Sant'Ambrogio, il santo patrono di Milano |
Questa sera l’Italia del calcio sarà
ufficialmente fuori dal mondiale di Russia. Naturalmente i miracoli sono sempre
possibili. Si gioca a Milano, allo stadio di San Siro e quale che sia
l’identità di questo santo – il
ragazzo che, secondo il Vangelo di Giovanni (Gv. 6,8) aveva i cinque pani
d’orzo e i due pesci coi quali Gesù sfamò la folla e che sarebbe rimasto tra
gli apostoli sino ad annunciare la buona novella nella pianura padana, o il
vescovo di Pavia vissuto nel IV secolo o ancora [e qui il miracolo si fa meno
probabile per una questione di campanile] quel San Siro vescovo di Genova
vissuto anche lui nel IV secolo – ci si attende da lui un intervento
provvidenziale sino a spingere una spenta nazionale a segnare due goal alla
Svezia senza subirne alcuno, garantendole così quel posto in paradiso dove
l’attendono le nazionali di quasi tutti gli altri paesi europei. La missione è
ardua anche per un santo e giocandosi la partita a Milano forse varrebbe
chiamare in causa anche Sant’Ambrogio, il santo patrono della città. Cosa poi
sarebbero capace di fare gli azzurri, una volta in paradiso, è un altro
discorso. Non c’è un gioco, qualche raro campione è già sulla via del tramonto,
qualche altro è utilizzato male o addirittura non impiegato e per il resto si
tratta di figure intercambiabili.
Scontiamo la politica di questi anni, anzi la
non politica calcistica che ha prodotto soltanto l’esperimento pilota del VAR (Video Assistant Referee)
che lascia comunque e sempre l’ultima parola all’arbitro, ma si continua a
permettere alle squadre italiane di tutti i campionati di schierarsi in campo
anche con 11 giocatori stranieri. Scontiamo la nomina, così come in altri
settori nevralgici della vita nazionale, di dirigenti scelti con criteri
clientelari. Nello specifico, aver affidato la nazionale ad un allenatore di
lungo corso ma aduso a lottare per il centro classifica della serie A significa
non aver capito la realtà del calcio italiano, soprattutto quando a scendere in
campo non sono Paolo Rossi, Totti, Baggio, Pirlo o Del Piero etc., ma i loro
tardi epigoni. Conte, con la sua organizzazione di gioco, con la sua
capacità di trasmettere ai giocatori una
volontà ferrea, ha dimostrato con una squadra tecnicamente anche inferiore a
questa, di poter giocare alla pari contro le nazionali più forti come Spagna,
Germania etc.; la nazionale di Ventura, in 95 minuti di gioco, non riesce ad
entrare che una sola volta nell’area svedese [colpo di testa di Belotti che
fallisce di poco il bersaglio], utilizza Insigne come mediano a venti minuti
dalla fine, schiera Verratti – uno dei pochi calciatori italiani oggi di fama
internazionale – e tanti altri in un ruolo non loro, ignora la regola
fondamentale del calcio che le partite si vincono a centrocampo, insiste con il
vecchio modulo dei due centravanti che finiscono con l’ostacolarsi a vicenda.
Personalmente ritengo che sarebbe bastato Balotelli per aver ragione di questa
Svezia, ma com’è noto il giocatore è tabù per i dirigenti e forse anche per
alcuni calciatori di questa nazionale. Resta il fatto che, dopo le dimissioni
di Conte, bisognava avere il coraggio di chiamare alla guida della nazionale un
altro allenatore di prestigio, pagandolo a prezzo di mercato e non lesinando su
un ingaggio alla portata della Federazione.
Quali le novità di questa sera per tentare la
rimonta? Gabbiadini al posto di Belotti, Florenzi e Jorginho al posto di De
Rossi e Verratti [squalificato], mentre Insigne ed El Shaarawy, gli attaccanti
italiani più in forma di questo momento, continuano a restare fuori. Forse una
squadra persino più debole di quella sconfitta in Svezia e alla quale si
chiede, per qualificarci al mondiale, di segnare – contro una difesa fisica che
praticamente non ci ha permesso di entrare nella propria area di rigore – un
numero di goal pari a quelli realizzati nelle ultime cinque partite della
gestione Ventura. Un compito quasi impossibile, ma è vero che questa volta si
gioca in Italia, a Milano, e che si spera che a dare una mano, e magari a
guidare un piede al bersaglio, siano gli autorevoli santi locali.
sergio magaldi
Inutile aspettarsi qualocosa di meglio da giocatori mediocri come questi.
RispondiEliminaChe i giocatori della nazionale siano mediocri è vero: se fai giocare 9, 10 o addirittura 11 su 11 calciatori non italiani non solo nel campionato di serie A, ma anche in quelli minori, il risultato non può che essere questo. Resta il fatto che la nazionale di Conte, anche più debole di questa, negli ultimi europei perse, ma solo ai rigori, contro la Germania che poi sarebbe diventata campione d'Europa.
RispondiEliminavolevo dire: "Contro la Germania, campione del mondo in carica"
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