu definito dall’alchimista Olimpiodoro ‘la
corona dei filosofi, lingua feconda come l’Oceano, il nuovo interprete delle
cose divine…’ (cfr. Zosimo di Panopoli,
visioni e risvegli, testi a cura di A. Tonelli, Coliseum editore, Milano,
1988, Introd., p.2 ). L’intento alchemico di Zosimo, presente in tutte le
opere, è ben visibile nel trattato Sull’acqua
divina. Egli scrive (CAAG III 143,20 – 144,7): ‘E’ questo il mistero divino
e supremo, l’oggetto delle ricerche. Questo è il Tutto. Da esso viene il Tutto
e per mezzo di esso il Tutto è. Due nature, una sola essenza: l’una trascina
l’altra, e l’una domina l’altra. Questa è l’acqua d’argento, la maschio-femmina
che sempre fugge, attratta verso ciò che è proprio. E’ l’acqua divina che tutti
hanno ignorato. Non è facile contemplare la sua natura. Non è metallo, né acqua
che sempre scorre, né è un oggetto corporeo: non può essere dominata. E’ il
tutto in tutte le cose. Ha vita e spirito ed è distruggitrice. Chi intende
queste parole, possiede l’oro’
[4] Giobbe che non riesce a spiegarsi
la sventura che d’improvviso si è abbattuta su di lui dice, tra l’altro, a Dio
(Giobbe 31:26-27):‘La vista del sole
splendente o l’avanzare maestoso della luna non mi hanno tentato. Non ho mai
adorato gli astri’
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