GIUGNO 1946. PRIMA SEDUTA dell'ASSEMBLEA COSTITUENTE |
Il
MOVIMENTO ROOSEVELT [MR] lancia un’iniziativa lodevole in occasione del voto
del prossimo 4 Dicembre sul Referendum Costituzionale: ha creato un sito
apposito www.referendumsiono.it [clicca sopra per entrare] dove in sintesi rapida ma efficace sono elencate le conseguenze derivanti dal
voto degli elettori [Sì o No] sull’intero Referendum. Si badi bene, si tratta
solo di conseguenze costituzionali, non politiche – sulle quali ultime ogni
cittadino è libero di farsi le idee che crede – e pertanto non soggette a
valutazioni soggettive. In più, si riportano le principali obiezioni degli uni
contro gli altri, senza tuttavia mai intervenire in merito. Un pregio non da
poco, questo, visto che ogni altra simile iniziativa si dilunga nel tentativo
di “tradurre” per intero il difficile e talora incomprensibile linguaggio dei politici-costituzionalisti
e/o prende decisamente posizione per l’uno o l’altro “partito”. Il senso di
questa operazione lanciata dal Movimento Roosevelt, al di là del voto
sicuramente differenziato dei suoi militanti, sta tutto nella natura del
movimento che, per bocca del suo Presidente, dichiara esplicitamente che tra i
suoi fini c’è innanzi tutto quello di informare i cittadini mediante una sorta
di pedagogia della politica [clicca per vedere su: https://www.youtube.com/watch?v=HrYgEwhiACY]. Ebbene,
il sito appositamente creato dal MR affronta la questione, passando al vaglio i
sei “Grandi temi della Riforma” e cioè:
1°
Il Bicameralismo perfetto o paritario
2°
Riforma del Senato
3°
Elezione del Presidente della Repubblica
4°
Abolizione del CNEL [Consiglio Nazionale Economia e Lavoro]
5°
Riforma del Titolo V della Costituzione, sulle competenze di Stato e Regioni
6°
Riforma sui Referendum abrogativi e leggi di iniziativa popolare.
L’elettore
sa che con un Sì approva l’intero
“pacchetto”, mentre con un No lo
respinge in blocco, lasciando inalterato l’attuale dettato costituzionale sulla
materia. I radicali avevano lanciato la proposta di “spacchettare” i temi della
Riforma, lasciando i cittadini liberi di esprimersi su ciascuno di essi. Il
Parlamento, tuttavia, non ha recepito la proposta, sia da parte dei sostenitori
del Sì che da quella dei sostenitori del No. L’eventuale “spacchettamento”
avrebbe sicuramente impedito l’attuale disputa in stile “Guelfi-Ghibellini”, ma
le opposizioni avrebbero perso l’occasione di costringere il governo Renzi a
dimettersi nell’eventualità della vittoria del No, mentre i partiti di governo,
abbastanza sicuri di vincere sui punti 1° e 4°, avrebbero rischiato su tutti
gli altri e in particolare sul Titolo V che, insieme al superamento del
bicameralismo perfetto, è il punto nevralgico dell’intera proposta di riforma
costituzionale. In più, occorre riconoscere che appare abbastanza problematico,
se non addirittura arduo, separare tra loro i primi tre punti della riforma,
essendo chiara la loro stretta interdipendenza.
Ciò
premesso, ecco cosa si trova scritto nel sito citato a proposito del 1° punto:
SUPERAMENTO DEL BICAMERALISMO PERFETTO
[o PARITARIO]
SE
VOTI Sì
La Camera
dei Deputati potrà approvare indipendentemente alcuni tipi di legge (es. leggi
ordinarie). Per altri tipi di legge (di bilancio, regioni etc.) il Senato potrà
richiedere delle modifiche e avrà dai 10 ai 15 giorni per inviare la richiesta.
Un’altra serie di leggi (costituzionali, UE, referendum, elettorali etc.)
rimangono ad approvazione bicamerale. La Camera dei Deputati sarà l’unica
assemblea a votare la fiducia al Governo.
SE
VOTI No
Tutte le
leggi, sia ordinarie che costituzionali devono essere approvate da entrambe le
Camere (bicameralismo perfetto). La fiducia al Governo deve essere votata sia
dalla Camera dei Deputati che dalla Camera dei Senatori.
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Sin qui, dunque, il sito che, sul
1° punto, si limita a dire che con la vittoria del Sì i poteri delle due Camere
verrebbero modificati nel senso sopra riportato, mentre con la vittoria del No
tutto resterebbe com’è adesso. Proverò ora ad allargare l’ambito del discorso,
per verificare tutte le implicazioni connesse con il voto. Innanzi tutto,
occorre ricordare che l’Italia è parte dell’Unione Europea, ebbene cosa avviene
nei 28 (ora 27, dopo la Brexit. E, a proposito di Brexit, Tiscali News in
queste ore titola in rete: “La sterlina crolla dopo la Brexit. Ora gli inglesi sono più poveri.
Da qualche giorno gli entusiasti hanno abbassato le piume. Ora si scopre che la
sterlina viene scambiata alla pari con l’euro”) Paesi dell’Unione?
Scriveva in
proposito Roberto D’Alimonte in un articolo di un paio di anni fa, pubblicato su
Il Sole 24 Ore: […] la maggioranza dei
paesi della Unione Europea (15 su 28) non hanno una seconda camera. In altre
parole sono sistemi parlamentari monocamerali […]. Tra i 13 paesi che hanno una seconda camera solo in 5 paesi i
suoi membri sono eletti direttamente dai cittadini. In Spagna , tra
l’altro, una parte dei membri sono designati dalle Comunità Autonome. Tra
questi 5 paesi solo in Italia, Polonia e Romania si può dire che la seconda
camera abbia dei poteri legislativi rilevanti. E solo l’Italia ha un sistema
parlamentare in cui il Senato ha esattamente gli stessi poteri della Camera.
Bene,
il cittadino che voterà No, potrà
sempre sostenere che Polonia e Romania siano i paesi in cui le istituzioni
democratiche funzionano meglio che nel resto d’Europa e, al tempo stesso,
rivendicare con orgoglio come l’Italia sia l’unico paese dell’Unione dove
Camera e Senato hanno poteri identici, o come direbbe Gustavo Zagrebelsky [così egli si è espresso
di recente nel confronto con Renzi su La 7], dove il Senato esercita una funzione di controllo sulle leggi approvate
dalla Camera. Opinione peraltro rispettabilissima e soprattutto giunta a
milioni di telespettatori attraverso l’affascinante eloquio dello stimato
costituzionalista. Rispettabilissima, ancorché anacronistica, perché concepita
e approvata dai padri costituenti circa 70 anni fa, ad evitare imprudenze legislative dopo gli anni
della dittatura fascista.
D’altra parte, chi voterà Sì sa che le
leggi costituzionali ed elettorali, che costituiscono il cuore stesso della
democrazia, rimangono ad approvazione bicamerale e che con il proprio voto
metterà solo fine al consueto “ping pong” che intercorre tra Camera e Senato
per l’approvazione delle leggi ordinarie. Come non vedere in questa estenuante
“navetta”, che talora finisce per affossare una legge o per ritardarne
l’approvazione di anni, una ripercussione sul sistema economico del Paese anche a causa della comprensibile
diffidenza degli investitori internazionali?
Dal canto suo, chi voterà No si dirà
persuaso che “Quando si vuole,
alcune leggi sono approvate in gran fretta, come testimoniano anche alcuni casi
recenti”. Affermazione che testimonia esattamente il contrario di quanto
intende sostenere, perché è sufficiente, per interrompere l’approvazione di una
legge, che magari non piace a certe lobby, apportare piccole modifiche al testo
da parte di alcuni senatori della stessa maggioranza di governo per rinviarla
nuovamente alla Camera dei Deputati e così via all’infinito, sino al definitivo
affossamento.
Sono tuttavia persuaso che, se fosse
“spacchettato”, il quesito sul superamento
del bicameralismo perfetto o paritario otterrebbe una netta maggioranza di Sì.
Sappiamo però che questo non può accadere e allora il cittadino orientato per
il No su tutti gli altri quesiti, ma favorevole a quello appena
illustrato, potrebbe porsi il dilemma: è più forte in me la volontà di mettere
fine, dopo 70 anni, al bicameralismo perfetto o quella di lasciarlo
sopravvivere per altri decenni, pur di non vedere approvati gli altri punti
della Riforma? [SEGUE]
sergio magaldi
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