In
epoca di coronavirus è abbastanza scontato tornare alla letteratura classica
sulle epidemie: “Il Decamerone” di Boccaccio, “I Promessi Sposi” di Manzoni,
“La Peste” di Camus, “Cecità” di Saramago, “Contagion” di Steven Soderbergh,
solo per citare alcuni dei romanzi più noti, hanno conosciuto una nuova
primavera, proprio mentre, non ancora usciti dall’inverno, siamo stati
costretti dal lockdown a restarcene a casa per gran parte della bella stagione.
Non stupisce, dunque, che si vada diffondendo, oltre che una ricca saggistica,
anche una narrativa che faccia del covid-19 lo scenario di riferimento o che
prendendo spunto dalla pandemia tuttora in corso finisca con l’alimentare le
nostre paure, senza neppure più il filtro della fantasia ma con fondate ipotesi
di realtà. Così, Glenn Cooper nel suo nuovo romanzo CLEAN Tabula rasa ci racconta come possa nascere e diffondersi un
virus con conseguenze drammatiche per l’intera umanità. Nell’edizione italiana,
il libro è dedicato al dottor Roberto Stella di Busto Arsizio che ha perso la
vita combattendo contro il coronavirus.
Il professor Roger Steadman, uno dei cosiddetti baroni del Baltimore Medical Center, sperimenta una terapia genica a base di un composto terapeutico e un vettore virale, su un’anziana donna giapponese malata di Alzheimer. Mentre è sottoposta al trattamento, la paziente è isolata, ma un’infermiera incauta lascia entrare il nipote nella stanza dove la donna è ricoverata in isolamento:
“Lui si chinò su di lei e la baciò sulla fronte: quando lo fece, tossì di nuovo. «Scusa.» Si rimise la mascherina.
Le goccioline di saliva fuoriuscite dalla bocca di Ken si muovevano a una velocità di quindici metri al secondo, una nebbiolina lievissima che coprì le palpebre della donna. Le particelle del virus che lui aveva portato con sé dal Giappone si posarono sulla congiuntiva, rosa e scintillante. E prima che lui avesse lasciato la stanza, erano già entrate nel flusso sanguigno.
La mattina dopo, il virus del nipote aveva sopraffatto le difese immunitarie della donna, superando la barriera emato-encefalica. All’interno del suo cervello, milioni di particelle virali infettarono milioni di neuroni, e alcuni di loro entrarono in contatto col virus iniettato per la terapia genica. Quando s’incontrarono, i due virus si avvinghiarono l’uno all’altro, come fossero incollati. E fusero le loro membrane. Subito, il loro materiale genetico iniziò a combinarsi
Dal loro incontro nacque un nuovo virus, ancora senza nome”. [op.cit., pp.15-16]
Chi è infettato dal nuovo virus – e presto i contagiati si contano a milioni in tutto il mondo – è privato completamente della memoria del passato e il suo comportamento è dettato unicamente dagli istinti basici: fame, sete, sesso e aggressività. Il malato non ha un codice etico e cadrà presto vittima della morale di chi, rimasto sano, se ne servirà per operazioni di dominio e di potere. Così, mentre il dottor Jamie Abbott, specialista in Biologia Molecolare e Neuroscienze Cognitive, percorre l’America da Boston a Indianapolis nel tentativo di mettere a punto un vaccino per fermare la pandemia che sta per fare della civiltà una tabula rasa, ovunque nel Paese domina l’anarchia: ammalati e decaduti il Presidente e il Vicepresidente, sospeso a tempo indeterminato il Congresso, venuto meno un sistema giudiziario funzionante, chiusi i negozi, cessati del tutto i servizi sociali, non resta che la lotta per sopravvivere. Una sorta di inferno, simile a quello descritto da Cooper nel primo volume della trilogia dei Dannati [leggi il post DANNATI. Il male non muore mai… di Glenn Cooper, cliccando sul titolo].
In questo clima di violenza e di sopraffazione Jamie fa purtroppo la conoscenza di due personaggi emblematici: l’uno, Edison che ha costituito un esercito di infetti pronti al suo comando a uccidere e derubare, l’altro, Holland che insieme alla moglie vagheggia una nuova società: «Il punto – sostiene Holland – è che esiste una filosofia morale basata sugli insegnamenti giudaico-cristiani, e noi ci siamo resi conto che potevamo usarla come nuovo programma di studi, un nuovo software per riprogrammare la tabula rasa che sono le loro menti. Avremmo insegnato le nozioni di bene e di male, di giusto e sbagliato, di peccato e salvezza.» [pp.484-485]
Nella finzione romanzesca, Glenn Cooper è andato ben al di là dei pur giustificati timori che sembrano scuotere almeno una parte dell’opinione pubblica mondiale ancora alla prese con il coronavirus e di cui Robert Kennedy Junior s’è fatto portavoce nel recente discorso di Berlino: «I governi amano le pandemie per lo stesso motivo per cui amano la guerra, perché permettono loro di imporre un controllo della popolazione che in altre circostanze non sarebbero mai permesse […] importati persone come Bill Gates ed Anthony Fauci hanno pianificato questa pandemia da decenni […] ». Vero o non vero l’assunto è nel romanzo di Cooper paradossalmente rovesciato: la pandemia ha distrutto ogni forma di potere legale e senza un rimedio, cioè senza un vaccino efficace, della civiltà non resterà che tabula rasa e l’avvento dell’homo homini lupus presto sarà realtà. Due facce della stessa medaglia, in fondo, perché entrambe ci invitano a riflettere sulla natura del potere e sulle modalità di controllo delle coscienze.
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