mercoledì 27 ottobre 2021

Il Cittadino Sovrano ieri, oggi... e domani? - con S. Magaldi - Il Citta...

martedì 26 ottobre 2021

NOTE SULLA NONA DI SERIE A


  

 

 Bianconeri brutti ma non perdenti

 

 Una Juventus più brutta del solito (e del lecito) esce comunque imbattuta da San Sirio grazie al rigore (ineccepibile per il VAR) trasformato da Dybala a un minuto dalla fine dei tempi regolamentari, "rischiando" addirittura di vincere nei sei minuti supplementari. Va bene il difensivismo, che è sempre stato il marchio della Juve di Allegri, ma questa volta si è esagerato, con scelte a dir poco incomprensibili: Mckennie e Bernardeschi (che chiede di aspettare un minuto per la sostituzione dopo l’infortunio alla spalla, facilitando così l’unico goal dell’Inter) centrocampisti è troppo duro da vedere, così come un evanescente Morata per tutti i 96 minuti, mentre Chiesa e Dybala entrano solo a mezz’ora dal termine e ai brasiliani Arthur e Kaio Jorge sono concessi solo gli ultimi dieci minuti. Unica nota positiva, il fatto che dopo le quattro vittorie per 1-0, la Juve riesca a non perdere, restando a tre punti dall’Inter campione d’Italia e una tra le squadre candidate allo scudetto di quest’anno. E per quanto riguarda Allegri, se non gli si può perdonare che preferisca Bernardeschi a Chiesa, occorre riconoscergli il merito che, dopo aver preso 10 goal nelle prime quattro giornate, la Juve ne abbia presi soltanto 2 nelle ultime cinque.

 

Belli ma senza goal azzurri e giallorossi   

 

Bella partita quella tra Roma e Napoli, ma finita 0-0 e dove ognuna delle due squadre avrebbe potuto vincere senza demerito. Il Napoli, se Osimhen non avesse colpito il palo; la Roma, se Abraham (che nei tratti e in alcuni movimenti, ma non nel gioco e nei goal, molto somiglia al centravanti partenopeo) non avesse tirato fuori un pallone che era più facile depositare in rete.

Il pareggio contro il Napoli – che, al vertice della classifica, ha sin qui espresso il miglior calcio della Serie A – serve comunque alla Roma per ricompattarsi dopo l'incredibile 6-1 subito in Norvegia nella terza giornata di Conference League. Cosa fa Mourinho? Per rispondere alle critiche di chi gli rimprovera di fare pochi cambi, contro il Bodo, in un clima già molto freddo e su un campo sintetico, schiera tutti in una volta (con l’eccezione di Rui Patricio e di Ibañez) calciatori che mai avevano giocato insieme e che quasi mai erano stati impiegati in campionato. In particolare mette Villar a fare l’attaccante, lo spagnolo che nella Roma di Fonseca si era rivelato come un piccolo gioiello di centrocampo. Il primo tempo contro i norvegesi termina 2-1, ma quando nel secondo tempo entrano ben cinque titolari i goal presi dalla Roma diventano 6. Dunque Mourinho, a mio giudizio, non ha dimostrato nulla, ed è inconcepibile che giocatori come Kumbulla, Borja Mayoral (capocannoniere della Roma l’anno scorso con 17 goal, tra campionato e coppe) Villar e Diawara non siano neppure degni di sostituire i titolari, magari non tutti insieme. 

Ciò premesso, Mourinho resta un grande comunicatore e un vincente nato, come mostrano i tanti titoli conquistati sui campi di mezza Europa. E tutta questa manovra si giustifica in parte solo se è destinata a sollecitare la proprietà perché a gennaio si convinca a nuovi acquisti. Resta il fatto che la Roma, dopo 9 giornate, ha un punto in meno dell’anno scorso e che continuando a giocare tutte le partite con 13-14 giocatori rischia il crollo nei prossimi mesi. Anche la politica societaria desta qualche perplessità: ci si impegna per acquisti sino a circa 100 milioni di euro per giocatori che fino a questo momento non hanno fatto vedere granché, regala Džeko all’Inter e Pedro alla Lazio, e rischia ora di essere costretta a svendere diversi giocatori della rosa. Inoltre, non mi convince il modulo dell’allenatore portoghese: praticamente un 4-2-4 (come quello di Ventura, selezionatore della nazionale italiana esclusa dai mondiali) che, come nel caso del disastroso secondo tempo col Bodo si trasforma addirittura in un 4-1-5. E’ vero che con questo modulo Mourinho ha vinto tanto, ma disponeva di grandi giocatori e i tempi ora sono cambiati: si corre molto di più e c’è bisogno di più filtro a centrocampo.

 

Rossoneri sempre protetti dagli dei del calcio

 

Dopo Verona – dove nel primo tempo perdeva 2-0 e in rimonta vinceva 3-2 grazie a un rigore e ad un autogoal –, il Milan, mutatis mutandis, si ripete in casa contro il Bologna: segna 2 goal ma subisce il 2-2 dei felsinei ridotti in 10, per poi vincere quando gli avversari, per una nuova improbabile espulsione, sono ormai soltanto 9. Dopo i tanti rigori dell’anno scorso che gli hanno consentito di raggiungere il secondo posto, il Milan con queste due ultime vittorie appaia il Napoli al vertice della classifica. Certo, con merito, per la capacità di correre molto e di verticalizzare, ma anche per la benevolenza degli dei che controllano tutto, anche il gioco del calcio. Peccato che in Champions League il Milan non goda della stessa protezione: tre partite e tre sconfitte. Evidentemente, a guardare benevolmente i rossoneri sono soltanto divinità nazionali.

 

sergio magaldi

 

 

 

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domenica 24 ottobre 2021

Zibaldone N. 10. Potere Massonico. Il libro di F. Pinotti.

venerdì 15 ottobre 2021

LE FORME DEL PENSIERO: CRITICITA' E DOGMATISMO (Parte nona)


 

SEGUE DA:

 

LE  FORME  DEL  PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte prima)

 

LE FORME  DEL PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte seconda)

 

LE   FORME  DEL  PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte terza)

 

LE  FORME  DEL  PENSIERO:  CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte quarta)

 

LE  FORME    DEL   PENSIERO:  CRITICITA’ E DOGMATISMO  (Parte quinta)

 

LE  FORME    DEL   PENSIERO:  CRITICITA’  E DOGMATISMO  (Parte sesta)

 

LE  FORME    DEL   PENSIERO:  CRITICITA’  E DOGMATISMO  (Parte settima)

 

LE  FORME    DEL   PENSIERO:  CRITICITA’  E DOGMATISMO  (Parte ottava)

 

 

 

 Dunque, il tema della retribuzione, così altrimenti caro al pensiero sapienziale ebraico non preoccupa minimamente l'autore o gli autori di Qoeleth. L'intento sembra essere piuttosto quello di descrivere l'infelice condizione umana, prescindendo da Dio e dai suoi imperscrutabili disegni. Il legame tra l'uomo e Dio, se proprio lo si vuole rintracciare, si sostanzia unicamente nel concetto di prova alla quale Dio chiama, chiamando alla vita. Ma, diversamente che nel libro di Giobbe, dove il rapporto uomo-Dio, tra ragione e sragione, assurdo e paradosso, si colora infine di senso, qui il mistero permane rigidamente sigillato e la lontananza diviene assoluta. Tant'è che l'ultimo consiglio di Qoeleth sembra ispirarsi al Carpe diem di Orazio e dei filosofi greci:

 

 "Va' dunque e mangia allegramente il tuo pane, e bevi con allegria il tuo vino (...) In ogni tempo siano candide le tue vesti e non manchi l'unguento al tuo capo. Godi la vita con la moglie diletta, per tutto il tempo della tua vita fugace, per quei giorni che ti sono dati sotto il sole, per tutto il tempo della tua vanità; questa è la tua sorte nella vita e nelle tue fatiche che ti affannano sotto il sole. Tutto quello che puoi fare con i tuoi mezzi, fallo presto, perché né attività né pensiero, né sapienza, né scienza hanno luogo nella regione dei morti dove tu corri." (IX, 7 - 10).

 

 E non v'è dubbio che il pensiero sapienziale dei Greci aleggi qui e finanche la concezione dell'aldilà rammenti in modo ancora più radicale quella descritta da Omero nell'Odissea dove, almeno, le ombre dei morti hanno rimpianti…

 

 L'intreccio tra pensiero sapienziale e pensiero religioso, inesistente quasi in Qoeleth, problematico in Giobbe, si fa invece serrato in Sapienza e in tutti gli altri trattati della letteratura sapienziale vetero-testamentaria. Emerge, tuttavia, un'osservazione fondamentale. Per quanto nei Proverbi, lo pseudo-Salomone affermi che la sapienza si fonda sul timore di Dio, i detti, i consigli, le sentenze ricche di saggezza e di umana esperienza contenuti nel libro sono norma a se stessi e il loro valore prescinde dal riferimento alla trascendenza, perché si iscrivono innanzi tutto nel libro della vita e prospettano, per chiunque voglia appropriarsene, un ideale di crescita, un progressivo distacco dalle passioni e dai pregiudizi, una iniziazione dello spirito nel crescente dominio di se stessi.

 

 Le massime morali contenute in Sapienza, nei Proverbi, in Siracide o nei Salmi prima di essere norme dettate dal timor di Dio, sono regole sapienziali e sono altresì testimonianza di una tradizione, l'unica forse, giunta ininterrotta e vivente sino a noi. Sono massime di rispetto o di pietà familiare come: "Lo stolto deride le correzioni del padre, ma chi fa tesoro delle correzioni diventerà più saggio"(Proverbi, XV,5), "Figlio, assisti la vecchiaia di tuo padre e non lo contristare nella sua vita; ed anche se diverrà debole di mente, compatiscilo, non lo disprezzare nella tua vigoria..."(Siracide, III, 14-15). Sono ammonimenti contro l'ira, nella tradizione ebraica la più funesta tra le passioni: "E' onorevole per l'uomo stare lontano dalle contese, ma tutti gli stolti si immischiano nei litigi"(Proverbi, XX,3) oppure: "Grave è la pietra, pesante la sabbia, ma più pesante dell'una e dell'altra è l'ira dello stolto"(XXVII,3). Sono regole di prudenza e di saggezza:"Come una città aperta e senza mura è l'uomo che non sa frenare il suo spirito nel parlare"(XXV, 28), "Quanto più sei grande, tanto più umiliati in tutte le cose" (Siracide,III,2O), "Non cercare quello che è al di sopra di te, e quello che è al di sopra delle tue forze non lo indagare"(III,22) "Come acque profonde sono i disegni nel cuore dell'uomo e solo all'uomo sapiente è dato trarli a galla"(Proverbi XX, 5-6)

 

S E G U E

 

sergio magaldi


mercoledì 13 ottobre 2021

Question time con il ministro Lamorgese (13.10.2021)



 Nel rispondere oggi, durante la Question Time in Parlamento, alle  interrogazioni sui fatti avvenuti sabato scorso a Roma, la ministra Lamorgese ha chiarito che il mancato arresto di un noto esponente di Forza Nuova in situazione di Daspo (limitata mobilità) – già mentre sul palco di Piazza del Popolo parlava alle migliaia di manifestanti contro il Green Pass – è stato motivato dall’opportunità di evitare incidenti e violenze tra la folla dei partecipanti. Quanto all’interrogazione sul mancato scioglimento di partiti e/o movimenti politici che si richiamino al fascismo, secondo la legge Scelba del 1952, la ministra ha sottolineato la complessità della materia che potrà comunque essere affrontata in seguito dalle autorità competenti (leggi: magistratura e governo).

Ragionevoli sin qui le argomentazioni della ministra, se non fosse che si è dimenticata di rispondere alla questione più importante di tutte: perché, pur sapendo con almeno due ore di anticipo che un corteo si sarebbe diretto alla volta della sede della CGIL, non ha predisposto l’invio delle forze di polizia onde evitare l’assalto e la devastazione dei locali di rappresentanza dei lavoratori, rinverdendo le gesta di epoca fascista?

sergio magaldi

domenica 10 ottobre 2021

Zibaldone On Line N.9. Elezioni: il punto sulla politica

martedì 5 ottobre 2021

LE FORME DEL PENSIERO: CRITICITA' E DOGMATISMO (Parte ottava)


 

SEGUE DA:

 

LE FORME   DEL  PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte prima)

 

LE FORME DEL PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte seconda)

 

LE  FORME   DEL  PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte terza)

 

LE  FORME  DEL  PENSIERO:  CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte quarta)

 

LE  FORME    DEL   PENSIERO:  CRITICITA’ E DOGMATISMO  (Parte quinta)

 

LE  FORME    DEL   PENSIERO:  CRITICITA’  E DOGMATISMO  (Parte sesta)

 

LE  FORME    DEL   PENSIERO:  CRITICITA’  E DOGMATISMO  (Parte settima)

 

  Più arduo ancora distinguere, almeno a prima vista, tra pensiero sapienziale e pensiero religioso all’interno di quella che ho definito la seconda radice della civiltà occidentale: l’ebraica. La specificità della dottrina sapienziale degli Ebrei, infatti, è di presentarsi e di svilupparsi in stretta relazione con il Dio della Rivelazione. Ma vi sono al suo interno almeno tre aspetti che possono facilitarci il compito.

 

 Il primo e il più importante è costituito dall’infinita ‘lontananza’ che corre tra l’uomo e Dio, sebbene il Dio del Vecchio Testamento si annunci straordinariamente talora ai sapienti d’Israele. A differenza del Dio cristiano, Egli non s’incarna, a differenza del dio pagano Egli non si trasforma assumendo ogni sembianza. Pure, questo insondabile vuoto che dimora tra l’uomo e Dio deve essere colmato. E per quanto l’ebreo viva costantemente nel pensiero e nel timore di Dio, egli sa che, per ridurre la distanza incolmabile che separa l’umano e il divino, deve contare unicamente sulle proprie forze, sperando solo che la Shekinah sia su di lui.

 

 In tale prospettiva, si delinea anche il secondo aspetto: l’importanza che riveste per l’ebreo l’elaborazione di una dottrina sapienziale, lo studio e l’approfondimento della Legge o Torah, il ruolo carismatico della tradizione.

 

 Il terzo aspetto è appunto costituito dalla Qabbalah  o Tradizione nella quale confluiscono speculazioni di pensiero talora estranee se non addirittura ostili alla dottrina rabbinica, e per la quale si è persino parlato di ‘pensiero laico’ e di ‘esoterismo’ degli Ebrei.

 

Insomma, contro quel che comunemente si pensa, l’ebreo è costretto a vivere ‘come se Dio non ci fosse’, pur sapendo in cuor suo che Egli c’è.

 

 Sotto questo riguardo, il più significativo tra i libri sapienziali del Vecchio Testamento, è certamente Qoeleth. 'Tutto è vanità' vi si legge all'inizio e 'tutto è vanità' si ripete quasi alla fine del libro. Nulla di nuovo sotto il sole: una generazione va e l'altra viene, il sole sorge e tramonta sempre allo stesso modo, infinito è il numero degli stolti e i malvagi mai si correggono; inutilmente ci si applica nello studio o ad acquistar ricchezze perché dove aumentano la conoscenza e il denaro si moltiplicano le inquietudini e gli affanni. In questo deserto descritto nel I Capitolo di Qoeleth, dove non c'è traccia del nome di Dio e dove tutto si ripete con regolarità sconcertante, nulla sfugge alla vanità e all'afflizione dello spirito. Il tema è ripreso con forza nei capitoli successivi e per quanto si faccia menzione di Dio, si commenta amaramente:

 

 "... la morte dell'uomo e delle bestie è la stessa, è uguale la condizione di ambedue: come muore l'uomo così muoiono le bestie; uguale è il soffio di vita per tutti, e l'uomo non ha nulla di più della bestia.Tutto è soggetto alla vanità." (III, 19)

 

 Una incolmabile lontananza dimora tra l'uomo e Dio, perché 'Dio è nel cielo e tu sei sulla terra' è detto all'inizio del V Capitolo di Qoeleth e l'uomo, benché sapiente, non troverà nessuna spiegazione dell'operare di Dio, è detto alla fine dell'ottavo. Così, "vi sono dei giusti cui toccano i mali, come se avessero operato da empi, e vi sono degli empi, tanto tranquilli, come se avessero operato da giusti"(VIII, 14). Lo stesso concetto si ripete e si completa nel IX Capitolo(2-3):

 

 "Tutto è incerto nel futuro, perché tutto avviene ugualmente al giusto e all'empio, al buono e al cattivo, al puro e all'impuro (...) L'onesto e il peccatore, lo spergiuro e chi giura il vero sono trattati allo stesso modo. Questa è la cosa peggiore di quelle che avvengono sotto il sole: l'accadere a tutti le medesime cose..."

 

sergio magaldi

 

S E G U E