martedì 21 dicembre 2010

Narrativa e soprannaturale: D.H. LAWRENCE

Un precedente romanzo di ambientazione messicana è Il serpente piumato. Nulla a che vedere, naturalmente, con Castaneda, sia per lo stile narrativo che per il riferimento all’iniziazione e al risveglio, concepiti entrambi nel solco della tradizione degli antichi dei.

L’autore è David Herbert Lawrence, famoso soprattutto per L'amante di Lady Chatterley e che, nel corso dei suoi frequenti soggiorni a Città del Messico, a Chapala e Oaxaca scrisse Il serpente piumato, terminato nel febbraio del 1925 e pubblicato a Londra l'anno successivo.

Nelle pagine del libro, Lawrence sembra quasi rapito dal sogno di far rivivere in tutto il Messico l'antico culto di Quetzalcoatl, il dio mezzo uccello e mezzo serpente, simbolo dell'eterno connubio del cielo e della terra. L' uccello dalle ali piumate e variopinte degli altipiani detto quetzal e coatl, il serpente.

Kate, la protagonista del romanzo, è un'irlandese di 40 anni che giunge a Città del Messico in prossimità della domenica subito dopo Pasqua, giorno in cui si svolge l'ultima corrida della stagione. In compagnia di amici, la donna assiste alla corrida riportandone sensazioni di angoscia e di morte: 'Morì all'istante l'ultima illusione di Kate in tema di corride. Erano dunque quelli gli eroi della folla? I forti toreadores? Forti? Null'altro che garzoni di macelleria. Rubacuori? Puah! La folla proruppe in un 'ohi' di soddisfazione. All'improvviso un toro alquanto minuscolo e bruno, con lunghe corna ricurve, era piombato nell'arena. Sembrava venire dal buio, forse credendosi libero, tanto ciecamente irruppe.

La corrida appare a Lawrence, attraverso gli occhi di Kate, niente altro che una parodia di morte che non ha più niente a che vedere con gli antichi Misteri di Mitra, il dio vedico del Sole, custode dei patti, della parola data e delle alleanze, simbolo di ricchezza, di forza e di vittoria. Il suo culto si diffuse nell'Iran e di qui, a partire dal III secolo, in tutto l'Impero Romano. Era raffigurato nell'atto di cavalcare un toro, la cui uccisione e aspersione del sangue assumeva un significato iniziatico e guerriero. Il rito dell'uccisione del toro giunge nella terra degli indios dalla Spagna occidentale e cristiana, svilito ormai del suo originale messaggio e simbolo soltanto di decadenza e di morte.

Più di una volta, del resto, Lawrence si riferisce con qualche rimpianto all'antichità classica e pagana, anche nel descrivere il mondo infero: sia che si richiami ad Orfeo sia mirando un giardino sul far della sera: 'Calava la sera e il giardino affondava fra grandi alberi scuri da una parte, la casa gialla, alta e rossastra, dall'altra. Era come uno scuro giardino fiorito in fondo all'Ade. L'ibisco penzolava scarlatto dal fogliame, tirando fuori adunche lingue gialle. Qualche rosa disseminava nel crepuscolo i suoi petali senza profumo, e garofani dall'aspetto solitario si ripiegavano sui loro esili steli. Da un muro di foglie molto spesso spuntavano, come sospese, le misteriose campanule bianche, così larghe e silenziose, fantasmi di suoni; il loro profumo saliva denso, silenzioso, su dalla macchia, estendendosi tutt'intorno, fra i vialetti.'

Da questo angolo di morte, in cui si cela la vita, si leva l’eco degli antichi dei e l'annuncio di un ritorno: quello di Quetzalcoatl l'antico dio degli indios: “...il nome di Quetzalcoatl l'affascinava. Aveva letto qualcosa su quel dio. Quetzal è un uccello che vive fra le alte nebbie delle montagne tropicali, ha una coda dalle penne bellissime, che gli atzechi consideravano preziose. Coatl è invece un serpente. E Quetzacoatl è il serpente piumato, raffigurato in pietra al Museo Nazionale, con le zanne, le piume e le spire, terribile a vedersi (…) Quetzalcoatl era una specie di dio dal bel volto barbuto; era il vento, il fiato sospeso che dà vita, gli occhi invisibili che però vedono come stelle durante il giorno; gli occhi che scrutano oltre il vento, come le stelle oltre l'azzurro del giorno. Quetzalcoatl dovette partire dal Messico per riprendere a immergersi nel bagno profondo della vita. Era ormai vecchio. Si era diretto verso l'Oriente, forse in mare, forse aveva veleggiato verso il cielo, come una meteora rovesciata, dalla vetta del vulcano di Orizàba: simile a un pavone uscito dalla notte, o come un uccello del paradiso con la coda scintillante come la scia di una meteora...”

Quetzalcoatl è simbolo dell'eterno ritorno e insieme annuncio del superumano, perché il suo tornare nel Messico coincide, per i personaggi del libro, soprattutto per Don Ramòn e per Don Cipriano, nella speranza del riscatto morale e sociale dell'uomo messicano. E non solo dei messicani ma di tutti gli uomini: “ Kate era ormai provata da tanta disperazione, bruttura, cinismo. Avrebbe voluto gridare ad alta voce l'invocazione a dei sconosciuti, perché le consentissero di ritrovare l'incanto della vita, e la preservassero dall'arida, sterile putrefazione dell'universo(...)Tutti gli uomini(...)erano come degli insetti incompiuti capaci di correre e di agitarsi, all'improvviso mettere anche le ali, ma come vermi forniti di ali. Il mondo risultava colmo di esseri incompiuti che mangiano, e vanno via via mortificando l'unico mistero rimasto loro, il sesso. Costruiscono parole su parole, vanno a chiudersi dentro bozzoli di parole e di idee che si filano intorno, e una volta nei bozzoli muoiono di oppressione e di inedia. Eppure, agiscono riuniti in tremendi sciami come locuste! E con una volontà collettiva degna di insetti, per comprimere ogni possibile impulso di soggettivo adempimento. Con una singolare, furiosa intolleranza per essere costretti ad avere una personalità. Il morboso fanatismo dell'incompiutezza.”

Come il Zaratustra di Nietzsche, il Quetzalcoatl di Lawrence, antico dio indio forse un tempo eroe umano, annuncia per tutti un'alba nuova. Così lo scrittore fa cantare gli adepti in una cerimonia in onore del dio: “Chiunque dorme si sveglierà! Chiunque dorme si sveglierà! Chi segue nella polvere il cammino della serpe arriverà al luogo; lungo il passo segnato dalla polvere arriverà al luogo, e si vestirà con la pelle del serpente che è il padre della pietra e il tronco della terra...”

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