Esiste una legge universale che indica al punto più
alto di verità, i comportamenti nell’ambito del cosmo.
di Alberto Zei
In
natura
Si
può immaginare che lo stesso Demiurgo dell’universo abbia inteso imporre alla
sua opera una legge che non è difficile intuire.
Una delle sue sfaccettature è quella dello spazio esistenziale.
Con
questo concetto vogliamo riferirci al
fatto che ogni aggregazione di materia necessita del proprio spazio dove si sviluppa la crescita,
la vita, la sopravvivenza con la continuità della specie, fino alla morte.
Per
dare maggiore rappresentazione a questa
legge, ricorriamo a qualche esempio nei regni della natura, ossia nel regno
minerale, vegetale e animale per constatare quali sono le necessità del loro
sviluppo, cioè del nutrimento di cui hanno bisogno.
Nei
regni delle specie
I
minerali si accrescono scegliendo tra i vari elementi che li circondano, quelli della loro specie con i quali si aggregano e si accrescono secondo
la cosiddetta “costanza degli angoli diedri”, ossia secondo le caratteristiche
geometriche che sono proprie di ciascun minerale. Per questo provvedono
autonomamente a crearsi un proprio spazio senza il quale la crescita non
sarebbe possibile.
Nel
regno vegetale si assiste ad un comportamento simile. La legge della sopravvivenza
anche in questo caso non prescinde da quella superficie intorno alle piante che
deve essere disponibile alla crescita e alla riproduzione. Un esempio per
tutti: il pino. Nella pineta infatti, dove i pini convivono insieme, nessuna vegetazione dovrà crescere nell’area
occupata. Infatti il pino lascia cadere dalla chioma gli aghi che sono tossici
per gli altri insediamenti vegetali; in
caso contrario, è la stessa vita compromessa,
come quando l’edera uccide il proprio albero ospite.
Nel regno animale, sia dei microrganismi che degli animali superiori, ci si attende qualche cambiamento. Ma anche qui la legge è la medesima. Le colonie batteriche si organizzano alla difesa attiva del terreno sul quale si insediano, con la consueta “astuzia” della difesa di gruppo. Il territorio è tipico delle varie specie, le quali occupano e si espandono dove trovano nutrimento. Per far questo incorrono spesso in conflitti nell’ area contesa, dove il sistema organico originario invaso soccombe o reagisce riappropriandosi dello spazio perduto.
Sempre
nel contesto animale, all’apice della catena evolutiva, esiste il genere umano dove
vale la medesima legge intrinseca nel
DNA di ciascuno e che, tutto sommato, ha consentito di far evolvere
l’Umanità dalle barbarie, attraverso il cammino della civiltà, nella
prospettiva del benessere e della felicità individuale e collettiva.
La
territorialità
Il
territorio è lo spazio che consente alle specie viventi sulla Terra
di sostenersi in collaborazione nell’ambito del proprio contesto, secondo le insopprimibili leggi della natura.
Questo
è dunque un imperativo categorico per
tutto ciò che esiste nell’universo. Si tratta di una condizione di
compatibilità nel medesimo ambito
esistenziale per assicurare l’integrità collettiva del sistema, in cui anche i corpi celesti
sopravvivono, occupando la
propria orbita senza per questo mettere in
pericolo lo spazio collettivo.
Lo
stesso sistema solare è uno tra gli infiniti esempi di questo tipo in cui
una decina di corpi planetari maggiori e una miriadi di altri più piccoli convivono armonicamente, ognuno nella propria orbita.
Qualcuno alzando gli occhi al cielo per contemplare il firmamento
che nelle notti stellate ispira poesia, potrebbe pensare che se la legge cosmica sulla Terra è la medesima dell’ universo, allora non si
spiega come là vi sia spazio per tutto ciò che esiste.
La
legge dell’universo
Il concetto sarebbe giusto se così stessero le cose. Ma l’universo è tutt’altro che pacifico. L’universo è violento ed è il luogo dove i corpi celesti, ossia, le stelle, i pianeti, le galassie, gli ammassi di galassie nascono, vivono e muoiono anche precocemente quando, per questioni di insufficiente spazio esistenziale, occupano a vicenda in modo distruttivo lo spazio di altri corpi.
Si tratta quindi, della medesima legge universale che vige sulla Terra dove, attraverso i tanti conflitti della storia, si sono formate le comunità demografiche del mondo, ossia gli Stati e le Nazioni; tutte con proprie organizzazioni che possono anche essere aiutate dalle altre per progredire in pacifica collaborazione, senza però occupare lo spazio altrui.
Ma
la Città del Vaticano, forse per esercitare un
dominio spirituale su
quante più persone possibili tra gli oltre sette miliardi di individui che
attualmente popolano il mondo, non tiene conto che anche per gli uomini vale la
legge universale di cui sopra. Infatti, gettando di continuo “nuovi ponti” per
favorire la cosiddetta accoglienza di massa, prepara un disastroso collasso
generale, generato dal sovraffollamento dei territori.
Oltre
se stessa
L’Umanità
ha superato ormai quella soglia di timore reverenziale, che subordinava la
sopravvivenza per grazia ricevuta da
altri uomini. Infatti, non è mai stato un
risultato portatore di benessere elemosinare con continuità ciò che
invece un territorio avrebbe potuto produrre in abbondanza e senza problemi. La
responsabilità, certo, grava su chi avrebbe dovuto insegnare senza secondi fini
a quelle popolazioni il da farsi. In tale caso, tuttavia, sarebbe venuto meno quello stato di sudditanza
verso il vero potere che, chi lo detiene, non si lascia sfuggire.
Non
è però in questo modo che, ora, quella parte di umanità, che pur non senza
problemi è arrivata all’autosufficienza, debba lasciare impigrire
l’intelligenza umana nel dare, nel dare e nel dare, non insegnando ai propri simili
come provvedere a se stessi ed anche ad altri, in caso di improvviso bisogno.
Per
quale malinteso tornaconto, a fronte degli aiuti ai bisognosi, resi tali dal
divario culturale, economico e sociale,
generato da secoli di colonialismo, si è fatto ricorso ad una politica dell’accoglienza indiscriminata? Nel nome di
una nuova uguaglianza?
Ma
di quale uguaglianza si tratta? Di quella che in nome di valori falsi ed
ipocriti, si dovrebbe ottenere con uno
schiacciamento culturale e sociale indifferenziato verso il basso? Di quella
che ripristina il traffico degli schiavi e la mercificazione umana?
Le
vicissitudini del bisogno
Le
lobby del potere per ottenere questa sudditanza si avvalgono dello stato di
necessità del prossimo, ostentando la loro pelosa generosità, soprattutto avvalendosi
del portafoglio altrui, come in Italia
continuamente avviene, attraverso pubblici appelli di ogni tipo.
Il
sistema attualmente adottato per meglio
esercitare la sudditanza è innanzitutto quello di appiattire le attuali differenze
socioculturali tra la gente; sistema che, a prescindere dai metodi usati,
ricorda un po’ per analogia le vicende dei Khmer rossi in Cambogia (1975-1979)
che, per mantenere il potere, considerarono dissidenti e che, come tali,
eliminarono coloro che portavano gli occhiali, ritenendo che non servissero per
coltivare la terra ma per cospirare contro il regime.
Ora
più che mai si rende necessario prendere
coscienza che soltanto con l’ apprendimento e la conoscenza, utili alle comunità in cui ognuno opera, tutti gli Uomini della Terra, “pari tra i
pari” nei mestieri e nelle arti, potranno contribuire alla felicità esistenziale
dell’umanità in questo piccolo, grande mondo.
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