Parafrasando simbolicamente alcuni versetti
dello Shemah Israel… (Shemà Israel Adonai
Elohenu Adonai Echad, dha hwhw wnyhla hwhy larcy umc “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il
Signore è Uno…”;), Primo Levi
(1919-1987), probabilmente nel
gennaio del 1946, subito dopo la liberazione da Auschwitz, scrisse una poesia che descrive la miserabile
condizione dei detenuti nei campi di sterminio nazisti. Pochi versi per
ricordare fino a che punto si possano calpestare i diritti umani e che suonano
come un ammonimento per la coscienza di tutti.
Shemah Israel... “…E
metterai queste parole che Io ti comando oggi, nel tuo cuore, e le insegnerai
ai tuoi figli, pronunciandole quando riposi in casa, quando cammini per la
strada, quando ti addormenti e quando ti alzi. E le legherai al tuo braccio, e
le userai per separare i tuoi occhi, e le scriverai sugli stipiti della tua
casa e sulle tue porte…”
“Shemah” di Primo Levi (Da
“Se questo è un uomo”, Editore Da Silva 1947, Einaudi 1956)
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa e andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
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