Nel rendere omaggio al grande attore che se
n’è andato, giova ricordare ciò che i media
hanno sottolineato in questi giorni: come Vittorio Gassman, come Alberto Sordi,
scomparsi prima di lui, Paolo Villaggio ha il grande merito di aver portato
sullo schermo aspetti riconoscibili del carattere italiano, ancorché esasperati
dall’esigenza dello spettacolo e della comicità. Tuttavia, se di Gassman e più
ancora di Sordi ricordiamo la vasta gamma di personaggi, talora persino
eleganti, in cui l’italiano può rispecchiarsi e ridere volentieri di se stesso,
Paolo Villaggio, con la maschera di Fantozzi [il cui nome è spesso e non a caso
storpiato in “Fantocci”] ci consegna un prototipo unico, plebeo e
immodificabile, capace di resistere al tempo attraverso una comicità
esistenziale ai confini del dramma, condizione che non fatichiamo ad evocare
nei confronti degli altri, ma che troviamo il coraggio di riferire a noi stessi
solo se si tratta di scherzare. Il fatto è che nell’universo di Fantozzi c’è un
accanimento del destino che male si concilia con l’innato senso di libertà di
ogni essere umano e la sua aspirazione ad essere, per così dire, “padrone della
situazione”. Al contrario, dove tutto sembra congiurare contro, sino al
paradosso che suscita la risata, noi riconosciamo immediatamente una
“situazione fantozziana”. E non è solo la nuvoletta personale dell’impiegato
finalmente in vacanza, quando tutt'attorno splende il sole, ma è soprattutto l’abisso insondabile tra il destino e
le aspirazioni, tra ciò che si presume di sé e la realtà dei fatti.
Come non pensare al “Fantozzi nazionale”, nei
giorni in cui scompare il suo creatore e al tempo stesso si consuma l’ennesima
tragicomica vicenda legata ai migranti?
La voce dello Stato era stata ferma e risoluta
e più o meno aveva tuonato: “Alle navi
che non battono bandiera italiana non sarà più consentito l’approdo nei porti
italiani con il loro carico di migranti”. Parole importanti, forse dette
senza pensarci troppo, ma gravide di conseguenze. Credevamo davvero che
l’effetto sarebbe stato l’aprirsi all’accoglienza dei porti francesi e spagnoli
alle navi non italiane cariche di migranti? E se non lo credevamo a quale scopo
abbiamo pronunciato quella sorta di ultimatum che finirà per renderci ridicoli?
Nello stesso giorno del pronunciamento, una torpediniera inglese approdava
tranquillamente in un porto italiano col suo carico di “fratelli” africani. Ve
la immaginate davvero una nave di migranti cui sia impedito l’attracco nei
porti italiani e costretta a vagare per il Mediterraneo alla ricerca di un
approdo alternativo e a rischio di epidemie? Quanto potremmo resistere, prima di riaprire i porti, alla
tirata d’orecchie di Eurogermania, alle minacce di castigo per i nostri
bilanci, e alle pressioni di chi ha investito nel traffico le proprie risorse?
Come non bastasse, in queste stesse ore, manco
a farlo apposta, dall’Inps ci arriva una lezione di verità e di vita: senza i
contributi dei migranti, l’Istituto non potrebbe più a lungo pagare le pensioni
degli italiani: “Come è buono lei!”, avrebbe
detto Fantozzi.
sergio
magaldi
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