domenica 9 ottobre 2016

RIFORMA COSTITUZIONALE: 1° IL BICAMERALISMO PERFETTO

GIUGNO 1946. PRIMA SEDUTA dell'ASSEMBLEA COSTITUENTE



Il MOVIMENTO ROOSEVELT [MR] lancia un’iniziativa lodevole in occasione del voto del prossimo 4 Dicembre sul Referendum Costituzionale: ha creato un sito apposito www.referendumsiono.it [clicca sopra per entrare] dove in sintesi rapida ma efficace sono elencate le conseguenze derivanti dal voto degli elettori [Sì o No] sull’intero Referendum. Si badi bene, si tratta solo di conseguenze costituzionali, non politiche – sulle quali ultime ogni cittadino è libero di farsi le idee che crede – e pertanto non soggette a valutazioni soggettive. In più, si riportano le principali obiezioni degli uni contro gli altri, senza tuttavia mai intervenire in merito. Un pregio non da poco, questo, visto che ogni altra simile iniziativa si dilunga nel tentativo di “tradurre” per intero il difficile e talora incomprensibile linguaggio dei politici-costituzionalisti e/o prende decisamente posizione per l’uno o l’altro “partito”. Il senso di questa operazione lanciata dal Movimento Roosevelt,  al di là del voto sicuramente differenziato dei suoi militanti, sta tutto nella natura del movimento che, per bocca del suo Presidente, dichiara esplicitamente che tra i suoi fini c’è innanzi tutto quello di informare i cittadini mediante una sorta di pedagogia della politica [clicca per vedere su: https://www.youtube.com/watch?v=HrYgEwhiACY]. Ebbene, il sito appositamente creato dal MR affronta la questione, passando al vaglio i sei “Grandi temi della Riforma” e cioè:

1° Il Bicameralismo perfetto o paritario
2° Riforma del Senato
3° Elezione del Presidente della Repubblica
4° Abolizione del CNEL [Consiglio Nazionale Economia e Lavoro]
5° Riforma del Titolo V della Costituzione, sulle competenze di Stato e Regioni
6° Riforma sui Referendum abrogativi e leggi di iniziativa popolare.

L’elettore sa che con un approva l’intero “pacchetto”, mentre con un No lo respinge in blocco, lasciando inalterato l’attuale dettato costituzionale sulla materia. I radicali avevano lanciato la proposta di “spacchettare” i temi della Riforma, lasciando i cittadini liberi di esprimersi su ciascuno di essi. Il Parlamento, tuttavia, non ha recepito la proposta, sia da parte dei sostenitori del Sì che da quella dei sostenitori del No. L’eventuale “spacchettamento” avrebbe sicuramente impedito l’attuale disputa in stile “Guelfi-Ghibellini”, ma le opposizioni avrebbero perso l’occasione di costringere il governo Renzi a dimettersi nell’eventualità della vittoria del No, mentre i partiti di governo, abbastanza sicuri di vincere sui punti 1° e 4°, avrebbero rischiato su tutti gli altri e in particolare sul Titolo V che, insieme al superamento del bicameralismo perfetto, è il punto nevralgico dell’intera proposta di riforma costituzionale. In più, occorre riconoscere che appare abbastanza problematico, se non addirittura arduo, separare tra loro i primi tre punti della riforma, essendo chiara la loro stretta interdipendenza.

Ciò premesso, ecco cosa si trova scritto nel sito citato a proposito del 1° punto: SUPERAMENTO DEL BICAMERALISMO PERFETTO  [o PARITARIO]

SE VOTI  

La Camera dei Deputati potrà approvare indipendentemente alcuni tipi di legge (es. leggi ordinarie). Per altri tipi di legge (di bilancio, regioni etc.) il Senato potrà richiedere delle modifiche e avrà dai 10 ai 15 giorni per inviare la richiesta. Un’altra serie di leggi (costituzionali, UE, referendum, elettorali etc.) rimangono ad approvazione bicamerale. La Camera dei Deputati sarà l’unica assemblea a votare la fiducia al Governo.

SE VOTI  No

Tutte le leggi, sia ordinarie che costituzionali devono essere approvate da entrambe le Camere (bicameralismo perfetto). La fiducia al Governo deve essere votata sia dalla Camera dei Deputati che dalla Camera dei Senatori.

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Sin qui, dunque, il sito che, sul 1° punto, si limita a dire che con la vittoria del Sì i poteri delle due Camere verrebbero modificati nel senso sopra riportato, mentre con la vittoria del No tutto resterebbe com’è adesso. Proverò ora ad allargare l’ambito del discorso, per verificare tutte le implicazioni connesse con il voto. Innanzi tutto, occorre ricordare che l’Italia è parte dell’Unione Europea, ebbene cosa avviene nei 28 (ora 27, dopo la Brexit. E, a proposito di Brexit, Tiscali News in queste ore titola in rete: “La sterlina crolla dopo la Brexit. Ora gli inglesi sono più poveri. Da qualche giorno gli entusiasti hanno abbassato le piume. Ora si scopre che la sterlina viene scambiata alla pari con l’euro”) Paesi dell’Unione?

Scriveva in proposito Roberto D’Alimonte in un articolo di un paio di anni fa, pubblicato su Il Sole 24 Ore: […] la maggioranza dei paesi della Unione Europea (15 su 28) non hanno una seconda camera. In altre parole sono sistemi parlamentari monocamerali […]. Tra i 13 paesi che hanno una seconda camera solo in 5 paesi  i suoi membri sono eletti direttamente dai cittadini.  In Spagna , tra l’altro, una parte dei membri sono designati dalle Comunità Autonome. Tra questi 5 paesi solo in Italia, Polonia e Romania si può dire che la seconda camera abbia dei poteri legislativi rilevanti. E solo l’Italia ha un sistema parlamentare in cui il Senato ha esattamente gli stessi poteri della Camera. 

Bene, il cittadino che voterà No, potrà sempre sostenere che Polonia e Romania siano i paesi in cui le istituzioni democratiche funzionano meglio che nel resto d’Europa e, al tempo stesso, rivendicare con orgoglio come l’Italia sia l’unico paese dell’Unione dove Camera e Senato hanno poteri identici, o come direbbe Gustavo Zagrebelsky [così egli si è espresso di recente nel confronto con Renzi su La 7], dove il Senato esercita una funzione di controllo sulle leggi approvate dalla Camera. Opinione peraltro rispettabilissima e soprattutto giunta a milioni di telespettatori attraverso l’affascinante eloquio dello stimato costituzionalista. Rispettabilissima, ancorché anacronistica, perché concepita e approvata dai padri costituenti circa 70 anni fa, ad evitare imprudenze legislative dopo gli anni della dittatura fascista.
D’altra parte, chi voterà Sì sa che le leggi costituzionali ed elettorali, che costituiscono il cuore stesso della democrazia, rimangono ad approvazione bicamerale e che con il proprio voto metterà solo fine al consueto “ping pong” che intercorre tra Camera e Senato per l’approvazione delle leggi ordinarie. Come non vedere in questa estenuante “navetta”, che talora finisce per affossare una legge o per ritardarne l’approvazione di anni, una ripercussione sul sistema economico del Paese anche a causa della comprensibile diffidenza degli investitori internazionali?
Dal canto suo, chi voterà No si dirà persuaso che “Quando si vuole, alcune leggi sono approvate in gran fretta, come testimoniano anche alcuni casi recenti”. Affermazione che testimonia esattamente il contrario di quanto intende sostenere, perché è sufficiente, per interrompere l’approvazione di una legge, che magari non piace a certe lobby, apportare piccole modifiche al testo da parte di alcuni senatori della stessa maggioranza di governo per rinviarla nuovamente alla Camera dei Deputati e così via all’infinito, sino al definitivo affossamento.
Sono tuttavia persuaso che, se fosse “spacchettato”, il quesito sul superamento del bicameralismo perfetto o paritario otterrebbe una netta maggioranza di . Sappiamo però che questo non può accadere e allora il cittadino orientato per il No su tutti gli altri quesiti, ma favorevole a quello appena illustrato, potrebbe porsi il dilemma: è più forte in me la volontà di mettere fine, dopo 70 anni, al bicameralismo perfetto o quella di lasciarlo sopravvivere per altri decenni, pur di non vedere approvati gli altri punti della Riforma?  [SEGUE]
sergio magaldi

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