Meraviglia non poco che ci si meravigli del risultato del
Referendum, quando partiti e movimenti politici si battono da mesi contro un solo
partito, privo anche dell’appoggio della propria minoranza, apertamente schierata
insieme a tutti gli altri. Come immaginare la maggioranza degli italiani insensibile alla promessa che, tolto di mezzo Renzi e
le sue miniriforme, tutto sarebbe cambiato per il meglio?
La storia del nostro Paese insegna che gli italiani, nel loro
conformismo – frutto di millenaria divisione, debolezza e subalternità – hanno sempre guardato
a fazioni e parrocchie nella speranza di accaparrare benefici e privilegi
e non come a strumenti per la tutela dei propri diritti e della propria
libertà di pensiero. Venti anni di fascismo e cinquanta di democrazia
cristiana, ne sono la più recente testimonianza. Solo il Risorgimento e la
Resistenza al nazifascismo ne rappresentano la rara eccezione.
Meraviglia non poco che la percentuale del 59% dei No sia
considerata sorprendente e schiacciante di fronte al 41% dei Sì. I contendenti
di un Referendum sono due e quel 59% è una torta da tagliare in molte fette,
mentre il 41% ottenuto dall’ottanta per cento di un solo partito è percentuale di
fatto più alta di quella identica ottenuta da tutto il Pd nelle ultime elezioni europee.
Meraviglia non poco che ci si meravigli che Beppe Grillo e
il Movimento Cinque Stelle chiedano oggi di andare a votare subito con l’Italicum, piuttosto che tra circa due
anni con una legge pasticciata, scritta contro di loro e che servirà a
rilanciare il proporzionale e le larghe intese. È chiaro che dopo la
vittoria del No questa strada è divenuta impraticabile [forse lo sarebbe stato
anche con la vittoria del Sì], importante è però vedere come i pentastellati
sapranno lottare perché – come scrive questa mattina Nino Galloni su www.scenarieconomici.it – non
predomini “il lato oscuro di una grande vittoria”.
Meraviglia non poco che ci si meravigli dell’affermazione che
nel centrodestra il vero vincitore del 4 Dicembre non sia Matteo Salvini, ma
Silvio Berlusconi che, dopo aver fatto cadere a suo tempo la Bicamerale di
D’Alema e oggi la miniriforma di Renzi, in prospettiva, ha le carte in regola per unificare il centrodestra
alle sue condizioni e per sedersi alla trattativa per una nuova legge
elettorale che dopo il voto assicuri alla sua parte politica, in un modo o nell’altro, la
partecipazione al governo del Paese.
Meraviglia non poco che ci si meravigli che Borsa e Spread,
almeno al momento, resistano discretamente alla vittoria del No. Forse Renzi
stava davvero diventando fastidioso a Eurogermania [e gli endorsement in suo favore degli ultimi giorni non dimostrano il
contrario, anzi…]. L’idea di una campagna per le politiche del 2018, in cui Renzi avrebbe aperto i cordoni della
borsa e maltrattato Bruxelles per accaparrarsi i voti dei cittadini italiani,
può essere apparsa meno appetibile ai mercati e alla UE di un’Italia in crisi
di governo, più debole e divisa, e nella quale finiranno con l’affermarsi
governi tecnici e/o delle larghe intese sul modello tedesco e spagnolo.
Meraviglia non poco che ci si meravigli delle affermazioni
di Sgarbi che, nell’odierna puntata di Tagadà, ha parlato di un Renzi sconfitto nel Referendum, ma vincitore
politico nel presentarsi come detentore di una percentuale di voti superiore a
quella di ogni altro leader e partito.
Meraviglia non poco che non ci si meravigli di sentir parlare dalle parti del Nazareno di
dimissioni di Renzi anche dalla carica
di segretario del Pd. Solo in questa evenienza, egli ratificherebbe davvero la
propria sconfitta, ma questo apparente consegnarsi alle Erinni del rimorso e dell’espiazione, sarebbe in realtà un peccato
di Ubris pari a quello che l’ha portato
a cacciarsi da solo in una situazione a dir poco kafkiana. Scrivevo in
proposito in un post di qualche giorno prima del Referendum [Clicca per leggere
tutto su Matteo Renzi, i sondaggi e le stelle] :
“Ha tentato
di modificare gli aspetti anacronistici della Costituzione e cercato di rimuoverne
gli elementi di neofeudalesimo introdotti dall'Ulivo nel 2001 per compiacere la
Lega Nord. Quale Ubris gli
ha fatto credere di poterlo fare con un Parlamento che, in virtù della
frammentazione e del trasformismo, frutto di leggi elettorali proporzionali
e di manuali Cencelli, in settant'anni ha prodotto solo le controriforme
del Titolo V, del pareggio di bilancio e poco altro? Eppure la sfida innaturale
è stata lanciata e vinta e ora l'Equilibrio della Bilancia esige
il risarcimento, anche se la montagna ha partorito un topolino, come direbbe il
poeta latino Orazio [superamento del bicameralismo paritario, soppressione del
Cnel, riforma del titolo V. Il resto è poco o troppo complicato]. La Nemesi attende ora Renzi al varco, sotto
forma del fuoco incrociato degli elettori, invitati a votare con la pancia da
quasi tutti i partiti […] Quasi impossibile, insomma, opporsi
alla galassia di stelle novae,
nane stelle e stelle cadenti del firmamento politico italiano e
infatti i sondaggi elettorali [anche quelli che, per l'ipocrisia della nostra
classe dirigente, circolano ormai clandestini sotto forma di corse di cavalli e
di automobili] danno vincente il No e persino i bookmakers inglesi [in Gran
Bretagna si scommette anche sulle cose "serie", mentre agli italiani
è permesso solo il "gratta e vinci"] pagano la vittoria del Sì tre
volte tanto quella del No. E, per chi crede nel linguaggio di astri e pianeti,
c'è nel cielo di nascita del Premier, nel giorno delle votazioni, uno stellium in Capricorno,
suo segno zodiacale, con Venere e Plutone in transito su Sole e Luna di
nascita, tutti all'opposizione di Saturno radicale nel segno del Cancro, mentre
ben 16 "pezzi" dello zodiaco [9 di rivoluzione e 7 radicali],
compresi in poco più di 60 gradi, fanno da corona allo stellium. L'effetto grafico,
come si può vedere, è sorprendente: da una parte Saturno, di fronte tutti gli
altri. Il presagio negativo sembra fin troppo chiaro”.
sergio magaldi
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