SEGUE DA:
La recita dello Shemà,
l’osservanza della Torah o la pratica della carità, come si
racconta nel Talmud, in un altro aneddoto, possono modificare il destino
sfavorevole indicato dagli astri: «Due discepoli di R.Channina uscirono a
tagliar legna. Un astrologo li vide e disse: ‘Ecco due uomini che sono usciti
ma che non rientreranno’. Mentre erano in cammino, incontrarono un vecchio, che
disse loro: ‘fatemi la carità, chè da tre giorni non mangio’. Avevano un pezzo
di pane, lo tagliarono in due parti e gliene dettero una. Quegli mangiò e pregò
per loro, dicendo: ‘Possiate salvarvi oggi la vita, come oggi avete salvato la
mia’. Andarono in pace e tornarono in pace. Si trovarono per caso colà alcuni
che avevano udito la predizione dell’astrologo, al quale allora domandarono:
‘Non avevi detto che questi due uomini sarebbero andati ma non sarebbero
tornati?’ ‘C’è qui un mentitore (alludendo a se stesso) – egli rispose – poiché
le sue previsioni sono false’. Perciò andarono e investigarono sulla questione;
e trovarono un serpente tagliato in due, mezzo nel carico di legna di uno,
mezzo nel carico di legno dell’altro discepolo. La gente chiese loro: ‘Che vi è
capitato oggi?’ Quelli riferirono l’incidente e l’astrologo esclamò: ‘Che cosa
posso fare io se il Dio degli Ebrei si placa con la metà di un pezzo di pane?’
» [1]
I dotti del Talmud discutono spesso tra loro se, ad influenzare la vita degli individui, sia il pianeta del giorno o piuttosto quello dell’ora di nascita. Le preferenze vanno al pianeta dell’ora e le interpretazioni sono quelle tradizionali della mitologia greca e dell’astrologia classica. Così, chi nasce nell’ora del Sole sarà indipendente, agiato e di carattere aperto e chiaro, chi nasce nell’ora di Venere sarà di natura sensuale, chi in quella di Mercurio sarà saggio e di buona memoria e così via… [2]
E’ proprio il discorso sull’astrologia oraria che mi induce a riprendere la tesi cui ho già accennato nelle pagine iniziali di questo scritto e cioè quella del comune atteggiamento dell’ermetismo e della tradizione ebraica nei confronti dell’astrologia. Tuttavia, l’accettazione delle tecniche di interrogazione e di elezione dell’astrologia oraria, proprie dell’ermetismo, da parte di autorevoli Rabbi della comunità di Babilonia non modifica, a mio giudizio, le similitudini e le differenze esistenti tra le due concezioni [3]. Al più, induce l’ebreo ad accostarsi all’astrologia senza tema di peccato. Intanto perché, come osserva Abraham bar Hiyya [4] solo all’ebreo in stato di purità è dato emanciparsi dal fato e poi perché solo a lui è dato legittimamente interrogare le stelle per conoscere ore favorevoli e ore nefaste [5].
C’è anche chi attribuisce notevole importanza al giorno della nascita, ma qui l’influsso favorevole o sfavorevole non dipende più dai pianeti, bensì dai giorni della creazione: “Chi nasce di Domenica sarà interamente buono o interamente cattivo, perché in quel giorno furono create la luce e l’oscurità. Chi nasce di Lunedì sarà di cattivo carattere perché in quel giorno furono divise le acque [6]. Chi nasce di Martedì sarà ricco e sensuale perché in quel giorno furono create le piante. Chi nasce di Mercoledì sarà saggio e dotato di buona memoria, perché in quel giorno furono sospesi gli astri nel firmamento. Chi nasce di Giovedì sarà benefico, perché in quel giorno furono sospesi gli astri nel firmamento. Chi nasce di Venerdì sarà attivo, o secondo un’altra versione, zelante nell’adempiere i precetti (mitzvoth). Chi nasce di Shabbat morirà di Shabbat perché per causa sua fu profanato il giorno sacro” [7]. C’è infine (Shabbat, 156a) chi aggiunge che il nato di Shabbat, sarà colmo di zelo religioso (Rabbi Nachman ben Ytzchak) e che sarà chiamato uomo grande e santo (Rabbi bar Shila).
Il dibattito infinito sulla legittimità dell’astrologia, sulla possibilità che l’ebreo ha di conciliarla con la Torah, porta qualcuno a chiedersi: Dio avrebbe creato gli astri se questi rappresentassero davvero un rischio per la fede? [8]. A questa domanda, per così dire, conciliativa, si danno spesso risposte in chiave umoristica, come quella contenuta nel Midrash Rabba (Genesi X:3-4): «Questo si può comparare a un re che è entrato in una provincia ed è stato sedotto dall’entusiasmo con cui gli abitanti lo hanno accolto. Per ringraziarli, egli decise di farli divertire con la corsa dei carri. Ecco perché c’è un pianeta che percorre la sua orbita in dodici mesi ed è il Sole, un altro in dodici anni ed è Giove, un altro in trenta giorni ed è la Luna, un altro ancora in trenta anni ed è Saturno etc…» [9]. Fuori del suo contesto, la risposta del Midrash fa venire in mente Piero Pomponazzi e la sua concezione dell’astrologia come ‘gioco di Dio’ [10]
sergio magaldi
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[1] P.
Shabbat, 8d in op.cit., p. 334
[3] «Alle prospettive dell’ermetismo si riallaccia la
strutturazione delle tecniche dell’astrologia oraria, volte nella pratica delle
interrogazioni, a predire l’esito delle azioni intraprese, e, in quella delle
elezioni, a individuare il momento propizio per le nuove iniziative. In
correlazione con queste tecniche, riemerge, come già nell’ermetismo antico, il
motivo del superamento o, quanto meno, del ridimensionamento, del destino. Da
una parte, infatti, l’universo materiale appare governato da una necessità che
non tollera eccezioni; dall’altra, si lascia spazio a un’emancipazione dal
fato, riservata alle anime che, superando una difficile iniziazione, divengono
capaci di elevarsi fino all’unione con il divino. Con questa ricerca di
emancipazione possono far nodo le tecniche dell’astrologia oraria, che
predicendo il corso cui gli eventi sarebbero sottoposti per effetto della
necessità naturale, aprono spazi a una iniziativa consapevolmente volta alla
liberazione dalla fatalità».
E’ sulla base di questo assunto che
le tecniche delle interrogazioni e delle elezioni sono legittimate dai dotti
ebrei, che discutono le pagine del Talmud babilonese, dedicate
al tema dell’immunità di Israele dall’influsso astrale. Particolare importanza
rivestono, alle radici del dibattito medievale sul talmudico Ein Mazal
le Israel, i responsi di rabbi Sherira (906-1006), gaon dell’Accademia
babilonese di Pumbedita, e del suo successore e figlio Hayy ben Sherira
(939-1038). In essi si afferma infatti formalmente che l’uomo nella sua
sapienza fa cose che non sono gli astri a determinare, e che, con la sua
competenza, egli può modificare quel che gli astri hanno determinato’ [Cfr., Ornella
Pompeo Faracovi Scritto negli astri. L’astrologia nella cultura
dell’Occidente, Marsilio, Milano, 1996, pp.176-177]
[4] Ebreo
barcellonese, astrologo e studioso di Torah, vissuto nella prima
metà del XII secolo, autore, tra l’altro, di una lettera sull’astrologia in
risposta a quella inviatagli dal rabbi di Barcellona, Yeudah ben Barzilai, che
lo rimproverava di aver consigliato un amico di rinviare il momento delle nozze
in attesa di un tempo migliore (cfr. J.Halbronn,cit., p.122)
[6] E’
il secondo giorno della creazione, l’unico del quale Dio non dice che fu ‘cosa
buona’ (cfr. Genesi)
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