giovedì 25 giugno 2015

GIUDA ISCARIOTA NON TRADI' GESU'...

Amos Oz, Giuda, trad. E. Loewenthal, Feltrinelli, Milano, 2014, pp.329
Edizione Mondolibri, Milano, 2015, pp.321


  Giuda, ricco possidente di Kerioth, non tradì Gesù per miseri trenta denari, come raccontano i vangeli canonici, né perché era un agente al servizio dei farisei. Questa la tesi che Amos Oz fa sostenere al protagonista del suo recente romanzo Habasorah Al Pi Yehuda Ish Qariyot [“Vangelo secondo Giuda, uomo di Kerioth (Iscariota)”, reso nella versione italiana edita da Feltrinelli, semplicemente con il titolo di Giuda].

 La tesi dell’innocenza di Giuda, già contenuta nei vangeli gnostici, fa per così dire da sfondo a tutta la narrazione – che si svolge a Gerusalemme tra l’inverno del 1959 e la primavera del ’60 – e si riconnette alla figura storica di Gesù, visto dagli ebrei nel corso del tempo. È questo peraltro l’argomento della tesi di dottorato dello studente Shemuel Asch che, per gli aspetti caratteriali, l’abbandono della fidanzata e sopravvenuti motivi familiari, decide di abbandonare la ricerca e di accettare la “Proposta di rapporto personale” affissa nella bacheca degli annunci dell’Istituto Kaplan di Gerusalemme:

 “A studente celibe di scienze umane, conversatore sensibile dotato di competenza storica, offronsi alloggio gratis e modesto stipendio mensile in cambio di cinque ore serali di compagnia a settantenne invalido, colto ed eclettico. Invalido generalmente in grado di badare a se stesso, bisognoso di conversazione, non di aiuto […]. Date le particolari circostanze, al candidato sarà richiesto un impegno scritto a mantenere il riserbo.

 L’incontro, quasi all’insegna del mistero, di Shemuel con l’anziano Gershom Wald, affetto da atrofia degenerativa, e con la sua bellissima nuora Atalia Abravanel, offre ad Amos Oz tutta una serie di spunti per parlare di Gesù, dell’amore universale, di Ben Gurion, della politica di Israele, del rapporto ebrei-arabi e della passione di uno studente per una donna che ha il doppio dei suoi anni.

 Ne nasce un ottimo romanzo dove la psicologia dei personaggi principali – tra i quali sono da annoverare anche gli scomparsi Shatiel e Micah, rispettivamente padre e marito di Atalia – è approfondita con notevole acume e sempre in relazione alle vicende dell’esistenza, lasciando tuttavia aperta la questione se è il carattere a determinare la trama di una vita o se, viceversa, sono gli accadimenti a forgiare il modo di intendere e di affrontare la realtà.   

 Shemuel è spesso soggetto ad attacchi di asma ed è depresso per il fallimento economico di suo padre che non gli permette di continuare gli studi, e perché Yardena, la sua ragazza, lo ha appena lasciato per sposare un altro. È davvero così? O non c’è nel ragazzo un’energia sottile che lo induce a vivere con gli altri, ma in fondo separato, un’ansia di proseguire la sua ricerca fuori degli schemi accademici, il desiderio di amori impossibili che finiscono per lasciargli l’amaro in bocca? Così lo descrive Amos Oz:

 “Amava molto compiacere i suoi interlocutori, chiunque fossero, ma soprattutto gli amici del Circolo per il Rinnovamento socialista: amava commentare, argomentare, contraddire, smontare e ricominciare. Parlava a lungo, con compiacimento e intelligenza, divagando spesso.
 Ma quando gli replicavano, quando toccava a lui ascoltare le idee degli altri, Shemuel veniva colto da un improvviso attacco di impazienza, di distrazione, cadeva in preda a una stanchezza tale che gli si chiudevano gli occhi e la testa scompigliata crollava contro il tappeto villoso del petto.
Anche in presenza di Yardena amava tenere le sue ardenti orazioni, demolire preconcetti e far vacillare convinzioni assodate, attingere una conclusione da un’ipotesi e un’ipotesi da una conclusione. Ma quando era lei che parlava a lui, allora quasi sempre gli si abbassavano le palpebre nel giro di pochi secondi. Lei lo rimproverava perché non lo ascoltava, lui negava, lei gli chiedeva di ripetere quello che aveva appena detto, lui cambiava argomento […]” [p.10, ediz.Mondolibri] 

 Gershom Wald è un intellettuale che riguarda il mondo che lo circonda, come da una prigione, col disincanto che maschera il dolore per la morte del figlio, ma anche con l’amara saggezza che gli viene dalla conoscenza degli esseri umani e dallo studio della tradizione, alla quale ricorre spesso citando a proposito versetti biblici con la maestria di un cabalista. E di fronte a Shemuel che lo intrattiene sul frutto della sua ricerca, Gesù in una prospettiva ebraica, osserva che gli autori ebrei che si sono occupati di Gesù o hanno finito per denigrarlo, inventando favole sulle sue origini, come nelle Toledot Yeshu, o hanno parlato di lui come di un autentico ebreo, osservante della Legge e che mai ha dichiarato di essere figlio di Dio, se non nel senso che appartiene a tutti gli uomini. Nessuno, tuttavia, si è intrattenuto sul “sogno” di Gesù che è anche il suo messaggio più originale: il concetto di amore universale. Nessuno si è chiesto se è davvero possibile amare tutti gli uomini. Egli naturalmente non lo crede possibile e persino Gesù ne dà prova, quando in preda all’ira scaccia i mercanti dal tempio o quando maledice il fico che, incolpevole, non era nella stagione di dare frutti. E, a testimonianza del suo scetticismo, ecco le parole che un giorno rivolge a Shemuel:

 “Quasi tutti gli uomini attraversano lo spazio della vita, dalla nascita alla morte, a occhi chiusi. Anche tu e io, mio caro Shemuel. Ad occhi chiusi. Perché se solo li aprissimo per un istante, ci sfuggirebbe da dentro un urlo tremendo e continueremmo a urlare senza smettere mai. Se non urliamo giorno e notte, è segno che teniamo gli occhi chiusi” [p.219]

 Atalia che vive separata, in una zona quasi segreta della casa, è una donna che la morte del marito sembra aver reso fredda e sfuggente. In lei c’è anche l’amarezza per il ricordo del padre, un tempo amico di Ben Gurion, morto poi come traditore per aver creduto in una politica di pace tra arabi ed ebrei. Disincantata per la visione di una Palestina, sempre più divenuta un immenso cimitero, la donna sembra incapace di amare ancora e tuttavia cede occasionalmente ai sensi quando in lei si risveglia la compassione. Quanto il suo comportamento si lega alle sventure, quanto alla sua vera natura?

 Shemuel che ha continuato in proprio la sua ricerca su Gesù, giunge infine alla conclusione che Giuda Iscariota non solo non tradì il suo Maestro, ma fu anche l’unico ad amarlo veramente e a credere in lui come figlio di Dio. Per questo lo convinse a salire e predicare a Gerusalemme. La sua condanna alla croce, dalla quale si sarebbe liberato di fronte a tutti per volontà del padre, avrebbe rappresentato il giorno della redenzione universale e l’inizio del mondo a venire. La delusione e il rimorso per la sua ingenuità che aveva causato la morte del Maestro, lo costrinsero ad impiccarsi. Fu Giuda il vero primo cristiano, forse anche l’ultimo.


 sergio magaldi

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