SEGUE DA:
I sentieri dell’Albero della vita sono i rami che
collegano tra loro i frutti sino alla sommità dell’albero e sono in tutto
trentadue. I frutti altro non sono che le Sephiroth,
dette anche ‘luci’ o ‘forme pure’ del molteplice. Sono 10 e rappresentano i numeri primordiali della creazione,
perché per quanto si possa continuare a contare all’infinito non si troveranno
che dieci numeri, anzi nove, essendo il 10 niente altro che la riproposizione
dell’unità.
Si dispongono al centro,
alla destra e alla sinistra dell’albero e ad ogni Sephirah è attribuito un
nome e un numero. Alla colonna centrale appartengono: 1 Kether Corona o Altezza
Superiore, 6 Tiphereth Armonia, Bellezza o Compassione, 9 Yesod Fondamento, Generazione o Alleanza, 10 Malchuth
Regno o Esilio. Alla colonna di destra: 2 Chokmah Sapienza o
Principio, 4 Chesed Grazia o
Misericordia, 7 Netzach Eternità o Vittoria. Alla colonna di
sinistra: 3 Binah Intelligenza o Ritorno, 5 Gheburah Potenza o Giudizio, 8 Hod
Gloria o Splendore.
Esaminerò
brevemente i sentieri che corrono tra le cinque Sephiroth cosiddette emotive. I sentieri partono dal basso
e seguono idealmente le spire di un serpente che, ascendendo lungo l’Albero,
poggia la coda su Malkuth, la decima Sephirah, il corpo su Yesod, Hod e Netzach e che con
la lingua lambisce Tiphereth, la
sesta Sephirah
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VENTINOVESIMO
SENTIERO
j x n t w k l m
Netzach Malchuth
La lettera ebraica che rappresenta il sentiero è Tzadi
La lettera ebraica che rappresenta il sentiero è Tzadi
Undicesima
lettera semplice Tzadi x ricorda
nella forma i rami di un albero con radici al suolo. Ciò significa che l’albero
deve estendere le proprie radici per trarre alimento e bellezza. La pianta,
infatti, solo se ben radicata, produce buoni frutti e sparge generosamente
tanti piccoli semi attorno a sé.
Il “Sepher Yetzirah” della versione Gra colloca questa lettera sul sentiero che da Malchuth conduce a Netzach. E’ il cammino del giusto e compassionevole, q y d x lo zadik che procede in silenzio, bilanciando il potere dei suoi emisferi cerebrali, un’altra immagine evocata dall’ideogramma della lettera Tzadi x
L’equilibrio della
bilancia,
tuttavia, non è mero esercizio intellettuale, né chiama in causa solo la mente.
Necessita innanzi tutto del cuore, della generosità e della compassione.
La compassione non come logos filosofico o ebbrezza dei sensi, ma intesa come
riconciliazione con la natura, capacità di legare, senza vincoli magici, con
tutto ciò che nasce e tutto ciò che muore. Empatia dei sensi prima che della
mente, democrazia dello spirito che sparte l’anima tra i quattro regni –
minerale, vegetale, animale e umano – non per asservire, pervertire, reificare
ma per sentire come pietra, fiore,
insetto, uomo.
Apprendere la
compassione è il compito di una vita perché significa trasformare se stessi
trasformando tutto attorno a noi, ma come ogni cambiamento necessita di una
intuizione fondamentale che improvvisamente e inaspettatamente si faccia strada
per le vie del cuore.
sergio magaldi