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Prosegue il glossario essenziale
su termini, concetti e nomi noti nello studio della Qabbalah. Le parole in grassetto costituiscono
altrettante voci del glossario.
ANIMA
Cinque sono i livelli dell’anima nella concezione
ebraico-cabbalistica. Il livello più basso, anche se indispensabile
all’incarnazione e alla vita sulla terra, è rappresentato da NEPHESH.
Comune agli esseri umani e agli animali, questo livello dell’anima presiede
alla vita istintuale, è assimilato al sangue
che scorre nei corpi, e ha la sua fonte nel fegato.
Presente nel corpo al momento della formazione dell’embrione, lo abbandona dopo
la morte, ma solo quando è avvenuta la completa putrefazione della carne e dopo
che il terzo e il quarto livello dell’anima sono già usciti dal corpo.
Il
quarto livello è rappresentato da RUACH,
il soffio vitale. Anche questo livello dell’anima è comune tanto agli
esseri umani che agli animali. È lo spirito
di vita che entra nei corpi al momento della nascita e che fuoriesce con
l’ultimo respiro della morte. La sua fonte è nel cuore e nei polmoni. È questo il livello dell’anima che abbandona
il corpo prima di NEPHESH e subito
dopo NESHAMAH.
Il
terzo livello dell’anima è appunto rappresentato da NESHAMAH ed è ciò che caratterizza lo spirito di una persona, la sua razionalità, la sua sensibilità, il
suo equilibrio e le sue conoscenze. Questo livello appartiene esclusivamente
agli esseri umani ed ha la sua fonte nel cervello.
Entra nel corpo in età puberale ma il tempo preciso del suo ingresso varia da
individuo a individuo. Abbandona il corpo sempre prima di RUACH e NEPHESH.
Diverso
il discorso per i due restanti livelli: il secondo, CHAYA, manifesta l’intuizione e la comprensione della trascendenza;
il primo, YECHIDAH, la completa
identificazione con l’unità e con il divino. Entrambi questi livelli dell’anima
non sono accessibili a tutti. Da parte di alcuni cabalisti i cinque livelli
dell’anima sono visti come altrettanti corpi di luce che riempiono i quattro
mondi [OLAM].
ASSIAH
La Qabbalah individua quattro
universi paralleli nella manifestazione. L’ultimo e il
più basso è Assiah, dove domina la materia e l’azione e dove il male metafisico
e morale tende a prevalere.
ATZILUT
È il
primo e il più elevato dei quattro mondi, Olam
Atzilut o mondo dell’Emanazione.
In lui è contenuto tutto il progetto divino,
quale si viene realizzando negli altri tre universi.
ARI
Ari “Leone”,
soprannome reverenziale nonché acronimo di Ashkenazi
Rabbi Yitzhak, il maestro cabbalista askenazita Isacco Luria
vissuto nel XVI secolo tra Gerusalemme e Safed. Con lui si chiude la Qabbalah
classica e medievale e inizia la speculazione cabalistica moderna e
contemporanea. In suo onore, ma talora anche per sottolineare le differenze con
il passato, si parlerà di Qabbalah lurianica. Haym Vital, suo discepolo della cerchia di Safed, ebbe un
ruolo determinante nel divulgare il pensiero del maestro.
ARIZAL
Altro
soprannome di Isacco Luria, formato da due acronimi: ARI e ZAL. Per il primo [ARI] si veda la voce precedente. ZAL,
il secondo acronimo è formato da Zikhrono Livrakha [“Benedetta
la sua memoria”], con l’aggiunta di una vocale [com’è noto le vocali non fanno
parte dell’alfabeto ebraico] per unire le due consonanti.
AUR [OR]
Aur [Or, Luce]: Il punto di luce, adombrato dalla luce
infinita e per noi oscura, è il primo dei dieci “Dio disse” del Genesi
ed è anche il primo istante della creazione. Facendosi altro da sé,
l’Infinito si determina ad essere il finito illimitato. E’ davvero così?
L’invisibile puntino da cui lo yud - la più piccola lettera
dell’alfabeto ebraico - è tracciato è davvero altro? Osserviamo intanto
che quel puntino di luce è per noi invisibile proprio come la luce oscura
e, dunque, partecipa della stessa natura di questa. Da che riconoscere allora
la luce che si diffonde da quel primo punto? La risposta è nel
successivo versetto del Genesi: “Dio vide che la luce era cosa buona e separò
la luce dalle tenebre.” (Genesi 1:4). La separazione consentì all’uomo -
vista l’impossibilità di percepire il puntino luminoso o primo istante della
creazione - di vedere finalmente la luce attraverso le cose. Ciò che
significa vedere la luce nel contrasto con le tenebre. Naturalmente questa
oscurità non ha nulla a che vedere con l’Oscurità originaria, da cui scaturì il
primo punto di luce.
Gli uomini non sopportano la vista della luce troppo
fulgida (bahir), il buio è per te come la luce ( Sepher Bahir, 1)
Solo della luce c’è sostanza, non così della tenebra che, pure, è creata da Dio
(13) La luce precedette il mondo (16) Nessuna creatura può
guardare la prima luce (147). Qual è il nascondiglio della potenza di
Dio? E’ la luce che ha celato e nascosto e che tiene in serbo per i giusti del ‘olam
ha-ba o mondo a venire, quella che rimane è per coloro che confidano in
Dio, osservano la Torah, compiono i suoi precetti, santificano il suo Nome e ne
proclamano l’unità in segreto e in pubblico (148) La Torah è una luce (149)
Fu così creata una grande luce, che nessuna creatura avrebbe potuto sopportare.
Il Santo, sia Egli benedetto, vide che nessuno poteva tollerarla: ne prese
allora la settima parte, e la sostituì, per essi all’intero. Il resto lo ripose
per i giusti a venire (160)E’ scritto: E Dio disse: Sia la luce, e la
luce fu. In verità, questo ci insegna che la luce era assai grande, né alcuna
creatura poteva fissarla (190).
AVAYA
Nome formato dalle quattro lettere del Tetragramma. Indica l’esistenza e la
manifestazione.
AVRAHAM ABULAFIA
Avraham Abulafia [Saragozza 1240 – località della Sicilia,
data probabile il 1291] cabbalista itinerante, fu in Grecia dove forse subì
l’influenza dell’Esicasmo cristiano, in Israele, in Italia, a Capua dove gli fu
maestro Rabbi Hillel di Verona, in Catalogna, in Castiglia dove ebbe numerosi e
importanti discepoli e, infine, in Sicilia dove, con molta probabilità terminò
la sua vita. Famoso il suo tentativo di incontrare il Papa Niccolo III nel 1280
presso il castello Orsini di Soriano nel Cimino, nonostante le
minacce papali di rogo. Il Papa che si era rifiutato d’incontrarlo e che lo
aveva minacciato di morte, morì all'improvviso.
Abulafia conobbe l’ostilità tanto dell’ambiente
ebraico–cabbalistico quanto di quello cristiano. L’ossessione, per così dire,
che egli manifesta per l’Uno e per l’Unità (Ichud) lo porta a
polemizzare aspramente col concetto cristiano di Trinità, mentre, sul versante
cabbalistico, lo induce al conflitto con la cosiddetta Qabbalah delle
Sephiroth, di fronte alla quale, sulla scia di Isacco il Cieco, ripropone con
forza la Qabbalah del nome di Dio e delle ventidue lettere dell’alfabeto con cui Dio creò il mondo.
Abulafia è ritenuto, l’iniziatore di una Qabbalah estatica
o profetica. Ma, a parte la considerazione che molti dei temi da lui trattati
erano stati già affrontati da Isacco il Cieco e dalla sua scuola, la
stessa pratica della concentrazione e della meditazione non era mai venuta meno
nella tradizione ebraica. Già la preghiera era sempre stata uno strumento di
meditazione (soprattutto L’ Amidà e lo Shemà Israel), come pure
l'uso di prendere un versetto della Bibbia come oggetto di meditazione (gherushin),
la concentrazione per la conoscenza del sé o Hitbonenuth (già utilizzata da Maimonide) che può
prendere a riferimento una pietra, una foglia, un fiore, un'idea ecc...ma che
ha lo scopo la comprensione di se stessi alla luce degli altri oggetti della
creazione. Noto era anche l’uso del mantra (Ribbonò shel Olàm, ‘Padrone
dell'Universo’, il più importante) per il mantenimento della concentrazione.
L’originalità di Abulafia, tuttavia, consiste nell’aver
saputo distinguere tra contemplazione semplice e concentrazione capace di
condurre sino alla visualizzazione. L’esperienza mistica della visione
dei colori ( per esempio, i cinque colori che si sprigionano dal
lume di una candela o da una lampada ad olio: bianco – giallo – rosso
– nero – azzurro) è da lui considerata la più semplice tra
quelle consentite dalla Qabbalah, ma
è di grande importanza perché rappresenta lo stadio iniziale di ogni ulteriore
e più complessa visualizzazione. Il valore numerico di Machazeh visione
è 60, con lo stesso valore: Kli recipiente (uno dei 72 nomi di
Dio), Ganaz nascondere, Hineh ecco! Halakhah
regola di vita, Gaon sapiente. In Abulafia è anche frequente la Ghematria
ha Machazeh (65) la visione,
con Adonai (65), terzo dei nomi di Dio, dopo il Tetragramma ed Elohim.
La meditazione vera e propria è tuttavia, per Abulafia,
quella che si esercita attraverso la contemplazione delle lettere dell’alfabeto, a
cominciare dalle tre lettere madri: Alef Mem Shin
e dal nome di Dio di quattro lettere (Tetragramma), anche ricorrendo alla tecnica della permutazione o Temurah.
La meditazione sul Tetragramma può cominciare dalla consapevolezza di
uno dei suoi significati: la prima lettera, la Yud è la moneta o
la vita, la seconda, la He è la mano divina che dona la
vita, la terza lettera o Waw è il braccio che si tende per donare, la
quarta lettera, infine, o seconda He, è la mano di chi riceve.
Un’altra meditazione raccomandata da Abulafia è quella su Ayn, nulla, alla quale si può accedere fingendo di contemplare ciò che
si vede dietro la nostra testa, oppure mettendo in relazione Ayn, nulla con Anì, io.
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sergio
magaldi