giovedì 30 dicembre 2021
mercoledì 29 dicembre 2021
sabato 25 dicembre 2021
giovedì 23 dicembre 2021
giovedì 16 dicembre 2021
domenica 12 dicembre 2021
LE FORME DEL PENSIERO: CRITICITA' E DOGMATISMO (Parte tredicesima)
SEGUE
DA:
LE
FORME DEL PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte prima)
LE
FORME DEL PENSIERO: CRITICITA’ E
DOGMATISMO (Parte seconda)
LE
FORME DEL PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte terza)
LE FORME
DEL PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte quarta)
LE FORME
DEL PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte quinta)
LE FORME DEL
PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO
(Parte sesta)
LE FORME
DEL PENSIERO: CRITICITA’
E DOGMATISMO (Parte settima)
LE FORME
DEL PENSIERO: CRITICITA’
E DOGMATISMO (Parte ottava)
LE
FORME DEL PENSIERO:
CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte
nona)
LE FORME
DEL PENSIERO: CRITICITA’
E DOGMATISMO (Parte decima)
LE FORME
DEL PENSIERO: CRITICITA’
E DOGMATISMO (Parte undicesima)
LE FORME DEL PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte dodicesima)
Emerge tuttavia una continuità tra la Qabbalah
di Isacco il cieco e quella del Chassidismo. In entrambe si direbbe quasi che
il pensiero oscilli di continuo tra devozione religiosa e nihilismo, tra
ricerca impossibile di giungere sino all'Uno nel tentativo almeno di cogliere
il significato più autentico dell'azione divina e la consapevolezza di chi
conosce in anticipo l'inutilità e la nullificazione di ogni azione umana votata
in tal senso.
L'esemplificazione
di tale tragico paradosso insito nel pensiero sapienziale della Qabbalah
ebraica si trova forse - come è stato messo in evidenza da Gershom Scholem,
Martin Buber, Karl Grozinger e tanti altri - nell'universo letterario di Kafka.
Addirittura G.Scholem soleva dire che per capire veramente la Qabbalah
bisognerebbe prima aver letto i libri di Franz Kafka. Nei romanzi dello
scrittore praghese si disegna infatti, contemporaneamente, la speranza teurgica
propria della Qabbalah storica e la ‘rinuncia’ chassidica portata sino alle
estreme conseguenze.
L’impossibilità
di giungere al Signore del Castello, come l’impossibilità di
ottenere il giudizio nel Processo non dipendono
dall’irascibile Dio del Vecchio Testamento, neppure il ‘silenzio’ di Dio
dipende dalla Sua ‘morte’ e la condanna nell’apparente innocenza, così come per
Giobbe, non dipende dall’esistenza di un Demiurgo malvagio che Kafka avrebbe in
comune con Marcione e i marcioniti secondo il fortunato ma per me errato giudizio
di Remo Cantoni.
La
Qabbalah nell'accennare al progetto divino del mondo, individua nella teurgia
lo strumento del Tiqqun, della riparazione e della restaurazione,
ma l’impresa rivela subito la sua natura prometeica e superba e deve essere
punita. Persino in Abramo ‘la sincera convinzione’ di essere sulla via
giusta diventa superbia e questa stessa ubris guida
Josef K. nel Processo e l’agrimensore K. nel Castello;
il loro fallimento è il fallimento stesso dell’azione teurgica come istanza
riparatrice, né migliore fortuna arride alla variante teurgica proposta dal
Chassidismo dove è il Rebbe, lo Zaddik ad intercedere per la comunità.
L’aiuto
nel tribunale del Processo come nel villaggio del Castello si
rivela illusorio quando non addirittura fuorviante. Eppure, questo pensare
l’inadeguatezza della teurgia non si colloca fuori dell’ebraismo e della
Qabbalah, né è vissuto da Kafka con angoscia. 'L’angoscia
intollerabile' di cui parlò André Gide s’impadronisce piuttosto dei lettori e
deve servire ad allontanarli dall’agire frenetico. Il fatto è che lo scrittore
ceco ci invia un messaggio preciso che non è la denuncia dell’incapacità umana
di spingersi con il suo agire fin su…, bensì la lucida consapevolezza non tanto
dell’inutilità del desiderio di ascesa, quanto piuttosto della pericolosità
prometeica di tale desiderio. Scrive in proposito Bernhard Rang:
«Nella
misura in cui si può considerare il castello come sede della grazia, tutti
questi vani tentativi e sforzi significano appunto -in termini teologici- che
la grazia divina non si lascia ottenere e costringere dall’arbitrio e dalla
volontà dell’uomo. L’inquietudine e l’impazienza non fanno che impedire e
confondere la sublime quiete del divino». (Cfr.in W.Benjamin, Angelus Novus,
tr.it., Milano,1965,p.292).
A
sostegno di tale interpretazione basterebbero alcuni pochi aforismi di Kafka
contenuti negli Otto quaderni in ottavo, a cominciare dal più breve
di tutti: “Chi cerca non trova, ma chi non cerca viene trovato”
S E G U E
sergio magaldi
lunedì 6 dicembre 2021
domenica 5 dicembre 2021
LE FORME DEL PENSIERO: CRITICITA' E DOGMATISMO (Parte dodicesima)
SEGUE
DA:
LEFORME DEL PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte prima)
LE FORME DEL PENSIERO: CRITICITA’ EDOGMATISMO (Parte seconda)
LE FORME DEL PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte terza)
LE FORME DEL PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte quarta)
LE FORME DEL PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte quinta)
LE FORME DEL PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte sesta)
LE FORME DEL PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte settima)
LE FORME DEL PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte ottava)
LE FORME DEL PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte nona)
LE FORME DEL PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte decima)
LE FORME DEL PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte undicesima)
Non
è mia intenzione, peraltro, entrare nel merito della questione riguardante
l'origine mitica della Qabbalah, se sia cioè, per così dire, una 'rivelazione
primordiale' concessa ad Adamo o magari 'la parte esoterica' della Legge che
Mosè ricevette sul Sinai, come suggerisce Gershom Scholem. La Qabbalah nasce
storicamente nel XII secolo, sulla sponda occidentale del Mediterraneo, tra le
comunità ebraiche di Linguadoca, una terra tanto fiorente nel commercio quanto
progredita nel viver civile e nella tolleranza da essere, per quei tempi,
certamente esemplare. E' vero, d'altra parte, che 'la nascita medievale' della
Qabbalah non esclude una nascita sua più antica, derivando i suoi
contenuti dalla riflessione e dall'approfondimento della religione biblica
e della tradizione rabbinica, sia attraverso la parola scritta, sia più
diffusamente attraverso la comunicazione bocca-orecchio, sicuramente non
esclusiva dell'esoterismo ebraico.
Quel che è certo è che, nel suo esordio storico, sia in Provenza,
sia soprattutto in Catalogna, nella celebre scuola di Girona, Isacco il cieco
insegni che occorre tralasciare ogni speculazione con riguardo tanto all'Uno
quanto al Nulla. Non è a caso che la ricerca dei perushim -
gli studiosi di Qabbalah - si limiti per un verso all'Opera della Creazione
o Ma’asè Bereshit e per altro verso all'Opera del Carro
o Ma’asè Mercavah. Con la prima intendendo il libero commento del
Genesi o Bereshit per il quale è noto a tutti che la lettera
Beit, con cui ha inizio la narrazione, è una lettera aperta solo da un lato a
significare che unicamente gli eventi accaduti dopo il Bereshit o
Principio sono accessibili all’indagine umana. Con la seconda, mediante la
cosiddetta discesa nella Mercavah, facendo riferimento al
viaggio nella propria interiorità, alla ricerca di quei centri 'sottili' di
consapevolezza detti Hekalot o Palazzi, assai simili, peraltro
ai Chakras dell'induismo e ai 'soffi vitali' descritti
nelle Upanisad. Sono centri 'sottili' e tuttavia hanno una
corrispondenza nel corpo umano. Se si permette all’energia spirituale di
scorrere e di soffermarsi su ciascuno di loro, non solo se ne trarrà motivo di
benessere fisico e di purificazione ma sarà anche possibile accedere a visioni
di esperienza non ordinaria.
Tutto
ha inizio con il primo Palazzo. In lui è racchiuso, secondo il Sepher
ha Zohar (41a) - il libro più complesso e più famoso della letteratura
cabbalistica - 'il mistero dei misteri'. Luz, con riferimento
biblico è detto il suo luogo, 7 il suo valore numerico (Lamed 30 +Waw 6 +Zain 7
=43=7) ad indicare che sette sono i centri di consapevolezza; nel corpo
dell' uomo corrisponde al coccige, dove la colonna vertebrale termina nel punto
più lontano dalla testa o dove inizia nel punto più vicino alla terra. Livnat
ha Sapir, Mattone di zaffiro, è il suo nome. Dove il mattone è appunto
simbolo della materia, cioè della densità della costruzione di luce e di
energia che viene dall'alto. L' opera della Merkavà o opera del Carro non può
che iniziare di qui, dove la prima manifestazione di luce e il principio
stesso della luce si trovano insieme racchiusi nella densità della materia. Non
a caso il suo nome in sanscrito, Muladhara, significa radice. Una
concentrazione su questo centro produce immediatamente calore. Un suo
funzionamento squilibrato produce eccesso di cibo e di sesso, avidità,
diffidenza, aggressività, paura e insicurezza, debolezza fisica e disturbi
della circolazione sanguigna periferica.
Se
la scuola di Isacco il cieco prima e l'apparizione dello Zohar alla fine del XIII
secolo, al di là degli antecedenti metastorici della Qabbalah, rappresentano i
momenti di maggiore originalità e di più intensa affermazione del pensiero
sapienziale e simbolico degli Ebrei sefarditi, occorre ricordare che fu
soprattutto con Yizhaq Luria, nel XVI secolo, che la Qabbalah venne
progressivamente affrancandosi dal testo biblico e dalla lezione rabbinica,
reclamando sempre più un'autonoma e peculiare capacità di rielaborazione e
di approfondimento. E fu principalmente merito del movimento chassidico,
sviluppatosi nella prima metà del Settecento tra gli ebrei aschenaziti
dell'Europa centrale e orientale, se la Qabbalah da movimento
prevalentemente speculativo, magico e devozionale venne via via
privilegiando la dimensione psicologica e la finalità iniziatica, nel senso
cioè di rappresentare un cammino interiore di rettificazione e di progressivo
perfezionamento da realizzarsi sia privatamente sia in seno alla comunità
(devoti, chasidim) guidata da un giusto o zaddiq.
S E G
U E
sergio magaldi