venerdì 29 agosto 2014

L'EUROPA TRA COLLABORAZIONISMO E RESISTENZA...





  Riprendendo e chiosando il post del 9 Agosto 2014, Matteo Renzi e l’equilibrio della bilancia, quelli di Democrazia Radical Popolare osservavano tra l’altro:

Quando, alla fine del suo brillante articolo, Sergio Magaldi scrive:

 “Insomma, sarà soltanto dopo la definitiva approvazione delle riforme politiche e la probabile vittoria elettorale del PD che si potrà misurare compiutamente il talento di governo di Matteo Renzi e non solo quello di stratega della politica, sin qui mostrato. Se anche allora, l’Italia  non trovasse la strada delle tante riforme economiche [che sono tutte quelle indicate sopra, nei due piatti della bilancia e altre ancora], allora gli avversari di Renzi avrebbero avuto ragione. Prima no.”,

 davvero egli si illude che la traiettoria di Renzi e la sua futura credibilità (con consenso annesso) dipendano dall’attuazione o meno delle tante riforme economiche sin qui indicate e tracciate nei due piatti della bilancia e in altre ancora ad esse attigue e con esse coerenti?

 Non lo sfiora il dubbio che, invece, anche qualora fosse approvato un mega-pacchetto integrale di quel tipo di riforme economiche (accontentando le attuali richieste sia di centrodestra che di centrosinistra, tutte insieme per non scontentare nessuno) sinora indicate, il sistema economico italiano continuerebbe imperterrito la sua rovinosa caduta libera?

 Non gli viene in mente che, qualora Renzi non cambi drasticamente paradigma politico-economico (altro che maggiore flessibilità rispetto alle regole capestro dell’attuale Eurozona matrigna, come un condannato a morte che chieda di poter morire in modo più dolce e rilassato, con qualche dilazione temporale in più e il fumo di qualche ultima sigaretta…) vigente, per l’Italia non potrà esservi che un presente-futuro di declino economico recessivo e depressivo?

 Perciò, tutte queste discussioni sugli 80 euro, sulle riforme costituzionali, sull’articolo 18,  sul falso in bilancio, sull’uso del cash, sul Senato elettivo o non elettivo, sulle maggioranze certe, sulla governabilità, sulla possibilità di concentrarsi nell’imminente futuro su alcune iniziative economiche (sbagliate o all’acqua di rose, senza alcuna possibilità logica e concreta di incidere sul rilancio del sistema-Paese),ci lasciano del tutto indifferenti e annoiati.In una temperie come questa, ben altre dovrebbero essere le urgenze del dibattito politico-mediatico: implementazione della democraticità sostanziale delle Istituzioni UE, ripristino del primato della politica sulla tecnocrazia e sui centri di potere economico-finanziario sia semi-pubblico che privato; sospensione unilaterale/annullamento integrale del Fiscal Compact, del Pareggio di Bilancio costituzionale e del Patto di Stabilità che impediscono strutturalmente qualsiasi ripresa socio-economica; rovesciamento dell’attuale paradigma neoliberista che guida i processi decisionali euro-atlantici e globali, in favore di una ripresa dei salubri landmarks keynesiani e rooseveltiani, e così via.

 A dar retta invece al dibattito attuale mainstream - di cui anche Sergio Magaldi si dimostra partecipe, sebbene con maggiore finezza e originalità osservativa di altri - ci viene in mente la situazione di chi, mentre la propria Casa abbia una voragine nel soffitto, da cui arriva a catinelle l’acqua piovana scatenata da un furibondo temporale, lasciando inopinatamente di provvedere in qualche modo a tale problema, si preoccupi piuttosto di riparare il lavandino del bidet, il quale sgocciola lievemente…

LE CITTADINE E I CITTADINI DI DEMOCRAZIA RADICALPOPOLARE (www.democraziaradicalpopolare.it)
[ Articolo del 4-11 agosto 2014 ]


 In me non c’è l’illusione ma solo la speranza che Renzi, una volta approvate le riforme costituzionali e la legge elettorale, sappia mostrare, dopo il suo talento politico, anche quello di capo  di governo, se davvero ne ha. E questo avverrà se l’ex sindaco di Firenze, vinte le elezioni per il proprio partito, sarà capace di portare a casa le tante riforme economiche contro l’immobilismo, la corruzione e lo spreco con cui le lobby politiche, burocratiche e finanziarie tengono in pugno questo infelice Paese. Ciò non significa che al termine di questo processo l’Italia esca dalla recessione né che il suo PIL parli finalmente di crescita produttiva, ma questa è l’unica arma di cui può disporre un presidente del consiglio di uno stato a sovranità limitata nel contesto di una Europa dominata dalla Germania e dalla Finanza.

 Credono davvero quelli di DRP che Renzi sia in grado da solo di lanciare una sfida contro Eurogermania che non comporti l’isolamento e la definitiva rovina del Paese? Penso anch’io che un futuro per l’Europa ci sia solo con la resistenza alla politica tedesca di rigore e di austerità, con la nascita di un organismo politico in cui il parlamento non sia puramente ornamentale, com’è oggi, né il governo un’oligarchia in mano alla Finanza Internazionale, né la Banca Centrale un comitato d’affari. Resta da chiedersi come questo sia possibile, in una realtà dove prevale il Divide et Impera teutonico, come anche dimostrano i fatti di questi giorni.

 Eppure Renzi ci ha provato e ha lanciato la sfida. Ha più o meno ottenuto che ai paesi “virtuosi” sia consentito lo sforamento del 3% del rapporto debito-PIL e, per far fronte allo strapotere tedesco e all’egemonia della finanza internazionale, ha cercato di cementare un’alleanza con la Francia alla quale avrebbero dovuto aderire anche Spagna e Portogallo… Tant’è che il 23 Agosto scorso, il ministro dell’Economia di Hollande, Arnaud Montebourg [che rappresenta la sinistra socialista francese con circa il 17% dei consensi], sostenuto da altri ministri, aveva dichiarato a Le Monde  che l’Europa, per liberarsi dall’ “ossessione tedesca per l’austerità”, deve seguire le impostazioni e il fare politico di Matteo Renzi. La conseguenza di quelle dichiarazioni è stata la deposizione immediata del governo da parte di Hollande e la sua sostituzione con un esecutivo di provata fede collaborazionista con Eurogermania, anche se guidato dallo stesso Manuel Valls che era a capo del precedente gabinetto. Quasi nelle stesse ore, la Merkel ha concluso con Rajoy un’intesa politica per un asse Madrid-Berlino che stronca sul nascere ogni e qualsiasi possibile velleità di resistenza anti-tedesca.

 In proposito, Antonio Polito osserva giustamente, nell’editoriale del Corriere della Sera del 26 Agosto, che “Parigi, chiunque sia al governo, non guiderà mai un fronte di opposizione alla Germania. La Francia non ha alcun interesse a diventare il capofila dei deboli. Sia perché la sua missione politica è quella di stare nel cuore dell’Europa, sia perché i mercati la premiano finché resta attaccata a Berlino, con tassi di interesse bassi quando non addirittura negativi, nonostante deficit alti e crescita zero. Perché mai Hollande dovrebbe dunque trasformare la sua retorica anti-austerità in un vero e proprio scontro con la Merkel, come il ministro ribelle lo invitava a fare?”

 Da questa lucida analisi, Polito trae la conclusione che sia bene “non farsi troppe illusioni su presunti assi mediterranei tra Parigi e Roma per piegare Berlino” e che “ogni Paese deve contare sulla sua credibilità prima di ogni altra cosa”. Considerazioni realistiche finché si vuole, queste di Polito, ma fatte all’insegna dell’accettazione prona del divide et impera germanico, perché se è vero che l’Italia deve riacquistare la propria credibilità politica in Europa, attraverso autentiche riforme strutturali, è pur vero che qualsiasi riforma da sola non sarà sufficiente a rilanciare la ripresa economica né in Italia né altrove, se non verrà disegnata finalmente la carta dell’Europa federata dei popoli e dismessa quella di Eurogermania e della élite finanziaria che oggi governa il vecchio continente.

 In questo senso, l’impegno di Renzi non è stato e non è inutile. L’accantonamento a tempo di record del governo francese, in favore di un esecutivo collaborazionista, mostra che una linea di resistenza è ormai tracciata. Resta da vedere per quanto tempo ancora francesi, italiani e spagnoli sopporteranno senza reagire l’impoverimento crescente e la deportazione progressiva e forzata delle ricchezze nazionali a vantaggio del capitale tedesco e internazionale.


sergio magaldi


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