Jaco Van Dormael, Dio esiste e vive a Bruxelles [LE TOUT NOUVEAU TESTAMENT], Francia, Belgio, Lussemburgo, Novembre 2015, 113 minuti |
Albert
Einstein affermò una volta di non credere che Dio giocasse a dadi col mondo. Il
regista belga Jaco Van Dormael nel suo ultimo film Le Tout Nouveau Testament [titolo italiano: “Dio esiste e vive a
Bruxelles”] propone invece addirittura Dio come un Gran Giocatore solitario che
crea e usa il mondo svogliatamente e solo per il suo passatempo, divertendosi
con gli esseri umani, fatti a propria immagine e somiglianza, ma trattati come
altrettanti piccoli pupazzi: scatenando guerre tra di loro e generando nel
mondo ogni genere di sciagura, dispensando per ognuno poche gioie e molti
dolori. Tutto il suo potere si basa sul controllo di un pc universale dove si trova scritta anche la data di morte di ciascuno,
tenuta rigidamente segreta. Si tratta di un Dio [Benoît Poelvoorde] pigro, capriccioso e maschilista che impone al
cosmo leggi bizzarre e venate di sadismo, come quella che la fetta di pane
spalmata di marmellata cada a terra sempre dalla parte della marmellata o quella
che il telefono squilli non appena ci si immerga nella vasca da bagno. Un Dio
che impone la sua legge alla moglie [Yolande
Moreau] e alla piccola figlia Ea [Pili
Groyne], vieta loro l’accesso al Grande Archivio del destino umano e che
dissente fortemente dal suo unico
figlio maschio [di cui non possiede il potere di camminare sulle acque né di
fare miracoli], perché al monito “ama il prossimo tuo come te stesso”, egli oppone
il suo “odia il prossimo tuo come te stesso”. Naturalmente, tutto ciò è
tratteggiato nel film con umorismo e ironia, tanto da fare assomigliare questo Dio
a quello descritto da Roberto Benigni in E
l’alluce fu:
Roberto Benigni, E l'alluce fu, Einaudi, 1996, pp.166 |
Sarà Ea, l’unica figlia femmina di Dio, a
ribellarsi e a vendicarsi del padre oppressore, impadronendosi delle chiavi del
suo studio e di quelle del pc universale e inviando ai viventi un sms con la
notifica del tempo che resta loro da vivere. Con il risultato che l’ordine imposto dal padre e con il quale
egli mantiene il suo giogo sul mondo, andrà in frantumi: gli esseri umani
prenderanno finalmente coscienza della propria
morte, con la conseguenza che cesseranno le guerre e il lavoro asservito e
ognuno diverrà padrone del proprio tempo, decidendo come utilizzare al meglio
ore, giorni, mesi o anni che restano da vivere.
La conoscenza che ognuno ha dell’istante della
propria morte [con l’ eccezione, naturalmente, di quei pochi che non dispongono
di un cellulare] e che genera il caos sociale ricorda un libro di Saramago, Le intermittenze della morte. Qui è la
morte stessa che dopo sette mesi di irreperibilità, in cui nessuno più muore,
torna a farsi viva con lettere viola che annunciano il momento supremo. A nulla
servirà scrivere alla morte per avere spiegazioni perché la morte – osserva il
grande scrittore portoghese – è “una donna che non risponde alle lettere” [Si
veda in proposito il post La morte è una donna che non risponde alle lettere, cliccando sul titolo per leggere].
Per sfuggire alla collera del potente
genitore, ma anche su consiglio del fratello, relegato ormai nella casa di Dio al
ruolo di statuina parlante, Ea fuggirà sulla terra alla ricerca di sei nuovi
apostoli perché sia scritto un “Nuovo Testamento” del tutto nuovo, in cui gli apostoli non saranno
più 12 ma 18, con probabili conseguenze benefiche per l’umanità, così come gli
ha annunciato il fratello. E quando Dio scenderà anche lui sulla terra per
riprendersi le chiavi rubate dalla figlia, l’archivio celeste e il pc
universale resteranno nelle mani della moglie di Dio che cesserà dal ruolo di
sottomessa casalinga per riprendere la sua veste di Dio-donna. Allora accadrà
finalmente qualcosa di nuovo…
Un film piacevole, ancorché una sceneggiatura
talora futile, ne disturbi l’idea originale.
sergio
magaldi
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