SEGUE da IL GRANDE ANDROGINO[Parte Prima] e
da IL GRANDE ANDROGINO[Parte Seconda]. Clicca su ciascun titolo per
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Alcuni trattati ermetici sostengono che è il mondo
ad essere creato a immagine e somiglianza di Dio, non l'uomo, e se il creatore è eterno e ingenerato (aidios),
la realtà (mondo, cosmo) che è
generata, è soltanto immortale (atanatos). L'uomo, invece, non è né eterno né immortale,
perché generato dal mondo, sebbene egli partecipi dell'immortalità mediante
l'intelletto (nous). Cosa debba intendersi per nous nella
letteratura ermetica è argomento assai complesso. Si può tuttavia provare a
riassumerne i diversi significati, con le parole stesse del Pimandro,
secondo il quale l’intelletto proviene da Dio, così come la luce si dispiega
dal Sole. Se pure partecipa dell’intelletto divino,
l’essere umano è soltanto terzo nella gerarchia:
"Primo
di tutti gli esseri, in realtà è Dio, eterno, ingenerato, creatore
dell'universo; secondo è colui che è stato creato da Dio a sua immagine e che
da Dio è tenuto in vita, nutrito e dotato di immortalità...Il Padre dunque,
generandosi da sé, è eterno, il mondo invece, essendo generato dal Padre, è
generato ed è immortale. E quanta materia era soggetta alla sua volontà, tutta
questa il Padre la foggiò in forma di corpo e, avendole dato un volume, la rese
sferica...Dio circondò il tutto di immortalità, affinché, anche se la materia
volesse separarsi dalla composizione di questo corpo, non potesse dissolversi
tornando al disordine che le è proprio...I corpi degli esseri celesti
possiedono un unico ordine, quello che hanno ricevuto dal Padre fin dalla loro
origine; e quest'ordine è conservato immutabile dal ritornare periodico di
ciascuno di essi al suo posto primitivo (il ritorno periodico degli astri a
un punto fissato della loro traiettoria, indica quindi l'immobilità dell'ordine
celeste)...Il terzo essere vivente è l'uomo, creato a immagine del mondo, e
che, a differenza degli altri esseri terrestri, possiede l'intelletto per
volontà del Padre; non solo è unito per affinità al secondo dio, ma può
conoscere il primo dio con la facoltà intellettiva." [1]
Il
medesimo concetto, dell'uomo creato a immagine del mondo, è ripreso nel IX Discorso: "Dio è dunque il padre del mondo, il
mondo il padre di tutti gli esseri che si trovano in esso; il mondo a sua volta
è figlio di Dio, e gli esseri che sono nel mondo sono
figli del mondo. E giustamente il mondo è stato definito kosmos (ordine), perché ordina tutti gli esseri per mezzo delle
varie qualità delle generazioni, per mezzo della continuità della vita, della
sua instancabile attività, del rapido movimento imposto dal destino, della
combinazione degli elementi, e della disposizione ordinata di tutti gli esseri
che nascono." [2]
E
di nuovo è ripreso nel X Discorso per
sostenere che il mondo è bello ma non buono perché soggetto a passioni: "Chi è dunque il dio materiale di cui
parli?",chiede Asceplio
ad Ermete ed Ermete risponde: "Il mondo, che è bello, ma non buono;
è costituito infatti di materia, è soggetto a passioni ed è il primo di tutti
gli esseri passibili; è il secondo nella serie degli esseri, ed è incompleto in
sé stesso, ha avuto anch'esso un principio della sua esistenza, ma esiste
sempre, perché esiste nel divenire..."[3]
È
riproposto anche per ribadire la gerarchia degli esseri: Dio,
il cosmo e l'uomo: "...Vi
sono dunque questi tre esseri: Dio che è il padre e il bene al tempo stesso, il
cosmo e l'uomo. Dio contiene il cosmo; il cosmo l'uomo; il cosmo nasce come
figlio di Dio, l'uomo del cosmo, quindi come nipote di Dio." [4]. In proposito, B.M. Todini Portogalli
osserva: "La concezione di un profondo legame tra i tre esseri divini:
Dio, il mondo, l'uomo è il tema centrale dell'ermetismo, e deriva evidentemente
dal tema stoico della sumpateia (simpatia),
principio di accordo e di unità del cosmo." [5]
Il
tema dell’essere umano creato a immagine e somiglianza del mondo è ancora contenuto
nel discorso che l'intelletto o nous rivolge a Ermete per meglio fissare, in rapporto a Dio, i
concetti di eternità, cosmo o mondo, tempo e divenire: "...Dio crea l'eternità, l'eternità il
mondo, il mondo il tempo, il tempo il divenire. L'essenza di Dio è per così
dire la saggezza; dell'eternità l'identità; del mondo l'ordine; del tempo il
mutare, del divenire la vita e la morte...Così dunque l'eternità è in Dio, il
mondo nell'eternità, il tempo nel mondo, il divenire nel tempo. E mentre
l'eternità sta immobile intorno a Dio, il mondo è in movimento nell'eternità,
il tempo si compie nel mondo, il divenire diviene nel tempo." [6]
Ribadito
di nuovo lo stesso concetto per definire, in rapporto al cosmo, i reali
significati di morte, trasformazione, visibile, invisibile, rotazione e
sparizione: L'eternità è dunque immagine di Dio, il mondo
immagine dell'eternità, il sole del mondo, l'uomo del sole. Il cambiamento è
definito come morte, per il fatto che il corpo si disgrega e la vita si
dissolve nell'invisibile. Gli esseri che si disgregano in tal modo, mio caro
Ermete, e anche il mondo, io dico che si trasformano, per il fatto che ogni
giorno una parte del mondo va nell'invisibile, ma non si dissolvono. Queste
sono le perturbazioni che subisce il mondo: la rotazione e la sparizione. La
rotazione è rivoluzione, la sparizione é rinnovamento."[7].
Per
quanto la concezione ermetica ricordi il Timeo platonico nel fare del
cosmo l'immagine stessa di Dio e dell'eternità, passaggio dal caos all'ordine, topos generato
e immortale, per quanto i trattati ermetici parlino del cosmo come di un
secondo dio,
non bisogna dimenticare il carattere sostanzialmente monoteistico della
teologia ermetica: ei kai monos,
uno e solo, è il fondamento stesso della divinità e il nous così
parla ad Ermete:
"Che esista dunque un creatore di queste cose, è chiaro;
che sia anche unico, è ancora più evidente; una è l'anima, infatti, una la
materia, una la vita. Chi è dunque questo creatore? Chi altro se non Dio, che è
unico? A chi altro infatti si converrebbe creare esseri animati, se non a Dio
solo? Dio dunque è unico. Sarebbe una cosa del tutto ridicola: hai ammesso con
me che il mondo è sempre uno, uno il sole, una la luna, una l'attività divina,
e vorresti che Dio proprio lui, fosse membro di una serie?"[8]
Dio-Uno
è davvero il Grande Androgino descritto nel primo capitolo del Genesi,
in alcuni trattati ermetici e nel pantheon delle diverse religioni? In
contrasto con quanto si afferma sia nel Pimandro che nell'Asclepio,
nel già menzionato discorso del nous ad Ermete, la soluzione
prospettata, nonostante l'apparente dualismo, è decisamente in armonia col
pensiero complessivo dell'ermetismo. Per un verso Dio, come principio
trascendente, è incorporeo e dunque privo di forma, per altro verso Dio,
creatore del cosmo, presenta tutte le forme:
"Il mondo è multiforme, non perché contiene in sé stesso le forme,
ma perché muta in se stesso. Poiché dunque il mondo è stato creato multiforme,
come può essere colui che lo ha creato? Non potrebbe essere privo di forma.
D'altra parte, se egli è multiforme, risulta che è uguale al mondo. Ma se
possiede una sola forma? In questo sarà inferiore al mondo. Come possiamo
dunque dire che è, per non lasciare il discorso senza una conclusione certa?
Niente vi è infatti di dubbio per noi nella conoscenza di Dio. Dio quindi ha
una sola forma che sia propria di Dio, la quale non sia però oggetto degli
organi della vista, e cioè incorporea; Dio presenta tutte le forme attraverso i
corpi." [9]
Poiché, dunque, c'è forma solo per rapporto alla
materia, Dio non ha forma, né può improntare di sé una qualsiasi forma da
trasmettere all'uomo. Non diversamente, gli stoici (Zenone, Cleante e Crisippo, IV -
III sec. a. C.), secondo le testimonianze degli antichi, considerano il cosmo
uno, generato e immortale [10] C'è
tuttavia da osservare che, nella concezione stoica, Dio stesso è identificato
con l'intero cosmo:"Per loro dio non è altro che l'intero cosmo con
tutte le sue parti. E affermano che questo è uno solo, finito, vivente, eterno
e divino. Nel cosmo sono compresi tutti i corpi, né v'è traccia di vuoto. Danno
il nome di Dio alla qualità derivata da tutta la sostanza, e non a ciò che
possiede una tale disposizione in conformità con l'ordine universale. Pertanto,
in coerenza con la prima definizione sostengono che il cosmo è eterno, mentre
con riferimento al suo ordinamento dicono che è generato, soggetto a un
infinito cambiamento ciclicamente ripetuto nel passato e nel futuro. Ma per
quanto riguarda la qualità che proviene da tutta la sua sostanza il cosmo è
eterno e divino." [11]
Mi sembra
interessante osservare come Giordano Bruno in De la causa, principio e uno
pervenga in gran parte a risultati analoghi nel considerare il rapporto
Dio - cosmo. Soluzione più stoica, dunque, che ermetica, quella del grande
Nolano, anche valutando con tutto il rispetto le acute analisi della Yates
sull'ermetismo di Bruno (Frances A. Yates, Giordano Bruno and the Hermetic
Tradition, Londra, 1964; trad. it. Laterza, Bari, 3.a ed., 1992 ). [SEGUE]
[1] Cfr., Discorsi di Ermete Trismegisto,
cit., VIII, pp. 80 - 82. Il corsivo in parentesi è contenuto in una nota di B.
M. Todini Portogalli,curatrice del volume, in calce al testo.
[5] Ibid.,
p. 102, nota 26
[8] Cfr., Discorsi, cit., XI, 11, p. 112.
[10]cfr., Stoici antichi. Tutti i frammenti,
raccolti da Hans von Arnim, trad. it. di R. Radice, testo greco e latino
a fronte, Rusconi, Milano, 2.a ed., 1999, frr. (B. f)528 - 533, pp. 615
- 617.
[11] Ibid., (B.f)528, p. 615.
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