Sapendomi
studioso di Qabbalah, Sergio Di Cori Modigliani, un intellettuale di cui
apprezzo l’acume e la libertà di pensiero, mi ha rivolto una domanda per il suo
blog [http://www.libero-pensiero.net/che-cosa-pensano-i-cabbalisti-elezione-sergio-mattarella/ post del 15 Febbraio u.s.] e io così ho risposto,
un po’ per “gioco” e un po’ per parlare di politica. Domanda:
“Il nome di Sergio Mattarella, anagrammato produce
la frase ‘Matteo si rallegra’. E’ una divertente casualità sintattica
dell’inconscio collettivo cosmico. Che cosa ne pensi?”
Risposta:
Non so se
l’anagramma in questione sia una “casualità sintattica dell’inconscio
collettivo cosmico”, ancorché divertente. Resta la considerazione che l’energia
dell’inconscio, individuale e/o collettiva, se è in grado di intuire processi
cosmici con minore o maggiore approssimazione, non può tuttavia creare ex
nihilo fenomeni di carattere storico, capaci di modificare la realtà, se
non attraverso un’attività conscia e direzionata, che so, una rivoluzione, una
sollevazione popolare o mediante il voto, democraticamente espresso, così per
esempio com’è avvenuto di recente in Grecia.
Ciò premesso, è
pur vero che l’anagramma “Matteo si rallegra” si adatti unicamente all’elezione
del nuovo presidente della Repubblica Italiana e che si cercherebbe forse
invano, tra quelli che erano i possibili candidati per il Quirinale, un altro
nome capace di rappresentare con la stessa efficacia “l’entusiasmo” di Matteo
Renzi. Se ne deduce che tutto è già scritto nel grande libro della Storia e che
l’uomo dispone unicamente di segni per decifrare la realtà? L’interrogativo
rischia di rimanere senza risposta se si imposta la questione all’insegna del
mistero, del caso e della mancanza di libertà da parte dell’uomo, ma se
proviamo ad esercitare sino in fondo gli strumenti del pensiero ci si
accorgerà, tanto più nel caso specifico, come razionale e irrazionale
coincidano, in barba al principio di non-contraddizione di Aristotele, al
principio di identità della logica formale, e in virtù del senso hegeliano del
superamento della contraddizione apparente.
Quali erano i
candidati con più probabilità di essere eletti alla massima carica
istituzionale? Facciamo solo qualche nome tra quelli che si sentivano ripetere
con più insistenza: Prodi, Amato, Casini, Finocchiaro, Castagnetti.
L’ex-segretario del PD, a pochi giorni dal voto disse che bisognava ripartire
da Prodi, cioè dal candidato più illustre, per titoli interni e visibilità
internazionale, ma che per Bersani si era rivelato una vera e propria pietra
d’inciampo. Renzi, naturalmente, si è guardato bene dal dargli retta:
Prodi, divisivo nel suo stesso partito, improponibile per gli alleati di
Centrodestra e per Berlusconi, ingombrante come personaggio con cui lavorare
insieme, primo attore dell’ingresso dell’Italia nell’euro e quindi osteggiato
da una parte dell’opinione pubblica [non però dalla sinistra “dura e pura” e
chissà perché dai Cinque Stelle, i cui parlamentari se non altro hanno avuto il
merito di sostenere sino all’ultimo un degno candidato], e causa non ultima,
con quel tanto di “sfiga” che la sua candidatura aveva portato alle ambizioni
dell’allora segretario del Partito Democratico.
Amato e Casini,
l’incredibile coppia proposta da Alfano e Berlusconi e, sul cui rifiuto, NCD e
Forza Italia si sono basati per sostenere il cosiddetto tradimento del patto
del Nazareno da parte di Renzi. Eppure queste sono le forze politiche che da
tempo sostengono l’elezione diretta del Capo dello Stato: come proporre ai
cittadini un uomo che nella narrazione collettiva s’è introdotto nottetempo nei
conto correnti degli italiani, per di più con il fine di portarci in
Eurogermania? Un uomo che sa parlare ai notabili ma pochissimo alla gente? E
che dire di Casini, la quintessenza della destra democristiana, sgradito agli
stessi elettori di Forza Italia per essere considerato un “voltagabbana” così
come Fini? Nessun tradimento del “Nazareno”, dunque da parte di Renzi il quale,
dal canto suo ha sempre ribadito che l’incontro con Berlusconi non aveva altro
scopo che ricercare un’intesa sulle regole, cioè le riforme costituzionali e la
nuova legge elettorale, allo scopo di porre fine ai governi delle “larghe
intese” e di rendere possibile l’approvazione più spedita delle leggi. Si pensi
a quel che accade oggi per la legge elettorale: approvata già dai due rami del
Parlamento, deve tornare alla Camera e se sarà modificata andare nuovamente in
Senato e “il gioco” potrebbe continuare all’infinito. Scrivevo un anno fa in
merito all’incontro del Nazareno:
“La levata di scudi di
tanti epigoni di DC e PC nasconde in realtà propositi detti e non detti, una
sostanziale mancanza di spirito democratico e una instancabile determinazione a
lasciare che l’Italia vada in malora, purché trovino sfogo rancori personali e
siano soddisfatti piccoli interessi di retrobottega. Con loro, i tanti
giornalisti, più o meno schierati sul fronte del centro-sinistra,
onnipresenti nei Talk show e sempre pronti a dare eco alla “voce del
padrone”, di coloro cioè che si preoccupano che la “stabilità cimiteriale” del
Paese possa essere alterata. Persino Travaglio, di cui non si può certo
dubitare l’avversione a Berlusconi e al berlusconismo, ha ritenuto che per
Renzi non vi fossero alternative. Ma i benpensanti non sono di questo avviso, e
ritengono che la mossa di Renzi, resuscita Berlusconi, fa uno sgarbo ad Alfano
e affonda Letta. Per non parlare dei commenti dei politici del Nuovo Centro
Destra all’annuncio dell’incontro del Nazareno: dalle minacce, si passa con
disinvoltura a similitudini come quella che non avrei mai creduto di udire e
cioè che, con l’accordo tra Renzi e Berlusconi, saremmo di fronte ad un nuovo
patto scellerato Stalin-Von Ribbentrop!”
Nessun
accordo, dunque, sul futuro Capo dello Stato, tanto più che allora non era
prevedibile un’uscita di scena tanto repentina da parte di Napolitano, rieletto
da appena sei mesi. Che in seguito se ne sia parlato è probabile, ma nulla di
più dell’idea di cercare un candidato da condividere. Poteva Renzi cadere
nell’ingenuo tranello di accettare i nomi impopolari di Amato o di Casini? C’è
di più: dalla ricostruzione attendibile dei retroscena emerge che Berlusconi
abbia contattato D’Alema e Bersani ad insaputa di Renzi e ne abbia ottenuto in
cambio una sostanziale adesione della minoranza del PD sul nome di Amato. Ce
n’era quanto bastava perché Renzi rompesse gli indugi.
La senatrice Anna Finocchiaro poteva essere
un’alternativa. L’idea di eleggere finalmente una donna al Quirinale era
seducente per Renzi - al di là degli scambi poco cortesi che i due si erano
rivolti in passato - anche in considerazione del buon rapporto che, in
occasione della stesura della nuova legge elettorale, si è creato tra la
senatrice e il ministro Maria Elena Boschi. Ma Bersani ha pubblicamente
sostenuto che la scelta di un ex DS o peggio ancora di un ex PC avrebbe aperto
la stura ai “veti incrociati”, per questioni di rivalità, all’interno del
Partito Democratico. Senza contare l’importanza che in Italia ha sempre avuto
“Il fattore C” nell’elezione del presidente della repubblica, l’alternanza cioè
di laici e cattolici alla guida del Paese. Dopo i 9 anni di Napolitano e i 7 di
Ciampi, al netto di ogni altra questione, sarebbe stato opportuno, dopo
Scalfaro, riportare finalmente un cattolico al Colle. Magari un uomo che non
fosse stato direttamente responsabile dell’ingresso nell’euro e/o che per una
ragione o per l’altra si fosse tenuto lontano dalla politica militante degli
ultimi anni. In questa prospettiva, già un po’ di tempo prima, era stata
lanciata l’ipotesi Pierluigi Castagnetti, tanto per tastare il terreno. Ma anche
per evitare i tanti “Castagnetti chi?” dei cittadini più giovani, ecco l’idea
vincente di Matteo Renzi. Sergio Mattarella, lontano dalla politica da circa
vent’anni, ha i requisiti migliori: fratello di Piersanti Mattarella che fu
assassinato dalla mafia, noto ancora oggi per la legge elettorale denominata
“Mattarellum”, giudice costituzionale e soprattutto cattolico di sinistra della
corrente di Aldo Moro, il democristiano che gli italiani ricordano con più
rispetto per la sua vita e soprattutto per la sua morte. Così Renzi chiude il
cerchio. Ristabilisce l’unità del partito che, dopo i 16 anni di Ciampi e
Napolitano, non poteva dire di no all’elezione di un cattolico, sinceramente
democratico e antifascista. Propone al NCD e a Forza Italia un candidato non
sospetto di essere stato concordato al “Nazareno”, apparentemente in regola -
ricambiando astuzia con astuzia - con i requisiti pretesi da Berlusconi [né
divisivo, né un ex comunista, pur sapendo che in realtà quella dei cosiddetti
cattocomunisti è sempre stata la corrente democristiana meno amata
dall’elettorato di centro e di destra], tant’è che alla fine, pur tra sofismi e
mugugni, lo vota anche Alfano, e Berlusconi indica la scheda bianca, mentre
quaranta dei suoi nel segreto dell’urna non fanno mancare il loro appoggio a
Sergio Mattarella. Ripristina infine una tradizione culturale cara ai suoi
padri, perché se è vero che per ragioni anagrafiche Renzi non è mai stato
democristiano e che ha irriso più volte a certe “democristianerie” di suoi
compagni di partito, è pur vero che egli si ricolleghi idealmente al
cattolicesimo socialmente impegnato di Giuseppe Dossetti e dei toscani come
lui, Giorgio La Pira, Amintore Fanfani e padre Ernesto Balducci.
Non
si vede, dunque, perché Matteo Renzi non dovrebbe rallegrarsi per l’elezione di
Sergio Mattarella al Quirinale! La razionalità dei fatti e delle analisi
coincide qui perfettamente con l’irrazionalità dell’anagramma, che in
virtù della permutazione delle lettere può essere considerato [dal greco ana,
sopra e gramma, lettera] un esempio per così dire essoterico di
Ghematria, laddove sappiamo che quest’ultima è parte integrante della Qabbalah
[questa l’unica trascrizione esatta della parola ebraica, formata da sinistra a
destra dalle lettere consonanti Quf=Q, una Beit con daghesh
forte, cioè con un punto nel corpo della consonante per rappresentarne il
raddoppio=BB, che in ebraico non si scrive ancorché si pronunci, una Lamed=L,
una Hey=H]. La Qabbalah può essere definita come la mistica
dell’ebraismo o come l’esoterismo della Torah. In questo ambito, la Ghematria è
uno strumento efficace per interpretare la realtà, partendo dal presupposto che
tutto nell’universo è misura e che ogni lettera dell’alfabeto ebraico rimanda
ad un numero. Con la conseguenza che l’uso più frequente della Ghematria è
rappresentato dal porre in relazione parole e frasi aventi lo stesso valore
numerico, per coglierne il significato comune e/o mostrare aspetti solo
apparentemente diversi della medesima realtà. Da questo punto di vista, il Sefer
Yetzirà, che può essere considerato il primo trattato di Qabbalah scritta,
ci dice che le lettere sono altrettante pietre con le quali è stato costruito
l’edificio del mondo. Ogni singola lettera è dunque di per sé creativa,
significativa e misurabile.
Ciò premesso, vediamo cosa succede se
applichiamo gli strumenti della Ghematria al nome di Sergio Mattarella.
Procediamo innanzi tutto con la traslitterazione delle lettere italiane nelle
corrispondenti lettere [consonanti] dell’ebraico biblico: partendo da sinistra
a destra abbiamo una Mem, una Tet doppia, una Resh, una Lamed
doppia. In termini numerici 40+18+200+60=318. Applicando la riduzione
teosofica dell’esoterismo occidentale o il Mispar Qatan o Numero
piccolo della tradizione ebraica si ha:3+1+8=12. Mattarella è il dodicesimo
presidente della Repubblica Italiana. Ripetiamo l’operazione col nome Sergio:
una Samekh, una Resh, una Ghimel, una Yud, una Vav,
cioè 60+200+3+10+6=279 e ancora 2+7+9=18, quindi 1+8=9. Se ora applichiamo il
Mispar Qatan al nome e al cognome abbiamo 9+1+2=12. Se si procede allo
stesso modo con i nomi degli altri candidati sopra citati non si troverà il 12 in nessuno di loro.
Esaminiamo ora il cognome Mattarella alla luce
del Mispar Echrakhi o Numero dovuto, cioè il 318. Questo numero
corrisponde a quello di Eliezer che si scrive con Alef, Lamed, Yud,
Ain, Zain, Resh cioè 1+30+10+70+7+200=318. Eliezer in
ebraico significa Dio è il mio aiuto ed è il nome di undici personaggi
biblici, di alcuni maestri talmudici e di Lazzaro, il fratello di Marta e Maria
di Betania che si dice Gesù Cristo abbia fatto risorgere. Per strana [ma non
tanto strana…] ironia, un commentatore TV ha detto che Matteo Renzi facendo
eleggere Mattarella ne ha fatto una sorta di Lazzaro, resuscitandolo alla
politica dopo un lungo letargo.
Il più noto Eliezer biblico è il servo
fedele di cui Abramo, il primo patriarca, si rallegrò sempre. Servo per
modo di dire perché Eliezer fu per lungo tempo, secondo la legge allora
vigente, erede del patriarca prima che questi avesse figli. Rashi di Troyes
riportando il versetto 14,14 di Genesi [“Quando Abramo seppe che suo fratello era stato preso
prigioniero, armò i suoi uomini addestrati, servi nati nella sua casa, in
numero di 318…”], così
ne commenta una parte:”In numero di trecentodiciotto – I nostri rabbini
hanno detto che, in realtà, si trattava solo di Eliezer, il cui nome ha il
valore numerico di trecentodiciotto”.
Tra i maestri del Talmud di nome Eliezer, spicca
rabbi Eliezer Ben Hyrcanus, noto per essere uno dei più saggi tannaim e
un nazareno. Nell’ambito dei servitori di stato e dei precettori, se
sommiamo il numero del nome e del cognome del nuovo Capo dello Stato abbiamo
318+279=597, che corrisponde al valore numerico della frase “Vayehi omen et
Hadassa” che significa “Ed era il precettore di Hadassa”. Hadassa è l’altro
nome di Ester, di cui all’omonimo libro biblico e alla festa ebraica di Purim:
l’equivalente del nostro Carnevale, che nel calendario gregoriano anticipa
sempre il Purim e che quest’anno va dal 1 [il giorno dopo l’elezione di
Mattarella] al 17 Febbraio.
Se facciamo la stessa operazione, togliendo
però questa volta la lettera finale del cognome, cioè una Lamed=30, il
numero complessivo diventa 567 che è il numero di Sekhel Bahir, in Qabbalah il 12° dei 32 Sentieri
della Sapienza. Di nuovo perciò con riferimento al dodicesimo presidente
della Repubblica Italiana.
I “giochi” di Ghematria potrebbero continuare
all’infinito, ma non c’è dubbio che l’anagramma “Matteo si rallegra” sia
sufficiente di per sé ad esprimere l’apparente paradosso del connubio di
razionale e irrazionale, di realtà e coincidenze.
Termina
qui la mia risposta alla domanda. Aggiungo ora qualche informazione per chi sia
curioso di conoscere le ghematrie del nome e cognome dell’altro presidente: il
Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi. Naturalmente, anche sul
nome dell’ex sindaco fiorentino circolano da tempo alcuni anagrammi di senso
compiuto. I più noti e “calzanti” per gli estimatori del presidente sono:
“Meritato zen”, “Età ritmo zen”, “Rottami e zen”, nonché per i suoi detrattori:
“È zen ma trito”, “Temo zar in te”.
Com’è
noto, lo zen, la parola che ricorre
in gran parte degli anagrammi di Matteo Renzi, è una filosofia di vita ma è
anche l’unica filosofia senza una vera e propria speculazione mentale e la
formulazione di pensieri articolati. È bensì una modalità semplice di
affrontare i problemi dell’esistenza, basata unicamente sul “qui e adesso” e
che confida nell’esperienza privilegiata del satori, cioè nella capacità intuitiva di comprensione della realtà.
Naturalmente, lo zen è anche altro,
ma non è certo questo il luogo per parlarne.
Il
nome Matteo, traslitterando in ebraico le lettere che lo compongono, è formato
da una Mem, una Tet doppia, una Waw, in termini numerici: 40+9+9+6=64. Una
delle sue ghematrie è Chotama che
significa naso ed è formata dalle
lettere Heth, Waw, Tet, Mem e Alef, cioè 8+6+9+40+1=64. Chotama è uno dei 7 Tikkunim [plurale di Tikkun, lo strumento che serve a
riparare un danno e/o a ripristinare un ordine preesistente andato distrutto] di Gulgalta [termine aramaico che
significa “Cranio”]. Si lega all’olfatto
e alla capacità di cogliere la realtà attraverso questo senso. Come dire di
qualcuno “che ha fiuto”. Se ora procediamo con il Mispar Qatan si ha 6+4=10.
Questo numero è, tra l’altro, la ghematria di Gavah [Ghimel, Beth, He, cioè 3+2+5=10] che significa alto, esaltato; di Aat [Alef,
Tet, cioè 1+9=10] che vuol dire adagio;
e di Badad [Beth, Daleth, Daleth,
cioè 2+4+4=10] isolamento, in
italiano. Ne nasce un monito: considerarsi in alto [Gavah] è pericoloso,
occorre procedere con cautela [Aat], altrimenti si finisce nell’isolamento
[Badad].
Il
cognome Renzi, procedendo con la traslitterazione, è composto da Resh, Nun,
Zain e Yud, cioè 200+50+7+10=267, di cui fra l’altro alle ghematrie di Merkaz, centro e di Merkavah, carro. Un riferimento per quanti
considerano Renzi al centro dello schieramento politico e/o come chi procede
nelle sue azioni come un “carro armato”: la parola ebraica designa infatti il carro
armato in dotazione all’esercito israeliano. Ma, attenzione, perché la Merkavah
[più esattamente la Ma’aseh Merkavah]
è anche il carro delle visioni di Ezechiele e rappresenta una rara capacità di
ascesa. Il Mispar Qatan, a sua volta, è 2+7+6=15 con le ghematrie significative
di Hod, gloria, ottava sephirah
dell’Albero della vita, Aviv, primavera
e Ga’avah, orgoglio. Applicando
ancora il Mispar Qatan abbiamo: 1+5=6, con la ghematria di Bad, bugia, che è anche la radice che indica
separazione e isolamento. In altri termini: la bugia determina a lungo andare
il rischio di restare da soli.
Infine, sommando il valore del nome e del
cognome [Matteo Renzi] si ha 64+267=331, la cui ghematria più interessante è
Efraim [Aleph, Pe, Resh, Yud, Mem, 1+80+200+10+40=331], il figlio minore del
Giuseppe biblico, figlio a sua volta di Giacobbe. Il nome di Efraim si
riferisce anche ad una delle 12 tribù di Israele. In Genesi, 48 si narra la singolare
e fortunata imposizione di potere che Efraim ricevette dal patriarca Giacobbe,
suo nonno, detto anche Israele:
8 Poi Israele vide i
figli di Giuseppe e disse: «Chi sono questi?». 9 Giuseppe disse al padre: «Sono i figli
che Dio mi ha dati qui». Riprese: «Portameli perché io li benedica!». 10 Ora gli occhi di
Israele erano offuscati dalla vecchiaia: non poteva più distinguere. Giuseppe
li avvicinò a lui, che li baciò e li abbracciò. 11 Israele disse a Giuseppe: «Io non
pensavo più di vedere la tua faccia ed ecco, Dio mi ha concesso di vedere anche
la tua prole!». 12 Allora
Giuseppe li ritirò dalle sue ginocchia e si prostrò con la faccia a terra. 13 Poi li prese tutti e
due, Efraim con la sua destra, alla sinistra di Israele, e Manasse con la sua
sinistra, alla destra di Israele, e li avvicinò a lui. 14 Ma Israele stese la mano
destra e la pose sul capo di Efraim, che pure era il più giovane, e la sua
sinistra sul capo di Manasse, incrociando le braccia, benché Manasse fosse il
primogenito.17 Giuseppe
notò che il padre aveva posato la destra sul capo di Efraim e ciò gli spiacque.
Prese dunque la mano del padre per toglierla dal capo di Efraim e porla sul
capo di Manasse. 18 Disse
al padre: «Non così, padre mio: è questo il primogenito, posa la destra sul suo
capo!». 19 Ma
il padre ricusò e disse: «Lo so, figlio mio, lo so: anch'egli diventerà un
popolo, anch'egli sarà grande, ma il suo fratello minore sarà più grande di lui
e la sua discendenza diventerà una moltitudine di nazioni».
Efraim, di Francesco Hayez [1791-1882] pittore veneziano |
Insomma, Efraim fu prescelto, nonostante che
suo fratello Manasse vantasse più diritti di lui. I profeti Isaia e Osea non
furono teneri con Efraim. In particolare, Osea lo paragonò a una focaccia non
rivoltata, troppo cotta o bruciata sotto, ma cruda di sopra [Osea, 7,8]. Di lui
disse ancora che era schiacciato dalla colpa da quando aveva cominciato a
inseguire il nulla [5,11]. Che si era prostituito [5,3]. Che gli stranieri gli
avevano tolto ogni energia, mentre lui neanche se ne era accorto, comportandosi
da ingenua colomba priva di intelligenza [Osea, 7,9-11]. Non migliore reputazione,
anche a torto, toccò gli efraimiti, che il profeta Isaia descrive come
“orgogliosi ubriaconi”.
Le ghematrie di Sergio Mattarella e di Matteo
Renzi conducono dunque rispettivamente ai personaggi biblici di Eliezer
[Lazzaro] e di Efraim e, nota curiosa, si chiamava Efraim, presso Betel, la
località semidesertica dove Gesù si ritirò con i discepoli, dopo aver
risuscitato Lazzaro dal sepolcro.
Infine, di buon auspicio per il presidente del
consiglio, applicando il Mispar Qatan al suo nome e cognome abbiamo 3+3+1=7, la
cui più importante ghematria è Gad [Ghimel, Daleth, 3+4=7]. Nome e numero che
portano fortuna. Un Gad fu profeta, consigliere e ministro di David, ma il Gad
più famoso è il settimo figlio di Giacobbe e di Zilpa, ancella di Lia, la quale
vedendolo nascere gridò: “Per fortuna!”. Gad è anche il nome di un’ altra delle
12 tribù di Isreale, quella che più di altre fu celebrata per il suo valore e
per la sua combattività. E con ciò termino davvero “i giochi” di ghematria che
mi sono stati sollecitati da una domanda.
sergio magaldi