martedì 11 maggio 2021

ADALINE - L'Eterna giovinezza


 

 A sei anni di distanza dalla sua prima uscita, Cinema Premium 2 di Sky ha riproposto ieri in prima serata Adaline-L’eterna giovinezza. Per la verità, non si tratta di un film che guadagni dall’essere rivisto, come a volte può accadere. Innanzi tutto perché viene meno quel clima di attesa che avvolge lo spettatore per circa due ore nella curiosità di conoscere l’esito di una vicenda che si gioca tutta sull’immediato futuro, poi e soprattutto perché ogni successiva visione di questo film sembra piuttosto accrescere la possibilità di coglierne i difetti.

Il tentativo di coniugare insieme una grande storia d’amore con l’eterna giovinezza ha tuttavia il pregio – forse persino al di là delle intenzioni del regista – di relegare tra le illusioni due tra i miti più significativi e persistenti della nostra civiltà. Il mito dell’Amore e quello dell’Eterna Giovinezza, appunto. Se il titolo originale si limita a parlare dell’età di Adaline (The AGE of ADALINE), la locandina italiana non solo scopre subito le carte con un titolo che vuole essere coinvolgente: ADALINE l’eterna giovinezza, ma vi aggiunge lateralmente – in caratteri piccoli e opportune maiuscole per meglio “catturare” l’osservatore – la scritta: Il TEMPO si ferma per AMORE. Il che dà l’impressione che ci si accinga a vedere una storia dove l’amore trionfi sul tempo e invece avviene proprio il contrario: la protagonista s’innamora ogni volta in funzione del tempo che per lei si è fermato e per di più in una situazione che da ultimo rasenta il grottesco. Naturalmente, lei non ne ha colpa ma è la prova che l’Amore non è mai per sempre, come si suole dire, ma strettamente legato allo scorrere del tempo.




L’altro mito, quello dell’eterna giovinezza, merita qualche riflessione in più. Entriamo allora nella dinamica del film. Per straordinarie e improbabili cause naturali, una donna di 29 anni, Adaline Bowman, interpretata da un’affascinante e coinvolgente Blake Lively [che in realtà ha 27 anni e un volto enigmatico, giovane ma senza età, che nel film le consente di portare egregiamente i suoi effettivi 106 anni…] cessa di invecchiare e, per nascondere il proprio segreto al Federal Bureau of Investigation [FBI] che ne farebbe una cavia, è costretta a cambiare continuamente identità, residenza e lavoro.

Come già dicevo, il regista Lee Toland Krieger si mostra abile nell’avvolgere in un clima di suspense lo spettatore che, mentre attende di sapere dove la vicenda andrà a parare, comincia a chiedersi se la prospettiva di una eterna giovinezza e/o addirittura l’idea dell’immortalità non siano da preferirsi alle ben note certezze dell’invecchiamento e della morte. Chi non desidererebbe vivere per sempre in un’eterna giovinezza? I problemi cominciano quando lo spettatore esce dal cinema, riflette e prova a darsi qualche risposta. La più immediata sa di benevolenza e apparente altruismo: se ciò che capita a Adaline, capitasse a tutti, non ci sarebbe né perdita di identità, né di affetti e nemmeno il pericolo di fare da cavia. Insomma, senza vecchiaia e morte, saremmo tutti più felici! Già, ma allora si dovrebbero eliminare anche le nascite, altrimenti le risorse del pianeta si esaurirebbero in fretta. Se anche questo fosse possibile, avremmo però un’umanità senza futuro. Così riflettendo, lo spettatore appena uscito dal cinema arriva a concludere che la morte è una necessità della natura. Ma la morte, egli si sofferma a pensare, non è sempre frutto di invecchiamento, dunque basterebbe almeno eliminare la vecchiaia. Alla soglia dei trent’anni, così come per l’Adaline del film, il tempo dovrebbe fermarsi per tutti. La diminuzione dei decessi per malattia sarebbe compensata dalle morti incidentali, da quelle per motivi bellici e conflitti interpersonali, in forte aumento per la maggiore aggressività di popolazioni giovani. Così risolta la questione di una crescita demografica incontrollata della popolazione, in un mondo con la morte ma senza la vecchiaia, lo spettatore saggio si rende subito conto di un altro problema: la furente rivalità che si scatenerebbe tra individui giovani di pari età, costituenti la parte preponderante della popolazione. Una lotta senza tregua per accoppiarsi, accaparrare posti di lavoro, usufruire delle risorse disponibili. Una guerra più cruenta di quella che abbiamo oggi sotto gli occhi e che in breve tempo condurrebbe all’estinzione del genere umano. La conclusione è che il nostro spettatore si viene convincendo che, così come la morte, anche la vecchiaia è necessaria nell’economia dell’universo. Sempre che ciascuno, almeno per ciò che riguarda l’eterna giovinezza, non pensi di risolvere la questione dal punto di vista personale, ricorrendo alla chirurgia estetica o – formula ben più consolidata – ad un bel patto col diavolo di cui la letteratura mondiale ci offre tanti esempi. Si pensi per tutti al Faust di Goethe che per ritrovare la giovinezza e sedurre la bella Margherita stringe un patto con Mefistofele.

Insomma, allo spettatore che non riguardi il cinema solo come momento di evasione, ma consideri possibile l’opportunità di una riflessione, il film di Lee Toland Krieger può far pensare a tutto questo,  anche se la sceneggiatura di Adaline-L’eterna giovinezza è molto al di sotto del tema proposto, né mancano sequenze di sapore prettamente hollywoodiano.

 sergio magaldi


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