mercoledì 17 aprile 2013

IL PRESIDENTE PIU'...AMATO


  Alla vigilia del voto, tutto sembra deciso. Il presidente degli italiani sarà domani, già alla seconda o più probabilmente alla terza votazione, Giuliano Amato, che avevo indicato nel post dei giorni scorsi Il Toto-Quirinale e le manovre della partitocrazia, come il candidato numero uno per la carica di “presidente condiviso”. In realtà egli è l’uomo che Berlusconi ha sempre voluto per il Quirinale, più ancora di un esponente del suo stesso partito, secondo solo a se stesso nella graduatoria delle preferenze. Chi ricorda i tempi in cui Amato veniva additato, nel centro-destra e nella Lega, come colui che s’era introdotto nottetempo nel conto-corrente degli italiani? Proprio come Berlusconi, il personaggio, che di volta in volta è stato soprannominato “Tigellino”, “Cesarino Rossi” e “Dottor sottile”, appare come il più amato [dopo Berlusconi, naturalmente] dai cosiddetti moderati di cui si riempie la bocca il Cavaliere. Egli incarna le virtù peculiari dell’italiano medio: astuzia e capacità di adattarsi rapidamente alle circostanze e alle convenienze. Di più, egli sembra rappresentare l’anima stessa della partitocrazia, giunta ormai al suo ultimo viaggio, che purtroppo non sappiamo ancora quanto tempo durerà. Socialista, poi psiuppino con Basso, tornato nel PSI con incarichi ministeriali, fiero avversario di Craxi all’interno del partito, poi divenuto craxiano di ferro con nomine prestigiose: sottosegretario alla presidenza del consiglio nel governo del leader socialista, ministro del Tesoro con Goria e De Mita, presidente del consiglio e soprattutto, nell’era di tangentopoli, vicesegretario del partito socialista. Tra i meriti politici, oltre al già ricordato prelievo forzoso nelle tasche degli italiani che con esemplare lungimiranza anticipò di dieci anni le misure adottate di recente a  Cipro, Giuliano Amato può rivendicare: l’abolizione della scala mobile e le misure “Lacrime e sangue”, anche in questo antesignano di una politica divenuta quanto mai attuale nel Belpaese. Inoltre, sotto il profilo delle riforme istituzionali, va ricordato che egli è da sempre sostenitore della repubblica presidenziale e si può essere certi che, una volta al Colle, non tarderà a manifestare questa sua inclinazione.

 Perché questo accordo improviso tra Bersani e Berlusconi e proprio quando Beppe Grillo lascia addirittura intravedere la possibilità di un accordo di legislatura con il PD, se Stefano Rodotà salirà al Quirinale? Non era ciò che Bersani voleva? Forse non lo voleva veramente o magari deve aver fatto proprie negli ultimi giorni le riflessioni di Berlusconi. Giuliano Amato, presidente, gli assicura l’incarico per un governo che sicuramente otterrà la “non sfiducia” del PDL, ma soprattutto gli garantisce di non andare nel breve tempo al voto e a nuove primarie nel suo partito, che quasi sicuramente perderebbe a vantaggio di Renzi. Dal canto suo Berlusconi, che i sondaggi dicono in testa, guarda ora con minore entusiasmo al ritorno alle urne: sa che vincerebbe contro Bersani ma che perderebbe contro Renzi. Uniti nel timore dello stesso avversario, conviene ad entrambi il “presidente condiviso”. Insomma, per Amato al Quirinale sembra proprio fatta. A meno che non siano i cattolici del PD ad opporsi, costretti per la prima volta ad accettare per 21 anni di seguito un presidente non cattolico. Perché non Marini o Mattarella o un altro personaggio di area cattolica che garantirebbero una politica equivalente? Perché non avrebbero la forza di Giuliano Amato per un governo di legislatura con Berlusconi. Perché oltrettutto Amato è gradito all’Eurogermania e non è sgradito Oltretevere. C’è infine una flebile possibilità che quanto sembra già deciso non si verifichi. Che la sinistra del PD e SEL inducano Bersani a continuare per la strada che aveva imboccato: tentare il cambiamento in una alleanza col Movimento Cinque stelle, ora che Grillo sembra disposto a trattare. Possibile, ma poco probabile. Avremo Giuliano Amato al Quirinale perché questa è la conclusione degna della politica italiana degli ultimi venti anni. Consola sapere che in Parlamento ci sarà finalmente un’opposizione vera.


sergio magaldi

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