Con un
precedente post: “Che cos’è il Partito Democratico Progressista, cosa vuole essere” [clicca sul titolo per leggere] ho cercato di chiarire la natura e i
propositi di questo nuovo soggetto politico, a giudicare dai suoi documenti
pubblici. Con questo post, intendo soffermarmi sulla domanda sociale e politica
alla quale il costituendo partito sembra intenzionato a rispondere.
L’annunciata
Assemblea Costituente del Partito Democratico Progressista nasce da una iniziativa di alcuni soci del Movimento Roosevelt [fondato
a Perugia circa due anni fa], che non
hanno inteso sottoporsi alla complessa procedura per trasformare il Movimento
da soggetto metapartitico in un vero e proprio partito politico. Recita infatti
l’art.2 dello statuto del Movimento:
“Per poter essere
trasformato in soggetto direttamente politico-partitico, è necessario che venga
presentata al Presidente dell’Associazione una mozione firmata da almeno 60
membri dell’Assemblea Generale e che tale mozione, calendarizzata per il voto
entro e non oltre 30 giorni dalla sua presentazione, venga poi votata da almeno
il 60% dei presenti al voto il giorno della deliberazione in sede di Assemblea
Generale.
Dopo di che,
entro altri 30 giorni a partire da tale votazione con la maggioranza
qualificata del 60%, tale eventuale trasformazione in soggetto direttamente
politico-partitico del Movimento dovrà avere una conferma referendaria a
suffragio universale dei soci (sia fondatori che ordinari), con l’approvazione
di almeno il 60% dei voti referendari effettivamente espressi (e NON del 60%
degli aventi diritto”.
Si è
preferito piuttosto lanciare una sorta di Opa, non certo per “pigrizia
burocratica”, ma per verificare se esistano le condizioni per la nascita di un
soggetto politico nuovo, inteso non come un contenitore per raccogliere lo
scontento che da più parti si leva dal Paese, ma come un’offerta di
partecipazione diretta dei cittadini alla gestione della cosa pubblica. I
presupposti sono peraltro già presenti nel citato statuto del Movimento
Roosevelt, allorché all’art.3,1 è detto:
“Il Movimento Roosevelt ha anzitutto l’obiettivo
di difendere, rigenerare e promuovere la sovranità popolare sostanziale e non
solo formale (democrazia compiutamente dispiegata e funzionante, in termini sia
rappresentativi che diretti) a tutti i livelli delle istituzioni pubbliche” e quando al successivo comma si dichiara che “Il Movimento Roosevelt intende difendere e
promuovere l’affermazione ideale e concreta dei diritti stabiliti nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani,
approvata all’ONU il 10 dicembre 1948” ,
ciò che non riguarda solo i diritti civili e politici, ma anche il diritto ad
una occupazione che garantisca una vita dignitosa a tutti i cittadini.
In proposito e non a caso, uno dei candidati a
rivestire la carica di segretario generale del MR [Patrizia Scanu], nel
presentare la propria piattaforma per le elezioni che si terranno
nell’Assemblea del Movimento del prossimo gennaio, ricorda un passo di Eleanor
Roosevelt in Your Hands del 27 marzo
1958:
“Dove iniziano i diritti umani universali? In piccoli posti vicino casa,
così vicini e così piccoli che essi non possono essere visti su nessuna mappa
del mondo. Ma essi sono il mondo di ogni singola persona; il quartiere dove si
vive, la scuola frequentata, la fabbrica, fattoria o ufficio dove si lavora.
Questi sono i posti in cui ogni uomo, donna o bambino cercano uguale giustizia,
uguali opportunità, eguale dignità senza discriminazioni. Se questi diritti non
hanno significato lì, hanno poco significato da altre parti. In assenza di
interventi organizzati di cittadini per sostenere chi è vicino alla loro casa,
guarderemo invano al progresso nel mondo più vasto. Quindi noi crediamo che il
destino dei diritti umani sia nelle mani di tutti i cittadini in tutte le
nostre comunità”.
E la candidata alla segreteria generale del
Movimento così annota in merito alla citazione: “La figura forte e propositiva di Eleanor Roosevelt e la
sua riflessione sulla consapevolezza individuale e sull’esercizio solidale dei diritti umani
nella vita quotidiana costituiscono la fonte di
ispirazione della mia proposta programmatica. […] Dal mio punto di vista,
il MR dovrebbe darsi come obiettivo quello di risvegliare le coscienze
addormentate, riportando l’attenzione delle persone all’esistenza e alle
concrete modalità di rivendicazione dei propri diritti”.
Così, analogamente, l’invito a partecipare
all’Assemblea Costituente di un nuovo
soggetto politico si qualifica per la sua diversità da ogni altra offerta già
nelle “premesse”, come si legge sul sito del costituendo Partito Democratico
Progressista:
“Iscriversi all’Assemblea Costituente del PDP
significa, per singoli cittadini delusi dall’inconsistenza dell’offerta
politica corrente, per gli aderenti a gruppi, movimenti e partiti politici che
si sentano alternativi agli ormai logori e insignificanti “centrodestra” e
“centrosinistra” tradizionali, per gli stessi militanti, attivisti, dirigenti e
rappresentanti istituzionali di quelle forze politiche che hanno deluso gli
interessi degli italiani dal 1992
in avanti, partecipare alla costruzione di una nuova,
inedita e solida Casa Comune.
Tutti i costituenti, individualmente
o organizzati legittimamente in correnti (in quanto magari aderenti in blocco
come membri di associazioni, movimenti o partiti pre-esistenti) avranno la
stessa titolarità e sovranità nel discutere, determinare la confezione e
l’approvazione dello Statuto PDP e nell’elaborare un preciso programma di
governo per l’Italia e i suoi territori”.
La novità più grande tuttavia – che qualifica
l’offerta per tutti i cittadini e in particolare per quanti siano stanchi e
annoiati dalla politica e delusi dalla costatazione che ogni scelta dei
politici di professione continui a passare sopra le loro teste – è
rappresentata dalla proposta contenuta nel 21° principio fondativo che il PDP
intende sottoporre all’attenzione della futura Assemblea Costituente. Non ancora resa esplicita in modo conclusivo,
per lasciarne la cura definitiva alla sovranità dell’Assemblea, tale proposta – è detto - si richiama ad “alcune innovative
integrazioni costituzionali, nell’interesse del popolo sovrano e della
sostanzialità dei processi democratici e della divisione dei poteri”.
La
necessaria difesa della Costituzione Repubblicana non va scambiata con l’immobilismo,
e la giusta rivendicazione della sua piena attuazione deve farci consapevoli
che, se in circa settanta anni di vita molti dei suoi principi non hanno
trovato concreta attuazione, ciò significa che erano forse suscettibili di varia
interpretazione, secondo uno spirito di parte e in base alla volontà dei governi
che nel tempo si sono succeduti. Al contrario, più di una modifica in senso
peggiorativo è stata introdotta sbrigativamente nel testo che i padri
costituenti ci hanno consegnato nel lontano 1948. In questa ottica,
nel Convegno del Movimento Roosevelt, tenutosi a Roma presso il Teatro
Anfitrione lo scorso 4 novembre, sono state individuate proposte di modifica e di
integrazione del dettato costituzionale che saranno portate all’attenzione
della futura Assemblea Costituente
del PDP.
Occorre rammentare che alcuni articoli della
Costituzione sono da considerarsi immodificabili: l’art. 138 che sottopone le
procedure di riforma costituzionale ad una precisa e complessa normativa,
l’art.139 che istituisce la forma repubblicana, gli articoli 2, 13-26, 24 e 27, in quanto attengono al
diritto di libertà e ai diritti inviolabili dell’uomo, l’art. 5 che sancisce
l’unità e l’indivisibilità della Repubblica. Sarebbero inoltre immodificabili,
secondo la giurisprudenza costituzionale, ma non in base ad un preciso dettato,
anche tutti i primi 12 articoli, perché ritenuti i Principi Fondamentali che «appartengono all’essenza dei
valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana». Così, per esempio,
l’art. 1 sarebbe intangibile in quanto sancisce che tutto l’ordinamento dello
Stato si basa sul principio della sovranità
popolare. Il che significa che una modifica dell’art. 1, che declini in
modo più ampio e significativo il concetto di tale sovranità, debba ritenersi
possibile.
E in
effetti la riforma dell’art. 1 della Costituzione, proprio in questo senso, è
contemplata nelle proposte presentate al Convegno del Teatro Anfitrione di
Roma, divenendo una sorta di “cervello” di tutto il restante corpo
costituzionale, con l’avvertenza che qualora la giurisprudenza, per motivi
politico-giuridici più che sostanziali, valutasse l’articolo immodificabile,
tutto il suo contenuto troverebbe comunque legittimamente posto in altri
articoli della carta costituzionale, opportunamente modificabili in base alle
procedure previste dall’art.138. Altre proposte di modifica riguardano, almeno
per il momento, gli articoli 49, 56, 67,
75 e 81, la cui formulazione è di seguito riprodotta, utilizzando il neretto
per ciò che viene mantenuto, il blu per ciò che si intende cancellare e il
rosso per ciò che si propone di inserire. L’art.49 aggiunge un secondo e un
terzo comma per meglio regolare la vita interna dei partiti e garantirne un
tasso più elevato di democrazia. Con gli articoli 56 e 67 è introdotta l’innovazione di maggiore
portata, al fine di rendere sostanziale un concetto di democrazia sempre più
formale e di rendere il cittadino – richiesto periodicamente solo di un voto
rituale che sancisca le decisioni delle segreterie dei partiti e al quale egli
finisce sempre più per sottrarsi, apprezzandone l’inutilità – vero protagonista
della vita politica e delle scelte che lo riguardano nel quotidiano. Con l’art.
75 si propone, per rendere meno aleatorio il concetto di sovranità popolare,
una normativa semplificata del referendum.
Infine, con l’art.81 si demanda allo Stato la tutela del benessere sociale dei
cittadini e si cancella la norma sul pareggio di bilancio, introdotta
proditoriamente e di recente da tutti i partiti politici, con la sola eccezione
del Movimento Cinque Stelle, i cui rappresentanti non erano ancora presenti in
Parlamento.
Art.1
L'Italia
è una Repubblica democratica, fondata [sul lavoro]
sul diritto
al lavoro e sul dovere istituzionale di garantire la piena occupazione dei
cittadini.
La
sovranità appartiene al popolo, che la esercita [nelle
forme e nei limiti della Costituzione]: attraverso il potere monetario dello
Stato, mediante
l’istituto della democrazia rappresentativa, della democrazia stocastica e
nelle forme della democrazia diretta, quali il referendum abrogativo,
propositivo e l’uso del digitale certificato.
Tutti
i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere
con metodo democratico a determinare la politica nazionale.
Le linee
programmatiche dei partiti devono essere decise attraverso periodiche assemblee
degli iscritti e in ogni caso deve essere garantito il diritto delle minoranze.
La scelta dei
candidati per il Senato è determinata dalle Primarie, indette da partiti e
movimenti politici tra i propri iscritti, con modalità che possono prevedere
l’utilizzo del digitale certificato. La legge stabilisce termini e tempi dei
ricorsi.
[La Camera dei deputati] L’Assemblea del Popolo è eletta [a suffragio universale e diretto] per estrazione a
sorte tra tutti i cittadini italiani che ne abbiano diritto.
Il
numero dei deputati è di seicentotrenta, dodici dei quali eletti nella
circoscrizione Estero.
Sono
eleggibili a deputati tutti gli elettori che [nel
giorno delle elezioni hanno] abbiano compiuto i venticinque anni di età al momento di
chiusura annuale delle liste comunali di elettorato passivo. Alle liste si
accede a domanda e a giudizio inappellabile di commissioni di esperti,
costituite su base regionale, che abbiano accertato mediante colloquio che il
candidato, indipendentemente dal titolo di studio, mostri competenza in materia
di storia, economia e diritto. Il cittadino escluso ha il diritto di rinnovare
la richiesta negli anni successivi.
La
ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi
assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli
abitanti della Repubblica, quale risulta dall'ultimo censimento generale della
popolazione, per seicentodiciotto e distribuendo i seggi in proporzione alla
popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più
alti resti. L’estrazione
a sorte dei candidati all’Assemblea del Popolo segue la ripartizione dei seggi
assegnati alle circoscrizioni.
Il
Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla
circoscrizione Estero.
Il
numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella
circoscrizione Estero.
Nessuna
Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due,
la Valle d'Aosta uno.
La
ripartizione dei seggi tra le Regioni, fatto salvo il numero dei seggi
assegnati alla circoscrizione Estero, previa applicazione delle disposizioni
del precedente comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni,
quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi
e dei più alti resti.
Art. 67
Ogni
membro del Parlamento rappresenta [la Nazione] il Popolo
[ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato].
I deputati
del Popolo e i senatori della Repubblica possono essere revocati dall’incarico
mediante proposta di destituzione, firmata da almeno cinquantamila cittadini e
sottoposta a referendum confermativo. I senatori sono revocati automaticamente
nel momento stesso in cui non facciano più parte, per loro scelta, del partito
o del movimento politico in cui siano stati eletti. Nei casi di espulsione è
ammesso ricorso e i senatori restano in carica sino a giudizio definitivo della
magistratura. Deputati e senatori cessano dal mandato,
senza possibilità di appello, dopo cinque assenze consecutive ingiustificate
dai lavori delle Camere.
E' indetto referendum popolare
per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto
avente valore di legge, nonché la destituzione di un deputato del popolo o di un
senatore della Repubblica, quando lo richiedono [cinquecentomila] cinquantamila elettori [o cinque Consigli regionali].
E’ indetto referendum popolare propositivo per approvare
una legge, quando lo richiedono centomila elettori e la legge da approvare non
sia lesiva dei principi sanciti dalla dichiarazione universale dei diritti
umani.
[Non è ammesso il referendum
per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di
autorizzazione a ratificare trattati internazionali. ]
Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere [la Camera dei deputati]
il Senato
della Repubblica.
La proposta soggetta a referendum
abrogativo è approvata [se
ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto,e] se
è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
La proposta soggetta a referendum
propositivo è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli
aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
La legge determina le modalità di attuazione del referendum.
Art. 81
Lo Stato [assicura l’equilibrio tra le
entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e
delle fasi favorevoli del ciclo economico.], nella prospettiva di
assicurare il benessere sociale, si fa carico di gestire e ricorrere
all’indebitamento nella necessità di investimenti per rilanciare l’occupazione
e per far fronte al verificarsi di eventi eccezionali, calamità naturali e
recessioni economiche.
Lo Stato [Il ricorso] può ricorrere
all’indebitamento [è consentito solo al fine di
considerare gli effetti del ciclo economico e,],
previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei
rispettivi componenti [al verificarsi di eventi
eccezionali].
Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi
per farvi fronte.
Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il
rendiconto consuntivo presentati dal Governo.
L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se
non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.
Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i
criteri volti ad assicurare [l’equilibrio tra le
entrate e le spese dei bilanci e] la sostenibilità del debito del
complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a
maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei
princìpi definiti con legge costituzionale.
Il nome di questo nuovo soggetto
politico: Partito Democratico Progressista [PDP] fa pensare quasi ad una
rifondazione dell’esistente Partito Democratico, alla reintegrazione di quanto
di recente s’è venuto formando dalla sua costola, richiamandosi a vaghe idee di
progresso, all’inclusione persino di tutte quelle articolazioni che da tempo si
agitano e si spezzettano all’infinito e senza alcun costrutto alla sua
sinistra. Niente di meno vero. La connotazione di “progressista”, checché ne
pensi il senso comune, non caratterizza necessariamente le formazioni della
sinistra, tant’è che vi si richiamano ancora oggi nel mondo, e
indifferentemente, partiti e movimenti politici liberali, di centro, di destra
e di sinistra. Del resto, l’idea stessa di progresso sconta l’ambiguità
contenuta nel suo proprio concetto, allorché rimanda ad un tragitto da
compiere, il cui unico comune denominatore tra coloro che lo percorrono è
rappresentato dal passaggio da un punto a un altro, da un prima a un dopo, da
un presente a un futuro la cui natura soltanto è chiamata a qualificarne il
senso. Il termine sconta anche la sua etimologia, perché il latino progredior, “vado avanti”, significa
semplicemente che mi sto muovendo, non in quale direzione fisica o ideale stia
andando. In altri termini, non qualifica la mia marcia, né il senso dello
spostamento se non per quello che io stesso gli assegno come fine. Non a caso
gli antichi non avevano l’idea di progresso o perché ritenevano che la storia
rappresentasse piuttosto un “regresso” rispetto ad una mitica e felice
condizione originaria o perché la loro concezione del tempo era di tipo
circolare. Per quanto paradossale possa sembrare fu solo con il cristianesimo
che l’idea di progresso entrò nella storia, con l’abbattimento della circolarità
temporale e l’assunzione del tempo lineare visto in funzione di un progressivo avvicinamento a Dio. Solo
con l’Illuminismo la concezione di progresso comincia ad essere scandita in
termini propriamente umani, perché la fede in Dio è sostituita dalla fiducia
nella ragione umana, mentre il
Positivismo del secolo successivo coniugherà l’idea di progresso con la
divinizzazione della scienza. Nessuna
concezione umana, tuttavia, scompare veramente, anche se si traveste in modo
tale da non essere riconosciuta: così l’idea di progresso, quando non si dia un
contenuto specifico e si prefissi una meta oggettivamente perseguibile,
riconduce alla sterile e mitica età dell’oro degli antichi o, peggio ancora,
resta un proclama generico per attrarre gli ingenui, ma si dà anche il caso di
una sua palese contraddizione, testimoniata dal ripresentarsi costantemente di
vicende umane caratterizzate da crudeltà, violenza e sopraffazione.
Tutto ciò premesso, la qualifica di
“progressista” che caratterizza questo costituendo soggetto politico non
significa necessariamente, come si potrebbe pensare – indotti in errore
dall’etichetta assunta da alcuni gruppi di recente costituzione, separatosi dal
Partito Democratico – “di sinistra”, ma
attiene ad un concetto di progresso ben
più determinato e specifico su cui vale la pena di soffermarsi
ulteriormente allo scopo di coglierne le differenze con l’idea generica di
progresso, presente tanto nel Manifesto
dei valori del Partito Democratico, al momento della sua fondazione [2008],
quanto nel più recente e sedicente “campo progressista”. [SEGUE]
sergio magaldi
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