SEGUE
DA:
LE FORME DEL PENSIERO: CRITICITA’ E
DOGMATISMO (Parte prima)
LE
FORME DEL PENSIERO: CRITICITA’ E
DOGMATISMO (Parte seconda)
LE FORME DEL PENSIERO: CRITICITA’ E
DOGMATISMO (Parte terza)
LE FORME
DEL PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte quarta)
LE FORME
DEL PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte quinta)
LE FORME
DEL PENSIERO: CRITICITA’
E DOGMATISMO (Parte sesta)
LE FORME
DEL PENSIERO: CRITICITA’
E DOGMATISMO (Parte settima)
LE FORME
DEL PENSIERO: CRITICITA’
E DOGMATISMO (Parte ottava)
Dunque, il tema della retribuzione, così
altrimenti caro al pensiero sapienziale ebraico non preoccupa minimamente
l'autore o gli autori di Qoeleth. L'intento sembra essere piuttosto
quello di descrivere l'infelice condizione umana, prescindendo da Dio e dai
suoi imperscrutabili disegni. Il legame tra l'uomo e Dio, se proprio lo si
vuole rintracciare, si sostanzia unicamente nel concetto di prova alla
quale Dio chiama, chiamando alla vita. Ma, diversamente che nel libro di Giobbe,
dove il rapporto uomo-Dio, tra ragione e sragione, assurdo e paradosso, si
colora infine di senso, qui il mistero permane rigidamente sigillato e la
lontananza diviene assoluta. Tant'è che l'ultimo consiglio di Qoeleth sembra
ispirarsi al Carpe diem di Orazio e dei filosofi greci:
"Va'
dunque e mangia allegramente il tuo pane, e bevi con allegria il tuo vino (...) In ogni tempo siano candide le
tue vesti e non manchi l'unguento al tuo capo. Godi la vita con la moglie
diletta, per tutto il tempo della tua vita fugace, per quei giorni che ti sono
dati sotto il sole, per tutto il tempo della tua vanità; questa è la tua sorte
nella vita e nelle tue fatiche che ti affannano sotto il sole. Tutto quello che
puoi fare con i tuoi mezzi, fallo presto, perché né attività né pensiero, né
sapienza, né scienza hanno luogo nella regione dei morti dove tu corri."
(IX, 7 - 10).
E
non v'è dubbio che il pensiero sapienziale dei Greci aleggi qui e finanche la
concezione dell'aldilà rammenti in modo ancora più radicale quella descritta da
Omero nell'Odissea dove, almeno, le ombre dei morti hanno
rimpianti…
L'intreccio
tra pensiero sapienziale e pensiero religioso, inesistente quasi in Qoeleth,
problematico in Giobbe, si fa invece serrato in Sapienza e
in tutti gli altri trattati della letteratura sapienziale vetero-testamentaria.
Emerge, tuttavia, un'osservazione fondamentale. Per quanto nei Proverbi,
lo pseudo-Salomone affermi che la sapienza si fonda sul timore di Dio, i detti,
i consigli, le sentenze ricche di saggezza e di umana esperienza contenuti nel
libro sono norma a se stessi e il loro valore prescinde dal riferimento alla
trascendenza, perché si iscrivono innanzi tutto nel libro della vita e
prospettano, per chiunque voglia appropriarsene, un ideale di crescita, un
progressivo distacco dalle passioni e dai pregiudizi, una iniziazione dello
spirito nel crescente dominio di se stessi.
Le
massime morali contenute in Sapienza, nei Proverbi,
in Siracide o nei Salmi prima di essere norme
dettate dal timor di Dio, sono regole sapienziali e sono altresì testimonianza
di una tradizione, l'unica forse, giunta ininterrotta e vivente sino a noi.
Sono massime di rispetto o di pietà familiare come: "Lo stolto deride le
correzioni del padre, ma chi fa tesoro delle correzioni diventerà più
saggio"(Proverbi, XV,5),
"Figlio, assisti la vecchiaia di tuo padre e non lo contristare nella sua
vita; ed anche se diverrà debole di mente, compatiscilo, non lo disprezzare
nella tua vigoria..."(Siracide, III, 14-15). Sono ammonimenti
contro l'ira, nella tradizione ebraica la più funesta tra le passioni: "E'
onorevole per l'uomo stare lontano dalle contese, ma tutti gli stolti si
immischiano nei litigi"(Proverbi, XX,3) oppure: "Grave è la
pietra, pesante la sabbia, ma più pesante dell'una e dell'altra è l'ira dello
stolto"(XXVII,3). Sono regole di prudenza e di saggezza:"Come una
città aperta e senza mura è l'uomo che non sa frenare il suo spirito nel
parlare"(XXV, 28), "Quanto più sei grande, tanto più umiliati in
tutte le cose" (Siracide,III,2O), "Non cercare quello che è al
di sopra di te, e quello che è al di sopra delle tue forze non lo
indagare"(III,22) "Come acque profonde sono i disegni nel cuore
dell'uomo e solo all'uomo sapiente è dato trarli a galla"(Proverbi XX,
5-6)
S E G U E
sergio magaldi
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