sabato 28 febbraio 2015

GHEMATRIE DI PRESIDENTI: Sergio Mattarella e Matteo Renzi





 Sapendomi studioso di Qabbalah, Sergio Di Cori Modigliani, un intellettuale di cui apprezzo l’acume e la libertà di pensiero, mi ha rivolto una domanda per il suo blog [http://www.libero-pensiero.net/che-cosa-pensano-i-cabbalisti-elezione-sergio-mattarella/    post del 15 Febbraio u.s.] e io così ho risposto, un po’ per “gioco” e un po’ per parlare di politica.                                                                                               Domanda:

 “Il nome di Sergio Mattarella, anagrammato produce la frase ‘Matteo si rallegra’. E’ una divertente casualità sintattica dell’inconscio collettivo cosmico. Che cosa ne pensi?”

Risposta:

 Non so se l’anagramma in questione sia una “casualità sintattica dell’inconscio collettivo cosmico”, ancorché divertente. Resta la considerazione che l’energia dell’inconscio, individuale e/o collettiva, se è in grado di intuire processi cosmici con minore o maggiore approssimazione, non può tuttavia creare ex nihilo fenomeni di carattere storico, capaci di modificare la realtà, se non attraverso un’attività conscia e direzionata, che so, una rivoluzione, una sollevazione popolare o mediante il voto, democraticamente espresso, così per esempio com’è avvenuto di recente in Grecia.

 Ciò premesso, è pur vero che l’anagramma “Matteo si rallegra” si adatti unicamente all’elezione del nuovo presidente della Repubblica Italiana e che si cercherebbe forse invano, tra quelli che erano i possibili candidati per il Quirinale, un altro nome capace di rappresentare con la stessa efficacia “l’entusiasmo” di Matteo Renzi. Se ne deduce che tutto è già scritto nel grande libro della Storia e che l’uomo dispone unicamente di segni per decifrare la realtà? L’interrogativo rischia di rimanere senza risposta se si imposta la questione all’insegna del mistero, del caso e della mancanza di libertà da parte dell’uomo, ma se proviamo ad esercitare sino in fondo gli strumenti del pensiero ci si accorgerà, tanto più nel caso specifico, come razionale e irrazionale coincidano, in barba al principio di non-contraddizione di Aristotele, al principio di identità della logica formale, e in virtù del senso hegeliano del superamento della contraddizione apparente.

 Quali erano i candidati con più probabilità di essere eletti alla massima carica istituzionale? Facciamo solo qualche nome tra quelli che si sentivano ripetere con più insistenza: Prodi, Amato, Casini, Finocchiaro, Castagnetti. L’ex-segretario del PD, a pochi giorni dal voto disse che bisognava ripartire da Prodi, cioè dal candidato più illustre, per titoli interni e visibilità internazionale, ma che per Bersani si era rivelato una vera e propria pietra d’inciampo. Renzi, naturalmente, si è guardato bene dal dargli retta: Prodi, divisivo nel suo stesso partito, improponibile per gli alleati di Centrodestra e per Berlusconi, ingombrante come personaggio con cui lavorare insieme, primo attore dell’ingresso dell’Italia nell’euro e quindi osteggiato da una parte dell’opinione pubblica [non però dalla sinistra “dura e pura” e chissà perché dai Cinque Stelle, i cui parlamentari se non altro hanno avuto il merito di sostenere sino all’ultimo un degno candidato], e causa non ultima, con quel tanto di “sfiga” che la sua candidatura aveva portato alle ambizioni dell’allora segretario del Partito Democratico.

 Amato e Casini, l’incredibile coppia proposta da Alfano e Berlusconi e, sul cui rifiuto, NCD e Forza Italia si sono basati per sostenere il cosiddetto tradimento del patto del Nazareno da parte di Renzi. Eppure queste sono le forze politiche che da tempo sostengono l’elezione diretta del Capo dello Stato: come proporre ai cittadini un uomo che nella narrazione collettiva s’è introdotto nottetempo nei conto correnti degli italiani, per di più con il fine di portarci in Eurogermania? Un uomo che sa parlare ai notabili ma pochissimo alla gente? E che dire di Casini, la quintessenza della destra democristiana, sgradito agli stessi elettori di Forza Italia per essere considerato un “voltagabbana” così come Fini? Nessun tradimento del “Nazareno”, dunque da parte di Renzi il quale, dal canto suo ha sempre ribadito che l’incontro con Berlusconi non aveva altro scopo che ricercare un’intesa sulle regole, cioè le riforme costituzionali e la nuova legge elettorale, allo scopo di porre fine ai governi delle “larghe intese” e di rendere possibile l’approvazione più spedita delle leggi. Si pensi a quel che accade oggi per la legge elettorale: approvata già dai due rami del Parlamento, deve tornare alla Camera e se sarà modificata andare nuovamente in Senato e “il gioco” potrebbe continuare all’infinito. Scrivevo un anno fa in merito all’incontro del Nazareno:

 “La levata di scudi di tanti epigoni di DC e PC nasconde in realtà propositi detti e non detti, una sostanziale mancanza di spirito democratico e una instancabile determinazione a lasciare che l’Italia vada in malora, purché trovino sfogo rancori personali e siano soddisfatti piccoli interessi di retrobottega. Con loro, i tanti giornalisti, più o meno schierati sul fronte del centro-sinistra, onnipresenti  nei Talk show e sempre pronti a dare eco alla “voce del padrone”, di coloro cioè che si preoccupano che la “stabilità cimiteriale” del Paese possa essere alterata. Persino Travaglio, di cui non si può certo dubitare l’avversione a Berlusconi e al berlusconismo, ha ritenuto che per Renzi non vi fossero alternative. Ma i benpensanti non sono di questo avviso, e ritengono che la mossa di Renzi, resuscita Berlusconi, fa uno sgarbo ad Alfano e affonda Letta. Per non parlare dei commenti dei politici del Nuovo Centro Destra all’annuncio dell’incontro del Nazareno: dalle minacce, si passa con disinvoltura a similitudini come quella che non avrei mai creduto di udire e cioè che, con l’accordo tra Renzi e Berlusconi, saremmo di fronte ad un nuovo patto scellerato Stalin-Von Ribbentrop!”

 Nessun accordo, dunque, sul futuro Capo dello Stato, tanto più che allora non era prevedibile un’uscita di scena tanto repentina da parte di Napolitano, rieletto da appena sei mesi. Che in seguito se ne sia parlato è probabile, ma nulla di più dell’idea di cercare un candidato da condividere. Poteva Renzi cadere nell’ingenuo tranello di accettare i nomi impopolari di Amato o di Casini? C’è di più: dalla ricostruzione attendibile dei retroscena emerge che Berlusconi abbia contattato D’Alema e Bersani ad insaputa di Renzi e ne abbia ottenuto in cambio una sostanziale adesione della minoranza del PD sul nome di Amato. Ce n’era quanto bastava perché Renzi rompesse gli indugi.

 La senatrice Anna Finocchiaro poteva essere un’alternativa. L’idea di eleggere finalmente una donna al Quirinale era seducente per Renzi - al di là degli scambi poco cortesi che i due si erano rivolti in passato - anche in considerazione del buon rapporto che, in occasione della stesura della nuova legge elettorale, si è creato tra la senatrice e il ministro Maria Elena Boschi. Ma Bersani ha pubblicamente sostenuto che la scelta di un ex DS o peggio ancora di un ex PC avrebbe aperto la stura ai “veti incrociati”, per questioni di rivalità, all’interno del Partito Democratico. Senza contare l’importanza che in Italia ha sempre avuto “Il fattore C” nell’elezione del presidente della repubblica, l’alternanza cioè di laici e cattolici alla guida del Paese. Dopo i 9 anni di Napolitano e i 7 di Ciampi, al netto di ogni altra questione, sarebbe stato opportuno, dopo Scalfaro, riportare finalmente un cattolico al Colle. Magari un uomo che non fosse stato direttamente responsabile dell’ingresso nell’euro e/o che per una ragione o per l’altra si fosse tenuto lontano dalla politica militante degli ultimi anni. In questa prospettiva, già un po’ di tempo prima, era stata lanciata l’ipotesi Pierluigi Castagnetti, tanto per tastare il terreno. Ma anche per evitare i tanti “Castagnetti chi?” dei cittadini più giovani, ecco l’idea vincente di Matteo Renzi. Sergio Mattarella, lontano dalla politica da circa vent’anni, ha i requisiti migliori: fratello di Piersanti Mattarella che fu assassinato dalla mafia, noto ancora oggi per la legge elettorale denominata “Mattarellum”, giudice costituzionale e soprattutto cattolico di sinistra della corrente di Aldo Moro, il democristiano che gli italiani ricordano con più rispetto per la sua vita e soprattutto per la sua morte. Così Renzi chiude il cerchio. Ristabilisce l’unità del partito che, dopo i 16 anni di Ciampi e Napolitano, non poteva dire di no all’elezione di un cattolico, sinceramente democratico e antifascista. Propone al NCD e a Forza Italia un candidato non sospetto di essere stato concordato al “Nazareno”, apparentemente in regola - ricambiando astuzia con astuzia - con i requisiti pretesi da Berlusconi [né divisivo, né un ex comunista, pur sapendo che in realtà quella dei cosiddetti cattocomunisti è sempre stata la corrente democristiana meno amata dall’elettorato di centro e di destra], tant’è che alla fine, pur tra sofismi e mugugni, lo vota anche Alfano, e Berlusconi indica la scheda bianca, mentre quaranta dei suoi nel segreto dell’urna non fanno mancare il loro appoggio a Sergio Mattarella. Ripristina infine una tradizione culturale cara ai suoi padri, perché se è vero che per ragioni anagrafiche Renzi non è mai stato democristiano e che ha irriso più volte a certe “democristianerie” di suoi compagni di partito, è pur vero che egli si ricolleghi idealmente al cattolicesimo socialmente impegnato di Giuseppe Dossetti e dei toscani come lui, Giorgio La Pira, Amintore Fanfani e padre Ernesto Balducci.   

 Non si vede, dunque, perché Matteo Renzi non dovrebbe rallegrarsi per l’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale! La razionalità dei fatti e delle analisi coincide qui perfettamente con l’irrazionalità dell’anagramma, che in virtù della permutazione delle lettere può essere considerato [dal greco ana, sopra e gramma, lettera] un esempio per così dire essoterico di Ghematria, laddove sappiamo che quest’ultima è parte integrante della Qabbalah [questa l’unica trascrizione esatta della parola ebraica, formata da sinistra a destra dalle lettere consonanti Quf=Q, una Beit con daghesh forte, cioè con un punto nel corpo della consonante per rappresentarne il raddoppio=BB, che in ebraico non si scrive ancorché si pronunci, una Lamed=L, una Hey=H]. La Qabbalah può essere definita come la mistica dell’ebraismo o come l’esoterismo della Torah. In questo ambito, la Ghematria è uno strumento efficace per interpretare la realtà, partendo dal presupposto che tutto nell’universo è misura e che ogni lettera dell’alfabeto ebraico rimanda ad un numero. Con la conseguenza che l’uso più frequente della Ghematria è rappresentato dal porre in relazione parole e frasi aventi lo stesso valore numerico, per coglierne il significato comune e/o mostrare aspetti solo apparentemente diversi della medesima realtà. Da questo punto di vista, il Sefer Yetzirà, che può essere considerato il primo trattato di Qabbalah scritta, ci dice che le lettere sono altrettante pietre con le quali è stato costruito l’edificio del mondo. Ogni singola lettera è dunque di per sé creativa, significativa e misurabile.

 Ciò premesso, vediamo cosa succede se applichiamo gli strumenti della Ghematria al nome di Sergio Mattarella. Procediamo innanzi tutto con la traslitterazione delle lettere italiane nelle corrispondenti lettere [consonanti] dell’ebraico biblico: partendo da sinistra a destra abbiamo una Mem, una Tet doppia, una Resh, una Lamed doppia. In termini numerici 40+18+200+60=318. Applicando la riduzione teosofica dell’esoterismo occidentale o il Mispar Qatan o Numero piccolo della tradizione ebraica si ha:3+1+8=12. Mattarella è il dodicesimo presidente della Repubblica Italiana. Ripetiamo l’operazione col nome Sergio: una Samekh, una Resh, una Ghimel, una Yud, una Vav, cioè 60+200+3+10+6=279 e ancora 2+7+9=18, quindi 1+8=9. Se ora applichiamo il Mispar Qatan al nome e al cognome abbiamo 9+1+2=12. Se si procede allo stesso modo con i nomi degli altri candidati sopra citati non si troverà il 12 in nessuno di loro.

 Esaminiamo ora il cognome Mattarella alla luce del Mispar Echrakhi o Numero dovuto, cioè il 318. Questo numero corrisponde a quello di Eliezer che si scrive con Alef, Lamed, Yud, Ain, Zain, Resh cioè 1+30+10+70+7+200=318. Eliezer in ebraico significa Dio è il mio aiuto ed è il nome di undici personaggi biblici, di alcuni maestri talmudici e di Lazzaro, il fratello di Marta e Maria di Betania che si dice Gesù Cristo abbia fatto risorgere. Per strana [ma non tanto strana…] ironia, un commentatore TV ha detto che Matteo Renzi facendo eleggere Mattarella ne ha fatto una sorta di Lazzaro, resuscitandolo alla politica dopo un lungo letargo.

 Il più noto Eliezer biblico è il servo fedele di cui Abramo, il primo patriarca, si rallegrò sempre. Servo per modo di dire perché Eliezer fu per lungo tempo, secondo la legge allora vigente, erede del patriarca prima che questi avesse figli. Rashi di Troyes riportando il versetto 14,14 di Genesi [“Quando Abramo seppe che suo fratello era stato preso prigioniero, armò i suoi uomini addestrati, servi nati nella sua casa, in numero di 318…”], così ne commenta una parte:”In numero di trecentodiciotto – I nostri rabbini hanno detto che, in realtà, si trattava solo di Eliezer, il cui nome ha il valore numerico di trecentodiciotto”.

 Tra i maestri del Talmud di nome Eliezer, spicca rabbi Eliezer Ben Hyrcanus, noto per essere uno dei più saggi tannaim e un nazareno. Nell’ambito dei servitori di stato e dei precettori, se sommiamo il numero del nome e del cognome del nuovo Capo dello Stato abbiamo 318+279=597, che corrisponde al valore numerico della frase “Vayehi omen et Hadassa” che significa “Ed era il precettore di Hadassa”. Hadassa è l’altro nome di Ester, di cui all’omonimo libro biblico e alla festa ebraica di Purim: l’equivalente del nostro Carnevale, che nel calendario gregoriano anticipa sempre il Purim e che quest’anno va dal 1 [il giorno dopo l’elezione di Mattarella] al 17 Febbraio.                                                                                                      
  Ancora, se togliamo la lettera finale dal nome del Presidente, una Vav=6, il numero complessivo del nome e cognome diventa 591 che corrisponde alla frase “Vaimlokh Baedom Bela Ben Beor”, cioè: “E Bela figlio di Beor regnò su Edom” e richiama il versetto 36,32 di Genesi: “Regnò in Edom Bela, figlio di Beor, e la sua città si chiamava Dinhavah”. Il nome della città da cui proviene il primo re di Edom è composto dalle parola Din, un altro nome della Sephirah Gheburah dell’Albero della vita [o Albero delle Sephirot], che significa severità e rigore e dalla parola Ahavah che significa amore. Dunque, Amore per il rigore, a sottolineare l’elemento che affrettò la caduta del primo regno di Edom. Se dovessimo utilizzare il concetto, il significato evidente sarebbe che il nuovo presidente sarà purtroppo il primo cittadino di uno stato condotto all’insegna del rigore e dell’austerità.

 Se facciamo la stessa operazione, togliendo però questa volta la lettera finale del cognome, cioè una Lamed=30, il numero complessivo diventa 567 che è il numero di Sekhel  Bahir, in Qabbalah il 12° dei 32 Sentieri della Sapienza. Di nuovo perciò con riferimento al dodicesimo presidente della Repubblica Italiana.

 I “giochi” di Ghematria potrebbero continuare all’infinito, ma non c’è dubbio che l’anagramma “Matteo si rallegra” sia sufficiente di per sé ad esprimere l’apparente paradosso del connubio di razionale e irrazionale, di realtà e coincidenze.

 Termina qui la mia risposta alla domanda. Aggiungo ora qualche informazione per chi sia curioso di conoscere le ghematrie del nome e cognome dell’altro presidente: il Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi. Naturalmente, anche sul nome dell’ex sindaco fiorentino circolano da tempo alcuni anagrammi di senso compiuto. I più noti e “calzanti” per gli estimatori del presidente sono: “Meritato zen”, “Età ritmo zen”, “Rottami e zen”, nonché per i suoi detrattori: “È zen ma trito”, “Temo zar in te”.

 Com’è noto, lo zen, la parola che ricorre in gran parte degli anagrammi di Matteo Renzi, è una filosofia di vita ma è anche l’unica filosofia senza una vera e propria speculazione mentale e la formulazione di pensieri articolati. È bensì una modalità semplice di affrontare i problemi dell’esistenza, basata unicamente sul “qui e adesso” e che confida nell’esperienza privilegiata del satori, cioè nella capacità intuitiva di comprensione della realtà. Naturalmente, lo zen è anche altro, ma non è certo questo il luogo per parlarne.

 Il nome Matteo, traslitterando in ebraico le lettere che lo compongono, è formato da una Mem, una Tet doppia, una Waw, in termini numerici: 40+9+9+6=64. Una delle sue ghematrie è Chotama che significa naso ed è formata dalle lettere Heth, Waw, Tet, Mem e Alef, cioè 8+6+9+40+1=64. Chotama è uno dei 7 Tikkunim [plurale di Tikkun, lo strumento che serve a riparare un danno e/o a ripristinare un ordine preesistente andato distrutto] di Gulgalta [termine aramaico che significa “Cranio”]. Si lega all’olfatto e alla capacità di cogliere la realtà attraverso questo senso. Come dire di qualcuno “che ha fiuto”. Se ora procediamo con il Mispar Qatan si ha 6+4=10. Questo numero è, tra l’altro, la ghematria di Gavah [Ghimel, Beth, He, cioè 3+2+5=10] che significa alto, esaltato; di Aat [Alef, Tet, cioè 1+9=10] che vuol dire adagio; e di Badad [Beth, Daleth, Daleth, cioè 2+4+4=10] isolamento, in italiano. Ne nasce un monito: considerarsi in alto [Gavah] è pericoloso, occorre procedere con cautela [Aat], altrimenti si finisce nell’isolamento [Badad].

 Il cognome Renzi, procedendo con la traslitterazione, è composto da Resh, Nun, Zain e Yud, cioè 200+50+7+10=267, di cui fra l’altro alle ghematrie di Merkaz, centro e di Merkavah, carro. Un riferimento per quanti considerano Renzi al centro dello schieramento politico e/o come chi procede nelle sue azioni come un “carro armato”: la parola ebraica designa infatti il carro armato in dotazione all’esercito israeliano. Ma, attenzione, perché la Merkavah [più esattamente la Ma’aseh Merkavah] è anche il carro delle visioni di Ezechiele e rappresenta una rara capacità di ascesa. Il Mispar Qatan, a sua volta, è 2+7+6=15 con le ghematrie significative di Hod, gloria, ottava sephirah dell’Albero della vita, Aviv, primavera e Ga’avah, orgoglio. Applicando ancora il Mispar Qatan abbiamo: 1+5=6, con la ghematria di Bad, bugia, che è anche la radice che indica separazione e isolamento. In altri termini: la bugia determina a lungo andare il rischio di restare da soli.

 Infine, sommando il valore del nome e del cognome [Matteo Renzi] si ha 64+267=331, la cui ghematria più interessante è Efraim [Aleph, Pe, Resh, Yud, Mem, 1+80+200+10+40=331], il figlio minore del Giuseppe biblico, figlio a sua volta di Giacobbe. Il nome di Efraim si riferisce anche ad una delle 12 tribù di Israele. In Genesi, 48 si narra la singolare e fortunata imposizione di potere che Efraim ricevette dal patriarca Giacobbe, suo nonno, detto anche Israele:

 8 Poi Israele vide i figli di Giuseppe e disse: «Chi sono questi?». 9 Giuseppe disse al padre: «Sono i figli che Dio mi ha dati qui». Riprese: «Portameli perché io li benedica!». 10 Ora gli occhi di Israele erano offuscati dalla vecchiaia: non poteva più distinguere. Giuseppe li avvicinò a lui, che li baciò e li abbracciò. 11 Israele disse a Giuseppe: «Io non pensavo più di vedere la tua faccia ed ecco, Dio mi ha concesso di vedere anche la tua prole!». 12 Allora Giuseppe li ritirò dalle sue ginocchia e si prostrò con la faccia a terra. 13 Poi li prese tutti e due, Efraim con la sua destra, alla sinistra di Israele, e Manasse con la sua sinistra, alla destra di Israele, e li avvicinò a lui. 14 Ma Israele stese la mano destra e la pose sul capo di Efraim, che pure era il più giovane, e la sua sinistra sul capo di Manasse, incrociando le braccia, benché Manasse fosse il primogenito.17 Giuseppe notò che il padre aveva posato la destra sul capo di Efraim e ciò gli spiacque. Prese dunque la mano del padre per toglierla dal capo di Efraim e porla sul capo di Manasse. 18 Disse al padre: «Non così, padre mio: è questo il primogenito, posa la destra sul suo capo!». 19 Ma il padre ricusò e disse: «Lo so, figlio mio, lo so: anch'egli diventerà un popolo, anch'egli sarà grande, ma il suo fratello minore sarà più grande di lui e la sua discendenza diventerà una moltitudine di nazioni».

Efraim, di Francesco Hayez [1791-1882] pittore veneziano



 Insomma, Efraim fu prescelto, nonostante che suo fratello Manasse vantasse più diritti di lui. I profeti Isaia e Osea non furono teneri con Efraim. In particolare, Osea lo paragonò a una focaccia non rivoltata, troppo cotta o bruciata sotto, ma cruda di sopra [Osea, 7,8]. Di lui disse ancora che era schiacciato dalla colpa da quando aveva cominciato a inseguire il nulla [5,11]. Che si era prostituito [5,3]. Che gli stranieri gli avevano tolto ogni energia, mentre lui neanche se ne era accorto, comportandosi da ingenua colomba priva di intelligenza [Osea, 7,9-11]. Non migliore reputazione, anche a torto, toccò gli efraimiti, che il profeta Isaia descrive come “orgogliosi ubriaconi”.

 Le ghematrie di Sergio Mattarella e di Matteo Renzi conducono dunque rispettivamente ai personaggi biblici di Eliezer [Lazzaro] e di Efraim e, nota curiosa, si chiamava Efraim, presso Betel, la località semidesertica dove Gesù si ritirò con i discepoli, dopo aver risuscitato Lazzaro dal sepolcro.

 Infine, di buon auspicio per il presidente del consiglio, applicando il Mispar Qatan al suo nome e cognome abbiamo 3+3+1=7, la cui più importante ghematria è Gad [Ghimel, Daleth, 3+4=7]. Nome e numero che portano fortuna. Un Gad fu profeta, consigliere e ministro di David, ma il Gad più famoso è il settimo figlio di Giacobbe e di Zilpa, ancella di Lia, la quale vedendolo nascere gridò: “Per fortuna!”. Gad è anche il nome di un’ altra delle 12 tribù di Isreale, quella che più di altre fu celebrata per il suo valore e per la sua combattività. E con ciò termino davvero “i giochi” di ghematria che mi sono stati sollecitati da una domanda.

sergio magaldi














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