martedì 8 dicembre 2020

IL BARBIERE DI SIVIGLIA AL TEMPO DEL COVID


 

 Si è aperta sabato scorso, ufficialmente, la nuova stagione del Teatro dell’Opera di Roma con l’allestimento de Il barbiere di Siviglia, la famosa opera buffa che Gioacchino Rossini realizzò su libretto di Cesare Sterbini tratto dalla omonima commedia scritta da Beaumarchais nel 1773. L’opera fu rappresentata per la prima volta durante il carnevale del 1816 presso l’attuale Teatro Argentina di Roma, anche se con il titolo diverso di Almaviva o sia L’inutile precauzione, pare in segno di rispetto nei confronti di Giovanni Paisiello, che aveva già musicato la pièce del drammaturgo francese, ma più probabilmente per evitare questioni legali e/o sociali, tant’è che la sera della prima fu un vero fallimento per il boicottaggio dei sostenitori di Paisiello. Tuttavia, già dalla seconda serata, il successo di pubblico fu tale da oscurare per sempre il lavoro di Paisiello a vantaggio di quello di Rossini.

La vera novità della rappresentazione di ieri consiste però nel fatto che, in tempo di covid, con la chiusura dei teatri, a torto o a ragione, Il barbiere di Siviglia sia stato trasmesso da Rai 3 per iniziativa di Rai Cultura e del Teatro dell’Opera che, per l’occasione, gli ha dedicato uno speciale allestimento, come ha dichiarato il Sovrintendente Carlo Fuortes: «Una rappresentazione dell’opera certamente unica, come il tempo nel quale stiamo vivendo. Sono certo che la Prima di Stagione con questo nuovo Barbiere di Siviglia potrà affascinare e sorprendere i molti spettatori di Rai 3 che la guarderanno. Potrà essere un’occasione straordinaria per allargare la platea del Costanzi e raggiungere un nuovo pubblico. La regia di Mario Martone sarà realizzata come per un film. Il nostro bellissimo Teatro, vuoto e senza spettatori, sarà la scena dove si ambienterà quest’opera tanto amata, con un uso del tutto innovativo degli spazi del teatro»

Piacevolmente innovativa - considerata la location a disposizione - la regia di Martone, regista teatrale e cinematografico che molti ricorderanno per il Il giovane favoloso dedicato al grande Giacomo Leopardi. Per la verità, in un post dedicato al film parlavo di occasione persa, dell’opportunità di “portare sul grande schermo un poeta sublime - in Italia forse secondo solo a Dante  Alighieri - sprecata e ridotta a poco più di una rappresentazione di cronologia biografica, dalla quale peraltro viene espunto un arco significativo di oltre dieci anni”[per leggere l’intero post clicca di seguito sul titolo: IL GIOVANE FAVOLOSO... ma dov'è GIACOMO LEOPARDI?]. Ma Roberto Saviano sull’Espresso, parlò allora di un film “ironico, appassionato e rivoluzionario” e di una rappresentazione del poeta di Recanati “finalmente lontano dai luoghi comuni sulla bruttezza e l’infelicità”.

Bene comunque Mario Martone, questa volta, nell’allestire in un teatro senza pubblico l’opera buffa di Gioachino Rossini. Non dispiace, anche se per qualche istante sconcerta, l’apertura con la corsa in moto di Figaro (Andrzej Filończyk), con casco e mascherina, per raggiungere il Teatro dell’Opera, attraverso le strade di una Roma sempre bella nonostante la sua amministrazione e neppure il reticolo di fili con cui il regista ad un certo punto ingabbia la platea e i palchetti con l’intento di rappresentare la “prigione” in cui Rosina (Vasilisa Berzhanskaya) è tenuta da Don Bartolo (Alessandro Corbelli), suo tutore, ma forse anche per dipingere con garbata ironia la condizione esistenziale in cui oggi si sentono i romani e gli italiani per non poter usufruire dei teatri e non solo.

Pregevole iniziativa questa, di utilizzare la televisione pubblica perché il lavoro degli artisti non si fermi e perché i cittadini costretti dal lockdown possano usufruirne. Ma è solo una goccia nel mare, un’idea eccellente ma ancora di nicchia. Perché il governo italiano, in luogo di distribuire mance e mancette elettorali, che comunque saranno a carico dei contribuenti, non investe per la realizzazione di iniziative generalizzate come quelle di Rai cultura e del Teatro dell’Opera di Roma? Perché la televisione italiana, pagata dai cittadini con la bolletta dell’energia elettrica, continua a distribuire compensi favolosi ai soliti noti per mandare in onda programmi insulsi, quando ha l’occasione per promuovere iniziative culturali e nello stesso tempo per alleviare le condizioni di un settore oggi a dir poco depresso, come quello dei lavoratori dello spettacolo?

sergio magaldi   


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