venerdì 15 ottobre 2021

LE FORME DEL PENSIERO: CRITICITA' E DOGMATISMO (Parte nona)


 

SEGUE DA:

 

LE  FORME  DEL  PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte prima)

 

LE FORME  DEL PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte seconda)

 

LE   FORME  DEL  PENSIERO: CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte terza)

 

LE  FORME  DEL  PENSIERO:  CRITICITA’ E DOGMATISMO (Parte quarta)

 

LE  FORME    DEL   PENSIERO:  CRITICITA’ E DOGMATISMO  (Parte quinta)

 

LE  FORME    DEL   PENSIERO:  CRITICITA’  E DOGMATISMO  (Parte sesta)

 

LE  FORME    DEL   PENSIERO:  CRITICITA’  E DOGMATISMO  (Parte settima)

 

LE  FORME    DEL   PENSIERO:  CRITICITA’  E DOGMATISMO  (Parte ottava)

 

 

 

 Dunque, il tema della retribuzione, così altrimenti caro al pensiero sapienziale ebraico non preoccupa minimamente l'autore o gli autori di Qoeleth. L'intento sembra essere piuttosto quello di descrivere l'infelice condizione umana, prescindendo da Dio e dai suoi imperscrutabili disegni. Il legame tra l'uomo e Dio, se proprio lo si vuole rintracciare, si sostanzia unicamente nel concetto di prova alla quale Dio chiama, chiamando alla vita. Ma, diversamente che nel libro di Giobbe, dove il rapporto uomo-Dio, tra ragione e sragione, assurdo e paradosso, si colora infine di senso, qui il mistero permane rigidamente sigillato e la lontananza diviene assoluta. Tant'è che l'ultimo consiglio di Qoeleth sembra ispirarsi al Carpe diem di Orazio e dei filosofi greci:

 

 "Va' dunque e mangia allegramente il tuo pane, e bevi con allegria il tuo vino (...) In ogni tempo siano candide le tue vesti e non manchi l'unguento al tuo capo. Godi la vita con la moglie diletta, per tutto il tempo della tua vita fugace, per quei giorni che ti sono dati sotto il sole, per tutto il tempo della tua vanità; questa è la tua sorte nella vita e nelle tue fatiche che ti affannano sotto il sole. Tutto quello che puoi fare con i tuoi mezzi, fallo presto, perché né attività né pensiero, né sapienza, né scienza hanno luogo nella regione dei morti dove tu corri." (IX, 7 - 10).

 

 E non v'è dubbio che il pensiero sapienziale dei Greci aleggi qui e finanche la concezione dell'aldilà rammenti in modo ancora più radicale quella descritta da Omero nell'Odissea dove, almeno, le ombre dei morti hanno rimpianti…

 

 L'intreccio tra pensiero sapienziale e pensiero religioso, inesistente quasi in Qoeleth, problematico in Giobbe, si fa invece serrato in Sapienza e in tutti gli altri trattati della letteratura sapienziale vetero-testamentaria. Emerge, tuttavia, un'osservazione fondamentale. Per quanto nei Proverbi, lo pseudo-Salomone affermi che la sapienza si fonda sul timore di Dio, i detti, i consigli, le sentenze ricche di saggezza e di umana esperienza contenuti nel libro sono norma a se stessi e il loro valore prescinde dal riferimento alla trascendenza, perché si iscrivono innanzi tutto nel libro della vita e prospettano, per chiunque voglia appropriarsene, un ideale di crescita, un progressivo distacco dalle passioni e dai pregiudizi, una iniziazione dello spirito nel crescente dominio di se stessi.

 

 Le massime morali contenute in Sapienza, nei Proverbi, in Siracide o nei Salmi prima di essere norme dettate dal timor di Dio, sono regole sapienziali e sono altresì testimonianza di una tradizione, l'unica forse, giunta ininterrotta e vivente sino a noi. Sono massime di rispetto o di pietà familiare come: "Lo stolto deride le correzioni del padre, ma chi fa tesoro delle correzioni diventerà più saggio"(Proverbi, XV,5), "Figlio, assisti la vecchiaia di tuo padre e non lo contristare nella sua vita; ed anche se diverrà debole di mente, compatiscilo, non lo disprezzare nella tua vigoria..."(Siracide, III, 14-15). Sono ammonimenti contro l'ira, nella tradizione ebraica la più funesta tra le passioni: "E' onorevole per l'uomo stare lontano dalle contese, ma tutti gli stolti si immischiano nei litigi"(Proverbi, XX,3) oppure: "Grave è la pietra, pesante la sabbia, ma più pesante dell'una e dell'altra è l'ira dello stolto"(XXVII,3). Sono regole di prudenza e di saggezza:"Come una città aperta e senza mura è l'uomo che non sa frenare il suo spirito nel parlare"(XXV, 28), "Quanto più sei grande, tanto più umiliati in tutte le cose" (Siracide,III,2O), "Non cercare quello che è al di sopra di te, e quello che è al di sopra delle tue forze non lo indagare"(III,22) "Come acque profonde sono i disegni nel cuore dell'uomo e solo all'uomo sapiente è dato trarli a galla"(Proverbi XX, 5-6)

 

S E G U E

 

sergio magaldi


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