La proposta annunciata dal MOVIMENTO
ROOSEVELT di un sit-in di solidarietà, il prossimo 4 Luglio, davanti all’Ambasciata
Greca di Roma, non è solo un omaggio dovuto alla Grecia da parte di cittadini
europei che alla matrice ellenica, così come a quella ebraico-cristiana,
riconoscono il ruolo fondante della civiltà occidentale. Una civiltà che, come
ogni altro aspetto della realtà, ha le sue ombre e le sue luci, ma che nel bene
e nel male ha introdotto su gran parte del pianeta il rispetto della libertà
umana e che ha lottato per l’avvento della democrazia, anche laddove le
istituzioni democratiche si siano rivelate soltanto formali e/o fonte di
corruzione pubblica e pubblici privilegi.
È soprattutto la consapevolezza che con la
Grecia fuori dal vecchio continente, di là di mere questioni di contabilità e
di economia, non avrebbe più senso parlare di Unità Europea. È un modo per
ribadire il diritto alla vita, alla libertà e alla felicità dei cittadini
ellenici, in quanto cittadini europei e del mondo intero.
Non a caso la data prescelta per il sit-in è
il 4 Luglio, l’Independence Day, la ricorrenza della proclamazione di
indipendenza di tredici colonie americane del 4 Luglio 1776 [Virginia,
Maryland, Massachusetts, Rhode Island, New Hampshire, Connecticut, North
Carolina, South Carolina, New York, New Jersey, Pennsylvania, Delaware e
Georgia], con la rivendicazione del diritto dei popoli all’autodeterminazione,
l’affermazione della sovranità popolare, nonché dei diritti inalienabili di
ogni essere umano, tra i quali appunto la vita, la libertà, il perseguimento della
felicità.
Non è solo la memoria del passato più o meno
lontano che dovrebbe mobilitare gli iscritti di MR, di qualsiasi movimento,
partito politico o semplicemente di liberi cittadini, davanti all’Ambasciata
Greca di Roma nella notte del 4 Luglio. È soprattutto la consapevolezza del
presente.
Per quanto non si possa negare la
responsabilità dei precedenti governi greci nel gestire la cosa pubblica,
favorendo di fatto la corruzione e i privilegi a danno del popolo greco [Così
come del resto è avvenuto in Italia e altrove], non si può non riconoscere che
il regime di austerità che BCE e istituzioni oligarchiche europee hanno imposto
alla Grecia, hanno finito per affossarla definitivamente. I tagli di pensioni e
stipendi, il licenziamento di oltre trentamila impiegati pubblici, la riduzione
del costo della manodopera e l’introduzione di nuove tasse, non solo non hanno
apportato benefici all’economia greca e al debito pubblico nazionale, ma hanno
distrutto quasi completamente la prima e aumentato di oltre il 25% il secondo,
con la disoccupazione salita al 28% e quella giovanile al 60% della
popolazione.
Ben altrimenti
l’Europa e il resto del mondo trattarono la questione del debito tedesco nel
1953. Il debito della Germania risaliva agli anni
che avevano preceduto e poi seguito la prima guerra mondiale, comprendeva
inoltre i debiti contratti dopo la terribile seconda guerra, scatenata dalla
barbarie nazista, vuoi per ricostruire il paese, vuoi per far fronte in minima
parte ai danni di guerra provocati altrove. L’accordo di Londra del 27 Febbraio
1953 cancellò metà del debito e concesse di pagare l’altra metà solo a
condizione che l’economia tedesca registrasse negli anni una plusvalenza commerciale.
In caso di deficit, cioè, non sarebbe
stato rimborsato alcun debito!
Ben diversamente l’Unione Europea trattò la
questione della riunificazione della Germania. “Chi ha pagato il conto dell’unità tedesca?”, ci si chiede in un
articolo del Corriere della Sera del non lontano 8 Agosto 2012. Per far fronte
al dislivello economico esistente tra Germania Est e Germania Ovest, i tedeschi
spesero 1400 miliardi di marchi. Ciò fu possibile grazie al sostegno politico
ed economico dell’Unione, che pagò ugualmente un prezzo alto e che progettò a
breve scadenza, complice ingenua e interessata anche la Francia, l’introduzione
dell’euro a esclusivo vantaggio, come è sotto gli occhi di tutti, della
Germania unificata e della finanza internazionale.
sergio magaldi
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