sabato 17 settembre 2016

INTRODUZIONE ALLO STUDIO DELLA QABBALAH [Parte Quinta]





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I termini in grassetto rappresentano altrettante voci del glossario essenziale per lo studio della Qabbalah.



CALICE [KOS]

Per Ghematria, Kos [Calice] corrisponde a Elohim, uno dei nomi di Dio. Infatti Kos è formato dalle lettere ebraiche Caf [valore 20]-Waw [6] - Samech [60] = 86. Lo stesso numero di Elohim, formato dalle lettere Alef [1] - Lamed [30] – He [5] – Yud [10] – Mem [40] = 86. La sacralità del calice è descritta in un passo del libro dello Zohar, il trattato più voluminoso e ricco della Qabbalah: “È stato stabilito che il calice deve essere sciacquato e lavato, cioè deve essere sciacquato fuori e lavato dentro. Il significato segreto è che l’oggetto deve essere fuori esattamente come dentro. Colui che aspira all’anima superiore che proviene da questo calice deve cioè avere un’anima pura sia interiormente che esteriormente” [Zohar III,245b]. La differenza tra il “lavare di fuori” e lo “sciacquare di dentro” è solo apparente, perché lo spirito che discende da Elohim è più puro dell’anima che lo accoglie. Il calice, tuttavia - sempre per lo Zohar - può essere un calice di luce e di vita o un calice di morte, contenente tre gocce amare. Il cabbalista Hayyim Vital, che ebbe il merito di diffondere la Qabbalah lurianica, utilizzò il simbolismo del calice per spiegare “la caduta” di Adamo ed Eva: “… bevvero di quel vino [pieno di feccia] una coppa di stordimento, porzione delle forze esterne, denominata 'parte della morte', e per questo si resero colpevoli e attirarono su di loro la morte” [’Eș hayyim (l’albero della vita) VI,38].

CASA [BAYIT]

Se non è il Signore che costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori [Salmo 127.1] … e cioè il Santo, sia Egli benedetto, creò e ornò con tutto quanto era necessario questo mondo che è la casa” [Zohar II,226a]. Nella concezione cabbalistica, la casa assume un duplice significato: è la rappresentazione della manifestazione divina e al tempo stesso è la realizzazione dell’anima superiore nell’essere umano [Neshamah]: “Quando un uomo comprende il mistero della sapienza e si rafforza in esso, si ha il compimento del versetto: 'Edifica la tua casa [Proverbi, 24.27]' che equivale all’anima superiore nel corpo umano, di cui egli si è ornato così da diventare un essere completo” [Zohar I, 141b].

CHAYAH

Rappresenta il quarto livello dell’Anima, ma non può essere raggiunto e concepito individualmente, bensì solo per rapporto a qualcosa che ci unisce e che al tempo stesso ci trascende. L’esperienza di Chayah è dunque soltanto provvisoria per l’essere umano.

CHESED

Quarta sephirah dell’albero delle sephiroth, Chesed [Hesed] è collocata nella manifestazione sul lato destro dell’albero, a rappresentare la clemenza, la misericordia e la grazia. La sua funzione è di bilanciare il lato sinistro dell’albero, dove il rigore, la potenza e la forza sono rappresentate dalla sephirah Gevurah.  Per la sua capacità di mitigare il male è detta anche Ghedullah, grandezza. Isolata dalla sua collocazione superna – destinata all’equilibrio della bilancia – e discesa sul piano materiale, Chesed può generare pensieri legati alla lussuria e alla gola. In tal caso, consapevole di ciò, lo studente della Qabbalah deve saperla riportare alla sua sede originaria.

CHOKMAH

Seconda sephirah dell’albero delle sephiroth, occupa il lato destro in perfetta polarità con Binah, la sephirah del lato sinistro che la segue immediatamente sui sentieri dell’albero. Rappresenta tutta la Sapienza della manifestazione, il passaggio dal Nulla all’Essere, la Yud originaria, il punto di luce [Aur-Or] da cui tutto discende. “Poiché la yud rappresenta Chokmah, mentre la prima he del Tetragramma simboleggia Binah, la metafora della penetrazione dell’una nell’altra allude a quella fase del processo di emanazione in cui  l’occulta forza divina si slancia, attraverso il passaggio di Binah, nel dominio della manifestazione [Zohar, I,13b]. A questo proposito, non a caso Binah è anche detta porta dell’incarnazione.
Chesed è la sola sephirah che ha un contatto, un canale diretto con Keter, la corona suprema dell’albero, e rappresenta anche il termine oltre il quale il pensiero umano non può andare. Scrive in proposito Mosè Nachmanide, commentando il Sepher Yetzirah: “Sapienza: è la fine di ciò che l’essere umano può comprendere col pensiero. La tradizione, su questo punto, procede per allusioni, poiché la corona suprema, sia Ella benedetta, riempie più di quanto il cuore possa intuire della sua gloria. Contrasse l’essenza della gloria secondo le sue capacità […] Dalla fonte del tutto si diffuse poi la luce fulgida detta sapienza”. [Segue]

sergio magaldi




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