Alla vigilia della
34.a giornata della Serie A, la lotta per partecipare alla Champions del prossimo anno si fa serrata.
Dei quattro posti disponibili, uno è già praticamente assegnato all’Inter che
vince lo scudetto con largo anticipo. Un altro, con ogni probabilità, andrà
all’Atalanta che ha due punti di vantaggio sulle altre e che soprattutto si
trova in evidente stato di forma. Ne restano, perciò, forse soltanto due, e la
lotta per il 3° e 4° posto della
classifica del Campionato vede in lizza Milan, Juventus e Napoli, tutte con 66
punti, e anche la Lazio che virtualmente di punti ne ha 64, dovendo recuperare
la partita casalinga con il Torino. Delle quattro squadre, sulla carta il Napoli
ha il calendario migliore, dovendo incontrare nell’ordine Cagliari, Spezia,
Udinese, Fiorentina e Verona. Gli ostacoli potrebbero venire dai due primi
incontri, perché Cagliari e Spezia lottano per non retrocedere in serie B.
Superati questi, i partenopei troverebbero poi la strada spianata, anche perché
la Fiorentina a quel punto potrebbe essere già salva. Il calendario della Lazio
presenta qualche incognita, non solo perché giocherà una partita in più delle
altre ma anche perché, dopo la prossima in casa contro il Genoa, deve giocare
con la Fiorentina, il Torino (in piena lotta per non retrocedere), nel derby
con la Roma e infine col Sassuolo che ambisce al 7° posto della classifica.
Milan e Juventus hanno la sfida diretta e un calendario per nulla tranquillo.
Prima di andare a Torino contro la Juve, il Milan deve vedersela questa sera
con il Benevento che fa parte delle squadre in lotta per non retrocedere, dopo
la Juve nuovamente a Torino contro i granata, quindi in casa contro il Cagliari
e da ultimo a Bergamo contro l’Atalanta. Infine la Juventus che gioca una
partita già decisiva domenica contro l’Udinese, ha la sfida diretta col Milan e
nell’ordine gli incontri con Sassuolo, Inter e Bologna. Solo battendo Udinese e
Milan, i bianconeri potrebbero forse evitare la beffa di giocare il prossimo
anno in l’Europa League invece che in Champions. D’altra parte, delle quattro
squadre in lizza per la massima competizione europea, la Juve in questo momento
ha il gioco peggiore, anzi non ha addirittura un gioco. Basti vedere il primo
tempo con la Fiorentina, partita che, dopo lo 0-3 dell’andata, ha rischiato
ancora di perdere senza Cuadrado uomo-assist e senza la prodezza di Morata,
entrato a sostituire nel secondo tempo un inguardabile Dybala. Passaggi orizzontali
a non finire tra Bonucci, Chiellini e De Ligt, scarso il filtro di centrocampo,
nessuna profondità di gioco, un solo tiro nello specchio della porta
avversaria, un Ronaldo poco servito dai compagni, che non segna da oltre un
mese e che appare sempre meno convinto di continuare a giocare in questa
squadra. Dato a Pirlo quel che è di Pirlo, bisogna riconoscere che questa Juve
è stata costruita male, nonostante i tanti soldi spesi. La squadra manca
soprattutto di una punta centrale da 15-20 goal a stagione. Senza le 25 reti di
Ronaldo, ancora capocannoniere della Serie A, la Juve navigherebbe al centro
della classifica. Altro che decimo scudetto consecutivo, altro che lotta per
vincere finalmente una Champions! Morata e Dybala (anche se quest’anno ha giocato
poco tra covid e infortuni) sono grandi giocatori, belli da vedere quando sono
in forma, ma Morata non è un goleador (non a caso non ha mai giocato titolare
nel Real Madrid, nel Chelsea e nell’Atletico Madrid) e Dybala lo è stato solo a
tratti (record con la Juve: 22 goal nella stagione 2017-2018), soprattutto
prima che Allegri lo trasformasse in un mediano. Lo scorso anno, grazie a Sarri
che lo riportò in avanti, riuscì a segnare 11 goal in Serie A, comunque ancora
pochi per la punta che servirebbe alla Juve accanto a Ronaldo (si pensi alla
coppia Lukaku-Lautaro dell’Inter).
La Juve in Europa League invece che in Champions sarebbe
una beffa anche alla luce delle note vicende della Superlega. La dirigenza
bianconera è stata tra le protagoniste dell’annunciata manifestazione che il
conformismo imperante ha condannato come una competizione riservata ai grandi
club e senza meriti sportivi. Dove c’è almeno una contraddizione in termini: se
sono grandi club, lo sono per le tante vittorie, quindi il merito sportivo non
può essere messo in dubbio, semmai il problema è quello di giustificare la
nascita di una nuova Lega calcistica, definita appunto Superlega, in grado di
assicurare uno spettacolo calcistico degno di questo nome, gestendo in proprio
le risorse che deriverebbero da una crescita di qualità collegata ad una
formula nuova, quale sarebbe un vero e proprio campionato europeo. E la
giustificazione è in linea con lo spirito capitalistico, è cioè legata al
denaro. Le società di calcio sono imprese che rischiano in proprio, ma i profitti
che sono in grado di generare sono gestiti da Fifa e Uefa che non rischiano
nulla. I bilanci delle grandi squadre sono in rosso e non certo per il covid
che ha imposto la chiusura degli stadi, ma per le spese crescenti determinate da
acquisti ed ingaggi faraonici non solo di grandi campioni ma anche di giocatori
mediocri, per le esose tangenti imposte dai tanti intermediari, e infine per
l’impossibilità di rivendere i calciatori senza il loro consenso, rischiando
così di vederli andar via a parametro zero. Si è detto che la colpa è delle
società che non devono fare il passo più lungo della gamba, ma come si diventa
competitivi (ecco il tanto declamato merito sportivo!) senza l’acquisto dei
grandi campioni?! La verità è che, proprio in omaggio ad uno pseudo spirito
capitalistico, Fifa ed Uefa si sono guardate bene dal porre un tetto di spesa
ad acquisti, ingaggi e tangenti, mentre – rovescio della medaglia – i sindacati
dei calciatori sono diventati di fatto i proprietari dei cartellini dei
giocatori. D’altra parte, se l’opinione pubblica – segnatamente quella che
guarda al gioco del pallone, opportunamente manipolata attraverso i media da
corporazioni, istituzioni politiche e non – ha respinto con sdegno l’annunciata
Superlega, ciò si deve all’ingenuità di chi se ne è fatto promotore: 1)senza
chiarirne efficacemente in pubblico le ragioni costitutive, 2)senza collegarla
ad una formula più sostenibile, 3)mostrando la scarsa coesione tra le squadre
che si erano impegnate a farne parte e che ai primi “rumori” si sono sfilate
una ad una con l’eccezione, naturalmente, delle sei inglesi. Non sarebbe stato
più credibile concepire la Superlega come un torneo riservato alle vincenti di
tutte le edizioni della Champions? In tutto sono 22 ma, togliendo almeno 8
squadre che da tempo non fanno più parte dell’élite calcistica, ne restano 14,
alle quali aggiungere le più meritevoli degli ultimi anni, anche guardando ai
campionati nazionali, sino ad un totale di 20-25 squadre, pensando anche ad
eventuali spareggi per entrare a far parte della Superlega. Certo, Fifa ed Uefa
ne sarebbero danneggiate e la Champions sicuramente perderebbe il suo fascino.
Ciò è abbastanza comprensibile, ma allora perché non studiare una formula nuova
da parte delle istituzioni che gestiscono (male) il calcio e i suoi profitti
senza rischiare nulla in proprio? La nuova Champions a più squadre che dovrebbe
iniziare dal 2024 non è la soluzione, forse è persino un rimedio peggiore del
male. Il tetto agli acquisti, agli ingaggi e alle tangenti sarebbe molto più
efficace, concorrendo a risanare i bilanci e restituendo anche maggiore
competitività alle squadre del vecchio continente.
sergio
magaldi
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