martedì 24 aprile 2012

ULTIME SCOPERTE DELLA FISICA COMPARATA, articolo di Alberto Zei


LE QUALITÀ   PSEUDO CRISTALLINE DELLA MEMORIA DELL’ ACQUA
                                 IN MEDICINA OMEOPATICA

Le diluizioni della medicina omeopatica


 Molto è stato detto sulle diluizioni omeopatiche dallo scopritore Samuel  Hahnemann  sino ad oggi.  Dall’inizio della omeopatia, infatti, si è tentato di dare una spiegazione plausibile, nei limiti delle conoscenze scientifiche, sin da quando si riteneva che il processo  omeopatico liberasse  al proprio uso e in misura prima sconosciuta, il potere medicinale contenuto all’interno delle sostanze gregge di  base attraverso un processo grazie al quale esse diverrebbero tutte incredibilmente potenti e attive.  Si cominciò a parlare di materia   e   di energia. “Le scosse impresse alla soluzione   - scriveva  Hahnemann  su Organon - sviluppano gradualmente  energie medicamentose latenti che essa racchiude e le porta alla luce dove,per così dire, spiritualizzano per la disintegrazione della materia stessa”

 Il paradosso dell’ “Unicismo”


 Su questa linea due secoli fa, J.T. Kant, valido professore di anatomia, fu incaricato, pare dall’ Ordine dei Medici, di scoprire le presunte imposture del dott. Hahnemnann. Questi rilevando invece, la correttezza professionale di Hahneman, ne condivise i principi fino a esercitare egli stesso l’omeopatia ed ad elaborare una filosofia mistico-esoterica su basi illuministiche che influenzò molti medici di allora e che anche attualmente, annovera qualche seguace. Il concetto è imperniato su una sorta di “unicismo” spiritualista secondo cui tutto è spirito, compreso la materia.

 La energia vitale, ossia, l’essenza di tutte le forme viventi, a parere di Kant, verrebbe disturbata  dalle  patologie   che traggono origine da una perturbazione delle stato originale di equilibrio dell’ organismo.

 Secondo tale assunto negli esseri viventi vi sarebbe una dimensione trascendente che non consente di ridurre la vita stessa a processi quantitativi molecolari e interazioni fisico-chimiche. Questi sosteneva, infatti, che soltanto qualitativamente potrà essere colta l’essenza delle cose. Per queste ragioni anche la terapia, secondo questa scuola di pensiero, è impostata sul piano della perturbazione che lo stato patologico provoca essenzialmente nella psiche. Basterebbe dunque, trovare un farmaco omeopatico, anche uno soltanto, che si armonizzi per similitudine con il disagio mentale provocato dalla malattia, che questa verrà debellata in modo radicale.  Quantunque strano possa apparire un tale assunto, vi sono alcuni medici omeopati che adottano questo principio, così detto “unicista” ma che se non funzionasse, molto probabilmente non annovererebbe alcun proselite: né medici e né pazienti.  

Altre scuole di pensiero


 Nella metà nel secolo scorso si comincia a concepire la soluzione del problema in modo più aderente alla realtà scientifica. Con il costante tentativo di portare su un piano razionale il successo dell’ omeopatia, si è cercato di dare comunque una spiegazione farmacologia ai prodotti omeopatici, ammettendo l’esistenza di una forza chimico- fisica nelle diluizioni ultramolecolari.

Tali convincimenti trovavano maggior supporto con sperimentazioni in vitro, eseguite nel 1928 da H. Junker il quale operò con diluizioni fino a 10 elevato a -27, ottenendo sotto il profilo pratico modificazioni apprezzabili sulla crescita di colture batteriche,  pur ignorando sotto il  profilo teorico  la ragione per la quale tutto questo avveniva.

 Nel 1939 con  Fortier-Bernoville e la scuola omeopatica francese, si comincia ad abbandonare il concetto esoterico dell’energia vitale, cercando nella concretezza scientifica la risposta ai quesiti che al momento si ponevano sul tema. L’essenza delle cose - si affermava - se esiste non può essere spiegata né con la religione né con la metafisica ma solo nei limiti dell’attuale conoscenza, con l’ausilio di idonei sistemi scientifici.

Principi teorici


 Per il medicamento omeopatico non si può propriamente parlare di affinità o di incompatibilità farmacologiche e quindi di pericolose interazioni di sostanze chimiche differenti.

 A parere di chi scrive, come sarà detto in seguito, l’omeopatia trae il suo fondamento terapeutico soprattutto dagli stimoli elettrici di architetture ioniche “messaggere” delle sostanze omeopatiche somministrate che si armonizzano con i recettori cellulari dei cosiddetti, organi bersaglio affetti da malattia.  Questi aggregati ionici, tipici dei prodotti omeopatici provenienti da un particolare trattamento delle sostanze grezze di base, sono dei composti pseudo cristallini di molecole di acqua.  Infatti, le sostanze iniziali che dopo aver perso con una serie di diluizioni in acqua la specificità chimica che all’inizio possedevano, vengono progressivamente sostituite da complessi quasi cristallini dello stesso diluente. Questi, giunti per diffusione e per elettività sugli organi bersaglio, ossia, sugli organi ammalati, si vincolano ai loro recettori cellulari in virtù della compatibilità geometrica della loro architettura e dei potenziali elettrici periferici che li caratterizzano. 

Qualche precisazione


 Questo fatto merita un approfondimento in quanto varie sono le scuole omeopatiche che usano approcci terapeutici differenti che spaziano dalla somministrazione di un sol farmaco estremamente diluito, a una a sequenzialità di prodotti diversi, differiti nel tempo. Vi è infine, chi ritiene di somministrare una notevole quantità di sostanze omeopatiche mescolate in un unico prodotto da assumersi ripetutamente.

 Tra queste scuole la più ortodossa, così detta “unicista”, ritiene invece, che il trattamento  terapeutico debba avvenire attraverso  la assunzione di  un unico farmaco ad altissima diluizione che abbia per qualità di scelta tra quelli della farmacopea omeopatica e per la corrispondenza con il paziente delle sensazioni psichiche  e comportamentali  determinate dalla malattia,  la prerogativa di indurre   un rapido e in equivoco risanamento del sistema  biologico dell’ intero organismo.   Al   momento della scelta di una sostanza di base allo stato puro che viene destinata all’ omeopatia si può parlare di una purezza al 99,9%, dove però, è anche ovviamente presente il restante 0,01% a sua volta composto di un numero relativamente alto di prodotti spuri e disparati; i più significativi tra questi  stanno con la sostanza di base in rapporto da 1 * 10 elevato  a – 3  a 1 * 10 * elevato a -4.

La insignificanza delle presenze infinitesime di sostanza


 Se in un milionesimo di una certa quantità di una sostanza, comprendessimo tutte le impurità presenti, troveremmo come ospiti indesiderati, un numero importante di sostanze o elementi i quali entrerebbero, come in effetti entrano, nel così detto processo di dinamizzazione, (energici scuotimenti delle soluzioni omeopatiche)   senza però,  apportare alcun sostanziale contributo farmacologico  a causa  della loro irrilevante presenza  iniziale,  rispetto alla preponderanza molecolare della sostanza di base.

 Con i cibi consumati nell’arco della giornata si trovano presenti, come sostanze complementari spurie, un numero rilevantissimo di elementi o prodotti chimici più o meno tossici in dosi infinitesime. Non crediamo però, che questi possono in qualche modo interagire   terapeuticamente sulla salute dei consumatori.

 Analogamente risulta infatti, che non sono tutte le sostanze fisicamente presenti  nella sostanza di base del farmaco omeopatico ad essere detentrici del potenziale terapeutico ma soltanto quelle che all’ inizio del trattamento di preparazione  esprimono una presenza percentuale significativa, prima della loro dinamizzazione attraverso il procedimento delle succussioni. Si ricorda a proposito che le  succussioni sono una serie di sbattimenti  all’interno di un contenitore, che trasferiscono  al diluente il potere terapeutico della sostanza di base anche se alla fine,  quest’ ultima risulta completamente scomparsa a seguito della progressione delle diluizioni. Tutto ciò fa evincere, al contrario di quanto comunemente è ritenuto, che non sono le sostanze infinitesime in quanto tali che agiscono in omeopatia. Vi è ben altro.

 Succussioni e trasmissione del potenziale omeopatico                

 Approfondendo l’argomento, sembra corretto ritenere che le molecole della sostanza omeopatica di base diluita producano per mezzo della successione, come prima accennato, degli aggregati ionici insolubili nello stesso solvente. Questi a loro volta assumono per la loro caratteristica fisica, geometrica ed elettrica, la funzione di vere e proprie matrici capaci di creare per ogni ulteriore scossa, una miriade di stampi sulle  molecole del solvente acquoso.

 Il procedimento va avanti con progressione esponenziale ad ogni scossa, generando un numero di corpi acquosi temporaneamente cristallizzati dalla perturbazione  i quali si alternano  tra  stampi e matrici  per ogni succussione.  

 Il trattamento continua con le diluizioni successive che trasmettono per stampo alle molecole acquose limitrofe ed in modo sempre più preciso (per la minore presenza di corpuscoli spuri in soluzione) la forma e i potenziali ionici di uno dei fronti molecolari della sostanza di base.

 Durante questo procedimento può esserci alcol nel solvente (acqua)  ma l’ alcol ha soprattutto lo scopo di impedire al prodotto finito di alterarsi per opera  batterica.

 Lo stato molecolare della dinamizzazione

 Le molecole componenti le sostanze primarie del prodotto omeopatico ad ogni nuova diluizione si riducono fino ad essere completamente sostituite nell’aggregato ionico semicristallino che si è formato nell’acqua ad opera delle successioni.

 La eventuale presenza di tossine contenute nella sostanza di base usata per la produzione di certi preparati omeopatici,  comporta anche in questi casi una progressiva esclusione dell’intero soluto dalla soluzione. In osservanza della legge di Avogadro, infatti, non si ha più alcuna presenza di una sostanza disciolta in un solvente oltre ad una diluizione dell’ordine di 1 * 10 alla -24, equivalente a 12 CH omeopatico.

 Sono dunque, le composizioni ionico-molecolari  formatesi in soluzione per opera delle  compressioni  esercitate sul solvente, che perpetuano attraverso la cosiddetta memoria dell’acqua il processo matrice-stampo-matrice e così via; processo che clona  in modo  esponenziale la sostanza di base con strutture acquose irrigidite,  priva però,  di ogni effetto chimico indesiderato sull’organismo. La configurazione architettonica dei composti ionici della soluzione finisce dunque, per sostituire completamente e senza alcuna controindicazione, la sostanza primaria mantenendo il solo potere terapeutico  di questa.

 

Il confronto di metodo 


 Nessuna medicina potrà avere la pretesa di essere in grado da sola di far gettare le stampelle al paziente, si fa per dire, ma la complementarità con altri approcci terapeutici può talvolta,  determinare o completare il risanamento biologico che poi è  ciò che di più importa.

 La medicina allopatica, grazie soprattutto alla scientificità delle sue composizioni chimiche di sintesi ha natura antagonista, in grado soltanto di inibire, sostituire o sbloccare gli organi bersaglio con quelle stesse sostanze, generando talvolta però, come è noto, effetti indesiderati e malattie da farmaco,  cosiddette iatrogene.

 La medicina omeopatica non è chimica e non fa alcunché di tutto questo poiché ha natura reattiva in grado soltanto di stimolare in modo selettivo gli organi bersaglio a riprendere la loro naturale funzione.  In altri termini la sostanza omeopatica si connette per elettività di organo  con i recettori cellulari dei presidi biologici  affetti da patologia verso  i quali le sostanze  omeopatiche elettivamente si indirizzano

Conclusioni


 Molto vi sarebbe da dire sul meccanismo di aggregazione e sulle modalità attraverso le quali avviene lo stimolo cellulare per il risanamento dello stato patologico degli organi interessati.

 Per non dilungare questo articolo però, si preferisce soltanto porre nel giusto rilievo che l’input di risanamento che i recettori cellulari ricevono nel caso di malattia, sono rappresentati da messaggeri   terapeutici naturali endogeni creati dallo stesso organismo (guarigione naturale) o esogeni come nel caso dei prodotti omeopatici. Questi messaggeri armonizzano la loro struttura con la configurazione architettonica ed elettrica degli stessi recettori che, a loro volta, trasmettono agli organi interessati gli stimoli elettrici od ormonali od enzimatici per il loro   risanamento endogeno.

 ALBERTO ZEI



Rappresentazione dell'aggregato acquoso del recettore







                             

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