giovedì 3 aprile 2014

UNA LADRA DI LIBRI AI TEMPI DI HITLER

Storia di una ladra di libri [The book thief], regia di Brian Percival, USA, 2013, 131 minuti




  C’era una volta un grande paese europeo governato da un dittatore che perseguitava comunisti ed ebrei e che scatenò una guerra mondiale, provocando milioni di morti…

 Il film Storia di una ladra di libri che il regista inglese Brian Percival trae dal romanzo The Book Thief  [“La ladra di libri”, reso in italiano con il titolo La bambina che salvava i libri] dello scrittore australiano Markus Zusak, potrebbe sembrare una favola se non fosse che a raccontarla è la Morte [una voce maschile fuori campo, che parla di sé al femminile, un gentlemen dai modi garbati, di cui a tratti s’intravede la sagoma e che non reca in mano la consueta falce], che il grande Paese è la Germania e che il dittatore risponde al nome tristemente noto di Hitler.



Markus Zusak, La bambina che salvava i libri, Frassinelli, 2007, pp.563



  Protagonista della storia è l’adolescente Liesel [nella stupenda interpretazione della quattordicenne canadese Sophie Nélisse], data in adozione dalla sua vera madre - perseguitata dal regime nazista per le idee politiche - alla famiglia Huberman che abita in un paesino della Germania. Hans [Geoffrey Rush], il padre adottivo, è il simbolo dell’innocenza tedesca, asservita con la forza  ma non corrotta dalla propaganda, mentre sua moglie Rosa [Emily Watson], la madre adottiva di Liesel, rappresenta il lato rude dell’anima tedesca, in apparenza forte e autoritario, ma sostanzialmente generoso e avverso alla dittatura. Così come si vede quando i coniugi e la loro figlia adottiva, di comune accordo e al rischio della vita, nascondono in cantina il giovane ebreo Max Vandenburg [Ben Schnetzer], anche se in un primo tempo Rosa, per proteggere la famiglia, propone di denunciare l’ebreo…

 Naturalmente, la complessa anima teutonica è resa con molte sfaccettature: l’adolescente Rudy [Nico Liersch] dai capelli di limone che diventerà l’amico fidato di Liesel, e l’altro adolescente prepotente e manesco, incarnazione perfetta delle giovani generazioni plasmate dal nazismo. Il primo, simbolo di un possibile e futuro ritorno alla ragione. Il secondo, a rappresentare il destino europeo se russi e angloamericani non avessero sconfitto la Germania di Hitler. C’è poi il borgomastro del paese, signorotto locale che l’uniforme nazista ha messo su un piedistallo, e sua moglie, una donna provata dal dolore della morte del figlio e che avrà un ruolo importante nel futuro di Liesel. Sarà lei a vedere la ragazzina sottrarre un libro fumante dal falò dei libri organizzato dai nazisti sulla piazza del paese. Non la denuncerà. Al contrario, le spalancherà la porta della sua biblioteca e quando il marito le proibirà di riceverla, Liesel avrà ormai imparato la strada per rubare i libri che le interessano.





 Quando è adottata, Liesel non sa né scrivere né leggere. Possiede un solo libro che conserva gelosamente. Caduto dalle mani del prete che ha ufficiato il funerale del fratellino, lo ha raccolto da terra, ignorando che si tratti di un manuale ad uso dei becchini. Riuscirà a leggerlo grazie all’aiuto del padre adottivo e sarà l’inizio della sua storia di “ladra di libri”.

 La storia della bambina Liesel ha un certo fascino, anche se talora il film manca di ritmo e si lascia andare a ricostruzioni dettate dalla solita anglofilia dei registi anglosassoni, con la macchina da presa che indugia a lungo sulle pagine dei libri, scritte in inglese e dalle quali Liesel apprende a leggere il tedesco… Ma, si sa, l’inglese è la lingua universale e per il pubblico angloamericano è come se le altre lingue non esistessero… Un po’ quello che dicevo nel recensire qualche anno fa un film bellissimo come The Reader. Annotavo allora in proposito: “Peccato solo che lo spettatore europeo sia portato a concludere che i libri che circolavano allora in Germania, Odissea di Omero compresa, fossero tutti scritti in lingua inglese. Sbavatura stilistica del film questa, certamente dovuta alle esigenze del pubblico americano…” [Clicca sul titolo del film per leggere tutto il post: The Reader].

 Con la sua narrazione in stile di favola, il film finisce con l’avere un intento didascalico e fatalistico che ci rammenta la stupidità della guerra, ma anche col sottrarre forza allo sdegno con il quale è lecito e sensato riguardare il fenomeno di Hitler e del nazismo. Prima o poi si deve morire, ricorda l’interessata voce narrante, e persino una fine dolce o amara, da giovani o in tarda età, dipende unicamente dal fascino che la nostra persona riesce a trasmettere al signore della morte. Il quale si dichiara disposto ad attendere anche a lungo, quando riusciamo davvero ad interessarlo. Esattamente quello che avviene con la piccola Liesel…


sergio magaldi 

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