Markus, Zusak, Io sono il messaggero [The Messenger], Frassinelli, 2015, pp. 404 |
Prendete il mazzo delle carte francesi e
ordinatelo secondo la successione dei quattro semi, a cominciare dal seme di
quadri, per continuare con fiori, picche e cuori. Avrete quattro mazzetti,
ciascuno formato da 13 carte, con alla testa un asso per ogni mazzetto. Alla
fine aggiungete un jolly e vi appare lo schema narrativo utilizzato dallo
scrittore australiano Markus Zusak per il suo romanzo. Gli assi, in ottica
divinatoria, in tutti i tipi di carte e anche nei tarocchi, rappresentano
lettere, messaggi e notizie.
Ed Kennedy è un giovane tassista che vive con
il Portinaio, un cane vecchio e robusto che puzza tanto, ma che forse è per lui
il migliore amico. Per la verità, di amici Ed ne ha pochi e l’amore lo fa di
rado e neanche gli riesce bene. Sua madre sembra detestarlo perché troppo gli
ricorda il marito e Audrey, la ragazza di cui è innamorato, è sì una buona
amica ma l’amore lo fa con un altro.
L’aver contribuito alla cattura di un
rapinatore di banche offre ad Ed l’opportunità per uscire dall’esistenza
anonima. E gli arriva il primo messaggio: la carta dell’asso di quadri
sulla quale sono scritti tre indirizzi. Vi si reca, e da ognuna delle case,
semplicemente osservando le persone che vi abitano, apprende quale deve essere
il suo compito. Ricondurre alla ragione o costringere alla fuga un uomo
prepotente che batte e stupra la moglie di fronte alla figlioletta; consolare
Mila, una donna anziana che vive in solitudine, e che crede di rivedere in lui
Jimmy, il ragazzo di cui è sempre stata innamorata e che è morto a 25 anni
durante la seconda guerra mondiale e… così via. Ed si chiede chi sia il
mandante del messaggio ma intanto porta a compimento, da angelo o buon messaggero,
quello che ci si attende da lui.
Ed ecco giungergli il secondo messaggio: un asso
di fiori, la carta dal significato inquietante perché annuncia difficoltà,
contrasti e pericoli. A recapitarla, insieme ad una lettera, sono due
energumeni che gli mettono a soqquadro la casa e lo riempiono di botte. Eppure
il contenuto della lettera sembra premiarlo, riconoscendo il suo merito:
“Caro
Ed,
se stai leggendo queste parole, a quanto
pare va tutto bene. Naturalmente spero che la testa non ti faccia troppo male.
Senza dubbio Keith e Darly ti avranno detto
che siamo molto soddisfatti dei tuoi progressi[…].Hai gestito la
faccenda in modo pulito, senza intoppi. Notevole, davvero.
Congratulazioni.
[…].Adeso ti attendono altre sfide.
I fiori non sono una passeggiata, figliolo.
La domanda è: sei all’altezza della
situazione?
O forse è una domanda irrilevante? Di
sicuro, non eri all’altezza dell’asso di quadri.
Ma te la sei cavata.
Buona fortuna, e continua a riferire i
messaggi. Ti renderai conto che la tua vita dipende da questo.
Ciao”.
Il compito di Ed si fa sempre più difficile
con l’arrivo dell’asso di picche, sul cui significato di notizie
spiacevoli e sconcertanti, c’è poco da dubitare. L’arrivo dell’asso di cuori
lo costringerà ad occuparsi di questioni affettive, sue e degli amici. Infine,
ecco per ultimo arrivare il Jolly. Il messaggio questa volta lo riguarda
personalmente. La carta discende direttamente dal Matto dei tarocchi, ne è per
così dire la versione essoterica.
La
carta sembra invitarlo ad affrontare la vita senza inutili prudenze, paure e
tentennamenti. Il sorriso del Jolly ricorda quello del suo antenato che avanza
lieto, seguito da un cane e senza curarsi del precipizio. Affrontare la vita
con leggerezza e semplicità non è incoscienza: se le nostre intenzioni sono
giuste e sincere, procedere come il Matto dei tarocchi è il solo modo per
riuscire ad andare anche oltre le nostre capacità, senza preoccuparsi di
ciò che potrebbe accadere.
Sorridi alla vita sembra dire il Jolly e avrai la giusta
ricompensa. Non prendere la vita troppo sul serio, ammonisce il Matto, tanto
alla fine non ne uscirai vivo. Il messaggero alla fine è divenuto il messaggio:
una nuova vita e un nuovo inizio attendono ora Ed Kennedy.
Certo, il nuovo romanzo di Zusak [in realtà si tratta della riscrittura di un libro pubblicato anni fa senza molta fortuna] non raggiunge
l’intensità di Storia di una ladra di libri, e neppure ne possiede la
complessità drammatica e storica [leggi il post del film Una ladra di libri al tempo di Hitler, cliccando sul titolo], ma è pur sempre, con la sua
trama scarna di vago sapore kafkiano, il tentativo di una nuova eticità. Tutti
siamo in gradi di decifrare i messaggi che ci arrivano, inviati non si sa bene
da chi. Se ci sforziamo di comprenderli e di portarli a compimento, anche noi avremo il
nostro Jolly.
sergio
magaldi
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