Storia di una ladra di libri [The book thief], regia di Brian Percival, USA, 2013, 131 minuti |
C’era una volta un grande paese europeo governato da un
dittatore che perseguitava comunisti ed ebrei e che scatenò una guerra
mondiale, provocando milioni di morti…
Il film Storia di una ladra di libri che
il regista inglese Brian Percival trae dal romanzo The Book Thief [“La ladra di libri”, reso in italiano con il
titolo La bambina che salvava i libri] dello scrittore australiano
Markus Zusak, potrebbe sembrare una favola se non fosse che a raccontarla è la Morte
[una voce maschile fuori campo, che parla di sé al femminile, un gentlemen
dai modi garbati, di cui a tratti s’intravede la sagoma e che non reca in mano
la consueta falce], che il grande Paese è la Germania e che il dittatore
risponde al nome tristemente noto di Hitler.
Markus Zusak, La bambina che salvava i libri, Frassinelli, 2007, pp.563 |
Naturalmente, la complessa anima teutonica è
resa con molte sfaccettature: l’adolescente Rudy [Nico Liersch] dai
capelli di limone che diventerà l’amico fidato di Liesel, e l’altro adolescente
prepotente e manesco, incarnazione perfetta delle giovani generazioni plasmate
dal nazismo. Il primo, simbolo di un possibile e futuro ritorno alla ragione.
Il secondo, a rappresentare il destino europeo se russi e angloamericani non
avessero sconfitto la Germania di Hitler. C’è poi il borgomastro del paese,
signorotto locale che l’uniforme nazista ha messo su un piedistallo, e sua
moglie, una donna provata dal dolore della morte del figlio e che avrà un ruolo
importante nel futuro di Liesel. Sarà lei a vedere la ragazzina sottrarre un
libro fumante dal falò dei libri organizzato dai nazisti sulla piazza del
paese. Non la denuncerà. Al contrario, le spalancherà la porta della sua
biblioteca e quando il marito le proibirà di riceverla, Liesel avrà ormai
imparato la strada per rubare i libri che le interessano.
Quando è adottata, Liesel non sa né scrivere
né leggere. Possiede un solo libro che conserva gelosamente. Caduto dalle mani
del prete che ha ufficiato il funerale del fratellino, lo ha raccolto da terra,
ignorando che si tratti di un manuale ad uso dei becchini. Riuscirà a leggerlo
grazie all’aiuto del padre adottivo e sarà l’inizio della sua storia di “ladra
di libri”.
La storia della bambina Liesel ha un certo
fascino, anche se talora il film manca di ritmo e si lascia andare a
ricostruzioni dettate dalla solita anglofilia dei registi anglosassoni, con la
macchina da presa che indugia a lungo sulle pagine dei libri, scritte in
inglese e dalle quali Liesel apprende a leggere il tedesco… Ma, si sa,
l’inglese è la lingua universale e per il pubblico angloamericano è come se le
altre lingue non esistessero… Un po’ quello che dicevo nel recensire qualche
anno fa un film bellissimo come The Reader. Annotavo allora in
proposito: “Peccato solo che lo spettatore europeo sia portato
a concludere che i libri che circolavano allora in Germania, Odissea di Omero
compresa, fossero tutti scritti in lingua inglese. Sbavatura stilistica del
film questa, certamente dovuta alle esigenze del pubblico americano…” [Clicca sul titolo del film per leggere
tutto il post: The Reader].
Con la sua narrazione in stile di favola, il
film finisce con l’avere un intento didascalico e fatalistico che ci rammenta
la stupidità della guerra, ma anche col sottrarre forza allo sdegno con il
quale è lecito e sensato riguardare il fenomeno di Hitler e del nazismo. Prima
o poi si deve morire, ricorda l’interessata voce narrante, e persino una fine
dolce o amara, da giovani o in tarda età, dipende unicamente dal fascino che la
nostra persona riesce a trasmettere al signore della morte. Il quale si
dichiara disposto ad attendere anche a lungo, quando riusciamo davvero ad interessarlo.
Esattamente quello che avviene con la piccola Liesel…
sergio magaldi
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