martedì 17 gennaio 2017

L'amore nel tempo di guerra in ALLIED di ROBERT ZEMECKIS

ALLIED- UN'OMBRA NASCOSTA, di Robert Zemeckis, USA, 2016, 124 minuti


 Il nuovo film del regista di Chi ha incastrato Roger Rabbit e di Forrest Gump non ottiene il giudizio favorevole della critica ma in compenso riscuote il consenso del pubblico e non solo in Italia. Le critiche della stampa americana per lo più si ripetono: nel ritenerlo un film inattuale, un omaggio tardivo al cinema classico e in particolare a Casablanca, nel valutare negativamente la sceneggiatura di Steven Knight, definita “flaccida” o alla maniera di Hitchcock, nella prevedibilità dei dialoghi, nel considerare elementari e scarsi gli effetti speciali, nel constatare quanta poca alchimia legata all’eros ci sia sullo schermo tra il rigido Max Vatan [Brad Pitt], il tenente colonnello dell’intelligence canadese e Marianne Beausejour [Marion Cotillard], l’incantevole e allegra militante della resistenza francese. E in effetti, qualcosa del genere si nota già al primo incontro tra i due, dove si tratta per così dire di fingere una finzione: far credere agli ospiti di un locale pubblico, tra i quali ci sono, seduti ai tavoli, nazisti tedeschi e francesi collaborazionisti di Vichy, che Marianne e Max che si vedono per la prima volta – opportunamente addestrati dai rispettivi servizi segreti per portare a termine una missione in Marocco, nel bel mezzo della seconda guerra mondiale (siamo nel 1942) – siano moglie e marito. E, dove la Cotillard è naturale e al tempo stesso seducente e spigliata nel salutare e abbracciare davanti a tutti il falso marito, nelle sembianze di un uomo che non ha mai visto, Brad Pitt appare come distante e impacciato. E in fondo David  Rooney non ha tutti i torti nello scrivere su Hollywood Reporter che tra i due può scattare al massimo la tenerezza e non la passione travolgente, come sarebbe opportuno per un film romantico del tempo di guerra. In effetti, le scene di eros tra i due non sono mai coinvolgenti, nonostante l’atmosfera speciale in cui si svolgono o forse proprio per questo: la tempesta di sabbia nel deserto marocchino mentre fanno l’amore nell’abitacolo di un’automobile o lo scorrere delle lancette di un orologio, nell’attesa angosciosa per Max di ricevere una telefonata, quando sono già sul letto in procinto di amarsi. Annota in proposito Peter Travers che colloca Allied al quarto posto tra i peggiori film del 2016 – Rolling Stone (USA): “Che bel contenitore vuoto che è Allied. Nonostante la potenza della coppia di stelle formata  da Brad Pitt e Marion Cotillard, le loro scene insieme finiscono col non accendere il benché minimo barlume di una scintilla”. Non tutta la critica, tuttavia, si sofferma sulla cattiva performance di Brad Pitt e sul film di Robert Zemeckis ci sono anche giudizi positivi. Scrive Kelly Vance – Este Nay Express (USA): “Allied esplora i temi della guerra, della dipendenza e della natura umana in generale più di quanto riesca a fare qualunque altro film nelle sale in questo periodo”.
 Le recensioni italiane si dividono tra lo scimmiottare la stampa americana nel giudicare negativamente il film; il sottolineare i risvolti scandalistici di un reale flirt tra Brad e Marion [il recente divorzio tra Brad Pitt e Angelina Jolie, smentita decisamente dall’attrice francese ogni relazione con Brad, e con Angelina che ha motivato la richiesta di divorzio con gli scatti d’ira del marito e il suo consumo eccessivo di alcool e marijuana]; il riconoscere il valore e la creatività del regista senza approfondire il giudizio sul film; l’assumere una posizione intermedia e strategicamente ambivalente, come fa Andrea Pirruccio su www.cinema.it, allorché così conclude la sua recensione:“Testo stratificato e perciò godibile (o, a scelta, rifiutabile) a più livelli, Allied è cerebrale senza escludere la commozione e prevedibile pur se spesso spiazzante. Probabilmente, uno straordinario film sbagliato”. E, infine, tra i giudizi sicuramente positivi, quello di Davide Turrini su www.ilfattoquotidiano.it che innanzi tutto si toglie il capriccio di demistificare le critiche negative del film: “Casablanca non c’entra niente. I sabotatori dell’ennesimo capolavoro di Robert Zemeckis l’hanno fatta grossa. Abbiamo letto e sentito dappertutto che Allied rifà, richiama, ripete, ri-qualcos’altro il celebre film di Michael Curtiz con Humphrey Bogart e Ingmar Bergman, ma vorremmo sapere dov’è nata questa fandonia cinefila. Un depistaggio in piena regola”. Quanto al valore del film in sé così conclude Turrini: “Non si può dire di più se non sottolineare l’elegante confezione formale, l’inappuntabile ricostruzione d’epoca, il taglio verticale da brividi di ogni inquadratura (l’opposto dell’orizzontalità larga alla Tarantino o alla Inarritu) che rasenta la perfezione. Allied lo consigliamo non solo perché la materia dell’intrattenimento sposa la creatività di una personale idea di cinema, ma anche perché Pitt e Cotillard sono invitati finalmente a recitare da persone adulte. Lei c’era riuscita da tempo, riconosciuta perfino con l’Oscar nel 2008 nella Piaf de La Vie en rose, ma poi si era persa in evanescenti prove da Sunset Boulevard; Brad invece ha gigioneggiato parecchio tra registri grotteschi più o meno riusciti cercando di abbattere l’icona del manzo da copertina tutto mascella, occhio chiaro e petto infuori”.
 Giudizio, quest’ultimo, in gran parte condivisibile, perché se è vera una certa rigidità espressiva in Brad Pitt, questa è ampiamente compensata dalla straordinaria performance di Marion Cotillard; e se vero che l’eros non arriva a coinvolgere lo spettatore, è vero altresì che quella che David Rooney chiama “velata tenerezza” riesce da sola a imbastire una storia d’amore nel bel mezzo della guerra, dove i sentimenti sono custoditi tra inganni e segreti ma non per questo sono meno veri. Un lavoro esteticamente pregevole e che, non alla maniera ma come i film di Hitchcock, mantiene per tutto il tempo gli spettatori in un clima straordinario di suspense e che senza essere un film per intellettuali, come non lo sono tutti i film di Zemeckis, forse con la sola eccezione di The Walk, lancia un messaggio semplice e chiaro: le potenzialità della natura umana vanno oltre l’odio e le convenzioni.

sergio magaldi



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