mercoledì 17 giugno 2015

IL NON - GIOCO della Nazionale di calcio questa volta non paga...

Nazioni vincitrici dei mondiali di calcio. Non sono riportate le ultime due edizioni


    Prima sconfitta di Antonio Conte alla guida della nazionale di calcio. A Ginevra contro il Portogallo [privo di Cristiano Ronaldo, il suo miglior giocatore], in un incontro amichevole per modo di dire, perché una vittoria avrebbe significato per gli azzurri entrare tra le teste di serie nel sorteggio dei gironi di qualificazione al mondiale del 2018. Cosa di cui il Portogallo non aveva bisogno perché, anche perdendo, sarebbe comunque rimasto tra le squadre già designate come teste di serie. Ma il commissario tecnico sostiene che questo non ha molta importanza [evidentemente non pensa di restare tanto a lungo nel suo incarico!] e che in ogni caso tutto dipende dai risultati conseguiti dalla nazionale prima del suo avvento. Certo, è un po’ strano che l’Italia, vincitrice del mondiale per ben 4 volte, di cui l’ultima nel 2006 [nel 2010 ha vinto la Spagna e nell’ultima edizione del 2014, la Germania] , non faccia parte delle teste di serie. Ma le alchimie della FIFA e i suoi criteri, com’è noto, sono ineffabili.

 Ciò premesso, ritengo che a giudicare dal calcio espresso nelle dieci partite sin qui disputate, sotto la gestione di Conte [Con 5 vittorie, 4 pareggi e una sconfitta], l’Italia del pallone non meriti di far parte del ristretto numero delle teste di serie per il mondiale. Infatti, se si esclude l’incontro amichevole vinto contro una rimaneggiata Olanda e quello, valevole per le qualificazioni europee, vinto in casa della Norvegia, tutte le partite successive hanno messo in mostra il non-gioco degli italiani. Ci hanno tuttavia premiato i risultati, con le striminzite vittorie in casa contro Azerbaijan e Albania e fuori casa contro Malta [come si vede, tutte e tre grandi potenze calcistiche!]. Ma, anche sotto questo profilo, le cose sono cambiate e, dal mese di Novembre 2014, l’Italia non riesce più a vincere, inanellando solo pareggi e, da ultimo, la sconfitta di ieri notte. Il non-gioco, insomma, non paga più, né c’è da stupirsene. Troppa sperimentazione, soprattutto in attacco, ma anche nel centrocampo, e quando mancano Chiellini e Barzagli ci sono problemi anche per la difesa: dopo il modesto Astori visto contro la Croazia, è il turno dell’inguardabile Ranocchia di ieri e appare incredibile che, con sei cambi a disposizione, Conte non abbia provveduto a sostituirlo. Che dire poi della formazione schierata per tutto il primo tempo e per un quarto d'ora del secondo, contro il Portogallo? Con un centrocampo inedito dove si è visto solo Pirlo, e un attacco formato da chi in campionato ha disputato solo qualche partita, per via dei ricorrenti infortuni [El Shaarawy], da chi come Immobile sparisce dal campo dopo i primi dieci minuti  e da chi come Candreva  ha sempre disputato pessime partite in nazionale, anche se gli ineffabili telecronisti della Rai, non hanno ancora smesso di esaltarlo per la partita contro la Croazia, dove segna un rigore col cucchiaio e corre tanto, ma sbaglia regolarmente gli assist  e per una decina di volte perde palla in prossimità della metà campo, innestando micidiali ripartenze avversarie. 

 È vero che erano indisponibili Eder, Zaza e qualche altro, ma perché non schierare sin dall’inizio Vasquez, Matri o Gabbiadini? Così, per rimontare una partita nella quale il Portogallo ha dominato per condizione fisica e organizzazione di gioco, cosa fa Conte? Ricorre a un improponibile 4-2-4, dopo il 4-3-3 iniziale e abbandonando il 3-5-2 che è il modulo che gli è più congeniale e con il quale ha vinto tre scudetti di fila con la Juventus. Può darsi che Antonio Conte, così come tanti altri grandi tecnici, italiani e non, sia più adatto ad allenare un club prestigioso piuttosto che la nazionale. Resta il fatto che, di là dai moduli e dal ruolo che riveste, egli dovrebbe cominciare a studiare una strategia per il gioco d’attacco, così come ha sempre fatto egregiamente per difesa e centrocampo, almeno finché ha potuto disporre di tutti gli effettivi. Un problema con gli attaccanti Antonio Conte l’ha sempre avuto; anche nella Juve, almeno dei primi due scudetti, li cambiava di continuo e i bianconeri faticavano molto ad andare in goal. Una questione che la squadra finiva poi per risolvere per la qualità complessiva del suo organico, per la presenza di qualche individualità eccellente, per la modestia degli avversari di campionato, e grazie alle reti di difensori e centrocampisti. 

 Una visione del gioco “globale”, quella di Conte, che finisce per sacrificare le punte, costrette a “tornare” di continuo e a sfiancarsi, snaturando il proprio ruolo. Nella maggior parte delle gare disputate sin qui dalla “sua” nazionale purtroppo non si è visto neanche questo, ma solo un ibrido tatticismo che ha prodotto il non-calcio e goal pochi e stentati. Sono anch’io certo, così come Conte, che col lavoro [e soprattutto con altri giocatori] le cose miglioreranno, ma intanto lo spettacolo offerto dalla squadra azzurra rasenta il penoso.

 Naturalmente, le responsabilità di Conte sono minime rispetto a quelle della Federazione Italiana. Scrivevo in un precedente post [IL NON-CALCIO DELLA NAZIONALE ITALIANA. Clicca sopra per leggere tutto]:

“[…] Inoltre, la FIGC [La Federazione Italiana Gioco Calcio, nuova nei suoi dirigenti e con un presidente che appena insediato si è subito segnalato per dichiarazioni improvvide che gli sono valse sei mesi di squalifica internazionale], che pure ha il merito di aver affidato ad Antonio Conte la conduzione della nazionale, sembra intenzionata a non cambiare nulla, perseguendo in tutto e per tutto nella politica che sta uccidendo lo sport nazionale per eccellenza, secondo una vocazione che ormai caratterizza il Paese del Gattopardo, non solo nel gioco del calcio, ma purtroppo in ogni ambito della vita civile”.

 E si può stare certi che nulla cambierà per il prossimo futuro: le squadre italiane continueranno a giocare in campionato con 9, 10 e anche undici calciatori stranieri. I vivai giovanili, dove sopravvivono, servono solo al calcio minore e si riempiono di extracomunitari giustamente in cerca di mutare la propria sorte. L’importazione dei giocatori dai vari continenti e l’arricchimento dei procuratori, dei loro affini e compari, continuerà come prima e ogni anno vedremo arrivare nel Bel Paese non già qualche grande campione, ma comitive di “mezze seghe” che qualche direttore tecnico spaccerà per grandi campioni, salvo a liberarsene l’anno dopo per un nuovo e proficuo “rifornimento”.

sergio magaldi

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