Alla vigilia del
voto, tutto sembra deciso. Il presidente degli italiani sarà domani, già alla
seconda o più probabilmente alla terza votazione, Giuliano Amato, che avevo
indicato nel post dei giorni scorsi “Il Toto-Quirinale e le manovre della partitocrazia”, come il candidato numero uno per la carica di
“presidente condiviso”. In realtà egli è l’uomo che Berlusconi ha sempre voluto
per il Quirinale, più ancora di un esponente del suo stesso partito, secondo
solo a se stesso nella graduatoria delle preferenze. Chi ricorda i tempi in cui
Amato veniva additato, nel centro-destra e nella Lega, come colui che s’era
introdotto nottetempo nel conto-corrente degli italiani? Proprio come
Berlusconi, il personaggio, che di volta in volta è stato soprannominato
“Tigellino”, “Cesarino Rossi” e “Dottor sottile”, appare come il più amato
[dopo Berlusconi, naturalmente] dai cosiddetti moderati di cui si riempie la
bocca il Cavaliere. Egli incarna le virtù peculiari dell’italiano medio: astuzia
e capacità di adattarsi rapidamente alle circostanze e alle convenienze. Di
più, egli sembra rappresentare l’anima stessa della partitocrazia, giunta ormai
al suo ultimo viaggio, che purtroppo non sappiamo ancora quanto tempo durerà.
Socialista, poi psiuppino con Basso, tornato nel PSI con incarichi
ministeriali, fiero avversario di Craxi all’interno del partito, poi divenuto
craxiano di ferro con nomine prestigiose: sottosegretario alla presidenza del
consiglio nel governo del leader socialista, ministro del Tesoro con Goria e De
Mita, presidente del consiglio e soprattutto, nell’era di tangentopoli,
vicesegretario del partito socialista. Tra i meriti politici, oltre al già
ricordato prelievo forzoso nelle tasche degli italiani che con esemplare
lungimiranza anticipò di dieci anni le misure adottate di recente a Cipro, Giuliano Amato può rivendicare:
l’abolizione della scala mobile e le misure “Lacrime e sangue”, anche in questo
antesignano di una politica divenuta quanto mai attuale nel Belpaese. Inoltre, sotto
il profilo delle riforme istituzionali, va ricordato che egli è da sempre
sostenitore della repubblica presidenziale e si può essere certi che, una volta
al Colle, non tarderà a manifestare questa sua inclinazione.
Perché questo
accordo improviso tra Bersani e Berlusconi e proprio quando Beppe Grillo lascia
addirittura intravedere la possibilità di un accordo di legislatura con il PD,
se Stefano Rodotà salirà al Quirinale? Non era ciò che Bersani voleva? Forse
non lo voleva veramente o magari deve aver fatto proprie negli ultimi giorni le riflessioni di
Berlusconi. Giuliano Amato, presidente, gli assicura l’incarico per un governo
che sicuramente otterrà la “non sfiducia” del PDL, ma soprattutto gli
garantisce di non andare nel breve tempo al voto e a nuove primarie nel suo
partito, che quasi sicuramente perderebbe a vantaggio di Renzi. Dal canto suo
Berlusconi, che i sondaggi dicono in testa, guarda ora con minore entusiasmo al
ritorno alle urne: sa che vincerebbe contro Bersani ma che perderebbe contro
Renzi. Uniti nel timore dello stesso avversario, conviene ad entrambi il
“presidente condiviso”. Insomma, per Amato al Quirinale sembra proprio fatta. A
meno che non siano i cattolici del PD ad opporsi, costretti per la prima volta
ad accettare per 21 anni di seguito un presidente non cattolico. Perché non
Marini o Mattarella o un altro personaggio di area cattolica che garantirebbero
una politica equivalente? Perché non avrebbero la forza di Giuliano Amato per
un governo di legislatura con Berlusconi. Perché oltrettutto Amato è gradito
all’Eurogermania e non è sgradito Oltretevere. C’è infine una flebile
possibilità che quanto sembra già deciso non si verifichi. Che la sinistra del
PD e SEL inducano Bersani a continuare per la strada che aveva imboccato:
tentare il cambiamento in una alleanza col Movimento Cinque stelle, ora che
Grillo sembra disposto a trattare. Possibile, ma poco probabile. Avremo
Giuliano Amato al Quirinale perché questa è la conclusione degna della politica
italiana degli ultimi venti anni. Consola sapere che in Parlamento ci sarà
finalmente un’opposizione vera.
sergio magaldi
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