giovedì 4 giugno 2015

YOUTH - LA GIOVINEZZA

YOUTH-LA GIOVINEZZA, regia di Paolo Sorrentino, Italia, 2015, 118 minuti



  Youth di Paolo Sorrentino, contrariamente alle aspettative, resta a bocca asciutta al Festival del cinema di Cannes. La stessa cosa era capitata a La Grande Bellezza e aveva portato fortuna, perché mesi dopo il regista napoletano avrebbe ottenuto l’Oscar per il miglior film straniero.

 Youth solo nella locandina reca il sottotitolo “La Giovinezza”, nell’originale è interamente in inglese [titolo compreso], con la motivazione ufficiale che, avendo come protagonista Michel Caine, non poteva che essere girato in questa lingua. E, del resto, nel cast predominano gli attori britannici e statunitensi con poche eccezioni, come l’argentino Roly Serrano, sosia di Maradona, o la bella rumena Mădălina Diana Ghenea, nel ruolo di Miss Universo.

 Pur parlando inglese e con un cast internazionale, come si suole dire, di tipo stellare, il film vanta una regia sicuramente di stile italiano, con una serie di quadri animati che purtroppo appartengono ormai, con qualche rara eccezione, alla tradizione del cinema nazionale degli ultimi venti o trent’anni. Quadri che la fotografia di Luca Bigazzi rende però stupendi, con immagini oniriche concepite da Sorrentino con rara efficacia e dove il bello, il grottesco, l’orrore, il desiderio e il pacchiano si alternano tra musiche e canzoni in un turbinio di luci e colori. Quadri didascalici per apprendere come utilizzare la vita nel tempo della giovinezza ma soprattutto durante la vecchiaia.

 Insomma, se nel film che gli ha dato l’Oscar, La Grande Bellezza [vedi il post Omaggio a La Grande Bellezza, cliccando sopra per leggere], Sorrentino si era sottratto alla staticità e alla separatezza delle sequenze, grazie al grande dinamismo di Toni Servillo e alle immagini di Roma, città eterna, che costituivano il forte leitmotiv della gracile trama, qui la pur ottima interpretazione di Michel Caine, velata di malinconia per esigenze di copione e non solo, ripete il miracolo solo a metà e il film rimane sospeso tra la bellezza cromatica e la sagacia comunicativa da una parte, e l’inadempienza stilistica che ne riduce il ritmo, dall’altra.

 Alla bellezza, decadente ma viva, della città vegliata dai sette colli e cullata dal Tevere, si sostituisce qui la cornice di un resort delle Alpi svizzere dove si ritrovano, per ritemprarsi dalla fatica di vivere, vip di ogni genere, pensionati di lusso, artisti, ex grandi calciatori, attori poco soddisfatti di sé e che si appartano per studiare nuovi personaggi, rare donne in carriera, le cui splendide forme nude sfidano vecchiaia e morte, più di quanto non riesca al monaco buddista che fa levitare il suo corpo. Tutti più vicini alla natura, ma già paradossalmente più lontani dalla vita. In questo paradiso artificiale, l’unica musica possibile per Fred Ballinger [Michel Caine], illustre compositore e direttore d’orchestra, è quella prodotta dallo strofinio della carta che avvolge le caramelle rossana o dai suoni spontanei prodotti dagli animali nel loro habitat naturale. 

 Al contrario di lui, Mick Boyle [Harvey Keitel], suo amico e noto regista, è venuto al resort svizzero, con la sua troupe di cineasti per realizzare un film che vuole essere anche il suo testamento spirituale. E mentre Fred rifiuta l’invito della regina d’Inghilterra di recarsi a Buckingham Palace per dirigere le sue Canzoni semplici, cantate da un’artista giapponese di fama internazionale, e riceverne in cambio il titolo di sir, Mick si prodiga con ansia per portare a compimento il suo progetto. Dove l’uno [Fred] sa come controllare le proprie emozioni, l’altro [Mick] affida proprio all’emozione e al desiderio il compito di esorcizzare il tempo.

 In questo contrasto, si fa spazio con forza la dialettica di Sorrentino. Fred, in fondo, ha sempre pensato che le emozioni siano sopravvalutate, e lo dichiara apertamente. Questa sua consapevolezza, dunque, non è, come potrebbe apparire, una conquista della vecchiaia ma, come gli rimprovera la figlia Lena [una brava Rachel Weisz], una forma di egoismo artistico che lo ha sempre tenuto lontano dalla famiglia. Mick pensa invece che le emozioni siano tutto ciò che abbiamo e anche negli anni che gli restano da vivere non ha dismesso questa filosofia.

 La domanda a questo punto è: quando è tramontata la giovinezza e si approssima la morte, cosa ci tiene ancora in vita? Il futuro –  sembra rispondere il regista – nella vita di ognuno è garantito dal desiderio, nelle sue tante sfumature, e ciò è tanto più vero durante la vecchiaia. Se però ce ne lasciamo travolgere, usciamo sconfitti e, nello scacco del desiderio, non ci resta che la strada già indicata da Novalis, il poeta e filosofo romantico citato nel film. Scrive il pensatore tedesco nei versi di Anelito di morte: “Non più ci attraggono terre straniere,/vogliamo tornare alla casa del Padre”.

 Se, al contrario, nell’apparente atarassia, sappiamo conservare il desiderio nell’anima, allora la vita è ancora possibile, anche in tarda età. Messaggio sottile questo di Sorrentino, ancorché a una mente superficiale possa apparire contraddittorio o giungere malinteso. E il finale del film, pur in uno ostentato ottimismo che non convince del tutto per la coreografia, sembra una risposta alle parole  con cui Jep Gambardella calava il sipario su La Grande Bellezza:

 Finisce sempre così… con la morte. Prima però c’è stata la vita… nascosta sotto il bla… bla… bla… bla… bla. È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore… il silenzio e il sentimento… l’emozione e la paura… gli sporadici inconsistenti sprazzi di bellezza e poi lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile… tutto sepolto dalla coperta dell’imbarazzo dello stare al mondo…

 Insomma, al di là di certe cadute stilistiche, che purtroppo sembrano ormai connaturate al cinema italiano, il film di Sorrentino si muove efficacemente e con la consueta eleganza nella prosecuzione di un discorso già iniziato con il lavoro che gli ha meritato l’Oscar. La vita, nella giovinezza come nella vecchiaia, è inseguita dal tempo e non c’è rimedio. Le uniche consolazioni sono la bellezza e la serenità dello spirito.


sergio magaldi


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