Al terzo giorno di esibizione
della politica, è previsto per oggi l’allestimento dell’opera semiseria La guerra delle due rose. La scelta
dello spettacolo è giustamente rivendicata dal Centrodestra che lancia la sua
rosa con Letizia Moratti, Carlo Nordio e Marcello Pera. Il Centrosinistra, in
un barlume di saggezza improvvisamente ritrovata, evita al momento di
contrapporre una sua rosa, ma c’è chi dice che alla fine dovrà farlo e che gli
alfieri prescelti saranno Andrea Riccardi e Giuliano Amato (!).
Per la verità, i sempre bene informati sulle vicende del
Quirinale dicono anche altro, e cioè che la vera candidata del Centrodestra è
Maria Elisabetta Alberti Casellati, la senatrice laureata in Legge e
specializzata in Diritto Canonico presso l’Università Pontificia Lateranense la
quale, da funzionaria di Berlusconi, è assurta alla seconda carica dello Stato
grazie all’accordo di inizio legislatura tra Movimento Cinque Stelle e
Centrodestra.
Sempre secondo le stesse voci, la Casellati potrebbe
riuscire nell’impresa che il suo Superiore Naturale ha dovuto abbandonare,
giacché si ritiene che alla fine possa contare sui voti della stessa
maggioranza che al momento sostiene il governo di Mario Draghi. E se proprio
non dovesse farcela, c’è sempre il solito democristiano di turno (Pier
Ferdinando Casini) che alla fine potrebbe spuntarla grazie alla mediazione di
Matteo Renzi, il più bravo in questo ufficio.
D’altra parte, per il Presidente del Consiglio si configura
sempre di più “la missione” di restare a Palazzo Chigi – come si sente ripetere
da più parti – “per il bene del Paese”. Una maniera ipocrita per farlo fuori da
tutto, restituendo la sovranità ad una classe politica che sembra avere il
complesso del nano di fronte al gigante. Draghi al Quirinale è il solo italiano
in grado di offrire sette anni di garanzia all’Europa e al mondo, Draghi a
Palazzo Chigi, a capo di un governo che al massimo può avere otto mesi di vita
è poco più di una presa in giro. Perché otto mesi? Perché dopo il 24 settembre
di quest’anno verranno meno le ragioni che oggi impediscono lo scioglimento
anticipato delle Camere: i parlamentari al primo mandato (e sono tanti in
questo Parlamento!) avranno infatti (con quattro anni, sei mesi e un giorno) maturato
il diritto alla pensione. A quel punto, la maggioranza si scioglierà come neve
al sole e i partiti si dedicheranno alla campagna elettorale per le elezioni
politiche del 2023.
Draghi a capo del nuovo esecutivo del “dopo-elezioni”?
Improbabile, anzi addirittura impossibile, a meno che non esca fuori un
Parlamento senza una maggioranza politica. Diversamente, questa sprovveduta
classe politica tornerà ad occupare anche Palazzo Chigi, lieta di essersi
definitivamente sbarazzata dell’ ”alieno” e poco sollecita, come al solito,
delle sorti del Paese e del bene dei cittadini cosiddetti sovrani.
sergio
magaldi
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