mercoledì 26 gennaio 2022

QUIRINAL SHOW: la guerra delle due rose


 

 Al terzo giorno di esibizione della politica, è previsto per oggi l’allestimento dell’opera semiseria La guerra delle due rose. La scelta dello spettacolo è giustamente rivendicata dal Centrodestra che lancia la sua rosa con Letizia Moratti, Carlo Nordio e Marcello Pera. Il Centrosinistra, in un barlume di saggezza improvvisamente ritrovata, evita al momento di contrapporre una sua rosa, ma c’è chi dice che alla fine dovrà farlo e che gli alfieri prescelti saranno Andrea Riccardi e Giuliano Amato (!).

 

Per la verità, i sempre bene informati sulle vicende del Quirinale dicono anche altro, e cioè che la vera candidata del Centrodestra è Maria Elisabetta Alberti Casellati, la senatrice laureata in Legge e specializzata in Diritto Canonico presso l’Università Pontificia Lateranense la quale, da funzionaria di Berlusconi, è assurta alla seconda carica dello Stato grazie all’accordo di inizio legislatura tra Movimento Cinque Stelle e Centrodestra.

 

Sempre secondo le stesse voci, la Casellati potrebbe riuscire nell’impresa che il suo Superiore Naturale ha dovuto abbandonare, giacché si ritiene che alla fine possa contare sui voti della stessa maggioranza che al momento sostiene il governo di Mario Draghi. E se proprio non dovesse farcela, c’è sempre il solito democristiano di turno (Pier Ferdinando Casini) che alla fine potrebbe spuntarla grazie alla mediazione di Matteo Renzi, il più bravo in questo ufficio.

 

D’altra parte, per il Presidente del Consiglio si configura sempre di più “la missione” di restare a Palazzo Chigi – come si sente ripetere da più parti – “per il bene del Paese”. Una maniera ipocrita per farlo fuori da tutto, restituendo la sovranità ad una classe politica che sembra avere il complesso del nano di fronte al gigante. Draghi al Quirinale è il solo italiano in grado di offrire sette anni di garanzia all’Europa e al mondo, Draghi a Palazzo Chigi, a capo di un governo che al massimo può avere otto mesi di vita è poco più di una presa in giro. Perché otto mesi? Perché dopo il 24 settembre di quest’anno verranno meno le ragioni che oggi impediscono lo scioglimento anticipato delle Camere: i parlamentari al primo mandato (e sono tanti in questo Parlamento!) avranno infatti (con quattro anni, sei mesi e un giorno) maturato il diritto alla pensione. A quel punto, la maggioranza si scioglierà come neve al sole e i partiti si dedicheranno alla campagna elettorale per le elezioni politiche del 2023.

 

Draghi a capo del nuovo esecutivo del “dopo-elezioni”? Improbabile, anzi addirittura impossibile, a meno che non esca fuori un Parlamento senza una maggioranza politica. Diversamente, questa sprovveduta classe politica tornerà ad occupare anche Palazzo Chigi, lieta di essersi definitivamente sbarazzata dell’ ”alieno” e poco sollecita, come al solito, delle sorti del Paese e del bene dei cittadini cosiddetti sovrani.

 

sergio magaldi


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